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mercoledì 9 gennaio 2019

Bird Box: se guardi muori, ma questo film va guardato comunque





Bird Box
Regia: Susanne Bier
Cast: Sandra Bullock, Trevante Rhodes, John Malkovich, Sarah Paulson, Danielle Macdonald, Lil Rel Howery, Rosa Salazar, Colson Baker, Jacki Weaver, Tom Hollander
"Ma perché ci siamo bendati?"
"Dopo la bocciatura di Roma, è meglio non rischiare la vita leggendo le opinioni assurde di Pensieri Cannibali."


Non guardare. Bird Box te lo dice chiaramente. Non devi guardare. Se guardi cosa succede?
Semplice: muori. Ti ammazzi. La fai finita.

Con una premessa del genere, non so voi, ma io ho dato retta al consiglio e questo film non l'ho guardato. Temendo anche che si trattasse della classica porcata apocalittica: un'Aporcalisse, esatto. Un incrocio tra un episodio di The Walking Dead e un film di Michael Bay. O, ben che andasse, una roba simile a una pellicola sulla fine del mondo alla Roland Emmerich, il regista più portasfiga nella storia dell'umanità. Almeno fino a che l'umanità non sarà giunta al termine, come i suoi lavori spesso e volentieri si augurano.

giovedì 19 luglio 2018

Io, Dio, Bin Laden e i film in uscita





Questa settimana nella rubrica sulle uscite cinematografiche co-condotta da me e dall'agghiacciante Mr. James Ford c'è un ospite casuale...

No, ho sbagliato. Volevo dire che come ospite c'è Frank, l'autore del blog Combinazione casuale. Un sito che parla principalmente di cinema, libri e serie tv su cui magari siete già capitati in maniera casuale, o forse digitando proprio la parola "casuale" su Google. Se invece ancora non l'avete visitato, vi consiglio di fare un salto perché ci sono delle cose interessanti. Almeno ogni tanto.

Intanto sentiamo cos'ha da dirci sui film in arrivo non solo questa settimana. Visto che in questo misero weekend escono a malapena due titoli, abbbiamo deciso di fargli commentare pure quelli in uscita la prossima settimana. Così ne approfittiamo per fare una doppia puntata in un colpo solo e la prossima settimana me ne vado in Russia a seguire i Mondiali...

Come? Sono già finiti?
E allora mi toccherà farmi ospitare in Sardegna da qualche amico VIP. Eh, dura la vita di noi blogger superstar.


OVERBOARD
(nei cinema dal 19 luglio)
"Non c'è niente di meglio di un film consigliato da Ford per far addormentare tutta la famiglia."

mercoledì 22 gennaio 2014

GRAVATAR
















Mi sentite?








Ho detto: mi sentite?








Heeey, c’è nessuno?







Aspettate un momento che provo ad avvicinarmi…








Houston, se mi senti grida: “Eeeeh! Eeeeeh!
Se mi senti grida: “Oooh! Oooooh!”






Oh, ma che è ‘sto mortorio? Non mi ricevete?
Provo ad avvicinarmi ancora un poco.







Ora mi sentite forte e chiaro?







Troppo forte?






Allora un attimo ancora che mi allontano...






Tutto normale, ora?
Bene, a questo punto potete finalmente lanciarvi in orbita con me e con il mio post su Gravity.

Gravity
(USA 2013)
Regia: Alfonso Cuarón
Sceneggiatura: Alfonso Cuarón, Jonás Cuarón
Cast: Sandra Bullock, George Clooney
Genere: fluttuante
Se ti piace guarda anche: Europa Report, After Earth, Alien, Avatar

Sapete l’ultima volta che ho sentito dire: “Questo film è un’esperienza sensoriale che va vissuta assolutamente in 3D”?
Esatto: erano i tempi di Avatar, la boiata del secolo. Una pellicola che ho odiato e patito tantissimo, anche perché sono convinto di una cosa: una merda puoi pure girarla in 3D, ma sempre merda rimane.
L’ultima esperienza sensoriale offerta dal cinema americano si chiama Gravity. Una pellicola che è girata in maniera vorticosa e spettacolosa e che in effetti va vissuta come un’esperienza. Attenzione però: anche un massaggio thai con sorpresina finale è un’esperienza sensoriale niente male, ma ciò non significa che sia grande cinema.
Oppure, tanto per rimanere in un ambito tematico più vicino a Gravity, una visita al planetario è una bella esperienza?
Sììì.
Una visita al planetario è grande cinema?
Nooo.

