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domenica 2 novembre 2014

AT THE DEVIL'S DOOR – INDOVINA CHI C'È ALLA PORTA? SATANA!





At the Devil's Door
(USA 2014)
Titolo originale: Home
Regia: Nicholas McCarthy
Sceneggiatura: Nicholas McCarthy
Cast: Ashley Rickards, Catalina Sandino Moreno, Naya Rivera, Mark Steger, Nick Eversman, Olivia Crocicchia, Ava Acres, Wyatt Russell
Genere: satanico
Se ti piace guarda anche: The Pact, Kristy, Le origini del male

TOC, TOC

“Chi è?”
“Sono Satana.”
“Jesus Christ, Satana. Mi hai fatto venire un colpo! Pensavo fossero di nuovo quei rompiscatole dei Testimoni di Geova. Tu invece a casa mia sei sempre il benvenuto, anche perché mi segnali delle robe demoniache presenti su YouTube come questa...”

lunedì 12 maggio 2014

LA STIRPE DEL MALE E LE REGOLE BASE PER NON AVERE UN FIGLIO ANTICRISTO




La stirpe del male – Devil’s Due
(USA 2014)
Titolo originale: Devil’s Due
Regia: Matt Bettinelli-Olpin, Tyler Gillett
Sceneggiatura: Lindsay Devlin
Cast: Allison Miller, Zach Gilford, Sam Anderson, Roger Payano, Vanessa Ray, Aimee Carrero
Genere: mockumentary
Se ti piace guarda anche: Paranormal Activity, Chronicle, The Bay, La madre, The Sacrament

Dai film a volte si possono ricavare delle regole di vita fondamentali. Ad esempio:
  • Mai parlare del Fight Club.
  • Mai parlare del Fight Club.
  • Mai nutrire un mogwai dopo la mezzanotte.
  • Mai fare sesso, mai ubriacarsi o drogarsi e mai, in nessun caso, dire: torno subito. Almeno se si vuole sopravvivere a un horror.
  • Mai far recitare Nicolas Cage.
Da La stirpe del male, si possono ricavare altre regole basilari:
  • Mai sposarsi
  • Nel caso proprio lo si faccia, mai andare in luna di miele a Santo Domingo.
  • Nel caso si faccia pure questo, mai dare al mondo un figlio.
Siete liberi di non seguire queste regole, ma poi non venitevi a lamentare con me se vi nascerà… l’Anticristo in persona. Che poi nella vita c’è di peggio. Non so voi, ma io preferirei avere per figlio l’Anticristo che un Santo. Immaginatevi un figlio Santo, quanto potrebbe rompervi le palle dicendo cose come:
  • “Papà, non bere!”
  • “Papà, non fumare!”
  • “Papà, smettila di inchiappettare mamma!”
Vedete? Meglio avere un figlio Anticristo, che un figlio Santo cagaminkia.

"Mmm, questo scatto fa un po' schifo. Non lo carico su Facebook
che se no mi ottiene troppi pochi like."
"Meglio se metti quella foto in cui sono tutta nuda hihihi."
I due giovani neosposini protagonisti di La stirpe del male – mannaggia a loro! - non hanno tenuto a mente queste regole di vita basilari e così si sono sposati, poi sono andati in luna di miele a Santo Domingo, qui sono successe delle robe un tantinello strane, lei è tornata a casa incinta e non tutto, durante la gravidanza, è andato per il meglio. Se avessero letto prima Pensieri Cannibali, i due giovani avrebbero potuto risparmiarsi tanti problemi e invece no.

La stirpe del male si va a infilare in quella moda che negli ultimi tempi sta prendendo sempre più piede. Quella dei Selfie?
No. Quella delle pellicole che ti fanno passare la voglia di avere dei figli, di cui di recente abbiamo avuto parecchi esempi, come Hotell, Alabama Monroe, La guerra è dichiarata e Travolti dalla cicogna.
La stirpe del male segue inoltre un’altra moda, questa volta non per quanto riguarda la tematica affrontata, ma per quanto concerne lo stile cinematografico usato. La stirpe del male è un mockumentary e se c’è qualcosa che ha stufato più in fretta di “Gangnam Style”, “Happy”, Ruzzle e i Selfie, è il mockumentary. Eppure continuano a farne un sacco. Il motivo per cui vengono realizzati tanti mockumentary è presto detto: costano poco e, se anche incassano 4 dollari in croce, vanno comunque in attivo a livello di guadagni. Inoltre, attraverso questa tecnica qualunque regista brocco può cercare di spacciarsi per un autore cinematografico.

