La fine del mondo
(UK 2013)
Titolo originale: The World’s End
Regia: Edgar Wright
Sceneggiatura: Simon Pegg, Edgar Wright
Cast: Simon Pegg, Nick Frost, Paddy Considine, Martin Freeman, Eddie Marsan, Rosamund Pike, Bill Nighy, Pierce Brosnan, Jasper Levine, Rafe Spall, Steve Oram, Rafe Spall
Genere: brit-pop
Se ti piace guarda anche: L’invasione degli ultracorpi, The Faculty, L’alba dei morti dementi, Hot Fuzz, American Pie: Ancora insieme, Compagni di scuola, Un tuffo nel passato, Grabbers, Attack the Block
Eravamo cinque amici al bar, che volevano andare fino alla fine del mondo.
Erano quattro, gli amici della canzone di Gino Paoli?
Non si quanti fossero in realtà, quindi non fate troppo i pignoli. E poi ne La fine del mondo gli amici al bar sono cinque, okay?
Che cos’è La fine del mondo?
Per quei quattro gatti al bar che ancora non lo sapessero, questa volta non ha a che fare con i Maya e non si tratta nemmeno di un nuovo film catastrofico di Roland Emmerdich. Per fortuna. Il nuovo di Emmerdich è Sotto Assedio – White House Down e ho l’impressione che sia perdibilissimo. La fine del mondo è invece l’ultimo capitolo della Trilogia del Cornetto. Purtroppo. Purtroppo che sia l’ultimo. Il regista e sceneggiatore Edgar Wright, l’attore e sceneggiatore Simon Pegg e il solo attore Nick Frost tornano a collaborare insieme per la terza volta, dopo l’ormai mitico L’alba dei morti dementi, che ha riportato al cinema gli zombie quando non erano ancora tornati di moda, e il meno riuscito ma comunque divertente Hot Fuzz, con un film che in qualche modo è la prosecuzione del discorso intrapreso dai due precedenti e allo stesso tempo è una visione del tutto indipendente. Il primo gusto era il Cornetto alla fragola, il secondo era il Cornetto blu originale, e ora tocca a quello alla menta con cioccolato. Al di là della presenza del Cornetto come filo comune, anche lo stile registico, con tanto di montaggio veloce e frenetico di Edgar Wright, è lo stesso, così come ritroviamo lo stesso sense of humour tipicamente british e tipicamente cazzaro, così come lo stile narrativo è lo stesso. Si parte con atmosfere da tipica comedy, e poi si sconfina su altri e più imprevedibili territori.
La prima parte, particolarmente esaltante, della pellicola è la classica vicenda giocata su dei vecchi amici di adolescenza che si ritrovano. Il grande freddo, Compagni di scuola,
American Pie: Ancora insieme,
Un tuffo nel passato (Hot Tube Time Machine), Un weekend da bamboccioni, etc.… sono numerosi i film che hanno giocato su questa tematica. Anche La fine del mondo lo fa e gioca particolarmente bene la sua partita. Gioca come un Gascoigne, in maniera folle, quanto geniale. E il Gascoigne della situazione è Gary King, soprannominato The King, Il re, e interpretato da uno scatenato Simon Pegg, un vero e proprio "quaranteenne" (ovvero un quarantenne che si comporta da teen). Gary Ross è rimasto lo stesso dei tempi del liceo. Si veste allo stesso modo, si comporta allo stesso modo e ascolta la stessa musica.
Musica che, come in ogni buona pellicola britannica che si rispetti, riveste un ruolo centrale. La fine del mondo non fa eccezione. Qui la soundtrack non è solo uno sfondo sonoro, ma un elemento fondamentale per creare l’effetto reunion. In maniera analoga a quanto veniva fatto in film come Il grande freddo e Compagni di scuola con gli anni ’60, qui viene rispolverata la musica ascoltata dai protagonista da adolescenti, quella dei primissimi anni ’90, ovvero il suono baggy della scena di Madchester con band come Stone Roses, Happy Mondays e Soup Dragons, più il brit-pop delle origini con gruppi come Blur e Suede. In pratica, una vera figata per gli amanti della musica inglese 90s, quasi al livello della serie tv
My Mad Fat Diary.
