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lunedì 3 settembre 2018

Resta con me: una storia di sopravvivenza, d'amore e di... capezzoli





Resta con me
Titolo originale: Adrift
Regia: Baltasar Kormákur
Cast: Shailene Woodley, Sam Claflin


Resta con me. No, non è il titolo di una canzone neo-melodica. In quel caso il titolo probabilmente sarebbe stato “Resta cu mme”. Si tratta invece di un film che appartiene a due generi in genere piuttosto distanti tra loro: il survival movie e la storia d'amore strappalacrime.

lunedì 5 settembre 2016

Io prima di Io prima di te





Io prima di te
(UK, USA 2016)
Titolo originale: Me Before You
Regia: Thea Sharrock
Sceneggiatura: Jojo Moyes
Tratto dal romanzo: Io prima di te di Jojo Moyes
Cast: Emilia Clarke, Sam Claflin, Jenna Coleman, Matthew Lewis, Charles Dance, Janet McTeer, Vanessa Kirby
Genere: sentimalato
Se ti piace guarda anche: Colpa delle stelle, Quasi amici, Altruisti si diventa, #ScrivimiAncora


Io prima di vedere Io prima di te ero un insensibile senza cuore. Non mi emozionava niente. Ero dominato dall'odio. Sembravo un incrocio tra Ebenezer Scrooge e Crudelia De Mon. Ero in pratica una persona di merda.

martedì 24 marzo 2015

#ScrivimiAncora #CheFilmPuccioso





#ScrivimiAncora
(UK, Germania 2014)
Titolo originale: Love, Rosie
Regia: Christian Ditter
Sceneggiatura: Juliette Towhidi
Tratto dal romanzo: Scrivimi ancora di Cecelia Ahern
Cast: Lily Collins, Sam Claflin, Jaime Winstone, Suki Waterhouse, Christian Cooke, Tamsin Egerton, Lily Laight, Lorcan Cranitch, Ger Ryan
Genere: #romcom
Se ti piace guarda anche: Questione di tempo, Boyhood, Juno, The First Time, One Day


mercoledì 25 febbraio 2015

HUNGER GAMES: IL CANTO DE IL VOLO





Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte I
(USA 2014)
Titolo originale: The Hunger Games: Mockingjay - Part 1
Regia: Francis Lawrence
Sceneggiatura: Peter Craig, Danny Strong
Tratto dal romanzo: Il canto della rivolta di Suzanne Collins
Cast: Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth, Donald Sutherland, Woody Harrelson, Julianne Moore, Philip Seymour Hoffman, Sam Claflin, Natalie Dormer, Willow Shields, Paula Malcomson, Elizabeth Banks, Jena Malone, Stanley Tucci, Jeffrey Wright, Elden Henson, Sarita Choudhury, Stef Dawson
Genere: rivoluzionario
Se ti piace guarda anche: gli altri Hunger Games, le foto di Jennifer Lawrence nuda

Dunque, dove eravamo rimasti?
Proprio non me lo ricordo. Hunger Games fa così tanto... 2012. Prima di passare del tutto di moda, la saga tratta dai romanzi di Suzanne Collins ha però ancora da sparare il suo gran finale, sdoppiato per l'occasione in due parti. Il classico espediente per raddoppiare gli incassi?
Nooo, ma perché pensate subito male?
A guardare questo capitolo 1 de Il canto della rivolta in effetti a tratti il dubbio viene. La prima parte della pellicola in particolare inizia con ritmi molto bassi, qua e là ci sono poi alcune scene che fanno tanto riempitivo e in più qualche sequenza sembra del tutto superflua. Eppure...
Eppure il film funziona, come d'altra parte già i due precedenti episodi Hunger Games e Hunger Games: La ragazza di fuoco. La sensazione di trovarsi di fronte a un antipasto anziché a una portata principale vera e propria non svanisce quasi mai nel corso della visione, però il tutto risulta piacevole come un aperitivo ben fatto. E neppure troppo bimbominkioso, ci crediate o meno.

venerdì 23 gennaio 2015

POSH - UNA RECENSIONE GRATIS PER VOI, BARBONI





Posh
(UK 2014)
Titolo originale: The Riot Club
Regia: Lone Scherfig
Sceneggiatura: Laura Wade
Tratto dall'opera teatrale: The Riot Club di Laura Wade
Cast: Max Irons, Sam Claflin, Douglas Booth, Holliday Grainger, Jessica Brown Findlay, Natalie Dormer, Olly Alexander, Ben Schnetzer, Sam Reid, Matthew Beard, Freddie Fox
Genere: esclusivo
Se ti piace guarda anche: The Skulls - I teschi, L'attimo fuggente, Greek - La confraternita

Uè barboni, lo so che stavate aspettando la recensione di Posh. 7 euri e 50 cent per voi sono tanti, sono un mese di risparmi, quindi prima di spendere i soldi del biglietto del cinema dovete sapere se ne vale la pena o meno. Altrimenti ve lo scaricate da Cineblog01, che così questa sera riuscite a sfamare i vostri figli. Tanto, ve lo dico subito, questo film non fa per voi. Detesterete i suoi protagonisti, i membri del Riot Club, la confraternita più esclusiva dell'Università di Oxford. Tutti, li odierete. Dal primo all'ultimo. Probabilmente simpatizzerete invece per le zoccolette comprimarie e con quelle simpatizzerei pure io, visto che secondo me devono essere molto brave a fare lavoretti...

lunedì 7 luglio 2014

LE ORIGINI DEL MALE, UN ESPERIMENTO DESTINATO A FINIRE… MALE





Le origini del male
(USA, UK 2014)
Titolo originale: The Quiet Ones
Regia: John Pogue
Sceneggiatura: Craig Rosenberg, Oren Moverman, John Pogue
Cast: Jared Harris, Olivia Cooke, Sam Claflin, Erin Richards, Rory Fleck-Byrne, Laurie Calvert, Aldo Maland
Genere: malefico
Se ti piace guarda anche: The Conjuring, Poltergeist, Insidious