"Papa Francesco vuole una Chiesa povera?
Mi sento male!"
La stirpe del male fa quindi parte della stirpe di pellicole che prendono come modelli di ispirazione cinematografici sommi non 2001: Odissea nello spazio o Quarto potere, bensì Paranormal Activity e Chronicle. Senza possedere l’originalità dei due titoli citati, questo horrorino si lascia vedere tranquillamente, con la curiosità morbosa con cui si possono guardare dei video su YouTube con gente che sai che alla fine si farà del male, o comunque sai che gli capiterà qualcosa di brutto, di molto brutto. Da questo punto di vista, La stirpe del male come prodotto di intrattenimento funziona discretamente. A far cascare le palle di questa specie di Rosemary’s Baby in versione fintodocumentaristica è la parte finale, in cui si scivola nei soliti territori da film de paura che non fa paura, con quel gioco del vedo/non-vedo realizzato attraverso riprese traballanti e finto (?) amatoriali che, già dai tempi di The Blair Witch Project avevano rotto le balle e pure già fatto venire la nausea a sufficienza. Siamo allora dalle solite parti del mockumentary mediocre ma, anche grazie a due protagonisti che se la cavano, Zach Gilford dell’ottima serie Friday Night Lights e Allison Miller della pessima serie Terra Nova, riesce a non annoiare e non si fa nemmeno troppo odiare. Inoltre, a differenza di molti altri film appartenenti al genere del fintodocumentario, ha una sua utilità: seguite le regole sopra riportate e non avrete mai un figlio Anticristo!
Genitori di Marilyn Manson, mi spiace. Per voi ormai è troppo tardi.
(voto 5+/10)

lunedì 22 aprile 2013

LE STREGHE DI JACK NICHOLSON


"Cannibal Kid esperto di cinema?
AAAH AAAH AAAAAAH!"
Il fascino del maligno. Ecco qual è l’arma segreta di Jack Nicholson. Vabbè, segreta ormai mica più tanto…
Jack Nicholson ha lo sguardo del pazzo, del maniaco, di quello che a un certo punto potrebbe fare qualcosa di del tutto inaspettato. Il ghigno da malato di mente è il suo pezzo forte, il suo cavallo di battaglia, quello che l’ha portato a interpretazioni memorabili, da Qualcuno volò sul nido del cuculo a Shining, da Le streghe di Eastwick al Joker di Batman. Contemporaneamente, è anche il suo principale limite ed è ciò che ha rischiato di incasellarlo e intrappolarlo in ruoli troppo simili. Un pericolo scongiurato solo in parte, ma comunque quella di Jack Nicholson è una carriera strepitosa, ricca di cult movies e pellicole importanti, oltre ai sopra citati menziono anche Easy Rider, Chinatown, Professione: Reporter, Il postino suona sempre due volte, Voglia di tenerezza, Mars Attack! e poi Qualcosa è cambiato, in cui è un adorabile cinico figlio di pu… buona donna, in pratica una delle parti in cui l’ho amato di più.
Negli ultimi anni si è concesso con grande parsimonia, e secondo me fa bene, anziché accettare qualunque roba gli venga proposta come ad esempio, tanto per non fare nomi, Robert De Niro. E ha dimostrato di saper fare ridere alla grande, con il sottovalutato Terapia d’urto a fianco di Adam Sandler, e di avere ancora un carisma come pochi altri colleghi in The Departed.

