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lunedì 11 aprile 2016

Una notte con la Regina Elisabetta non è così un pain in the ass come si può pensare





Bu...bu...bu...buongiorno ca...ca...cari radiohead...radiologi...radioascoltatori...
O forse si dice solo ascoltatori e basta?
Diciamo buongiorno a tutti e a tutte, che così va meglio.
Sono il vostro caro Re Gio...gion...Jon Bon Jovi...no, ho sbagliato. Volevo dire Gio...Gio...Giorgio. Re Giorgio. Sì, quello famoso per Il discorso del re. Que...que...quello che ogni tanto si impomp...si impappina un po'. Però adesso sono migliorato. Sono stato in cura da un logopedof...ehm, un logopediat...intendevo dire un logopedista e ora la mia dizione come potete sentire è una bomba!

No, non intendevo una bomba vera! Sono qui per il motivo opposto. Sono qui oggi a fare questa fa...fa...fa...fuckin' trasmissione radio, anche se io odio parlare in pubblico, perché ho un importante annuncio da fare. O meglio, un doppio importante annuncio.
Il primo annuncio è: la guerra è finita.

domenica 8 marzo 2015

WHAT IF, IL FILM IN CUI HARRY POTTER VUOLE USCIRE DALLA FRIEND ZONE





What If
(Canada, Irlanda 2013)
Regia: Michael Dowse
Sceneggiatura: Elan Mastai
Tratto dall'opera teatrale: Toothpaste and Cigars di T.J. Dawe e Michael Rinaldi
Cast: Daniel Radcliffe, Zoe Kazan, Adam Driver, Mackenzie Davis, Rafe Spall, Megan Park, Jemima Rooper, Oona Chaplin, Sarah Gadon
Genere: boy meets girl
Se ti piace guarda anche: The First Time, Quel momento imbarazzante, In Your Eyes

Oggi vi insegno due espressioni inglesi. Perché?
Perché mi sento in vena di regalare un po' della mia immensa cultura in giro per il mondo. Gratis?
Certo che no. Siete pregati di finanziare Pensieri Cannibali con un bonifico sul mio conto alle Cayman.
Versato il bonifico?
Okay, allora potete procedere oltre con la lezione. Altrimenti potete farlo comunque, ma sappiate che mi state rubando del Sapere prezioso. Ladri!

mercoledì 12 novembre 2014

DRACULO





Dracula Untold
(USA 2014)
Regia: Gary Shore
Sceneggiatura: Matt Sazama, Burk Sharpless
Cast: Luke Evans, Sarah Gadon, Dominic Cooper, Art Parkinson, Charles Dance
Genere: action-fantasy
Se ti piace guarda anche: La leggenda del cacciatore di vampiri, Dracula (serie tv), Dracula di Bram Stoker, Vikings, Game of Thrones

Si sentiva proprio il bisogno di un nuovo film sui vampiri. Erano anni, ma che dico anni? Dico giorni che non si faceva più un film sui vampiri, e più in particolare su Dracula.
Nel 2012 è uscito Dracula 3D, inguardabile versione di Dario Argento del romanzo di Bram Stoker, e nel 2013 è arrivata la pessima serie tv Dracula con Jonathan Rhys Meyers, per fortuna cancellata dopo appena una stagione. Adesso ci stiamo dirigendo alla fine del 2014 e ancora non si è visto niente su questo poco inflazionato personaggio? Dico, è possibile? A Hollywood staranno mica pensando di inventare qualcosa di originale?

Certo che no. Ecco infatti, prima dello scadere dell'annata, che nelle sale è arrivato Dracula Untold. Come annuncia il titolo, questa versione nuova fiammante ci vuole raccontare il conte Dracula come non ce l'ha mai raccontato nessuno prima. E se nessuno l'ha fatto, un motivo ci sarà...

Dracula Untold vuole tentare un approccio differente alla storia del personaggio. Un approccio più... realistico. Nel film ci viene mostrato il futuro Dracula, ovvero Vlad l'impalatore, come un uomo buono, un principe che ama moglie e figlio e vuole proteggere a tutti i costi il suo popolo. Una persona di sani principi e alti valori morali. D'altra parte il soprannome l'impalatore gli era stato affibiato in maniera goliardica, lo sanno tutti.
Il buon Vlad, pur di salvare la sua gente da quei birboni dei Turchi, e già che c'è pure dagli Zingari, una notte decide di salire su un monte a mani nude per andare a stringere un patto con un simpatico vecchio vampiro.
Realistico, vero?

"Robert Pattinson? E chi è?
Il nuovo sex symbol vampiresco delle teenagers sono io!"

In questa nuova versione molto aderente a ciò che dev'essere davvero successo nel Medioevo, il vecchio vampiro propone all'aitante Vlad uno stage di 3 giorni. Ovviamente non retribuito. Non gli passa manco i buoni pasto. Anzi, la regola è quella di resistere al cibarsi di sangue per 3 giorni. Se ce la fa, e per un novello vampirello mica è un'impresa facile, al termine del periodo di prova Vlad avrà un contratto a tempo indeterminato come essere umano. Se invece non ce la fa, si tramuterà in un succhiasangue per sempre. Mi sembra un'offerta ragionevole. In alcune aziende, con l'attuale periodo di crisi, ho visto ben di peggio.

A questo punto Vlad fa il suo periodo di prova come vampiro. Cosa che, nel cinema di oggi, significa in pratica diventare un supereroe. Io vorrei aprire una petizione, anzi fare una manifestazione contro la supereroizzazione del mondo attuata da Hollywood. Dite che la Camusso me la appoggia? Se ci metto dentro un paio di insulti a Renzi, che il modo lo si trova sempre, penso di sì.
Nelle grandi produzioni commerciali americane di oggi il protagonista deve per forza essere un supereroe. Ovvero può essere tormentato e con un lato oscuro accentuato, però in fondo è un bonaccione che si sacrifica per salvare tutti. Proprio come questo nuovo Dracula.

"Non riesco a capire da che supereroe mi hanno conciato,
ma di certo non sono vestito da Dracula."