Gary The King/Simon Pegg riesce in qualche modo a riunire la vecchia gang di amici, composta dall’immancabile Nick Frost, dal precisetti Martin Freeman, dal piacione Paddy Considine e dall’impacciato Eddie Marsan, attore quest’ultimo che ormai si vede davvero dappertutto, sia in UK che negli USA, in grosse produzioni come Il cacciatore di giganti e Biancaneve e il cacciatore, ma anche in serie tv come Southcliffe e Ray Donovan.
Scopo della reunion? Portare a termine l’impresa che i 5 moschettieri non erano riusciti a concludere, per un pelo, nel 1990, ovvero Il miglio d’oro, ovvero andare a bere una pinta di birra a testa in ognuno dei 12 pub della loro cittadina. Se da ragazzi non c’erano riusciti, ce la faranno ora?
E ce la farò io a bermi 12 pinte di birra di fila? Mentre state leggendo questo post, mi trovo infatti all'
Oktoberfest per il secondo anno consecutivo, e cercherò di rendere onore a Gary King e agli altri protagonisti della pellicola.
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"Che diavolo combina il barista invece di spillare le nostre birre?
Sta al computer a leggere Pensieri Cannibali?" |
Per quanto di film sulle reunion come detto ne siano stati fatti tanti, questo funziona alla grande. È spassosissimo e anche leggermente malinconico, ma non troppo, e non sconfina mai nel facile sentimentalismo tipico delle produzioni made in USA.
La fine del mondo però non è certo finita qui. Questo è solo l’inizio. Oltre che un ottimo “reunion movie”, La fine del mondo è una commedia divertentissima, la più spassosa vista finora in quest’annata, e poi è pure una valida pellicola fantascientifica. La componente sci-fi è secondaria rispetto a quella umoristica, ma fino a un certo punto. La vicenda dell’invasione aliena nella cittadina dei protagonisti si sviluppa su sentieri anche in questo caso già battuti, tra il capostipite del genere L’invasione degli ultracorpi e l’ironia di The Faculty. Una storia non nuova, eppure raccontata con personalità e con la solita dose di cazzonaggine. Una cazzonaggine però non realizzata alla cazzo di cane, tutt’altro. La regia di Edgar Wright, autore pure del grandioso
Scott Pilgrim vs. the World, è spettacolare, le scene di combattimento sono molto più entusiasmanti di quelle viste in qualunque action movie recente, e pure gli effetti speciali presenti non sono male. Da notare poi il livello di recitazione eccelso. Minuto dopo minuto, birra dopo birra, il livello alcolico sale sempre più, e ciò si nota sui volti dei protagonisti, che però riescono ad apparire naturalmente ubriachi senza scadere nella banale macchietta, o nella parodia dell’ubriaco. Probabilmente perché, durante le riprese, qualche pinta fresca di bionda se la saranno buttata giù pure loro.
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"Adesso però sono curioso: che dice sul nostro film?" |
E qui veniamo all’ultimo elemento del film. Non solo un “reunion movie”, non solo una divertente comedy, non solo una pellicola leggermente sci-fi, uno sci-fi alla
Attack the Block, questo è anche e soprattutto un film alcolico. Un inno al bere, al divertirsi, al lasciarsi andare. Il miglior modo per godersi la visione della pellicola è allora tenersi qualche birretta al fresco e scolarsela durante la pellicola. Se arrivate a quota 12, La fine del mondo vi sembrerà il film più bello del mondo. Ma anche con qualcuna di meno, resta una splendida visione. Da sobri invece non posso garantirlo.
Attenzione: Pensieri Cannibali invita i suoi lettori a fare un uso responsabile delle birre e delle auto. Non bevete auto e non guidate birra, mi raccomando.
A voler fare i pignoli della situazione, la conclusione che ricorda l’inizio della serie tv Revolution non è che sia proprio il massimo della vita no no no, però è l’unica pecca di una pellicola fino a quel momento impeccabile. D’altra parte è questa la natura umana: essere imperfetti e fare una cazzata proprio sul finale. La chiusura del film è una stronzata, but that’s okay, è giusto così. È anche per questo che amiamo la Trilogia del Cornetto e i cazzoni che l’hanno creata. E poi è normale: la parte finale del Cornetto è quella meno buona.
Fine. Non del mondo, solo del post (okay, questa me la potevo risparmiare, ho fatto pure io la cazzata finale).
(voto 8-/10)