Jack Nicholson è un attore che mi è sempre piaciuto parecchio e paradossalmente, ma forse nemmeno troppo, l’ho amato soprattutto da ragazzino. Se gli altri bambini erano in fissa con i supereroi, io da bravo Megamind preferivo i cattivi come il suo Joker, benché un paio di decenni dopo Heath Ledger sarebbe riuscito a fare ancora di meglio, portando il personaggio su un altro livello. Sono poi stati cult malati della mia infanzia soprattutto due suoi ruoli: Jack Torrance di Shining, il volto che più ha segnato la fine della mia innocenza, Bob di Twin Peaks a parte, e poi Daryl Van Horne di Le streghe di Eastwick, la pellicola con cui ho scelto di celebrare questo Jack Nicholson Day, che si festeggia oggi in occasione del suo 76esimo compleanno.
Buon compleanno Jack, e grazie per aver abbattuto per sempre la mia infanzia a colpi di ascia.

Le streghe di Eastwick
(USA 1987)
Titolo originale: The Witches of Eastwick
Regia: George Miller
Sceneggiatura: Michael Cristofer
Ispirato al romanzo: Le streghe di Eastwick di John Updike
Cast: Jack Nicholson, Cher, Susan Sarandon, Michelle Pfeiffer, Veronica Cartwright, Richard Jenkins, Keith Jochim, Carel Struycken
Genere: satanista
Se ti piace guarda anche: La morte ti fa bella, She-Devil - Lei, il diavolo, Sospesi nel tempo, Streghe, Eastwick

Ormai l’ho capito a cosa servono queste celebrazioni degli attori che il gruppo di blogger cinefili di cui faccio parte organizza ogni mese: a far sbiadire l’aura di magia di alcuni cult della mia infanzia/adolescenza. Se il mese scorso per il Bruce Willis Day recuperavo Trappola di cristallo, che non mi faceva più l’effetto adrenalinico di un tempo, qualcosa di analogo è successo anche questa volta con Le streghe di Eastwick. Un film super anni Ottanta che da bambino era per me un autentico cult. Mi sembrava qualcosa di fighissimo, estremo, coraggioso, dark, inquietante e persino satanista. Tutte cose che è ancora oggi, in qualche parte, però in maniera minore. Il tutto appare un po’ troppo kitsch, non privo di un suo sinistro fascino, eppure anche irrimediabilmente sorpassato. Alcune situazioni appaiono assurde e prive di una spiegazione persino all’interno di un contesto fantasy e i personaggi sono dipinti in maniera approssimativa e superficiale. Come intrattenimento, comunque, Le streghe di Eastwick sanno ancora ammaliare.

"Il bunga bunga? L'ho inventato io!"
Le streghe di Eastwick fa parte di quelle commedie un po’ fantasy, un po’ grottesche, un po’ (molto poco) horror, condite da una notevole dose di humour nero in cui rientrano altri semi-cult del periodo come La morte ti fa bella o She-Devil – Lei, il diavolo. Pellicole che flirtano con il lato oscuro, con il maligno, con il peccato e lo fanno in una maniera piacevolmente fuori dal politically correct in cui sono finite molte pellicole hollywoodiane odierne. Sono film che non si fanno troppi problemi a usare un linguaggio volgare ed esplicito più difficile da trovare oggi nelle produzioni mainstream. Allo stesso tempo sono film che a livello di scrittura mostrano qualche limite in una eccesiva esemplificazione e stereotipizzazione dei personaggi, però anche questo è il loro bello.

"Attento a quello che dici su di noi, Cannibale!"
Le tre protagoniste del film sono una perfetta rappresentazione di ciò: la bionda, la mora e la rossa, ognuna rappresentante di una categoria di donna diversa, manco fossimo in una puntata dei futuri Sex and the City e Desperate Housewives. C’è la bionda mamma chioccia (Michelle Pfeiffer), la mora più indipendente e libertina interpratata da Cher e la rossa precisina e musicista secchiona che invece non può avere figli (Susan Sarandon), una anticipatrice della Bree Van de Kamp delle citate Desperate.