Oxford, 1974
Joseph Coupland, un professore universitario esperto non si capisce bene in quale materia, conduce un esperimento alquanto particolare e pericoloso: ha in cura come paziente una ragazza posseduta da un demone. Quando l’università di Oxford scopre che cosa diavolo sta facendo, gli taglia i fondi per la ricerca con la scusa che c’è crisi e tutti devono fare sacrifici. Se li fanno i poveri impiegati Rai, devono farli anche i professoroni universitari psicopatici alle prese con assurdi esperimenti. Il professore non si fa però scoraggiare e, insieme a uno sparuto gruppetto di suoi studenti adepti, fonda una setta che qualche anno più tardi sarà conosciuta come Movimento 5 Stelle.
Perché il professorone fa tutto questo?
La scusa è quella di dimostrare che non esistono fenomeni paranormali, che la sua paziente non è davvero posseduta da un’entità malefica, ma dietro a tutto c’è sempre una spiegazione razionale. Ufficialmente, lo fa quindi in nome della scienza.
In realtà, come lui stesso afferma, dietro a tutto c’è sempre una spiegazione razionale e la vera ragione per cui lo fa è per ciularsi una sua studentessa che altrimenti non se lo filerebbe manco di striscio. Questa biondazza qua.


Le cose naturalmente gli sfuggiranno di mano e l’esperimento si trasformerà in un horror. Un horror di pessima qualità.



Casale Monferrato, 2014
Cannibal Kid, un blogger esperto non si capisce bene in quale materia, conduce un esperimento alquanto particolare e pericoloso: sottopone ai suoi lettori la visione di un horror. L’ennesimo horror. Negli ultimi tempi ne ha visti e fatti vedere parecchi, ma nessuno davvero degno di nota. Le cose andranno diversamente questa volta?
Il film in questione si intitola The Quiet Ones, diventato in Italia Le origini del male, titolo già usato (Hannibal Lecter – Le origini del male) e che riecheggia pure quello di un altro horror molto recente come La stirpe del male. Se il titolo italiano non lascia presagire niente di buono, più interessante sembra essere il contesto in cui la pellicola è ambientata, ovvero l’Università di Oxford negli anni Settanta. Quella di collocare storie di paura nei decenni passati è una moda dell’ultimo periodo, lanciata nel cinema underground da Ti West con il suo The House of the Devil ambientato negli anni ’80 e in tv dalla serie American Horror Story: Asylum piazzata nei 60s. Una moda continuata al cinema con il successo commerciale di L’evocazione – The Conjuring che riprende gli anni ‘70. Anche in questo caso, Le origini del male non pare essere niente di nuovo, ma se non altro l’ambientazione vintage ha sempre il suo buon sapore. In questo caso pare poi esserci una buona cura nella ricreazione di costumi, pettinature e colonna sonora. Il leitmotiv musicale usato è “Cum on Feel the Noize”, pezzone fichissimo degli Slade, e quello di usare un brano ricorrente è un espediente solitamente inquietante in un horror.



"Non credi di essere troppo vecchia per giocare ancora con le bambole?"
"E tu non credi di essere troppo vecchio per provarci con me, pervertito?"
A ciò aggiungiamo un cast valido, capitanato dal Jared Harris di Mad Men nei panni del professore protagonista che conduce un esperimento su una ragazza in apparenza posseduta da un’entità malefica interpretata da Olivia Cooke, la ragazza con la bombola d’ossigeno della serie tv Bates Motel che qui si conferma stramba e affascinante allo stesso tempo. Insieme a loro ci sono quindi Sam Claflin, il Finnick degli Hunger Games, e la biondazza Erin Richards. Insomma, bene così. Per essere l’ennesimo horror, le premesse non sono malaccio e i primi minuti procedono in maniera buona.

A inizio pellicola, i numerosi e splendidi lettori cannibali coinvolti nell’esperimento sembrano apprezzare parecchio la pellicola selezionata da Cannibal Kid. Man mano che la visione procede, diventa però chiaro a tutti che l’unico trucchetto usato dal film per far spaventare gli spettatori è quello di alternare scene silenziose e quiete a improvvisi lampi di rumore e riprese che si fanno traballanti e confuse. A questo punto, qualche spettatore si chiede chi ci sia dietro a una pellicola del genere. Scoprendo che il regista è tale John Pogue, uno che finora aveva diretto solo Quarantena 2, un sacco di lettori cannibali abbandonano la visione.
Cannibal Kid cerca di tamponare l’emorragia di spettatori dicendo che tra gli sceneggiatori della pellicola c’è Oren Moverman, che è il regista di Oltre le regole – The Messenger e Rampart, quindi non proprio uno sprovveduto. Grazie a tale affermazione, qualche lettore prosegue nella visione. Non l’avesse mai fatto. Il film continua infatti nella maniera più prevedibile possibile, con una sceneggiatura banalissima che fa acqua da tutte le parti, oltre che con una nuova serie di rumori, urla ed effettacci visivi di bassa lega che infastidiscono Cannibal Kid ancor più dei suoi lettori.
Arrivato al termine della visione stremato, Cannibal Kid ha confessato di aver organizzato quell’esperimento non perché credesse davvero di aver trovato finalmente un horror decente, ma solo perché voleva rimorchiare qualche sua affascinante lettrice. Impresa pure quella miseramente fallita. Dopo questa disfatta su tutta la linea, Cannibal Kid ha deciso di smetterla per sempre con i film horror e di aprire un nuovo blog. Un blog di cucina. Con quello sì che si cucca un casino!
(voto 4,5/10)

martedì 10 dicembre 2013

HUNGER GAMES – LA RECENSIONE DI FUOCO




Hunger Games – La ragazza di fuoco
(USA 2013)
Titolo originale: The Hunger Games: Catching Fire
Regia: Francis Lawrence
Sceneggiatura: Simon Beaufoy, Michael Arndt
Tratto dal romanzo: La ragazza di fuoco di Suzanne Collins
Cast: Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth, Woody Harrelson, Elizabeth Banks, Donald Sutherland, Philip Seymour Hoffman, Sam Claflin, Jeffrey Wright, Amanda Plummer, Jena Malone, Stanley Tucci, Lenny Kravitz, Paula Malcomson, Willow Shields, Lynn Cohen, Toby Jones
Genere: affamato
Se ti piace guarda anche: Hunger Games, Jumanji, Battle Royale

PREMESSA 1
Attenzione: questo è un post lungo e delirante.
Leggete soltanto a vostro rischio e pericolo!