Rispetto ad altre pellicole/serie tv vampiresche, va dato atto a Dracula Untold, girato in modo finto spettacolare dall'esordiente Gary Shore e interpretato in maniera anonima dal poco carismatico Luke Evans, di cercare un approccio differente alla materia. Il problema è il come si è scelto di renderlo differente. Qui siamo parecchio lontani dai vampiri teen alla Twilight o The Vampire Diaries, così come dal soft porno kitsch alla True Blood, e pure dai succhiasangue radical-chic di Solo gli amanti sopravvivono e dalle svariate precedenti versioni di Dracula. Dracula Untold ha scelto la strada dell'avventura storico/fantasy che ricorda Vikings e Game of Thrones, guarda caso l'interprete del vecchio vampiro che converte Dracula è Charles Dance, anche noto come quello stronzo di Tywin Lannister de Il trono di spade. Solo che il film non possiede l'epicità delle serie citate e finisce solo per cadere, spesso e volentieri, nell'involontariamente ridicolo.

"Guarda che la tua recensione è più involontariamente ridicola del nostro film, Cannibal Child ahahah!"

Privato del tutto della sua componente horror, questo nuovo principe delle tenebre è il supereroe protagonista di una banale pellicoletta action ricca di scene di guerra interminabili. Non pensate però che manchino i brividi. La parte finale, che lascia presagire un sequel, fa davvero spavento. Per fortuna che gli incassi non proprio esaltanti fatti registrare da questo primo (e si spera ultimo) episodio lascino aperti molti dubbi riguardo alla possibilità di un seguito. Certo che se hanno fatto delle intere saghe di Underworld e Blade, anch'essi tutt'altro che fenomenali al box-office, non si sa mai. I vampiri sono proprio duri da uccidere. Speriamo però che almeno Dracula per un po' se ne stia al riposo nella sua bara. Tanto a livello cinematografico il capolavoro di Francis Ford Coppola è davvero difficile da superare. Mentre come personaggio, devo ammetterlo, la mia versione preferita di Vlad l'impalatore resterà sempre il conte Dacula.
Dracula Untold, un Dracula come non ce lo avevano mai raccontato. E come potevano continuare a non raccontarcelo.
(voto 4/10)

mercoledì 24 settembre 2014

MAPS TO THE STARS, MAPPANDO CON LE STELLE





Maps to the Stars
(Canada, USA, Germania, Francia 2014)
Regia: David Cronenberg
Sceneggiatura: Bruce Wagner
Cast: Mia Wasikowska, Julianne Moore, John Cusack, Robert Pattinson, Evan Bird, Olivia Williams, Sarah Gadon, Carrie Fisher, Emilia McCarthy, Niamh Wilson, Justin Kelly, Jayne Heitmeyer
Genere: stellare
Se ti piace guarda anche: The Canyons, Cosmopolis, The Informers – Vite oltre il limite

Maps to the Stars è un film superficiale e allo stesso tempo è un film stratificato.
Maps to the Stars è un classico film di David Cronenberg anche se a prima vista non sembra per niente un classico film di David Cronenberg.
Maps to the Stars è un film che qualcuno ha sbeffeggiato/sbeffeggerà e qualcuno ha eletto/eleggerà a capolavoro come e più del precedente Cosmopolis.
Maps to the Stars è una contraddizione vivente e anche questa frase è una contraddizione, poiché un film non può essere considerato qualcosa di vivente. Oppure sì?

Dentro Maps to the Stars c'è vita, per quanto tutto appaia artificiale. La vita delle star di Hollywood è così. Probabilmente è così, non posso dirlo con certezza. Sono mica una star di Hollywood, io. Se volete delle conferme andate a chiederlo a Robert Pattinson, o a Julianne Moore, o a John Cusack, o a Mia Wasikowska, le star di questa mappa delle star. Oppure andate a chiederlo a David Cronenberg, che a girare questa pellicola dev'essersi divertito un mondo, pigliando allegramente per i fondelli il mondo dello star-system.
Qualcuno potrà dire che il grande regista canadese ormai ultrasettantenne si è bevuto il cervello. Dopo aver visto l'orripilante A Dangerous Method qualche dubbio l'ho avuto pure io. Invece no. Cosmopolis era confuso, pieno di dialoghi assurdi tratti dall'assurdo romanzo omonimo di Don DeLillo, eppure aveva una sua forza visiva e riusciva in qualche modo a riflettere l'assurdità del mondo della finanza attuale, così come l'assurdità del mondo attuale in generale. Non si trattava di un lavoro del tutto riuscito, così come Maps to the Stars non appare del tutto riuscito. Allo stesso tempo, questo suo ultimo lavoro possiede ancora più del precedente una terribile forza vitale. Una spinta creativa che da un autore di 71 anni che al Cinema ha già dato molto non ci si aspetterebbe. Un autore che guarda al suo passato, soprattutto quello più recente, con un'ironica citazione di Cosmopolis: se in quel film Robert Pattinson, il suo nuovo attore feticcio (ma peeerché?) stava un'intera giornata dentro una limousine come passeggero, qui lo ritroviamo di nuovo a bordo di una limo, ma questa volta come autista. Ma soprattutto, Cronenberg è un autore che guarda al presente. La pellicola prende di mira l'ambiente hollywoodiano attuale in un sacco di modi e contemporaneamente il Cronenberg non manca di ironizzare anche su se stesso: “Un regista che ha fatto degli strani film, molto applauditi ma strani,” dice un giornalista durante un'intervista,” e non possiamo che pensare si riferisca a un regista come lui. Uno che oggi, tra Cosmopolis e questo Maps to the Stars, magari ci proporrà dei film più patinati, visivamente puliti e precisini e con dei cast super glamour rispetto al passato, ma pur sempre dei film strani.

I bersagli dell'ironia cronenberghiana, o meglio dello script di tale Bruce Wagner, sono molteplici. Un po' stereotipati, se vogliamo, ma alcuni capaci di regalare parecchie sorprese, soprattutto nel finale. Una serie di personaggi le cui vite sono intrecciate e che possiamo immaginare come delle figure piuttosto facili da incontrare, se si ha la fortuna (o la sfortuna, a seconda dei punti di vista) di passeggiare per il Sunset Boulevard.
C'è l'attrice MILF Julianne Moore ossessionata dal confronto con la madre defunta diva del grande cinema di una volta, sopratutto ora che si ritrova con una carriera in fase calante come le sue tette. Anzi, più delle sue tette che qui si difendono ancora bene, visto che la Moore a 50 anni passati sfoggia un fisichino mica male.

"AAAH! Mi sono fatta il culo in palestra per mesi per sentirmi dire solo:
fisichino niente male???"