Il problema di Gravity comunque è un altro. Non è un’esperienza sensoriale piacevole. Per me non lo è stato. A tratti mi ha provocato risate di disperazione e a tratti mi ha causato persino il voltastomaco. In pratica, Gravity è come un giro sulle giostre. È un’esperienza che non vedi l’ora che finisca e, una volta terminata, non ti lascia nient’altro se non la voglia di non tornarci mai più. Poi naturalmente tutto è soggettivo, le esperienze in modo particolare, e quindi ci sono quelli che non vedono l’ora arrivino le giostre in città per andare a provarle tutte, mentre io preferisco rimanere con i piedi sulla Terra a gustarmi una birra. Anche una birra è un’esperienza sensoriale, ma ciò non significa sia grande cinema, capito miei cari grandi critici cinematografici mondiali che avete eletto questa modesta pellicoletta survival come la migliore (SERIOUSLY?) dell’anno.

Gravity è un film che, proprio come Avatar, maschera dietro a nuove roboanti tecniche di ripresa e super effettoni speciali il suo attaccamento a un tipo di cinema che di innovativo non ha niente di niente. Gravity racconta una storia già sentita mille altre volte, e la racconta pure maluccio, tra dialoghi che più banali non si potrebbe immaginare e uno svolgimento prevedibile anche per chi non ha mai visto un film in vita sua.

"Aah che pace nello spazio, lontano dai paparazzi.
Se solo non ci fosse quella lagna della Bullock che rischia la morte ogni 2 secondi."
ATTENZIONE SPOILER
Sandra Bullock è una dottoressa barra ingegnere biomedico che viene mandata nello spazio per la prima volta. Perché hanno mandato una dottoressa di ospedale lassù non si capisce bene, ma a questo punto non potevano spedirci Meredith Grey di Grey’s Anatomy, così ce la levavamo dalle scatole una volta per tutte? E a proposito di serie medical, insieme a lei c’è l’ex dottore di E.R. George Clooney. Tra i due all’inizio assistiamo a dinamiche quasi da commedia romantica. Lui fa lo splendido e il brillante, mentre lei è più introversa e riservata. Due personaggi che più diversi non si potrebbe e quindi destinati a mettersi insieme…
Gravity è un’americanata colossale, ma non fino a questo punto. Pur evitando la deriva romantica, Gravity non evita la solita deriva della storia su una missione spaziale. Inzialmente va tutto bene, poi c’è un incidente e gli astronauti muoiono uno dopo l’altro, con tanto di George Clooney che si sacrifica in maniera eroica (e che palle!) e scompare ammirando la bellezza dello spazio (e che palle di nuovo!). Una storia che si ripete, già vista in un sacco di altri film, in pratica tutti quelli ambientati su un'astronave, come Alien, Sfera, Moon, Prometheus o l’inarrivabile 2001: Odissea nello spazio, tra l’altro citato da Cuarón nella scena più bella del film. Gli unici 10 secondi davvero poetici della pellicola, quelli in cui la Bullock si raggomitola in posizione fetale. La sola sequenza per cui è possibile e giustificato un confronto tra i due film. Per il resto, chi accosta il sommo capolavoro filosofico-esistenziale di Kubrick con questa vuota favoletta spaziale è messo in condizioni davvero gravi.


"Questo film non ha migliorato la mia recitazione,
ma se non altro mi ha fatto diventare un'ottima nuotatrice."
Sandra Bullock rimane così da sola e cosa fa da sola?
Entra in una navicella spaziale e comincia a spogliarsi…
Ma che è? Un film di fantascienza o un porno?
Purtroppo la prima. Sandra Bullock si toglie la tuta da astronauta e dimostra di possedere ancora belle tette & chiappe, ma come attrice non è che sia proprio uno sballo. A questo punto, non essendo un pornazzo la Bullock non si toglie tutti gli altri vestiti e non comincia una scena di masturbazione spaziale, bensì ahinoi parte la classica esperienza di sopravvivenza estrema in solitaria, già vista di recente in un sacco di altri film come 127 ore, Vita di Pi e Cast Away, tanto per citarne solo alcuni.
Da qui in poi, l’attrice è chiamata a reggere sulle sue spalle l’intero peso della pellicola e dimostra tutti i suoi limiti. Che pure io – precisiamolo – la Bullock non l’ho mai disprezzata come fatto da molti. A me la Bullock è anzi sempre piaciucchiata abbastanza. Mi era piaciuta in Speed, in Formula per un delitto, persino in Demolition Man, e The Net - Intrappolata nella rete è un mio guilty pleasure personale assoluto. Il premio Oscar andatole per The Blind Side poi per me c'era stato tutto perché lì era perfetta per la parte, mentre qui la sua interpretazione tocca spesso il ridicolo involontario, come nella pessima pessima pessima scena dell’ululato, che magari nella mani di un’attrice di altra caratura, come Natalie Portman, avrebbe portato a ben altri risultati. La Portman era stata proprio una delle attrici considerate per la parte, insieme ad Angelina Jolie.
La Jolie che ulula nello spazio?
Al solo pensiero, potrei quasi quasi rivalutare la performance della Bullock.