PREMESSA 2
Non credete a chi vi dice che odia la saga di Hunger Games. Sta mentendo. Perché non fa figo dire che è una figata. Perché è roba da teenagers. Perché è roba da femmine. Perché è troppo commerciale. Chi vi dice che la saga di Hunger Games è una cagata pazzesca, probabilmente però è proprio il primo che in gran segreto si è emozionato a rivedere sullo schermo Katniss Everdeen.
O magari non l’ha mai visto. Mi piacciono proprio, le persone che giudicano qualcosa a priori.
Che merda, Hunger Games!
“L’hai visto?”
No. Ma pare sia peggio di Twilight.
“E quello l’avevi visto?”
“No, però sembra fosse peggio persino dei Take That.”
Ma che c’entrano loro? E comunque, l’hai mai sentiti i Take That? Alcune loro canzoni non erano male.
“No, però mi hanno detto che erano peggio pure dei Duran Duran.”
Ma l’hai mai sentiti i Duran Duran?
“No, ma…”
E così all’infinito. Andando oltre i propri pregiudizi, andando oltre quello che dice la “ggente”, andando oltre anche alla banalità che vi sto per rivelare: nella vita è sempre bene farsi un’opinione propria e si può cambiare idea rispetto a quanto si immaginava per solo sentito dire. A parte su Twilight, che quello vi garantisco che è 'nammerda e basta.

LA STORIA
(ATTENZIONE SPOILER)
Che succede, in Hunger Games – La ragazza di fuoco?
Dopo aver vinto gli Hunger Games e pure un Oscar, Katniss Everdeen/Jennifer Lawrence è ancora la ragazza con i piedi per terra di una volta. Non si è montata la testa e tanto meno Peeta/Josh Hutcherson. Adesso camminano solo in slow-motion e con costosissimi abiti infuocati di Cinna & Gabbana addosso, ma a parte questo per loro è tutto come prima.


A un anno di distanza dalla gloria mondiale, Katniss è sempre più vicina a Gale/Liam Hemsworth, il quale non sta più con la sua ragazza storica, Miley Cyrus, che da fan degli oggetti inanimati l’ha mollato per mettersi a limonare il libro di Hunger Games.


In prossimità dei nuovi Hunger Games, Katniss e Peeta devono lasciare la loro nuova casa nel “Villaggio dei vincitori”, che alla faccia del nome sembra Auschwitz, e sono chiamati a partecipare a un tour mondiale di stadi e arene insieme a Vasco e al Liga, che hanno accettato di far loro d’apertura musicale. Ma c'è un problema: all’infuori del Distretto 11, il secondo distretto più povero e sfigato del globo anche noto come Italia, Vasco e il Liga non li conosce nessuno e così prima di procedere con le tappe successive vengono brutalmente giustiziati. Evvai!!!

Scusate per lo slancio d’entusiasmo. Meglio tornare professionali, prima che dall’alto decidano di far fuori pure me. Il distretto più sfigato in assoluto, se ve lo stavate chiedendo, è il Distretto numero 12, anche noto come Grecia. È qui che sono cominciate alcune rivolte e forme di protesta, dopo che Katniss alla fine della precedente edizione del Grande Fratello di Survivor di X-Factor degli Hunger Games aveva osato sfidare le regole del gioco e del sistema oppressivo che domina tutto il mondo.
Ecco un’immagine delle proteste che si sono diffuse pure nel Distretto 11, quello italiano.


Ed ecco un’altra immagine delle proteste, prima che il Liga venisse giustiziato…


"Ragazzi, ora sì che siamo pronti per un ricevimento da Alfonso Signorini!"
Dopo il tour mondiale dei precedenti giochi, è finalmente il momento di uccidere qualcun altro, ovvero iniziare una nuova edizione degli Hunger Games. Visto che si tratta della 75esima edizione, il super cattivone, il Presidente Coriolanus Snow (Donald Sutherland) insieme agli autori del programma, ancora più perfidi di quelli del Grande Fratello, decidono di scopiazzare L’isola dei famosi e organizzare una stagione dedicata ai VIP, cioè i vincitori delle precedenti edizioni.
Ogni Distretto deve partecipare con un concorrente maschio e uno femmina. Per il Distretto 12, come maschio tra Peeta e Haymitch/Woody Harrelson viene estratto Peeta. E' proprio uno sfigato, 'sto ragazzo!

Come femmina, l’ardua scelta è tra Katniss e Katniss. E poi tra i nomi in lizza c’è anche quello di una certa Katniss.
E dall'urna esce il nome di…
Katniss, che sorpresa!
Mentre sale sul palco, scivola però su una buccia di banana messa lì dal perfido Snow.

"Questa me la pagherai cara, dannato Snow!"

Tutti nel Distretto 12 avevano scommesso sull’uscita del suo nome, quindi quando un’emozionata e quasi commovente Lady Gaga Effie/Elizabeth Banks lo legge, in piazza scoppia un boato e i ragazzi cominciano a fare caroselli sulle loro automobili immaginarie, poiché sono troppo poveri per avere auto vere. Prima di rendersi conto che Katniss veniva data dai bookmakers 1 a 1 e quindi non ha fatto vincere manco un euro a nessuno.