C'è l'autista di limo aspirante attore/sceneggiatore Robert Pattinson.
Io non ho niente contro Robert Pattinson, così come non ho nessun pregiudizio contro gli ex idoli adolescenziali che crescendo cercano di reinventarsi una carriera rispettabile. Parlo sempre bene di Zac Efron e di Leo DiCaprio, tanto per citare due ex teen idols. Di Robert Pattinson però non ce la faccio a dire belle cose. Più che inespressivo, mi sembra imbalsamato. Pensavo fosse per i ruoli che gli proponevano, ma a un certo punto questa scusa non regge più. È proprio lui che non è capace a recitare.

"Smettetela di dire tutti che sono un attore fenomenale. Finirò per crederci!"
"Ehm, Robert... veramente non c'è nessuno che lo dice."
"Ahahah, certo, David, come no?"

C'è poi la baby-star, l'attore 13enne interpretato da Evan Bird (già visto nella serie tv The Killing). Una specie di incrocio tra Macaulay Culkin e Justin Bieber che alla sua tenera età è già stato in rehab.


C'è quindi il padre della baby-star, un John Cusack che pure lui mi pare sempre più imbalsamato. Negli anni '80 era un idolo delle commedie adolescenziali, nel 2000 è stato il mitico protagonista di Alta fedeltà, poi basta. Negli ultimi anni ogni volta che lo vedo mi viene voglia di prenderlo a schiaffi. Qui comunque è perfetto, visto che ha il ruolo di una specie di guru/psicoterapeuta per star con la faccia da schiaffi.


Intorno a loro si muovono alcune giovanissime aspiranti starlette, di cui una, Niamh Wilson, curiosamente somigliante a Chloe Moretz. Che il suo personaggio sia una parodia proprio della Hit-Girl?


E come personaggio bonus, a fare da vero collante al tutto, c'è una tizia misteriosa, una Mia Wasikowska ustionata e sfigurata. È lei che a inizio film chiede all'autista Pattinson di poter seguire la mappa delle case delle star.
(piccola parentesi: non pensate anche voi che autista Pattinson suoni molto meglio di attore Pattinson? chiusa parentesi)
Il vero personaggio centrale è lei, la sempre straordinaria Mia Wasikowska, qui nei panni di una psyco girl che trova lavoro a Hollywood come assistente personale di Julianne Moore e che a sua volta ha pure lei una sceneggiatura nel cassetto. Solo che la sua non è una sceneggiatura che prevede di essere trasposta su schermo, bensì nella vita reale.


Là fuori, nella vita reale, nel mondo reale, ci sarà gente che dirà, anche giustamente: “Sì, okay, ma a me che cazzo me ne frega della star Julianne Moore che si dispera per non aver avuto una parte in un film o di un baby-divo con le visioni, quando io non riesco a trovare lavoro, ho sei figli e due mogli da mantenere e c'ho il mutuo da pagare?”.
Vero, legittimo. Quello di David Cronenberg non è un film di impegno sociale, è un divertissement, una riflessione sull'ambiente cinematografico un po' fine e se stesso, non troppo distante dalle parti dei romanzi di Bret Easton Ellis e pure della sua sceneggiatura del criticatissimo The Canyons, ma volendo allargare lo sguardo i comportamenti malati, allucinati e spesso ridicoli di questi personaggi si possono estendere a tutti, visto che oggi chiunque, tra social network e selfie, si può improvvisare una star, almeno all'interno del proprio microcosmo, nella propria cerchia di followers, e tutti si possono in qualche modo ritrovare nella loro infelicità e disagio esistenziale, pur vivendo a chilometri da L.A..


Solo perché un film parla di personaggi superficiali, non significa che sia un film superficiale. E qui torniamo a inizio post. Maps to the Stars è un film patinatissimo ma pure stratificato, ricco di significati. A chi si vuole godere un semplice prodotto di intrattenimento per svagare la mente dopo una dura giornata di lavoro non dirà niente e non gliene fregherà niente, perché di certo nel mondo ci sono problemi più grandi cui pensare di quelli che riguardano questi tizi qua. A chi invece ha del tempo da perdere per riflettere su una pellicola, come l'autore di questo blog, Maps to the Stars appare come una visione sì emotivamente freddina, eppure allo stesso tempo è anche un'opera ricchissima su cui indagare e pensare a lungo. Una pellicola che ci consegna un autore come Cronenberg magari non al top assoluto della sua forma, ma ancora vitale e capace di cambiare pelle, pur restando se stesso. Anche se forse alla fine c'ha la ragione la gente.
Ma a me, che cazzo me ne frega di Julianne Moore e dei suoi stupidi problemi?
(voto 7,5/10)

mercoledì 6 agosto 2014

ENEMY, DUE JAKE GYLLENHAAL AL PREZZO DI UNO





Enemy
(Canada, Spagna 2013)
Regia: Denis Villeneuve
Sceneggiatura: Javier Gullón
Ispirato al romanzo: L’uomo duplicato di José Saramago
Cast: Jake Gyllenhaal, Jake Gyllenhaal, Mélanie Laurent, Sarah Gadon, Isabella Rossellini
Genere: duplicato
Se ti piace guarda anche: The Double, Inseparabili, Orphan Black, Donnie Darko

Adam, il protagonista di Enemy, è un professore universitario che non guarda film molto spesso. Non gliene frega niente del cinema. A questo punto credo che non legga nemmeno Pensieri Cannibali. Poveretto.
Un giorno, dietro consiglio di un amico espertone di cinema, uno che probabilmente segue in maniera assidua Pensieri Cannibali, si noleggia un film. Ebbene sì, c’è ancora gente che si prende le pellicole a noleggio. Proprio in negozio, non in streaming o in pay-per-view. Roba da pensare che questo Enemy sia un film di fantascienza, invece no. È solo un film strano. Parecchio.
Una volta a casa, Adam si guarda il film sul computer. Benvenuto nel 2014! A un certo punto della visione, nota una cosa singolare. C’è un attore che gli somiglia. Più che somigliargli, è uguale identico a lui. Adam così indaga un po’ e scopre che il suo sosia ha girato qualche altra pellicola. Alcune anche piuttosto conosciute, tipo queste…






Incuriosito, e giustamente un pochino inquietato, da tutto ciò, decide di voler incontrare il suo alter-ego. A questo punto cosa succederà?
Succederà che per scoprirlo voi dovete andare al videonoleggio più vicino, se ancora ne trovato qualcuno, oppure più semplicemente dovete cercarvi Enemy in rete, visto che in Italia non è ancora uscito. Prima o poi è probabile che arrivi, ma ancora non si sa quando. In ogni caso, procuratevelo. Non vi basta sapere che in questo film non c’è un solo Jake Gyllenhaal, bensì ce ne sono due? Non siete ancora convinti?

