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martedì 20 gennaio 2015

THE IMITATION GAME - GUERRA FAI DA TE? NO ALAN TURING? AHI AHI AHI!





Ai tempi della Seconda Guerra Mondiale non esisteva Internet – l'avreste mai detto? – e i film che non erano strettamente di propaganda bellica, come lo era ad esempio American Sniper, trovavano difficoltà a essere distribuiti. Per gli appassionati di cinema era quindi dura vedere le pellicole e ancora più dura parlarne. All'epoca ci si arrangiava come si poteva. Pensieri Cannibali, che esisteva già dai tempi dei Lumiere battuto a macchina da scrivere, durante il periodo della World War II poteva comunicare con i suoi lettori solo attraverso dei brevi messaggi cifrati che venivano diffusi attraverso le onde radio.
Volete un esempio?
Prendiamo un messaggio cifrato a caso dall'anno 1939.

Ore 6:00
The Imitation Game è una bella giornata. Non una giornata di sole da Oscar. Non un capolavoro di giornata di quelle da ricordare per tutta la vita. Solo una gran bella giornata da godersi dall'alba al tramonto.
Heil Cannibal!

Per anni gli storici si sono interrogati per cercare di capire cosa volessero dire messaggi come questo. Dopo aver arruolato le più brillanti menti e i più fini cervelli di Gran Bretagna e del mondo, credendo contenessero preziose e segretissime istruzioni militari, gli studiosi scoprirono infine che si trattava solo di inutili recensioni cinematografiche mandate da Pensieri Cannibali a quei 3 o 4 lettori che lo seguivano.
La reazione di queste esimie menti a questo punto è stata: “E noi abbiamo buttato le nostre preziose vite nel cesso per decifrare 'ste recensioni fatte con il buco del culo che Alessandro Manzoni al confronto sembra Shakespeare?”.

Per farsi in qualche modo perdonare, Pensieri Cannibali ha deciso di pubblicare oggi una nuova recensione, più completa e approfondita, della pellicola The Imitation Game. Purtroppo molte delle geniali menti che hanno lavorato alla decriptazione dei messaggi ormai sono o decedute oppure sono troppo vecchie per sapere usare un computer/iPhone/tablet, ma Pensieri Cannibali si augura che i loro eredi possano apprezzare un simile magnanimo gesto.


martedì 27 agosto 2013

BROKEN – LA RECENSIONE A COLORI




Dopo la recensione in bianco e nero di The Artist, ecco a voi la recensione a colori di Broken.
Un ringraziamento a Lucien della Teiera volante per aver segnalato questa piccola grande chicca di film.

Broken
(UK 2012)
Regia: Rufus Norris
Sceneggiatura: Mark O’Rowe
Tratto dal romanzo: Broken di Daniel Clay
Cast: Eloise Laurence, Tim Roth, Cillian Murphy, Rory Kinnear, Bill Milner, Zana Marjanovic, Robert Emms, Lily James, Denis Lawson, Clare Burt, Rosalie Kosky
Genere: britpop
Se ti piace guarda anche: Submarine, Fish Tank, My Mad Fat Diary


Blue is where I want to be
Makes me feel I'm in the sea
Look at all the stars they don't need to say

Ci sono film rotti. Ce ne sono un sacco di film rotti, pieni di difetti, da aggiustare. Broken non è una pellicola perfetta, eppure non c’è niente al suo interno che cambierei, che sposterei, che aggiusterei. Broken va bene così. Non ha una di quelle sceneggiature precisine hollywoodiane classiche, in cui c’è un’introduzione dei personaggi, uno svolgimento e una conclusione e tutto è incastrato in maniera tanto precisa quanto fredda e prevedibile. Qui i personaggi li impariamo a conoscere poco a poco e nel corso della pellicola sanno regalarci parecchie sorprese. Parecchie.
In più, Broken è un film inclassificabile. Possiamo definirlo dramma? Sì, perché di drammi ne succedono mica pochi e le tematiche affrontate non sono nemmeno delle più leggere: pazzia, pedofilia, bullismo, complessi rapporti genitori-figli… Nonostante questo, Broken non è un film blue, non è un film triste. È semmai un film Blur, molto Blur. Nella colonna sonora della pellicola compare infatti un brano composto da Damon Albarn, “When I’m Really Old”, e soprattutto c’è “Colours”, il tema portante del film. Si tratta di un pezzo poco conosciuto nel repertorio dei Blur, una b-side risalente al periodo del loro ultimo album “Think Tank” ed è qui reinterpretato per l’occasione dalla giovane protagonista Eloise Laurence.




Red's the color when you're dead
It gets there under your head
I don't feel the end, I just want to be

Broken non è un film blue, ma non è nemmeno un film rosso, nonostante il sangue scorra copioso già nella prima scena.
La protagonista soprannominata Skunk, ovvero Puzzola (che bel soprannome!), è una ragazzina diabetica di 11 anni che vive con il padre in uno dei più classici suburbi inglesi in mezzo al nulla. Un po’ come quelli visti in Fish Tank o nelle serie My Mad Fat Diary o in Skins o in un sacco di altri film/telefilm made in Britain. La routine quotidiana nel quartiere viene sconvolta da un episodio di violenza improvviso, cui Skunk assiste: un uomo pesta a sangue un vicino, un ragazzo un po’ ritardato, diciamo. Da questo episodio, si mettono in moto tutta una serie di eventi che cambieranno per sempre la vita sia di Skunk che degli altri abitanti del quartiere, in un ritratto corale che alla fine troverà un suo senso, una sua quadratura.
Non si tratta di una serie di eventi assurdi o particolarmente sconvolgenti. In questo film non si affrontano apocalissi, zombie, vampiri o cose del genere. Tutto è tanto ordinario, quanto straordinario. A far la differenza sono i dettagli. I dettagli sono fondamentali. C’è ad esempio una scena molto bella in cui Tim Roth, il padre di Skunk, conquista una tipa infilandole non il pisello nella vagina, ma infilandole una molletta nelle dita delle mani. È un film fatto così, di tanti piccoli dettagli di questo tipo che lo rendono una visione unica.


"Hey Cillian, manco come Spaventapasseri
in Batman Begins eri tanto speventoso!"
"Lo so, lo so..."
Black is where I want to stay
I forget it's in my way
But I won't hurt myself, I'll just let it fall

Broken è un drammone corale, dunque? Un film scuro, black?
No.
Broken è un film leggero, delicato come una piuma. Tutti i personaggi hanno i loro problemi e sono in qualche modo dei disperati.
Tim Roth, Cillian Murphy, Robert Emms, Rory Kinnear (visto in un episodio della serie Black Mirror) tirano avanti a fatica insieme ai loro demoni.
A regalare luce all’insieme è allora Eloise Laurence.


White is what I was to start
But I dont want to get on top
All my life I just say everything free

La luce bianca del film, la protagonista esordiente ricorda un’altra straordinaria attrice esordiente, ai tempi di Leon. Sto parlando di Natalie Portman. Eloise Laurence potrebbe essere la nuova Natalie Portman. Ebbene sì, l’ho detto. E Broken, diretto dal pure lui esordiente Rufus Norris, è l’equivalente cinematografico della musica dei Blur: indie e pop allo stesso tempo, alternativo e strano eppure in grado di parlare direttamente al cuore delle persone, un film che sembra rotto e invece se ne vedono in giro sempre meno, di pellicole così aggiustate.
(voto 8/10)



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