"Mi chiedo quante lampade dovrò ancora farmi,
se voglio diventare più scuro di Carlo Conti."
Tornata la calma al Distretto 12, Katniss e Peeta vanno in ritiro per prepararsi agli Hunger Games e Haymitch li convince a stringere qualche alleanza, perché quest’anno i concorrenti sono tutti molto agguerriti, essendo vincitori di precedenti edizioni, non solo degli Hunger Games ma pure di altri reality e talent-show vari. Ci sono nomi “importanti” come quelli ad esempio di Emma Marrone e Leon Cino di Amici, Jonathan e Floriana del Grande Fratello, Marco Mengoni e Chiara di X-Factor.
Nel corso degli allenamenti, Chiara di X-Factor si mette a cantare “Somewhere Over the Rainbow” come nella pubblicità della Tim e viene subito mortalmente trafitta da Katniss con una freccia. Judy Garland dall’alto dei cieli la ringrazia, nel Distretto 12 partono nuovi caroselli su auto immaginarie e i giudici decidono di chiudere un occhio sul fatto che gli Hunger Games non fossero ancora ufficialmente iniziati.
Poco ispirati dai nomi sconosciuti degli altri concorrenti presenti, Katniss e Peeta decidono di allearsi con il bellone Finnick/Sam Claflin e con la sua partner, la nonna dei Croods, una vecchina di 120 anni che, pur di conquistarsi i suoi 15 minuti di celebrità prima della morte, ha deciso di proporsi come volontaria per gli Hunger Games. Iscriversi a un corso di ballo liscio era troppo semplice?


"Mmm... io sono molto più affascinante di quella mummia!"

"Eddai Lenny, sto probabilmente per morire in maniera brutale.
Me lo fai un pezzettino di Are You Gonna Go My Way?"
Dopo più di un’ora di film, ecco che comincia la nuova edizione degli Hunger Games, che promette di essere ancora più esplosiva e letale della prima. Sbucano così fuori nebbie nocive, scimmie urlatrici, ghiandaie imitatrici che replicano la voce di Chiara che canta deturpa “Somewhere Over the Rainbow” e vengono pure loro fatte subito fuori brutalmente da Katniss, che così diventa sempe di più la beniamina del pubblico a casa. Vabbè, anche il fatto che sia una bella sgnacchera la aiuta.
A parte questo, non è che succedano poi grandi cose e così, per animare un’edizione un po’ spenta, Katniss si mette a limonare con Peeta, che è una cosa che fa sempre salire gli ascolti e fa felici tutti. Persino Gale. Se non altro è contento che questa volta la sua tipa non lo tradisca con un martello. Sono piccole soddisfazioni.
Due ore dopo, finito di limonare con un disidratato Peeta, Katniss apre gli occhi e vede in cielo un arcobaleno. Le torna in mente “Somewhere Over the Rainbow” nell’orripilante versione di Chiara e pensa: “Ma certo, come ho fatto a non pensarci prima? Dev’essere l'arcobaleno la chiave di tutto!”. Scaglia così una freccia “over the rainbow”, sopra l’arcobaleno e il cielo viene giù, mettendo così fine agli Hunger Games – VIP Edition.

Mentre tutto brucia e si sfalda, Katniss viene portata in salvo con Haymich e Finnick, che le comunicano con tatto che il Distretto 12 e tutte le persone che conosce sono: “Morti! Morti stecchiti! Non li rivedrai mai più, Katniss cara, tié!”.
E lei reagisce così...


Dopo averle fatto questo innocente scherzetto, Haymich e Finnick le dicono che in realtà la madre e la sorellina bimbaminkia sono ahinoi ancora vive, così come Peeta, il quale però si trova a Capitol City dove viene torturato in una maniera agghiacciante, con l’ascolto 24 ore su 24 a tutto volume di “Somewhere Over the Rainbow” naturalmente nella versione cantata da Chiara. Sulle note agghiaccianti della sua interpretazione si chiude la pellicola, che ci dà appuntamento il prossimo anno, con la prima parte del capitolo finale: Il canto della rivolta. Brought to you by Tim.



Cosa mi aspetto che capiti, nel gran finale della saga?
Fondamentalmente questo...


IL FILM
Hunger Games – La ragazza di fuoco stilisticamente non è poi molto differente dal precedente capitolo. Il cambio di regia, nel passaggio da Gary Ross a Francis Lawrence, non si è fatto sentire più di tanto. Dopo tutto, per quanto la adori, si tratta pur sempre di una saga commerciale e il nome del regista diventa un optional che finisce per risultare un elemento di secondo piano rispetto ad altre componenti del brand. In questo caso non è troppo un male, visto che Francis Lawrence arrivava da pellicole orride come Io sono leggenda e Constantine, così come da una robettina innocua come Come l’acqua per gli elefanti con Robert Pattinson, e per la prima volta qui è invece riuscito a tirare fuori una regia decente. Miracolo.
Nonostante la sostituzione in cabina di regia, anche questo La ragazza di fuoco mantiene i pregi quanto i difettucci del primo episodio. In entrambi i casi, la parte più convincente e coinvolgente è quella iniziale, con la costruzione di un’atmosfera scurissima, angosciante, senza speranza. Sembra The Walking Dead, solo senza zombie e recitato meglio. Quando cominciano gli Hunger Games e le sequenze più action, lì invece vengono fuori i limiti della pellicola. In questo secondo episodio i pensieri non vanno però più tanto dalle parti di Battle Royale, come per il primo episodio, bensì di… Jumanji.

"Da cosa si capisce che il nostro rapporto è più finto di quello
di Tom Cruise con Katie Holmes?"
Ho capito perché mi piace tanto questa saga di Hunger Games. A parte per Jennifer Lawrence. Non ho ancora parlato di Jennifer Lawrence? Sto facendo un post su Hunger Games e lei l’ho menzionata appena? Un attimo e ci arrivo…
Prima voglio parlare di Jumanji. Al di là dei riferimenti al mito greco di Teseo contro il Minotauro, o a film come Battle Royale, Rollerball e The Running Man, rivisti però in una chiave più moderna, con tanto di sguardo parodistico nei confronti dei vari reality, talent e survival show e con tanto di storie d’amore in bilico tra realtà e fantasia come quelle di Tom Cruise, gli Hunger Games mi hanno fatto tornare in mente Jumanji, pellicola con Robin Williams e Kirsten Dunst tra i miei cult infantili assoluti. Anche qui i protagonisti sono “costretti” a partecipare a un gioco loro malgrado e non c’è niente da fare, devono partecipare fino alla morte o fino alla vittoria, superando una serie di prove assurde con animali pericolosi, avverse condizioni climatiche, persino un clima più secco di quello che ci sarà ai prossimi Mondiali in Brasile, e quant’altro. Un gioco spietato, alla faccia dei film per ragazzi. Certo, la violenza in Hunger Games non è mai esibita in maniera eccessiva, ma se vi aspettate una pellicola splatter potete rivolgervi altrove, perché i film di questa serie non sono horror, e non sono nemmeno tanto robe sci-fi o fantascientifiche. Hunger Games in realtà è soprattutto una saga… politica.