Ho fatto riferimento a due celebri telefilms e non è che l’ho fatto a caso. Spesso dico cose a caso, ma non è questo il caso. Non posso infatti sostenere che Le streghe di Eastwick abbia cambiato la storia del cinema, però a livello televisivo l’ha sua buona influenza ce l’ha avuta. Sono infatti parecchie le serie che negli anni successivi avrebbero mescolato la componente fantasy e inquietante con le storie romantiche con un gusto non troppo distante da quello del film, da Streghe fino a Eastwick, serie tv ispirata proprio alla pellicola che però ha avuto vita breve. Il difetto di quella serie? Io ho visto solo le primissime puntate, credo di essere arrivato al massimo alla seconda, e le protagoniste femminili funzionavano anche. Il problema era però un altro: Jack Nicholson è insostituibile. A meno che non sei Heath Ledger e ti inventi un Joker personale tutto tuo in grado di stravolgere le regole tradizionali dei film di supereroi. Ma questa è un’altra storia. Nella serie tv Eastwick il protagonista maschile era tale Paul Gross chiiiiiiiii? che, inutile dirlo, non reggeva la parte. C’è poco da fare, il personaggio del luciferino Daryl Van Horne sembra essere scritto apposta per lui, il nostro eroe di giornata: Jack Nicholson. Per lui e per quel suo sguardo da satanasso assatanato.

"Perché tutti quelli che incontro mi suggeriscono di farmi una doccia?"
Le tre desperate housewives divorziate Pfeiffer, Sarandon e Cher, non sapendo che altro fare, si inventano un uomo di fantasia. Le tre aspiranti streghette lo pensano tutt’e tre così intensamente che questi si materializza. E chi è?
In altri tempi, cioè oggi, sarebbe potuto essere un Ryan Gosling o, ancor meglio, un Michael Fassbender. Nel 1987 la fantasia sessuale che si materializzava era invece Jack Nicholson. Non un bellone, ma un uomo con quel fascino del maligno di cui parlavo in apertura.
Jack Nicholson rappresenta un ideale di uomo diverso per ognuna delle tre donne che riesce a conquistare con un solo appuntamento. Se fosse un concorrente di Uomini e Donne, sarebbe il migliore tronista della Storia, altroché Costantino Vitagliano. La prima parte della pellicola scorre così, con tre appuntamenti che sembrano tre “esterne” del programma di Maria de Filippi, solo più malate e fantasy.
No, mi correggo: meno malate e fantasy delle esterne medie di Uomini e Donne.
La sceneggiatura è molto basic ed elementare, quanto allo stesso tempo funzionale. Alla prima parte in cui vengono presentate le tre donne al cospetto di Jack Nicholson il seduttore, si procede quindi a una parte in cui assistiamo al crescendo di malignità di Jack Nicholson il satanasso, a cui le tre donne risponderanno per le rime nella conclusione. Peccato per una sequenza finale buttata lì in maniera un po’ stupidotta e che non convince per nulla.

Le streghe di Eastwick resta un mio piccolo cult personale, sebbene ormai legato più che altro all’infanzia. Va notato però che se anziché un regista come George Miller, uno che nella sua carriera è passato da Interceptor a Happy Feet, ci fosse stato al comando un Tim Burton, e intendo il migliore Tim Burton, ne sarebbe potuto uscire anche un vero capolavoro, o quasi. Resta “solo” una commedia dark tanto ma tanto Ottanta ma ancora oggi godibile, con un tema musicale firmato dall’amichetto di Spielberg John Williams di quelli che restano in testa, una piccola parte per Carel Struycken, futuro gigante di Twin Peaks e futuro Lerch della Famiglia Addams, un’inquietantissima Veronica Cartwright che sembra posseduta da Satana per davvero, tre protagoniste femminili che, benché non mi abbiano mai esaltato del tutto, qui sono all’apice della loro forma recitativa e fisica e soprattutto lui lui lui. Jack Nicholson. Jack Nicholson e quella sua magnifica faccia da pazzo.
(voto 7+/10)

Partecipano al Jack Nicholson Day anche i seguenti (quasi tutti) magnifici blog:

domenica 7 ottobre 2012

Un diavolo per capello (Pelato Edition)