"Il finale del film non l'ho proprio capito..."
E allora aggiungo pure che questo è un thriller davvero affascinante. Una pellicola giocata sul tema del doppio tratta dal romanzo L’uomo duplicato di José Saramago che ha echi kafkiani e pirandelliani per quanto riguarda la tematica, e riflessi lynchiani e soprattutto cronenberghiani da un punto di vista cinematografico. Il tutto reso però con quello stile freddo, distaccato e allo stesso tempo dannatamente efficace che è ormai il marchio di fabbrica di Denis Villeneuve. Il regista canadese ci regala una pellicola distante e allo stesso tempo vicina ai suoi precedenti lavori Prisoners, La donna che canta e Polytechnique. Distante perché questo è un lavoro più visionario e slegato dalla realtà. Un vero e proprio incubo a occhi aperti. Vicino per la costruzione della tensione, capace di regalare a ogni pellicola dei crescendo emotivi di cui sono oggi capaci pochi altri cineasti in circolazione.

"Vediamo un po' se Pensieri Cannibali lo spiega..."
A essere doppio in Enemy non è solo il protagonista. Questa è anche la seconda volta di Villeneuve con Gyllenhaal dopo l’acclamato (giustamente) Prisoners. Ed è pure un film che fa il paio con un altro lavoro recente, The Double di Richard Ayoade, che affronta un soggetto simile con simili influenze cronenberghiane, ma con una diversa ispirazione (Il sosia di Fëdor Dostoevskij) e un diverso doppio protagonista (Jesse Eisenberg). Entrambe sono riflessioni interessanti sull’unicità dell’uomo. Chi può dire di essere davvero unico? Siete sicuri di non avere anche voi un doppio? Magari un giorno vi guardate un film e scoprite di essere uguali identici a un attore, magari a Paolo Ruffini…
Ecco, somigliare a Jake Gyllenhaal forse è un filino meglio. Sebbene Enemy ci dimostri come pure in questo caso le cose possano non essere semplici.

Non vi ho ancora convinti a cercare questo film?
E allora aggiungo che le due interpreti femminili Mélanie Laurent e Sarah Gadon (guarda caso pupilla di Cronenberg padre e figlio) compaiono senza veli, che lo svolgimento della trama, pur partendo da uno spunto non di primo pelo, è piuttosto sorprendente e imprevedibile e che il finale vi farà saltare per aria la testa. O, se non altro, vi farà riflettere per giorni e giorni. Se poi c’avrete capito qualcosa della conclusione, ripassate di qua e spiegatemela che io, a settimane dalla visione, per quanto abbia formulato varie teorie non l’ho ancora capita. Grazie.
(voto 7+/10)

"Sì, figuriamoci... Quel Cannibale c'ha capito ancora meno di me!"

venerdì 22 marzo 2013

ANTIVIRAL, L’ALTERNATIVA A NORTON E AVAST

Antiviral
(Canada 2012)
Regia: Brandon Cronenberg
Sceneggiatura: Brandon Cronenberg
Cast: Caleb Landry Jones, Sarah Gadon, Douglas Smith, Wendy Crewson, Malcolm McDowell
Genere: distopico
Se ti piace guarda anche: Black Mirror, S1m0ne, Videodrome, eXistenZ

Chiunque sia famoso merita di essere famoso.
La celebrità non è un risultato. Niente affatto.
È più come una collaborazione a cui noi scegliamo di partecipare.
Le celebrità non sono persone.
Sono allucinazioni di gruppo.


Antiviral sembra un episodio esteso di Black Mirror. Non che la serie tv britannica abbia inventato i futuri distopici, il nome di George Orwell vi dice qualcosa?, però ormai è diventato il nuovo modello di riferimento. Così come Game of Thrones è il nome cui guardare oggi quando si parla di fantasy, lo stesso vale per Black Mirror con la fantacienza distopica.
L’altro paragone che viene subito in mente è ancora più impegnativo: David Cronenberg.

Se anche provassimo a ignorare il suo cognome importante, dopo aver visto questo film definiremmo l'autore di Antiviral come l’erede di Cronenberg. Se non fosse che l’erede di Cronenberg lo è davvero e in tutti i sensi. Il regista e sceneggiatore di Antiviral è infatti Brandon Cronenberg, il figlio poco più che 30enne e ovviamente raccomandato di David Cronenberg.
C’è poco da fare, con un cognome del genere e se per di più fai un film del genere, i confronti con tuo padre te li vai a cercare, figlio mio. Anzi, figlio di Cronenberg.
Antiviral è quindi una combinazione tra questi due illustri precedenti: una classica storia cronenberghiana che sembra una puntata lunga di Black Mirror. O una puntata lunga di Black Mirror che sembra una classica storia cronenberghiana.

"Il virus della diarrea della Regina Elisabetta l'abbiamo finito,
ma se volete c'è ancora quello delle nausee mattutine di Kate Middleton..."
Nel film, ambientato in un futuro imprecisato, o in un presente alternativo, le celebrità, i VIPs hanno un seguito così esagerato che ogni aspetto della loro vita viene messo in commercio. Fino a qui, niente di diverso a quanto siamo abituati a vedere tutti i giorni sui magazine scandalistici o su Studio Aperto. Nel film, però, e a questo nella realtà non siamo ancora arrivati, per ora, persino le malattie che colpiscono i divi diventano un business. C’è addirittura chi è disposto, per sentirsi più vicino al suo idolo, a farsi iniettare un suo virus.
Non riesco proprio a capire come si possa arrivare a livelli esagerati di fanatismo del genere. Insomma, io ho posters, t-shirts, cappellini di Jennifer Lawrence, ho persino acquistato tutti gli action figure disponibili di Katniss di Hunger Games, mi sono fatto tatuare sul fondoschiena la scritta Katniss Kid, ho piazzato delle telecamere di fronte a casa sua, ma davvero non capisco come si possa pensare di farsi iniettare un virus solo perché è lo stesso del proprio idolo.

Jennifer Lawrence si è beccata un virus???
Quando, dove, come, perché?
LO VOGLIO ANCH’IO!!!