POLITIK
Hunger Games è una saga che, alla faccia degli scettici, ha qualcosa da dire, a livello socio-politico. Insomma, a livello politico ha molte più cose da dire di un – faccio un nome del tutto a caso – Matteo Renzi. Ma lasciamo perdere Renzi, in fondo, come dice la frase simbolo della pellicola: "Ricorda chi è il tuo nemico." E il nemico vero resta sempre BerluSnow.
Con Hunger Games non siamo ai livelli di 1984 di George Orwell, va bene, ve lo concedo, però per essere una serie rivolta prevalentemente agli adolescenti (ma poi mica tanto) è molto più impegnata delle altre saghette fantasy e young adult in circolazione. Harry Potter – tanto per fare un altro nome a caso – di che parla? È la solita favoletta per bambini sul Bene contro il Male, ed è anche caruccia e tutto, ma quali connessioni ha con l’attualità, con la società?
Non vi viene in mente niente?
Vi do un piccolo suggerimento: nessuna.

Hunger Games è inoltre un esempio di moderno femminismo. Come Buffy, come le girls di Spring Breakers, come – massì esageriamo – come le Pussy Riot. Katniss è un’eroina dei nostri giorni che non ha bisogno di essere protetta dagli uomini, come ad esempio la Bella di Twilight sempre in attesa di essere salvata dal vampiro vegano o dal lupacchiotto mannaro a torso nudo. È semmai Katniss a salvare sia Peeta, che vabbè più che un uomo è un derelitto umano, che Gale/Liam Hemsworth, fustigato in una scena quasi sadomaso per la gioia di tutte le sue fans. Persino Miley Cyrus dopo aver visto tale sequenza ha abbandonato per un attimo martelli, libri, vibratori e altri oggetti vari e ha ripreso interesse nei suoi confronti.
Katniss è una moderna Che Guevara, una Salvatrice, un’ispiratrice di una sommossa popolare, persino al di là di quelle che sono le sue intenzioni. Come spesso avviene, com’è accaduto probabilmente anche a Gesù Cristo, la gente tende a mitizzare alcune persone e a prenderle da esempio e loro magari lì per lì non si rendono nemmeno conto di questa enorme responsabilità. È quanto capita a Katniss Everdeen. Lei punta semplicemente a sopravvivere e a far sopravvivere la sua famiglia, più che a sfidare il Sistema, eppure con i suoi gesti diventa un modello da seguire per la popolazione del suo e pure degli altri distretti. È un’eroina, suo malgrado, attuale più di tutti quei bidu mascherati della Marvel o di Superman.
E dopo paragoni con Superman, Gesù, il Che, le Pussy Riot e quant’altro, forse è meglio se la chiudo qui perché sto cominciando a sproloquiare un tantino. Forse.

JENNIFER LAWRENCE E IL RESTO DEL CAST
Stavo per chiudere il post senza manco parlare di Jennifer Lawrence?
Pensavate veramente che vi potessi tirare un brutto scherzetto del genere?
Per chi mi avete preso, per il perfido Presidente Snow/Donald Sutherland?
Avrei potuto sì, perché per Jennifer Lawrence le parole ormai sono quasi superflue, però non lo farò. Se nel primo episodio già se la cavava bene, questa volta, forte dell’Oscar vinto per il bellissimo Il lato positivo, ha tirato fuori un’interpretazione ancora più positiva. Potete essere fan scatenati delle saghe di Twilight e di Harry Potter fin che volete, però dai, non si può nemmeno paragonare le performance attoriali dei loro protagonisti. Disse uno che ha appena paragonato Katniss Everdeen a Jesus.
Jennifer Lawrence è di un altro pianeta rispetto agli imbambolati (senza offesa per le bambole) Kristen Stewart e Daniel Radcliffe. Per quanto alcuni elementi della saga di Hunger Games possano magari anche essere considerati debolucci, Katniss Everdeen viene fatta vivere su grande schermo da una straordinaria Jennifer Lawrence, come in altri filmoni commerciali non capita spesso mai di vedere. Basta un suo solo sguardo, e ti fa la sequenza da sola. Cito ad esempio ATTENZIONE SPOILER il finale FINE SPOILER, oppure la scena in ascensore.
Non so bene perché, ma negli ultimi tempi l’ascensore sta diventando una location ideale per girare grandi scene. Qui non si raggiunge il sublime come in Drive, però in ascensore avviene il momento più divertente della pellicola, con Jena Malone che si spoglia davanti agli occhi di Woody Harrelson e Josh Hutcherson, scatenando la gelosia di Jennifer che le regala un’occhiataccia impagabile.


Che poi ci sono Jennifer Lawrence, Jena Malone, Woody Harrelson, Josh Hutcherson e c’è pure Philip Seymour Hoffman, l’altro premio Oscar della pellicola Philip Seymour Hoffman. E c’è anche Amanda Plummer che era tipo dai tempi di Pulp Fiction che non la vedevo!!!
Ma Porco Snow, come si può non amare un film con un cast del genere?

LA FINE DEI GIOCHI
Che altro vi posso dire?
Adoro la saga di Hunger Games e se questo mi rende un bimbominkia, lo accetto. Tanto lo ero comunque. E poi zitti voi che magari vi sono piaciuti i robottoni di Pacific Rim ma la quarta elementare l’avete finita da un pezzo…
C’è poco da fare. Chi più, chi meno, siamo tutti bimbiminkia. Sì, anche voi che state leggendo storcendo la boccuccia. E io, io sarò bimbominkia per Katniss Everdeen forever!
(voto 7,5/10)


mercoledì 12 settembre 2012

Biancaneve e il calciatore

Questo post-recensione su Biancaneve e il cacciatore sarà costruito su una serie di sfide.
Perché?
Tanto per cambiare. E poi perché oggi va così...