"Non sei pelato, caro, sei solo diversamente pettinato."
666 Park Avenue
(serie tv, stagione 1, episodio pilota)
Rete americana: ABC
Rete italiana: non ancora arrivata
Creata da: David Wilcox
Tratta dal romanzo omonimo di: Gabriella Pierce
Cast: Rachael Taylor, Dave Annable, Terry O’Quinn, Robert Buckley, Vanessa Williams, Samantha Logan, Mercedes Masöhn, Helena Mattsson
Genere: satanista
Se ti piace guarda anche: L’avvocato del diavolo, The Booth at the End, Le streghe di Eastwick, Rosemary's Baby, American Horror Story

Si dice “avere un diavolo per capello”, ma nel caso della nuova serie tv americana 666 Park Avenue non è mica vero. Il diavolo è infatti quel pelatone di Terry O’Quinn, già ambiguo Locke di Lost che ci riprova sul piccolo schermo dopo le comparsate in Hawaii Five-0 e Falling Skies.
Vi ho spoilerato troppo? No, perché fin da subito sappiamo che lui è il diavolo. Questa serie non gioca infatti come i milioni di cloni di Lost a tenerci nascosto un mistero per stagioni e stagioni senza magari mai nemmeno svelarcelo. Terry O’Quinn è il diavolo, Satana, Lucifero, Belzebù, Silvio Berlusconi. Chiamatelo come volete, il risultato non cambia.

"Avete accettato le promozioni sul cellulare, quelle che ti regalano una suoneria
e poi sei vincolato con loro a vita, e avete paura di firmare con Satana?"
Se l’identità di O’Quinn è subito svelata in maniera parecchio chiara, ciò non significa che la serie sia priva di mistero. Tutt’altro. Ad affascinare è proprio la sua atmosfera misteriosa e glamour allo stesso tempo.
Lo spunto narrativo non è molto distante da quello de L’avvocato del diavolo, solo: niente avvocati. E meno male, perché altrimenti rischiava di diventare l’ennesima serie legal e ce ne sono già troppe in circolazione. Qui troviamo una coppia di giovani fidanzati squattrinati che risponde a un annuncio troppo bello per essere vero, e infatti sotto c’è la fregatura. Una fregatura luciferina, addirittura. Mai fidarsi degli annunci che sparano troppo in alto, come questo in cui viene offerto il ruolo di amministratori condominiali a ‘sti due tipi senza un briciolo di esperienza, in cambio della residenza aggratis in una splendida dimora di questo splendido condominio di lusso. Situato al 999 di Pork Park Avenue, che letto con i numeri capovolti diventa 666. Il numero del diavolo, naturalmente. E dove può starsene il diavolo se non in mezzo al lusso dell’Upper East Side di New York City? Mica scemo, il Satana. Mica se ne sta in una favela brasileira a ballare ceccerecce ceccereccecce cè con Gusttavo Lima.

"Per ottenere questo lavoro è sicuro debba togliermi il top
e mettermi a ballare intorno a un palo?"
Come nel Faust, ma non pensate al soporifero film di Sokurov, anche la coppia protagonista di 666 si ritrova a firmare un patto, o meglio un contratto vero e proprio, con tanto di valenza legale, col diavolo. In men che non si dica, finiranno a fare la Bellavita non in Sardegna con Briatore come nel luciferino Lucignolo di Italia 1, ma tra i grattacieli di NYC. Scusate se è poco. Proprio come capitava a Keanu Reeves e Charlize Theron nell’avvocato del diavolo, appunto. All’inizio per loro sembrerà tutto bello, luccicoso e spumeggiante, poi verranno fuori anche i lati inquietanti.
Pure gli altri condomini si ritroveranno più o meno ad avere a che fare con il satanico proprietario dello stabile, in quella che si preannuncia come una delle più intriganti e promettenti serie tv della nuova annata americana.
Il pilota è subito un episodio inquietante e divertente. Come un American Horror Story più mainstream e commerciale. Con meno sesso esplicito, atmosfere più thriller che horror e insomma le due serie non è che c'entrino poi molto.