A mancare soprattutto a Gravity, almeno per quanto mi riguarda, è un vero trasporto emotivo nei confronti dei personaggi, parecchio stereotipati e pure parecchio abbozzati. In questo film di personaggi non è che ce ne siano tanti. Ce ne stanno appena due, due cazzo!, era tanto difficile delinearli meglio e magari in maniera meno ruffiana? Lui Giorgione Clooney è il personaggio simpa di turno che però non è poi così simpa e anzi le sue storie non si riescono a reggere con gli occhi aperti nemmeno bevendo dieci Nespresso di fila. Lei invece è talmente simpa che ho tifato per la sua morte immediata già fin dalla prima scena.
Al di là di una modestissima Sandra Bullock (che però come prevedibile s’è beccata una nuova nomination agli Oscar) e del suo poco empatico personaggio, il problema principale sta in una sceneggiatura scontatissima e scritta in maniera penosa, con dialoghi e monologhi di una banalità clamorosa, e scene agghiaccianti che toccano il vertice, oltre che nell'orrorifico ululato, nel momento onirico con protagonista George Clooney. Santo David Lynch, ma come si fa a girare una scena onirica del genere?
Fin dalla prima scena, è inoltre facile prevedere l’intero sviluppo del film. Questo script realizzato da Alfonso Cuarón insieme al suo figlio raccomandato Jonás è allora la dimostrazione di come:
A) Certi registi saranno anche bravi con la macchina da presa in mano, ma la penna è meglio che la lascino stare.
B) Il nepotismo fa solo dei danni.

Nonostante una sceneggiatura del tutto priva di idee un minimo originali, Gravity è un film che vuole stupire a tutti i costi lo spettatore, se non altro da un punto di vista visivo. Alfonso Cuarón girerà anche bene, ma fa un eccessivo ricorso a effetti speciali e ad espedienti del cinema avventuroso. In ogni momento deve capitare qualcosa, un contrattempo, un colpo di scena (tutti come detto ampiamente prevedibili). È un peccato, perché i pochi momenti decenti sono quei rari attimi di quiete, in cui il film rallenta la sua corsa, il suo vortice visivo da mal di testa e pure da mal di pancia.
Riassumendo: Gravity rappresenta alla perfezione il cinema che NON mi piace. Tutto tecnica, tutto effetti speciali, ma zero idee originali e, soprattutto, zero cuore.

A voler essere generosi, perché in fondo in fondo ma proprio in fondo io sono un buono, Gravity alcuni pregi li ha pure, esclusivamente relativi alla parte visiva. Niente di così straordinario nemmeno in questo caso e sufficienti a farlo volare in alto nello spazio giusto per pochi minuti, quelli del piano sequenza iniziale. Allo stesso tempo, Gravity ha dei difetti ancora più evidenti della sua appariscente e spettacolare messa in scena, relativi a una protagonista così così e a una sceneggiatura terribile, ma terribile forte, che lo spingono giù verso Terra. Alla fine, complice una conclusione ridicola e che risulterebbe inverosimile persino se fosse una pellicola con Will Smith, tra i pregi che sollevano il film e i difetti che lo buttano giù, per quanto mi riguarda a prevalere sono nettamente i secondi. È una cosa normale. È la gravità, e non si può sconfiggere la gravità.
(voto 5/10)

Adesso mi sono rotto di  parlare di Gravity.
Torno a gravitare tra i miei più classici e tipici impegni spaziali, tipo ululare.





AUUUUUUUUUUUUUUUU











AUUUUUUUUUUUUUUUUUU











AUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUU












Sandra Bullock, ma va a cagheeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeer


sabato 9 novembre 2013

CORPI DA REATO – LE AMICHE DELLA PULA




Corpi da reato
(USA 2013)
Titolo originale: The Heat
Regia: Paul Feig
Sceneggiatura: Katie Dippold
Cast: Sandra Bullock, Melissa McCarthy, Demian Bichir, Marlon Wayans, Michael Rapaport, Spoken Reasons, Michael McDonald, Dan Bakkedahl, Taran Killam, Thomas F. Wilson, Tony Hale, Erica Derrickson, Kaitlin Olson, Nate Corddry, Zach Woods
Genere: girly buddy movie
Se ti piace guarda anche: Miss Detective, Io sono tu, Parto col folle, Come ti spaccio la famiglia, Le amiche della sposa

Questo è un interrogatorio. Tutto quello che dichiarerà verrà registrato, comprende Signor Cannibal Kid? È sicuro di volerlo fare senza il suo avvocato ad assisterla?

Certo, non ho niente da nascondere, io. Procedete pure.

Cominciamo da Corpi da reato. È vero che si tratta dell’ultimo film che ha visto?

Esatto.

"Perché Cannibal ha visto il nostro film? Tu lo sai, faccia da cavalla Bullock?"
"Veramente no, andiamo a scoprirlo..."