BIANCANEVE VS IL CALCIATORE
I protagonisti dell’estate gossippara sono stati due.
La zoccola e il ballerino, ovvero Belen Rodriguez e Stefano De Martino?
No, sbagliato. Sono stati Biancaneve e il calciatore.
Il calciatore è Super Mario Balotelli, che dopo un Europeo da incorniciare, finale a parte, ha pure ficcato un piccolo baby Mario nella Fico. Forse. O forse il test del DNA ci racconterà un’altra storia…
L’altra grande protagonista su siti e riviste di gossip, da TMZ e HollywoodLife a Novella 2000, è stata Kristen Stewart. Che ha combinato la ragazzetta bulimica solitamente molto riservata sulla sua vita privata?
La GZC (Giovane Zoccola Cresce) ha tradito il suo eterno fidanzato, l’imbambolato vampirello Edward Cullen al secolo Robert Pattinson, con un 41enne sposato e con figli, Rupert Sanders, proprio il regista del galeotto Biancaneve e il cacciatore.
Anvedi la fanciullina gracile!
Verdetto: Balotelli è meglio in campo che sulle riviste patinate e allora vince la Biancaneve Stewart, regina assoluta del gossip e, soprattutto, gran bitch dell’estate.

RUPERT SANDERS VS ROBERT PATTINSON
Ma chi è questo Rupert Sanders, l’uomo che ha strappato Kristen dalle braccia del Robert Pattinson, tra il disprezzo e lo sconcerto dei twi-hards?
È questo qui…

"Mi piace palpare quelle minuscole, quasi inesistenti, tettine di Kristen."

Rupert Sanders è pure lui inglese, quindi la Stewart sta in fissa con i British-boys, ed è sposato con Liberty Ross, questa qui...

"So' un po' meglio di quella vampirella bulimica, che dite?"

Liberty Ross che è tra l'altro la sorella di Atticus Ross, ovvero il compositore premio Oscar per la soundtrack di The Social Network realizzata con Trent Reznor dei Nine Inch Nails. Liberty Ross che curiosamente ha pure la parte della madre di Kristen Stewart in Biancaneve e il cacciatore.
Non c’avete capito niente? Benvenuti nel mondo del gossip!

Il film, come vedremo, è una cagata pazzesca. Nonostante questo e per quanto strano possa essere da dire, Rupert Sanders non è solo un tombeur de femmes, ma è pure un regista promettente. Da un punto di vista visivo e di riprese, infatti, Snow White and the Huntsman non è affatto male. Tecnicamente tutto funziona alla grande, persino gli effetti speciali, che di solito non sono una delle cose che più noto in un film, sono davvero notevoli. E Rupert Sanders orchestra il tutto con discreto mestiere, almeno per essere un debuttante. Peccato solo che la storia faccia pena, i dialoghi siano imbarazzanti e la gran parte delle intepretazioni lascino a desiderare.
Insomma, Sanders sembra sapere il fatto suo, mentre il Pattinson, poveretto col cuore a pezzi e in lacrime a ingozzarsi di gelato davanti alla tv, come attore per ora non ha dimostrato di essere poi così promettente (ancora devo vedere Cosmopolis, quindi la mia opinione potrebbe cambiare).
Verdetto: vince Rupert Sanders, sia sul piano sentimentale che cinematografico.

"Uèèèè, uèèèè, uèèèè"

RUPERT SANDERS VS TARSEM
Nella sfida registica tra i due autori delle (modeste) nuove (ma dove?) versioni di Biancaneve, Rupert Sanders dimostra un talento tecnico notevole, sebbene non supportato da una sceneggiatura e da un cast all’altezza. Tarsem Singh invece con il suo Biancaneve ha mostrato una buona cura grafica, ma latita nei ritmi. Ed è troppo kitsch per i miei gusti.
Verdetto: per me, meglio Rupert Sanders. Anche perché Tarsem non lo sopporto.

"Cannibal, vedi di andartene là, a quel paese..."

"Ti odio!"
"Pure io, però sorridi per i fotografi..."
KRISTEN STEWART VS LILY COLLINS
Dicevamo di intepretazioni non proprio memorabili. Su tutte, quella della protagonista: Kristen Stewart. Nonostante al momento sia l’attrice più pagata di Hollywood, la odiano tutti. Parlare male di lei è diventato uno sport nazionale. Dove? In tutte le nazioni del mondo. Quindi mi dispiace infierire ulteriormente e vorrei dire qualcosa di positivo sul suo conto, giusto per fare il bastard bastian contrario. Solo che la sua performance è davvero terribile. Non terribile quanto quella in Breaking Dawn, dove è davvero inguardabile, però quasi, e questo è il massimo complimento che posso farle. La sua Biancaneve pseudo guerriera non è minimamente convincente e gran parte del (de)merito di ciò va alla scarsa espressività e alla scarsissima credibilità della Stewart.
A questo punto, meglio le sopracciglione mostruose esibite da Lily Collins nel Biancaneve di Tarsem. Seppure pure lei non è che fosse il massimo della biancanevosità…
Verdetto: vince Lily Collins per limitatezza dell’avversaria.

KRISTEN STEWART VS CHARLIZE THERON
Se non riesce a reggere il confronto con la sopraccigliuta Collins, figuriamoci contro la Charlaiza Terrona, pardon Charlize Theron.
Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?
Charlize Figon?


O questo ragazzino rachitico e moribondo?


Verdetto: troppo facile, vince Charlize Theron. Anche se due colpi li darei pure alla Stewart, che tanto in questi giorni sembra darla via facilmente…

"Te lo scordi che te la dia, Cannibal!"