"Venendo ad abitare nell'Upper East Side pensavo di trovarmi di fronte gente
vestita come Blair Waldorf, non questa imitazione hipster di una barbona..."
Dal punto di vista della recitazione, non ci troviamo in presenza di performance incredibili, quanto piuttosto a un livello televisivo medio. Un livello televisivo americano medio, meglio specificare, che è comunque più che buono, perché se invece parlassimo di livello televisivo italiano medio ci sarebbe da scaraventare lo schermo tra le fiamme dell'Inferno. Subito.
Terry O’Quinn nella parte del Satana della situazione ci sguazza alla grande, con quella faccia che si ritrova. Anche se, certo, non è Al Pacino. Al Pacino dei tempi de L’avvocato del diavolo, specifichiamo pure questo, visto che per la sua ultima apparizione in Jack e Jill s’è guadagnato un (meritato) Razzie Award per la peggior interpretazione da non protagonista.
Ad abbassare la media ci pensano invece dei per ora poco convincenti Robert Buckley, d’altra parte arriva da One Tree Hill, e Vanessa Williams (Ugly Betty e Desperate Housewives). Nella coppia di protagonisti lui, Dave Annable, è decisamente anonimo, mentre lei, Rachael Taylor è decisamente convincente. E pure gnocca, il che non gioca a sfavore né suo, né del neonato telefilm.
Dal pilot non sembra una serie in grado di spostare l’asticella della trasgressione e della tensione in tv come American Horror Story, però 666 pare possedere tutte le carte in regola per diventare un intrattenimento peccaminoso. Ma, più che peccaminoso, diciamo pure diabolico.

BUAH AH AH AH AH (questa voleva essere una risata satanica, se non lo si era capito...)
(voto 7+/10)


sabato 31 marzo 2012

Tromb Rider: Spirito di vendetta

Ghost Rider: Spirito di vendetta
(USA, Emirati Arabi 2011)
Titolo originale: Ghost Rider: Spirit of Vengeance
Regia: Mark Neveldine, Brian Taylor
Cast: Nicolas Cage, Violante Placido, Fergus Riordan, Idris Elba, Ciarán Hinds, Johnny Whitworth, Anthony Head, Christopher Lambert
Genere: tamarrata svergognata
Se ti piace guarda anche: Ghost Rider, Gamer, Crank, Legion, Blade, Lara Croft: Tomb Raider, Drive Angry

Tra i buoni propositi per l’anno nuovo avevo inserito anche quello di non vedere MAI PIU’ (o almeno l’intera annata) film con Nicolas Cage. Tempo pochi mesi e già devo rimangiarmi il mio fioretto. Mannaggia.
Non che il Gabbia abbia fatto un film così imperdibile, però per certi versi sì.
Se Ghost Rider 1 era una trashata vergognosa ai limiti del guardabile, al punto che credo di non essere nemmeno riuscito a vederlo fino alla fine, l’appuntamento con il Ghost Rider numero dos era immancabile per un motivo. Facciamo due: Neveldine e Taylor.
Io sono un fan di Neverldine e Taylor.
Perché?
Come, perché?