"Il virus di Jennifer Lawrence: il mio tesssssoro!"
È proprio a questo che serve la Lucas Clinic, la clinica in cui lavora il protagonista della pellicola, Syd March, interpretato dall’androgino Caleb Landry Jones. Syd March non è immune al fascino di una delle VIP più popolari del suo mondo distopico. No, non Jennifer Lawrence ma tale Hannah Geist, interpretata da Sarah Gadon, nuova musa anche del Cronenberg Senior, già vista in A Dangerous Method e in Cosmopolis. E Syd March inoltre non è immune nemmeno al virus della sua diva preferita, che si becca volontariamente …

Quanto succede dopo non ve lo sto a svelare che vi ho raccontato già troppo e poi mi accusate di avervi attaccato uno spoiler. Da qui in poi, comunque, è uno sprofondare da parte del protagonista nella malattia, sia mentale che fisica. Com’è buona tradizione in molte storie di papà Cronenberg, da La mosca in poi. Ma è anche un viaggio nel lato oscuro che riecheggia quelli di Videodrome ed eXistenZ. Solo che Brandon Cronenberg, per quanto talentuoso e promettente, molto promettente, non è David Cronenberg. È un giovane autore alla ricerca di una sua identità che per adesso non sembra ancora aver trovato del tutto.
A livello di scrittura, le tematiche e il modo di raccontare sono molto vicini a quelli del padre. A livello visivo e cinematografico, il Cronenberg jr. si avvicina poi alla geometrica freddezza dell’ultimo Cosmopolis. Antiviral è immerso in una fotografia glaciale che si rispecchia anche nei personaggi. È qui che il film non convince del tutto. Il viaggio che siamo chiamati a compiere insieme al protagonista è intrigante, ma non del tutto avvolgente. Sappiamo troppo poco di questo personaggio, è troppo apatico e ci mantiene sempre a distanza, cosa che rende difficile entrare davvero nella storia e provare un reale coinvolgimento emotivo. Discorso analogo per la VIP protagonista femminile, un altro personaggio costruito in maniera troppo superficiale. Vabbè che la pellicola riflette proprio sulla superficialità della popolarità, però si sarebbe potuto cercare di grattare un pochino di più, sotto la superficie di questo mondo distopico non troppo distante dal nostro.
Il discorso sull’ossessione nei confronti delle celebrità è anch’esso affascinante, però poco sviluppato, soprattutto in una seconda parte che non riesce a mettere a frutto le buone intenzioni messe in evidenza nella prima. Cosa tipica di molte pellicole in generale, cosa ancor più tipica delle pellicole sci-fi, e cosa ancora ma ancora di più tipica delle opere prime.

Brandon Cronenberg si dimostra allora l’erede ideale di David Cronenberg. Non solo perché alla sua morte si intascherà il bel gruzzoletto messo da parte dal padre con i suoi spesso geniali film, ma anche perché a livello cinematografico tiene alto il nome di famiglia e fa intravedere un futuro brillante. Basta solo che stacchi le mani dalla sottana di mammà papà.
(voto 7-/10)


domenica 25 novembre 2012

Caro diario (della falena)

"It's raining blood, hallelujah, it's raining blood, amen!"
The Moth Diaries
(Canada, Irlanda 2011)
Regia: Mary Harron
Tratto dal romanzo omonimo di: Rachel Klein
Cast: Sarah Bolger, Lily Cole, Sarah Gadon, Scott Speedman, Melissa Farman, Laurence Hamelin, Valerie Tian, Judy Parfitt
Genere: pseudo vampiresco
Se ti piace guarda anche: The Ward - Il reparto, Jennifer’s Body, My Soul to Take, Giovani streghe, Licantropia Evolution, L’altra metà dell’amore

The Moth Diaries è una caxxata?
Probabilmente sì, avete ragione. Però io non riesco a volergli male. Nella sua incompiutezza, nel suo non essere così palesemente un film riuscito, ma proprio no, per niente, mi ha ricordato Jennifer’s Body. Altro film massacrato dalla critica e ignorato dal pubblico, nonostante la presenza della foxy Megan Fox, che però secondo me ha il suo perché.
Perché?
Non lo so. È difficile da spiegare. Rispetto al corpo di Megan Jennifer, i livelli di ironia qui sono molto più bassi, diciamo assenti, non si raggiunge nemmeno gli stessi livelli di trash kitsch, eppure anche questo è un horrorino che ha il suo fascino malato e inspiegabile a livello razionale.
Sarà per quella sorta di lesbismo che lo avvolge.

"Caro diario, oggi mi faccio Stefan o Damon Salvatore?
Ah no scusa, ho sbagliato, quello era The Vampire Diaries..."
The Moth Diaries è ambientato all’interno di un collegio per sole ragazze che mi ha ricordato quello de L’altra metà dell’amore (film con le gnocch… ehm attrici telefilmiche Piper Perabo, Mischa Barton, Jessica Paré ed Emily VanCamp!) e il cast è interamente femminile, fatta eccezione per il prof intepretato da Scott Speedman, quello che assomiglia a Totti, nonché quello della nuova serie tv (già cancellata) Last Resort e pure della saga (purtroppo non ancora cancellata) di Underworld. E a proposito… anche qui si parla di vampiri. La pellicola è stata accostata a robe come Twilight o Underworld, appunto. In realtà avrà tanti difetti, ma non quello di somigliare a queste celebri (oddio, quella di Underworld neanche tanto) saghe vampiresche. Qui non è infatti presente una ridicola e pretestuosa componente action e, a differenza di Twilight, non c’è nemmeno una forte e smielata componente sentimentale.
Certo, è pur sempre un film tratto da un romanzo emo scritto da Rachel Klein probabilmente sulla scia delle twilightate, però la regista Mary Harron è riuscita in qualche modo a farlo suo. La regista di American Psycho, Ho sparato a Andy Warhol e La scandalosa vita di Bettie Page questa volta si dedica a una storia ambientata nel presente, ma come al solito non riesce a convincere al 100%. Eppure tutti i suoi imperfetti lavori possiedono comunque un certo fascino, che mi impedisce di volerle male, anche se ho sempre l’impressione che non lo sfrutti fino in fondo, il suo potenziale.

"Ogni volta che ripenso ad A Dangerous Method, finisco stranamente in coma..."
Nota di merito per le belle fighett… per le brave attrici protagoniste, una serie di volti emergenti da tenere d’occhio. La protagonista è Sarah Bolger, già intravista come bimbetta in In America e Spiderwick ora cresciuta molto bene e pure diventata la principessa Aurora nella serie Once Upon a Time. Quindi c’è Lily Cole, quella di Parnassus. Quella con il volto da bambola inquietante. Quella che sarebbe perfetta per un film di Tim Burton. E poi c’è la bionda Sarah Gadon, la nuova musa cronenberghiana vista in A Dangerous Method e Cosmopolis, dove era la moglie di Robert Pattinson, sempre a proposito di pseudo vampiri.
Altra nota di merito per la musica utilizzata, grazie a una scena di karaoke dedicata ai Garbage, e grazie alla splendida canzone usata nella scena di chiusura, “Numb” di Marina and the Diamonds, che in qualche modo regala un senso a un film che un senso sembra non avere.