Mi può spiegare perché l’ha guardato?

Insomma, agente…

Mi chiami detective, per favore.

Insomma, detective… Con un titolo del genere, Corpi da reato, si poteva immaginare che fosse un certo tipo di film…

Non la seguo. Non ho idea di cosa sta parlando.

Beh, Corpi da reato… immaginavo si trattasse di un film di quelli per adulti.

Perché, vuole dire che Corpi da reato si è invece rivelato un film di quelli per bambini?

No, assolutamente. È parecchio sboccato e volgare, anche un poco violento. Non credo sia la visione più indicata per dei bambini.

E allora cosa intende?

Intendo che mi immaginavo fosse un porno, un bel pornazzo.

Questo per un titolo come Corpi da reato? Lei è davvero un pervertito.

A mia parziale difesa posso dire che, una volta compreso con una certa delusione che di porno non si trattava, ho voluto vederlo comunque, anche perché è il nuovo film di Paul Feig. Non ho detto Paul Figa, ho detto Paul Feig. Non sono così pervertito. Paul Feig è quello di Le amiche della sposa, una delle commedie più spassose e irriverenti degli ultimi anni. Questo Corpi da reato è un po’ una versione al femminile dei classici buddy movie polizieschi, così come Le amiche della sposa era una versione girly delle classiche commedie alla Una notte da leoni su un gruppo di tipi che partecipano a un addio al celibato.

E mi dica, cosa succede in genere a un addio al celibato?

Lo sa meglio di me, detective. Alcool, droghe, strip-club, escort… Cose di questo tipo. Tutto nel massimo rispetto della legalità, intendo.

Meglio se procediamo oltre, visto che la sua posizione si sta aggravando di minuto in minuto. Passiamo alle due protagoniste del film: preferisce Sandra Bullock o Melissa McCarthy?

Guardi agent… ehm, sbirr… ehm, detective, qualche tempo fa le avrei detto sicuramente Sandra Bullock. Adesso non saprei. Di certo il mio preferito del cast è Thomas F. Wilson, il Biff Tannen di Ritorno al futuro.

"Hey voi porche, levatemi le mani di dosso."

Quanto alle protagoniste: che è successo alla faccia della Bullock? Si allunga film dopo film. Ormai è diventata più lunga dell’arnese da lavoro di Rocco Siffredi, tanto per rimanere in tema di pornazzi. E poi sembra finta… sembra Michael Jackson. Lo so che è morto e quindi non è più politically correct dire cose brutte su di lui e infatti non lo sto facendo. Sto dicendo una cosa brutta su Sandra Bullock. Dall’altra parte invece abbiamo Melissa McCarthy che con quel look da gattara appena uscita da un manicomio criminale non è che sia proprio il massimo del sexy. E inoltre Sandra & Melissa battibeccano alla grande tra di loro e alla lunga diventano pesanti. Diventano peggio di Sandra & Raimondo. Lo so, sono morti pure loro, ma non mi guardi male, agent… ehm, detective. Non stavo dicendo niente di male nemmeno su di loro.

"Faccia allungata a chi?"
"Gattara, ma dove?"

Pare che lei abbia un’ossessione particolare nei confronti dei morti. Mi dica, ha mai ucciso qualcuno?

Agente… ehm, detective. Andiamo, chi nella vita non ha mai ucciso qualcuno che gli stava sulle balle? È capitato una volta… forse due… facciamo tre e chiudiamola qui. Eddai, anche lei sicuramente avrà fatto fuori qualcuno.

No. Sono in polizia da quarant’anni e non ho mai nemmeno usato la mia pistola una singola volta. Sebbene con lei sia tentato fortemente di farlo. Comunque è proprio sicuro di non volere il suo avvocato?

Dopo queste mie ultime dichiarazioni a quanti anni di galera sono arrivato?

Anno più, anno meno, al momento rischia… direi la pena di morte.

Mi sa che una telefonatina al mio avvocato andrei quasi quasi a farla. In ogni caso, agent… ehm, detective, se le capita, un’occhiatina a Corpi da reato gliela può anche dare. Non è un pornazzo, purtroppo, non è un film eccezionale, la parte poliziesca è parecchio scontata, già vista e pure un po’ troppo allungata, anche se mai quanto la faccia plastickosa di Sandra Bullock, però fa ridere. Ha un umorismo perfido, o quanto meno cattivello, o se non altro molto poco politically correct…
Beh, ora che ci penso, dopo averla conosciuta in questa simpatica chiacchierata tra amici, mi sa che non è il film più adatto a lei, agent… ehm, sbirr… ehm, detective. Lei mi sa più di tipo alla Sandra Bullock in questo film. E toglietevela quella scopa dal culo, Cristo Santo! E tu, Cristo Sandra, toglitela pure dalla faccia!
(voto 6/10)