"Dimmi dov'è Cesare Ragazzi! Ho finito i parrucchini e devo trovarlo ORA!"
Mark Neveldine e Brian Taylor sono i registi e sceneggiatori di Crank 1 e Crank 2, ovvero quella che posso considerare senza troppi dubbi la mia serie action preferita of all times. Una scarica di adrenalina con un mix explosivo di musiche, immagini in stile clipparo, estetica da videogame, situazioni, umorismo e volgarità varie spinte all’extremo e servite su un piatto d’argento a un Jason Statham mattatore totale. Nel 2013 dovrebbe arrivare anche Crank 3 e, per quanto odi i sequels, non vedo la fottutissima ora!
Neveldine e Taylor hanno inoltre girato Gamer, altra bella figatonza, e in più hanno scritto la sceneggiatura per l’interessante Pathology, una sorta di versione cinematografica sotto acido di Grey’s Anatomy. Mai uscito in Italia, se ne avevate il dubbio, ma se vi piace la loro follia merita un recupero.
Negli ultimi tempi, non stupisce allora che il loro stile molto fumettoso sia stato prestato al servizio di pellicole fumettose. Prima hanno firmato la sceneggiatura dell’atroce Jonah Hex. Sceneggiatura che credo sia costata loro ben uno, o forse due pomeriggi. Quindi sono stati chiamati al timone del sequel di Ghost Rider. Non si capisce bene perché.
Non si capisce bene perché non il motivo per cui abbiano chiamato loro. Semmai stupisce perché abbiano accettato.
Ah già, per la solita storia dei soldi.
La cosa che stupisce di più comunque è che sia stato realizzato un seguito di Ghost Rider, film del 2007 girato da Mark Steven Johnson (quello di Daredevil). Una porcheria che si era guadagnata più critiche feroci che grandi incassi: costato 110 milioni di dollari, ne ha pigliati negli Usa giusto una cinquantina. Quindi, peeerché girare un secondo episodio di un’impresa, sia artistica (?) che economica, tanto fallimentare?
Misteri di Hollywood.
Piuttosto che girare una pellicola nuova e originale preferiscono fare il sequel di un super flop. E poi ci si chiede cosa non va nel mondo…
Prima di approcciarmi a questo GR2, cerco allora di azzerare il ricordo del primo episodio.
Ok, fatto.
"Lo so, lo so: il teschio è molto più espressivo di me!"
Già dimenticato. È stata una impresa molto dura che mi è costata… vediamo… circa 2 secondi.

A sorpresa, il nuovo Ghost Rider parte decisamente bene. La prima oretta scivola che è un piacere grazie a un sano divertimento tamarro regalato dai due soliti fenomeni della mdp. I numeri 1 quando si tratta di girare scene action. Anche qua danno sfogo a tutta la loro fantasia, fondendo lo stile del fumetto Marvel con quello videogammaro cui ci hanno già abituati in passato.
Niente di nuovo, ma lo fanno sempre bene.
In più riescono a regalarci una scenona (s)cult incredibile: la pisciata di fuoco di Ghost Rider!


E, inoltre, nelle sequenze in cui Nicolas Cage si trasforma nel Ghost Rider ci fanno dimenticare di star vedendo un film con Nicolas Cage. Numero di prestigio mica da poco.

Nicolas Cage, ti vogliamo SEMPRE così!

"Abbelli de mamma, ce sto' pure io. Ma come chi so'?
Va bene il divertimento, vanno bene le scene d’azione tamarre, però a un film si chiede anche qualcosa d’altro. Qualcosina di più. Una storia un minimo coinvolgente ad esempio. Se ci trovassimo dentro un film arty, la storia potrebbe anche non essere necessaria. Però non è certo questo il caso. Ed è qui che la pellicola fallisce miseramente. La trama è infatti quanto di più assurdo e stupido possa venire in mente e la vicenda del figlio di Satana (ancora? ma quanti figli ha?) fa tanto Giorni contati con Schwarzenegger, oppure Lost Souls - La profezia con Why?nona (Ghost) Ryder, o qualunque altro film di possessioni demoniache e altre cose del genere vi possa venire in mente. Materia scivolosa che rischierebbe di far cadere nel ridicolo chiunque e, ovviamente, Ghost Rider ci casca con tutte e due le scarpe. Non che ci si potesse aspettare chissà quale trama, però così è davvero troppo (poco).
Se la prima parte è guardabile e a tratti pure divertente, pur se lontanissima dai vertici di Crank, la parte finale è una vera mazzata alle gambe. Oltre che al cervello, ma quello se n’era stato spento fin dall’inizio intelligentemente. D’altra parte, se non si comporta in maniera intelligente il cervello, quale altra parte del corpo dovrebbe farlo?
Non dovete per forza rispondere.