The Moth Diaries non è un bel film. Non è nemmeno un horror, se non in senso mooolto lato. E non è nemmeno un film fantasy… insomma, è un oggetto alquanto difficile da definire. È più che altro un thrillerino mystery di quelli alla Giovani streghe, molto anni ’90. E 90 su 100 vi farà pena. Se però volete vedere una classica “cannibalata” senza capo né coda, The Moth Diaries né è un esempio perfetto. Lettore cannibale avvisato, mezzo salvato.
(voto 6+/10)


mercoledì 10 ottobre 2012

Cosmico!

Cosmopolis
(Francia, Canada, Portogallo, Italia 2012)
Regia: David Cronenberg
Cast: Robert Pattinson, Sarah Gadon, Paul Giamatti, Juliette Binoche, Jay Baruchel, Kevin Durand, Emily Hampshire, Samantha Morton, Mathieu Amalric, Patricia McKenzie, K’Naan
Genere: on the road (limo version)
Se ti piace guarda anche: Crash, eXistenZ, American Psycho, Shame

Don DeLillo “Cosmopolis”
(romanzo, 2003)
Casa editrice: Einaudi
Pagine: 180


"Vai tranquilla, Kristen. Ti ho perdonata al 100%!"
Trama semiseria
Cosmopolis è ambientato nel futuro. Nel futuro prossimo. Un futuro in cui Robert Pattinson e Kristen Stewart si sono lasciati per sempre. In maniera definitiva.
Coraggio, Twi-hards accanite, ci penso io a consolare voi e le vostre tettine pallide perché da brave rispettabili vampirelle il sole manco sapete cos’è. RPattz e KStew si sono mollati, ma non tagliatevi le vene. Fare gli emo è una cosa passata di moda da almeno 2 barra 3 anni. Trovate un altro modo per passare il tempo.
In questo futuro prossimo, Robert Pattinson non ce l’ha fatta a perdonare Kristen Stewart per i cornoni che gli ha messo. Dopo che sono uscite le foto di lei insieme a Rupert Sanders, il regista di Biancaneve e il cacciatore, l’hanno insultata tutti. Le hanno dato della zoccola, di quella che la da via in giro, però io mi sento in dovere di prendere le sue difese. Di fare l’avvocato del Diavolo. Chiamatemi pure Ghedini, please. Insomma, questa ragazza ha interpretato Biancaneve e manco s’è fatta tutti e 7 i nani e i loro minuscoli peni. S’è fatta solo il regista. E che sarà mai?
Le hanno pure dato della sfasciafamiglie, perché lui è un uomo sposato e con figli (non nel senso che è sposato con i suoi stessi figli), e pure di quella che va con i vecchiardi, perché lei ha 22 anni e lui 41. Accuse arrivate dalle stesse tipe che hanno sognato a occhi aperti con tutti i (pessimi) libri della saga di Twilight in cui la bimbominkia Bella Swan si fa succhiare da e lo succhia a un vampiro che ha 150mila anni, precisiamolo.
E poi Kristo, povera Kristen, dovrà pur allenarsi. Nell’ultimo (Dio grazie!) film della serie di Twilight, l’imminente Breaking Dawn Parte 2, la Stewart interpreta infatti per la prima volta la parte della succhiasangue. Quindi doveva tenersi in forma a succhiare e lì nei paraggi Pattinson non c'era e capitava giusto il povero Rupert Sanders, e così è andata…

"L'importante è che elimini ogni traccia delle cornazze..."
In questo futuro prossimo, dicevamo, Robert Pattinson, dopo aver pianto come un vitellino alla 100esima visione del Titanic, ha deciso di darsi una sistemata e andare avanti con la sua vita.
In Cosmopolis è diventato così un riccone di Wall Street, uno yuppie 2.0 che non dorme ancora la notte, ripensando a Kristen che fa le sporcellate insieme a Rupert Sanders, però si è risposato, con la bella bionda Sarah Gadon, e la sua giornata è piena di impegni.
Il principale? Farsi fare un taglio di capelli. Ciulare in giro delle tipe varie, ma principalmente andare a farsi fare un taglio di capelli.
Sui siti di gossip viene infatti spesso accusato di essere un po’ sciatto e di lavarsi i capelli una volta al mese e lui allora vuole dimostrare alle malelingue che si sbagliano. Che hanno torto. Lui è un tipo curato e deve farsi dare una sistemata al taglio. Costi quel che costi, visto che ancora si intravedono le corna spuntare. Anche se ciò significa attraversare tutta New York City sulla sua limousine bianca, la sua vera casa, mentre fuori scoppia la rivoluzione e il Presidente degli Stati Uniti (quale presidente ci sarà, in questo futuro prossimo? ancora Obama oppure Romney?) è a rischio attentato.
L’economia sta collassando, anche e soprattutto a causa sua e di gente come lui, la gente è incazzata nera, il mondo è sull’orlo del baratro e a lui interessa soltanto attraversare la città per farsi aggiustare il taglio.
Ce la farà il nostro eroe, oppure dovrà tenersi le corna per tutta la durata della pellicola?



"Con tutti i soldi che ti sei fatto con Twilight, vieni pure a scroccarmi una siga?"
Recensione cannibale
Capita spesso di vedere film che non sono all’altezza dei romanzi da cui sono tratti.
Ogni tanto capita anche di assistere a trasposizioni cinematografiche più che degne. Mi vengono in mente Trainspotting, Le regole dell’attrazione o Fight Club, giusto per citare film/libri che amo particolarmente.
Una cosa che capita molto di rado è invece vedere una pellicola che supera, anche piuttosto nettamente, il romanzo a cui si ispira. Cosmopolis è uno di questi rari casi.