CHARLIZE THERON VS JULIA ROBERTS
Charlize esce vincitrice facile contro il peso piuma Stewart, ma contro il peso massimo Julia Roberts è un’altra storia. La Roberts come Evil Queen ha regalato al personaggio una sfumatura ironica inedita e irresistibile. È lei la vera forza motrice e il punto di forza (unico?) della pellicola di Tarsem. Se Charlize Theron pure lei è una spanna sopra al resto del cast, ma solo per scarsità degli altri, più che per meriti suoi. La sua Regina cattiva è spesso sopra le righe, urla un sacco, si inalbera e a tratti è persino troppo odiosa. Va bene essere cattivi, però c’è un limite a tutto. Charlize bravuccia, ma ha fatto molto di meglio, in Young Adult, ad esempio.
Verdetto: vince la Evil Juliona Roberts.

BIANCANEVE E IL CACCIATORE VS BIANCANEVE
Veniamo al film nella sua totalità, finalmente.

"Hey, cos'è questa luce? Sole??? Cos'è il sole?"
Biancaneve e il cacciatore
(USA 2012)
Titolo originale: Snow White and the Huntsman
Regia: Rupert Sanders
Cast: Kristen Stewart, Chris Hemsworth, Charlize Theron, Sam Claflin, Ian McShane, Bob Hoskins, Ray Winstone, Eddie Marsan, Nick Frost, Toby Jones, Brian Gleeson, Sam Spruell, Lily Cole, Liberty Ross
Genere: fantasy poco fun-tasy
Se ti piace guarda anche: Il signore degli anelli, Biancaneve, Once Upon a Time

Biancaneve e il cacciatore è noioso. Non sarà il più professionale dei pareri, di certo è quello più personale. Mi ha fatto addormentare più e più volte nel corso della sua visione, manco si trattasse della fiaba della Bella addormentata anziché quella di Biancaneve. D’altra parte la storia e il personaggio sono stra notori e stra già raccontati, nel passato e soprattutto di recente, sia nel film di Tarsem che nella serie tv Once Upon a Time. C’era davvero tutto questo bisogno di proporre un’altra leggera variante vagamente fantasy e vagamente (ma molto) vagamente ispirata alle atmosfere del Signore degli anelli?
I miei sbadigli dicono che no, non ce n’era bisogno.
Peccato, perché il regista Rupert Sanders come detto sopra sa il fatto suo. La macchina da presa sa come muoverla e se i ritmi latitano è più che altro per colpa di una sceneggiatura priva del benché minimo spunto di originalità o interesse.

"Cos'è che dicevi su di me, Cannibal?"
Certo, pure gli attori non aiutano: vedere Chris Hemsworth e Kristen Stewart recitare insieme è come assistere a due tartarughe che fanno una gara di velocità.
A ciò aggiungiamo pure come bonus extra varie scene ridicole, tutte con protagonista (ovviamente) la Stewart. Mi sembra di sparare sulla Croce Rossa, ma non posso non citare tra i momenti (involontariamente) tragici del film il faccia a faccia di Kristen Stewart con il troll. Chi tra i due è più mostruoso?
Teribbbile poi la scena in cui il nano Gus (non ricordavo esistesse un nano con questo nome...) che muore proprio sotto agli occhi di Kristen Stewart, la quale, più che dispiaciuta, ha la stessa espressione di quando Edward Cullen/Robert Pattinson le fa raggiungere l’orgasmo in Breaking Dawn, nell’unica volta in cui finalmente si ciula all’interno dei 50 capitoli della castigata saga di Twilight.
Altro momento pessimo: il discorso di incitamento di Kristen Stewart. Il discorso d’incitamento meno d’ìncitamento nella storia dell’incitamento mondiale.
Tra noia e ridicolosità, la confezione pur tecnicamente e visivamente impeccabile finisce a pezzi e si arriva al termine delle 2 ore e passa stremati. Qualche risata nel corso della visione la si è anche fatta (thank you, Kristen ;), però non si raggiungono nemmeno gli altissimi livelli di comicità dei vari Twilight, con apice nell’assurdo Breaking Dawn.

"Kristen Stewart è considerata più bella di me? Ma il reame è impazzitooo?"
Sull’altro lato del ring incontriamo il Biancaneve di Tarsem. Come già evidenziato nella mia recensione qualche mese or sono, un film pure questo ricco di difetti e con addosso la sua buona dose di momenti da velo pietoso. Se non altro, almeno, è una pellicola più ironica, vivace e divertente, in grado di tenere più svegli, e Julia Roberts riesce a regalare un motivo uno per vederlo.
Nel complesso, due film visivamente ben curati e piacevoli alla vista, sotto la cui patina non si trova niente. Zero emozioni.
(voto a Biancaneve e il cacciatore: 5/10
voto a Biancaneve: 5,5/10)
Verdetto: vince Biancaneve, per quanto lungi dall’essere convincente.

LE DUE BIANCANEVE VS ONCE UPON A TIME
C’è poco da fare. Il mondo delle fiabe oggi come oggi non lo racconta meglio nessuno dell’ottimo e parecchio inventivo telefilm Once Upon a Time. Se poi la concorrenza è quella fornita dalle ossa scheletriche di Kristen Stewart e dalle sopracciglia selvagge di Lily Collins, non c’è davvero storia. Figuriamoci fiaba.
Verdetto: la tv batte il cinema e Once Upon a Time visse per sempre felice e contento.

domenica 15 luglio 2012

White Heat: caldo bianco? No, caldo bestia

White Heat
(mini-serie tv UK in 6 episodi)
Rete britannica: BBC Two
Rete italiana: non ancora arrivata
Creata da: Paula Milne
Cast: Claire Foy, Sam Claflin, David Gyasi, MyAnna Buring, Lee Ingleby, Reece Ritchie, Jessica Gunning, Juliette Stevenson, Lindsay Duncan, Hugh Quarshie, Jeremy Northam, Tamsin Greig
Genere: sceneggiatone
Se ti piace guarda anche: La meglio gioventù, Il grande freddo, Piccole bugie tra amici, We Want Sex