Le dichiarazioni rilasciate in questo interrogatorio potrebbero non corrispondere al vero e tutto quello che ho scritto non potrà essere usato contro di me in tribunale.



lunedì 28 maggio 2012

Molto debole, incredibilmente palloso

"Se ingrassi ancora un po', mi fai morire di mal di schiena, altroché 11 settembre..."
Molto forte, incredibilmente vicino
(USA 2012)
Titolo originale: Extremely Loud & Incredibly Close
Regia: Stephen Daldry
Cast: Thomas Horn, Tom Hanks, Sandra Bullock, Max Von Sydow, John Goodman, Viola Davis, Jeffrey Wright
Genere: post-11 settembre
Se ti piace guarda anche: Touch, Reign Over Me, Un sogno per domani, 11 settembre 2011, United 93, World Trade Center

Molto forte, incredibilmente vicino è il tema affrontato da questo film: l’11 settembre 2001.
Do you remember?
Un tema sì vicino, ma non più di stretta attualità. Allo stesso tempo è però una ferita ancora troppo aperta per poter essere oggetto di un’osservazione da un punto di vista storico davvero distante. Insomma, questo non sembra il momento migliore per riflettere sull’argomento.
La pellicola è tratta dal romanzo di Jonathan Safran Foer, tra i primi a toccare l’argomento degli Stati Uniti post-11 settembre. Buon per il libro, male per l’adattamento cinematografico che oggi appare arrivare in ritardo, con varie altre pellicole che hanno affrontato il tema in maniera simile e una serie tv come Touch, con Kiefer Sutherland, che pare anch’essa prendere parecchia ispirazione dal romanzo. Lì come qui abbiamo una storia di connessioni tra numeri e persone in qualche modo legate tra loro e lì come qui abbiamo un (insopportabile) bimbo protagonista ai limiti dell’autismo. Solo che se in Touch non parla, il protagonista di Molto forte incredibilmente vicino invece parla molto e incredibilmente per tutta la durata del film!
Uno dei limiti della pellicola è quello di non dire fondamentalmente niente di nuovo sull’argomento.
A costo di fare i cinici: tra documentari, servizi dei TG, film, serie tv e quant’altro sappiamo già tutto. Era quindi davvero necessario un altro film sull’11 settembre?

A non convincere di questo adattamento, oltre a un tempismo non proprio tempestivo, è il modo in cui è stato realizzato. Premetto che non ho letto il romanzo, quindi la mia è solo una supposizione, però non mi sembra si sia fatto un grande lavoro di trasposizione da un mezzo all’altro.
Il film, in pratica, suona incredibilmente letterario e molto poco cinematografico.
Tutta la prima parte è vissuta attraverso la voce del bambino narratore. All’inizio va anche bene, dopo qualche minuto comincia a darti sui nervi, dopo una mezzoretta cominci a rimpiangere di non esserci stato anche tu dentro le Twin Towers, quell’11 settembre.
Scherzo!
È ancora troppo presto per scherzarci su?

"Non so perché, ma su 'sta cartina Casale Monferrato non è mica segnato..."
I film che hanno dei bambini per protagonisti partono già con un problema serio da affrontare. I bambini nei film sono infatti spesso odiosi. A essere gentili. Il bimbetto protagonista di questo film all’inizio sta anche piuttosto simpatico. È strambo, particolare. È un pochino autistico, ma non del tutto. È originale. A forza di farlo parlare con la voce fuoricampo, poco a poco, ma nemmeno tanto poco a poco, comincia a diventare prima pesante e poi odioso ai livelli quasi della maggior parte degli altri bambini cinematografici. Detto questo, il giovane attore Thomas Horn più o meno se la cava, dai. La sua performance non è da exploit alla Haley Joel Osment (che fine ha fatto?) o alla Maculay Culkin (lui sappiamo che fine ha fatto, ‘sto drugà!), però è decente.
Cosa c’è comunque di più odioso dei bambini nei film?
Risposta corretta: Tom Hanks nei film.
La buona notizia è che Tom Hanks in questo film compare poco. Come mai?
Considerato che il tema è quello dell’11 settembre, fate voi 1+1…
E c’è pure Sandrona Bullock. A sorpresa mi era piaciuta parecchio in The Blind Side, per cui aveva vinto persino l’Oscar, però per il resto è una che per vederla recitare decentemente bisogna pregare Dei di diverse religioni.