Il merito è per lo più tutto di un David Cronenberg tornato in buona forma, dopo le cazzate psicanalitiche e i ridicoli spasmi muscolari di Keira Knightley nel terrificante A Dangerous Method. Chiusa quella sfortunata parentesi si spera forever, Cronenberg leggendo il romanzo di Don DeLillo si è trovato di fronte a una storia che sembra scritta apposta per lui, in cui si fondono alcune sue ossessioni, come quella per la tecnologia o il rapporto carnale uomo/macchina, insieme a una serie di complotti misteriosi e a dialoghi nonsense.
Il romanzo di Don DeLillo come romanzo non è granché riuscito. È scritto molto bene, scivola che è un piacere, ma non comunica nulla. È aria fritta. Aria fritta di pregevole fattura. Aria fritta gustosa. Eppure pur sempre aria fritta. Leggenda narra che David Cronenberg abbia scritto la sceneggiatura del film in appena 6 giorni e non si stenta a credergli. Il libro di DeLillo era bell’e che servito lì, appetitoso più per uno script cinematografico che non per una lettura a sé stante.

"Sicuri si tratti di una torta e non di un'altra sostanza?"
Il grande merito di David Cronenberg è stato quello di aver spremuto le (poche) idee presenti nel libricino, il cui pregio principale è quello di essere una lettura veloce, ottenendo un succo gustoso. Non un succo di quelli che non dimenticherai mai per il resto della tua vita, ammesso che esistano succhi di questo tipo. Però un succo gustoso. Di quelli magari non ricchissimi di vitamine, ma se non altro dissetanti.
Cosmopolis è un succo che disseta chi ha voglia di cinema. A livello visivo ha una splendida fotografia e una notevole cura formale. A livello di tematiche, nell’assurdità delle parole e dei numerosi dialoghi del protagonista Robert Pattinson con una serie di svariati personaggi, Cronenberg ci sguazza alla grande e realizza il suo film più cronenberghiano dai tempi di eXistenZ. Nonsense puro che vuole trovare un senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l'ha. E non è nemmeno una canzone di Vasco.
Cronenberg è riuscito infatti a dare una forma compiuta e a fornire una dimensione quasi logica, per quanto sempre molto enigmatica, alla materia prima che aveva a disposizione. Ovvero al confuso romanzo di Don Camillo DeLillo. Il regista canadese è rimasto del tutto fedele al libro, eppure è riuscito a dare una lettura sua, una lettura maggiormente politica e in linea con i tempi di crisi economica che viviamo. Ha messo a frutto gli spunti suggeriti qua e là dal DeLillo, vedendo levitare i guadagni come si fa quando si gioca in Borsa e si è fortunati. Ha acquistato dei titoli a rischio e ha visto raddoppiare il loro valore.
Come ha fatto?

"Visto che roba, David? In confronto a Keira sembro uno da Oscar!"
Magia. Una di quelle magie che i grandi registi sanno fare. Ha preso dei dialoghi che su carta apparivano per lo più astrusi ed è riuscito a farne uscire qualcosa non dico di sensato al 100%, eppure in grado di rendere in maniera parecchio azzeccata la confusione del mondo in cui viviamo. Quello all’infuori della insonorizzata e anestetizzata limousine sensoriale del protagonista. Dopo quell’autentica tragedia che si era rivelato A Dangerous Method non era così scontato ci riuscisse. Invece David Cronenberg, nonostante qui voli al di sotto dei vertici dei suoi film migliori, ha realizzato un’opera viva e intrigante.
Non tutto funziona alla perfezione, alcuni personaggi e alcune scene lasciano il tempo che trovano, la verbosità del romanzo è stata mantenuta in maniera eccessiva pure nella pellicola e per la conclusione Cronenberg si sarebbe anche potuto sbattere a inventare qualcosa di maggiore impatto, un crescendo finale più avvincente, anziché mantenersi troppo fedele alle parole del DeLillo. Eppure c’è del cinema, dentro questa limo.
Se questo film ha un difetto, è allora quello di essere rimasto troppo ancorato al romanzo. Laddove quello risultava una bella confezione con dentro poco o niente, la visione di Cronenberg riesce ad essere una splendida confezione con dentro tutto il contenuto del libro condensato e arricchito.

E Robert Pattinson? Come se la cava, l’incognita Robert Pattinson?
Sono tutti bravi, a sbeffeggiarlo. Me compreso, lo ammetto. D’altra parte la sua performance nella parte del vampiro teen idol Edward Cullen è qualcosa di indifendibile. Diretto però da un autore, un grande Autore, Pattinson ha tirato fuori le palle e pure un’interpretazione di buon livello. L’inespressività sfoggiata in molte delle sue pellicole precedenti qui si rivela un’arma in suo favore. Perché è il personaggio del miliardario Eric Packer da lui intepretato a richiederlo. Un giovane bello e ricco da far schifo impassibile a tutto, quasi fosse uscito da un romanzo di Bret Easton Ellis ancor più che da uno di Don DeLillo. Un giovane uomo, un non-giovane vecchio dentro, un vampiro più vampiresco dell'inverosimile Cullen in cerca di emozioni forti. Una disperata ricerca di un qualcosa che nemmeno il (continuo) sesso riesce a placare, come capita pure ai protagonisti di Crash, pellicola cronenberghiana nient’affatto distante da questa. O come capita al Michael Fassbender di Shame.

"Aaah, questa recensione m'ha fatto godere più di un
succhia succhia che mai si consuma di Kristen Stewart."
Plauso quindi a Pattinson, non da Oscar però per la prima volta in grado di convincermi del tutto. Mentre il resto del prestigioso cast sfila non lasciando troppo il segno, con una serie di apparizioni troppo fugaci: Juliette Binoche, Paul Giamatti, Samantha Morton, Kevin Durand, Jay Baruchel, Mathieu Amalric… L’unica che si fa ricordare è la rivelazione Sarah Gadon, già intravista in A Dangerous Method e possibile nuova musa cronenberghiana.
Plauso al Pattinson, a sorpresa, plauso alla soundtrack messa in piedi dal buon Howard Shore insieme alla indie-band Metric (con l’apparizione del rapper K’naan in un brano), ma plauso soprattutto al Cronenberg. È lui che, guidando la limo bianca imbrattata, forse la vera protagonista della pellicola, torna sui sentieri più affascinanti del suo cinema e ci regala un nuovo intrigante viaggio. Un on the road molto sui generis. Un sogno dei suoi. O, per meglio dire, un incubo tra le vie della società e dell’economia odierna.
(voto cannibale al libro: 5,5/10
voto cannibale al film: 7+/10
voto del guest-giudice Fontecedro a film e libro: Cosmico!)