La meglio gioventù in versione inglese?
È questo che si può pensare di White Heat, mini-serie britannica in 6 puntate da un’oretta l’una recuperate dietro consiglio del blog di Cipolla pensierosa. Una meglio analisi superficiale e veloce, ma che a grandi linee rende l’idea di quello che vi potrete trovare di fronte.
In questa serie le vicende personali di una serie di personaggi si sviluppano con sullo sfondo le vicende politiche e sociali della Gran Bretagna tra gli anni ’60 e i ’90, con una puntatina nel presente, laddove La meglio era ambientata tra il 1966 e il 2003. La differenza principale tra la splendida serie italiana firmata da Marco Tullio Giordana e questa è nella caratteristica dell’unione dei personaggi.
La meglio gioventù è incentrata su una famiglia, i preziosi Carati, mentre qui le vicende sono incentrate su un gruppo di coinquilini. Ed è qui che si annida una differenza fondamentale tra la cultura italiana che, un po’ come quella americana, non può prescindere dall’unione famigliare, mentre in UK, vuoi per l’assenza di una forte impronta cristiana, il concetto di famiglia è differente e trascende i legami di sangue.
Nel 1965, un gruppo di sette tizi (4 ragazzi e 3 ragazze) va a vivere insieme e da lì in poi rimarranno per sempre legati da un rapporto di amicizia così come anche di contrasto che ricorda molto un rapporto famigliare, perché alla fine è questo che diventeranno: una famiglia.

White Heat è un romanzone, un’epopea che si sviluppa in vari decenni con vari personaggi e, come le migliori di queste storione, riesce a coinvolgere e appassionare sempre più, episodio dopo episodio, epoca dopo epoca. Cosa che comunque non lo rende esente da difetti, in primis la mancanza del caratteristico British humor, in favore di una seriosità che ci sta anche ma è probabilmente eccessiva.
La vicenda parte nel presente, con i personaggi ormai “vecchi”, intorno ai 60 anni passati, che si ritrovano per la morte di uno di loro. Chi è non ve lo dico, anche perché su questo mistero si gioca fino all’ultimo episodio. In ogni puntata, velata da una forte dose di malinconia, si viaggia in flashback indietro in un anno importante, sia per loro, che in qualche modo per la storia britannica recente: 1965, 1967, 1973, 1979, 1982 e 1990. Il legame tra la riflessione intima e personale sui personaggi e sui rapporti che si instaurano tra loro con una riflessione politica e sociale è ben congegnato e funziona piuttosto bene, sebbene la serie non riesca a sfuggire del tutto dagli stereotipi e da una schematizzazione e semplificazione a tratti eccessiva.

C’è ad esempio Jay (Reece Ritchie), il personaggio omosessuale cui, in maniera piuttosto prevedibile, fanno contrarre l’HIV, c’è la tipa grassottella ma buona di cuore Orla (Jessica Gunning), c’è la bionda Lilly (MyAnna Buring), una tipa perennemente insoddisfatta che intraprende la via dell’arte fino a che non si rende conto di non avere talento e c’è il rigido ingegnere Alan (Lee Ingleby), che le va dietro come un cagnolino fino a che non riuscirà a farla diventare sua moglie.
Se questi personaggi di “contorno” non sono male ma nemmeno sono stati sviluppati al meglio, laddove la serie funziona e coinvolge di più è nel triangolo sentimentale tra i tre veri protagonisti centrali della storia.
Jack (Sam Claflin) è il figlio di un ricco politico conservatore che, per ribellarsi al padre, diventa una sorta di hippie dalle idee del tutto opposte a quelle del genitore e destinato a una carriera nel partito laburista. Charlotte (Claire Foy) è una donna forte e indipendente, una femminista che proverà a fargli mettere la testa a posto. Ma tra loro spunta Victor (David Gyasi), un ragazzo black che per via del colore della sua pelle avrà varie vicissitudini con la polizia; naturalmente si innamora di Charlotte che però sembra avere occhi soltanto per il rebel rebel Jack. Anche se i tre protagonisti non rifuggono pure loro del tutto dagli stereotipi, c’è poco da fare: un triangolo amoroso quando è ben architettato funziona sempre e mantiene alta l’attenzione dello spettatore.

Bravini, ma non del tutto spettacolari, gli attori. Alcuni di loro hanno comunque ampi margini di miglioramento e potrebbero riservarci buone cose in futuro: tra loro svettano Claire Foy, già vista nei panni della strega inquietante del pessimo L’ultimo dei templari, Sam Claflin, lanciatissimo anche a Hollywood dopo Biancaneve e il cacciatore in cui ha la parte del Principe Azzurro, Reece Ritchie, già nel toccante Amabili resti, e la bionda MyAnna Buring, vista nell’atroce Kill List. Azzeccata la scelta di prendere degli altri attori per interpretare i personaggi ormai invecchiati nel presente, invece di ricorrere a un trucco che avrebbe potuto creare effetti involontariamente tragici, come nel recente J. Edgar di Clint Eastwood.

La serie non riesce a gettare uno sguardo sul passato radicalmente nuovo, come invece fatto da una serie come Mad Men, in grado di prendere gli anni ’60 così come li conoscevamo e rivoltarli come un calzino. I decenni recenti sono qui rivissuti in una maniera conosciuta, già vista da altre parti, e le tematiche sono quelle che ci si può aspettare: diritti civili, femminismo, aborto, omosessualità, gli anni della Thatcher, ecc., affrontati attraverso i cambiamenti sociali e culturali da metà 60s al 1990. Niente di troppo nuovo sotto il sole a livello di tematiche e anche la colonna sonora, pur di primissimo livello, ripropone pezzi stranoti, dai Who a David Bowie, dai Clash ai classici della disco anni ’70.
Per quanto non riesca a sorprendere, per quanto mi sia concentrato soprattutto sugli aspetti meno convincenti, White Heat è uno sceneggiato tv che si lascia seguire in maniera del tutto appassionante e che ti entra sempre più dentro al cuore, al punto che, dopo essere rimasto piuttosto perplesso dopo i primi due episodi, quelli meno riusciti e più stereotipati dei ’60, mi sono letteralmente divorato i successivi. Perché nella sua imperfezione si cela un’umanità rara da trovare in molti altri prodotti, anche più riusciti o innovativi.
Il miglior pregio di White Heat, allora? Quello di essere una serie ricca di tanti, umanissimi difetti.
(voto 7+/10)

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