"Falla pure tutta, figliolo. Hai la più completa privacy.
Non ti sto fissando, no no!"
A proposito di religione, ma neanche tanto, il film non affronta il tema dell’11 settembre da questo punto di vista. Né da un punto di vista politico o culturale. Niente. Affronta l’argomento da un punto di vista puramente umano. Andando a scavare nella vita delle persone, dei newyorkesi la cui vita è cambiata in qualche modo dopo gli attentati. Però più che scavare, gratta giusto in superficie e i personaggi di contorno rimangono un contorno molto poco gustoso. Abbiamo un parterre, ma che dico parterre? dico jean-pierre, di interpreti di primo livello come Viola Davis, John Goodman, Jeffrey Wright, ma i loro personaggi stanno sempre sullo sfondo.
Tutti i riflettori sono allora accesi sul bimbetto protagonista. La sua vicenda, triste, toccante, emozionante fin che si vuole, cattura l’interesse giusto nella prima mezz’ora, poi il film si perde incredibilmente per strada. In questo mi ha ricordato in maniera molto forte Un sogno per domani, film con il sopracitato Haley Joel Osment, che ha un buono spunto iniziale e poi scivola nella noia e nei buoni sentimenti.

Di aver girato questo film? Yes, you're sorry!
Quando sembra non saper più che pesci pigliare, la pellicola tira allora fuori il rapporto tra il bambino protagonista e un signore anziano che da anni non parla più, interpretato da un Max von Sydow nominato agli ultimi Oscar piuttosto inspiegabilmente, forse come omaggio alla carriera. La loro amicizia ricorda un po’ quelle di Gran Torino o de L’estate di Kikujiro però no, scordatevi subito che possa raggiungere gli stessi livelli. I livelli raggiunti sono più vicini a quelli di Reign Over Me, modesta e piuttosto scontata pellicola sul post 11 settembre con Adam Sandler.
Dietro la macchina da presa c’è Stephen Daldry, regista che non amo molto, che qui riassume un po’ tutto il suo cinema passato. C’è la vicenda storica legata a quella umana, come in The Reader, c’è il bimbetto odioso ma non troppo come in Billy Elliot, e c’è un tipo di costruzione narrativa simile a The Hours; come in quello, anche qui i ritmi sono parecchio lenti, per poi avere qualche accelerazione improvvisa. Scordatevi però il bel finale in crescendo di The Hours, perché qui il film raggiunge il suo climax con la “scenona” in cui il bambino parla a raffica con il vecchio muto. Una scena che forse vorrebbe essere cult come il monologo di Edward Norton in La 25ora, peccato finisca invece per risultare ridicola più che altro.

Alla fine della visione, l’idea che mi rimane in testa è quella di una pellicola molto debole, incredibilmente debitrice nei confronti del romanzo da cui è tratta. La risoluzione del mistero attorno a cui ruota la storia è poi parecchio deludente, per lo stesso protagonista quanto per noi spettatori.
Sembra che gli Stati Uniti non riescano a liberarsi dallo spettro dell’11 settembre. Un'ossessione che dà origine a vicende piuttosto prevedibili di riscatto personale, nonostante tutte le circostanze avverse, con vicende buoniste e tomhanksiane come le vite intrecciate di questa pellicola o del telefilm Touch. Io però preferisco quando l'America affronta questo fantasma con maggior coraggio, senza tralasciare gli aspetti politici, ideologici, culturali e religiosi della vicenda, certo non trascurabili. Proprio come fa Homeland, una serie tv, quella sì, molto forte e incredibilmente vicina all’America post September 11.
(voto 5/10)

martedì 8 marzo 2011

Chick flick: Festa della Donna edition

Dopo aver parlato ieri di Tron Legacy, e i film di fantascienza si sa sono un argomento scacciafiga quasi quanto il calcio e i radiatori delle auto, oggi che è la Festa della Donna (a proposito, auguri e una mimosa virtuale a tutte!) dedico uno spazio ad un tema più girl friendly: i chick flick. Cosa diavolo sono i chick flick, si chiederanno tutti i maschietti e i nerd in ascolto che invece ogni cosa sapevano su Tron et similia? I chick flick sono letteralmente quelle “pellicole per pollastrelle”, perlopiù commedie o drammoni romantici, indirizzate prevalentemente a un pubblico femminile. Cosa che non significa per forza che tutte le ragazze/donne debbano per forza adorare questi cacchio di film, né tantomeno che i masculi non possano vederseli (magari apprezzandoli pure tra il silenzio e la vergogna). Anche perché negli ultimi tempi sta pure nascendo un sottogenere virato al maschile, con film come Tra le nuvole, Io & Marley e Amore & altri rimedi.