sabato 11 febbraio 2012

A Dangerous Method? No, A Dangerous Movie

Qui giace Keira Knightley. Un tempo attrice.
Lettera aperta a Keira Knightley
Keira, ti posso chiedere una cosa?
Perché?
Perché hai deciso di fare questo film?
Sei impazzita? Non parlo del tuo personaggio, che al confronto è parecchio sano di mente, ma proprio di te.
Chi te l’ha fatto fare di demolire la tua carriera finora piuttosto impeccabile (a parte quella menata commerciale dei Pirati dei Caraibi) con un’interpretazione di questo tipo? O dovrei dire, del terzo tipo?
Avevo sentito dire in giro che la tua recitazione in A Dangerous Method faceva alquanto pena. Però non volevo crederci. Andavo in giro, vagando come un’anima in pena, chiedendo alla gente: “Ma chi, Keira? State parlando di Keira ridicola in un film? Dai, smettetela di scherzare, per favore. Smettetela che non è divertente.”
La gente mi guardava come fossi pazzo. Forse lo ero. Volevo solo gridare: “AAAAAAAAAAAH”.
Pensavo non potesse essere vero.
E invece non solo lo era, ma ci sono andati giù pure leggeri.
Keira: in questo film fai davvero, davvero, ma davvero pena!
Cosa ti è successo? Hai giocato a Freaky Friday con Manuela Arcuri?

Devo dire, ebbene sì, oggi lo confesso a cuor leggero, che all’inizio della tua carriera non mi facevi impazzire più di tanto.
The Hole, Sognando Beckham, La maledizione della prima Luna, King Arthur…
Keira, ma PEEEEEEEEEEEEERCHE'?
Sì sì, eri caruccia, però mi sembravi una spilungona secca come tante. Pure un pochino smorfiosetta e antipatica, a dirla tutta.
Poi è successo qualcosa e hai cominciato a piacermi. Credo sia stato Espiazione. Sì, con quel film hai espiato le tue colpe passate e mi hai finalmente convinto. Quindi tra Love Actually, La Duchetta Duchessa, Last Night e Non lasciarmi hai cominciato a stregarmi al di là di quelli che potessero essere i tuoi reali meriti, diciamolo pure. Ma le tue prove migliori le hai date in veste di kick-ass girl in Domino e di kick-ass Victorian girl in Orgoglio e pregiudizio. Lì eri davvero perfetta.
E allora, vuoi dirmelo cosa ti è successo?
Confidati con me come se fossi il tuo psicanalista.
Hai avuto dei traumi infantili?
Hai pensato: “Mi ha chiamato David Cronenberg e non posso mica dire no a David Cronenberg. Anche se mi ha dato il ruolo della pazza spastica balbuziente e io una parte del genere non credo di saperla reggere. Chi può dire no a David Cronenberg? Solo un folle!”.
"Keira, per la tua intepretazione ti sei meritata una sculacciata. E non solo quella"
Poi ti sarai pure autoconvinta di poterla sfangare, con una parte del genere: “Massì, non sarà poi così difficile fare la psicopatica e se mi va bene ci scappa pure una bella nomination agli Oscar.”
Peccato che non sia andata bene.
Peccato che non potesse andare così lontano dall’andare bene.
Cioè, Keira, io ancora non voglio crederci. Farò finta che questo terribile film non sia mai esistito e proverò a guardarti ancora come ti guardavo prima. Ci proverò, questo te lo prometto, ma non so se ce la farò.
Credo mi rivolgerò anche a uno strizzacervelli. Farò fare a lui il lavoro sporco. Ma dovrà essere uno davvero bravo per rimuovere il trauma di questa visione dalla mia vita.
In un certo senso, per diversi aspetti, forse è anche un film riuscito, perché questa è la pellicola più inquietante che David Cronenberg abbia mai girato. Altroché mosche, scanners, pasti nudi e zone morte. A Dangerous Method non te lo levi più dalla mente.
"Ho fatto un sogno: ero in un film di Cronenberg con un ottimo cast,
però la pellicola faceva davvero pena: cosa può significare?
Ah, dite che non era un sogno? Ma nemmeno un incubo?"
Keira, in questo film con i tuoi versi e le tue facce agghiaccianti raggiungi livelli talmente tragici di recitazione, che riesci a coinvolgere nel tuo dramma persino Michael Fassbender. Nella parte dello psico-analista Carl Jung riesce a salvare la faccia, a differenza tua, ma è ben al di sotto degli standard recitativi superiori cui ci aveva abituati ad oggi. Viggo Mortensen è un discreto Sigmund Freud, ma certo che gli scambi epistolari tra lui e Jung sono quanto di meno cinematografico e più noioso si possa immaginare.
La messa in scena è davvero troppo teatrale, va bene che il film è tratto da una piece. Però qua ci troviamo di fronte a una vera piece of shit.

Le cose sembrerebbero andare un pochino meglio quando tu Keira ti fai un attimo da parte, e non sai quanto mi costi dire una cattiveria del genere nei tuoi confronti, ma cazzo: levati dalle palle!
Ecco, quando sei meno presente fa il suo ingresso in scena, termine appropriato visto il carettere appunto teatrale dell’operetta, il sempre ottimo Vincent Cassel, nei panni dello psicoanalista con problemi psichiatrici Otto Gross, in grado di liberare la carica sessuale di una pellicola che fino a quel momento si era repressa dopo aver visto il mento deforme di Keira.
Peccato che il suo personaggio sia poco più di una macchietta di breve durata e ci distolga appena per un momento dalla pochezza della restante pellicola, che di pericoloso non ha il metodo, ma solo la sua bruttezza.
Riguardo ai riferimenti alla fase anale della psicoanalisi freudiana, Keira, almeno una battutaccia concedimela, visto che io ti ho dovuto sorbire per un’ora e mezza mentre cercavi di fare la pazza e sembravi solo una che è pazza a credere di aver fatto una bella interpretazione:
Keira, lo sai che in questo film hai davvero recitato con il buco del culo?

Con affetto, ma non troppo, un tempo tuo
Cannibal Kid

A Dangerous Method
(UK, Germania, Canada, Svizzera 2011)
Regia: David Cronenberg (ma ne siamo sicuri?)
Cast: Keira Knightley, Michael Fassbender, Viggo Mortensen, Vincent Cassel, Sarah Gadon
Genere: psic-anal-itico
Se ti piace: fatti curare da uno bravo, ché nemmeno Freud fosse ancora vivo mi sa che ti potrebbe aiutare
(voto 2/10)


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