Regina incontrastata del genere è sempre stata la Juliona Roberts, ritornata negli ultimi tempi a rivendicare il suo trono con un’apoteosi del genere: Mangia Prega Ama, in grado di unire in un sol colpo argomenti come cucina, amore e, massì, pure religione e spiritualità. Roba da far scappare a gambe levate il pubblico maschile e, non a torto, anche una parte di quello femminile. Comunque il film, pur non essendo stato affato un flop, non è stato nemmeno il successo incredibile previsto e allora Julia ora si deve guardare le spalle da un esercito di nuove chicks molto agguerrite. Quella che da anni è la sua rivale numero 1, ovvero Sandra Bullock, è tornata pure lei più forte che mai grazie al successo del modestissimo Ricatto d’amore, e pure Jennifer Aniston (...e alla fine arriva Polly, Il cacciatore di ex, Due cuori e una provetta, Ti odio ti lascio ti...). Ma ci sono altre più giovani emergenti pretendenti al titolo, come la Anne Hathaway di Pretty Princess, Il diavolo veste Prada, il già citato Amore & altri rimedi, e le due sgallettate di cui mi occupo qui più nello specifico: Katherine Heigl e Kristen Bell.

Tre all’improvviso
(USA 2010)
Titolo originale: Life as we know it
Regia: Greg Berlanti
Cast: Katherine Heigl, Josh Duhamel, Josh Lucas, Christina Hendricks, Melissa McCarthy, Reggie Lee, Faizon Love, Jean Smart, Will Sasso, Majandra Delfino
Genere: commedramma
Se ti piace guarda anche: Quando meno te lo aspetti, Tre scapoli e un bebè, Summerland (serie tv)

Trama semiseria
Mi aspettavo una spassosa e divertente commedia e invece quando leggo il nome del regista mi preoccupo subito: Greg Berlanti, autore televisivo televisivo tra le altre cose di Everwood, il mega-drammone per eccellenza. E infatti… dopo una partenza leggera leggera, una coppia di neosposini ci lascia le penne e nel testamento indicano come tutori legali della figlioletta i loro due migliori amici: la precisina e rompiballe Katherine Heigl e il playboy Peter Pan Josh Duhamel. I due all’inizio non si sopportano, anzi si odiano, poi ovviamente finiscono per… eddai che lo sapete già come va a finire.

Recensione cannibale
Katherine Heigl ha cominciato come aliena in Roswell, quindi è sparita dalla circolazione per un po’ ed era rientrata nell’ambiente tv in Grey’s Anatomy nei panni di Izzie Stevens. Nel corso della prima stagione non ha lasciato un grosso segno e nonostante il successo della serie medical la sua carriera non sembrava prendere il volo. Tutto è però cambiato con la seconda stagione, quando la sua drammatica storia con il moribondo Denny Duquette è diventata una delle cose più strazianti e commoventi nella storia recente del piccolo schermo; difficile non lasciare già una lacrimetta sulle note emozionanti di “Chasing Cars” degli Snow Patrol durante il tragico season finale.


Da lì in poi, da quello scenone "life changing", la carriera della Heigl nel bene o nel male è stata segnata e oggi è ormai diventata la nuova numero 1 nei filmoni (o spesso filmini) sentimentali americani, grazie a titoli come Molto incinta, 27 volte in bianco, La dura verità, il più action Killers e questo quasi drammatico Tre all’improvviso.

L’espediente narrativo è classico, alla Tre scapoli e un bebè: metti insieme un tipo e una tipa eterni single che mai si sarebbero aspettati di diventare genitori, o almeno non in quel punto della loro vita, dai loro un poppante e vedi che cosa succede. Tutte le situazioni che uno si può immaginare ci sono, dal primo cambio di pannolini all’inevitabile coinvolgimento romantico dei due protagonisti, più una scena di marijuana che è ormai diventato elemento imprescinbile nei film del genere (sarà tutta colpa di Judd Apatow?).
La vicenda di partenza è però decisamente tragica, visto che si parte con la morte dei genitori della bambina: i suoi tutori diventano quindi la Heigl, tra smorfie e faccette ormai padrona assoluta del genere sentimentale, e lo scapestrato Josh Duhamel. A salvare però la barca dalle correnti del melò strappalacrime sono però una serie di battute azzeccate e una discreta alchimia tra i protagonisti; con il solito motto vincente che gli opposti si attraggono portano a casa il risultato, anche se il film è leggermente lungo e qualche sforbiciata avrebbe giovato alla godibilità del tutto. Discreto anche il resto del molto telefilmico cast, in cui spicca la (purtroppo) breve apparizione di Christina Hendricks, la tettona rossa di Mad Men. Buono il reparto colonna sonora con Pearl Jam ed Amy Winehouse, in più a sorpresa scatta pure un momento Radiohead, con “Creep” cantata da Josh Duhamel come ninnananna alternativa.
(voto 6)

Battute cult
“Ero al supermercato e mi sono accorto che le donne guardano gli uomini con i bebé come gli uomini guardano le donne che hanno belle tette.”
“Sai cos’è il matrimonio? Immagina una prigione. E non cambiare niente.”


Ancora tu!
(USA 2010)
Titolo originale: You Again
Regia: Andy Fickman
Cast: Kristen Bell, Odette Yustman, Jamie Lee Curtis, Sigourney Weaver, Victor Garber, Betty White, Kristin Chenoweth, Christine Lakin
Genere: il passato ritorna
Se ti piace guarda anche: Nemiche amiche, Il matrimonio del mio migliore amico, 17 Again, Bride Wars, Mai stata baciata

Trama semiseria
Kristen Bell al liceo è una sfigata. Perché? Fondamentalmente nei film americani basta che prendi una splendida attrice, le metti degli occhialoni, l’apparecchio ai denti, non le lavi i capelli per un paio di giorni e il gioco è fatto. Poi ovviamente Kristen cresce, diventa una gran figa di successo. I problemi ritornano però insieme ai demoni del passato, con la tipa che le ha reso la high school un inferno che sta per sposare… il suo adorato fratello. Basta così? Eh no, gli americani sono diventati mica i re in questo genere di pellicole per niente e allora ci aggiungono pure che le madri delle due ragazze erano pure loro rivali ai tempi del liceo. E la nonna?

Recensione cannibale
Se la nuova Dea dei chick flick è Katherine Heigl, negli ultimi tempi si sta facendo largo con le sue esili spalle anche Kristen Bell, pure lei arrivata dalla tv visto che era la mitica Veronica Mars, una teen detective che lasciava presagire per lei un futuro da action girl e invece il destino la sta rendendo principessina delle commedie romantiche. Al suo attivo ha già: Non mi scaricare, L’isola delle coppie, La fontana delle coppie e ora questo. E quando Hollywood ti incasella in un genere, difficilmente ne esci. Una buona cura potrebbe essere una sana dose di cinema d’autore, la vera rehab per un attore finito nel tunnel dei blockbusteroni commerciali.

Per il momento la bella Bell comunque in questo filone ci sguazza ancora in Ancora tu. Il filmetto parte bene, con una scena revival anni Novanta (e quando comincia il revival del decennio in cui sei cresciuto ti rendi davvero conto di star invecchiando), in cui Kristen è la più sfiga del liceo e Odette Yustman (la nuova Megan Fox) è la più figa del liceo che la sfotte pesantemente. Anni dopo le cose cambiano, Kristen ha un lavoro di successo e si è trasformata in una splendida giovane donna. Come ha fatto? Le è bastato togliere occhiali e apparecchio. Altre cose comunque non cambiano e Odette Yustman è sempre la più figa non del liceo ma del quartiere, della città, dello stato, del mondo e sta per sposare l’amato fratello di Kristen, per la serie: puoi dimenticarti del passato, ma il passato non dimentica te. E allora per la povera Bell iniziano tutta una serie di disavventure che la faranno tornare di nuovo una sfigata.

La trama principale è anche piuttosto carina, peccato che i soliti esagerati degli sceneggiatori anziché inserire idee originali o lasciare semplicemente la storia così com’era abbiano voluto strafare e aggiungere una serie di ingredienti non necessari, come numero di ballo che vorrebbero (senza successo) far ridere, solite gag con animali e vecchini (una sprecata Betty White) più un altro conflitto al femminile, con le madri amichenemiche delle due ragazze-rivali, ovvero Jamie Lee Curtis e Sigourney Weaver. Troppo per un film solo e infatti dopo un discreto spunto iniziale si perde nella noia. Comunque la lotta al titolo di Chick flick queen rimane aperta: Julia Roberts e Sandra Bullock devono cominciare a temere le nuove leve oppure fare come la classe politica italiana e dormire sonni tranquilli, sicuri che tanto un ricambio generazionale non avverrà mai?
(voto 5)

lunedì 7 giugno 2010

flash, 7 giugno (Goonies, Mtv Movie Awards, Stereophonics...)

Esattamente 25 anni fa, usciva negli USA il film capolavoro della mia infanzia (ma lo adoro tutt'oggi), I Goonies. Tra i membri del cast c'erano anche Sean Astin (poi diventato Sam ne Il signore degli anelli) e un esordiente Josh Brolin (dopo film come Non è un paese per vecchi, Milk, American Gangster e l'interpretazione di Bush in W. è oggi uno dei più grandi attori di Hollywood). Se non l'avete mai visto, questa è l'occasione buona per farlo. Altrimenti non vi rivolgo più la parola...


Trovato morto a casa sua Stuart Cable, l'ex batterista degli Stereophonics (quelli dei tempi migliori). Aveva 40 anni. Sconosciute al momento le cause del decesso. Adios, amigo


Si sono tenuti ieri notte gli Mtv Movie Awards 2010. Tra i momenti imperdibili un bacio saffico tra Sandra Bullock e Scarlett Johansson e i video del geniale conduttore, il comico Aziz Ansari.





E se per voi gli Mtv Movie Awards sono roba troppo da gggiovani, eccovi per par condicio accontentati  con il nuovo video poesia del grande vecchio Gil Scott-Heron.
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