"Speriamo che Satana non veda il film, altrimenti per me so' cazzi amari!"
E il cast?
Portatemi un velo pietoso bello grosso, che lo devo stendere sopra (quasi) tutti.
Nicolas Cage, ça va sans dire.
Però certo che anche gli altri non fanno di meglio.
Ciarán Hinds non ci crede nemmeno lui di fare il Satana della situazione, figuriamoci noi.
Christopher Lambert, il redivivo (dopo tutto è Highlander) Christopher Lambert, si poteva risparmiare una comparsata tanto inutile, così come Anthony Head, lo storico Giles di Buffy, che qui ha un ruolo talmente minuscolo da non minare la sua credibilità. Non che dopo Buffy abbia fatto poi chissà cosa, Little Britain e qualche cazzata fantasy a parte.
E Violante Placebo Placido… è un mistero come Violante Placido sia una delle poche “nostre” (?) attrici (??) che lavorano all’estero, visto che è una delle più cagne, nel senso borissiano del termine. Che poi è uguale al senso comunemente inteso del termine. Violante Placido che voglio (non so nemmeno io bene perché) ricordare nel pessimo Ovunque sei diretta da papà Michele e anche nel teribbbile The American a fianco del Clooney. Che pur di non recitare di nuovo insieme a lei pare abbia preferito farsi arrestare. Altroché attivismo per il Sudan, è questa la vera ragione.

"Va bene fare il figlio di Satana, ma devo proprio recitare con Nicolas Cage?"
A salvarsi nel cast, direi l’unico, è il figlio (letteralmente) del demonio. La piccola bestia di Satana, che risponde al nome di Fergus Riordan, era un bambino già parecchio disturbato nel sottovalutato I want to be a soldier e con quel suo volto inquietante (persino più della media dei bambini inquietanti) si segnala come un nome da tenere d’occhio in prospettiva futura.
Per il resto, tutti gli attori sotto il velone pietoso. Forza, in fila dietro a Ghost Rider.

Con un protagonista che non fosse Nicolas Cage, un cast un po’ più all’altezza e una sceneggiatura vagamente decente, ci saremmo trovati di fronte a una scheggia impazzita e preziosa di cinema fumettaro action. Così com’è questo Ghost Rider 2, soprattutto per il notevole talento tamarro della coppia Neveldine/Taylor, riesce solo a fornire un discreto entertainment. È già qualcosa.
Nonostante i difetti non da poco, lo Spirito di vendetta invocato dal sottotitolo della pellicola alla fine dei conti riesce a fare, almeno in parte, il suo gravoso dovere: vendicare il primo obbrobrioso episodio.
La vendetta è un piatto che va servito freddo? No, qui viene servita da una calda pisciata di fuoco!
(voto 6-/10)

mercoledì 8 febbraio 2012

Faust o leali o le corna

Faust
(Russia 2011)
Regia: Aleksandr Sokurov
Cast: Johannes Zeiler, Anton Adasinsky, Isolda Dychauk, Georg Friedrich
Genere: satanico
Se ti piace guarda anche: L’avvocato del diavolo, Il piccolo diavolo, Antichrist

Faust. Un filmone importante, pesante, una di quelle visioni da affrontare con cautela. Così dicevano.
Il film vincitore del Leone d’Oro all’ultimo Festival di Venezia sembrava dovesse essere visto o come un mattonazzo russo di quelli assurdi oppure come un capolavoro assoluto.
A me, e lo sapete, piace celebrare un film che mi è piaciuto fino all’esaltazione mistica. Qualcuno ha detto Il cigno nero?
E allo stesso tempo mi piace massacrare quelli che detesto. Qualcun altro ha menzionato Avatar?
Eppure qui purtroppo mi trovo a una via di mezzo.
Faust non mi è sembrato certo un capolavoro. Ma nemmeno lontanamente. Chi ci ha visto chissà quali significati e risvolti filosofici mi sa che dovrebbe farsi un po’ meno canne… Scherzo! Continuate pure con le droghe, ma almeno poi evitate di guardare e soprattutto celebrare dei film russi.
Questo film è pieno di citazioni bibliche e filosofeggianti tra Kant e Platone, pieno di parole buttate lì giù a casaccio più che non con reale senno, però di grandi e abissali verità sull’uomo io qui dentro non ne ho viste. Non almeno alcuna che non fosse già stata mostrata nelle varie altre interpretazioni di questo racconto popolare tedesco, a partire da quella di Johann Wolfgang von Goethe cui questa pellicola si ispira liberamente.

"Un film russo da 2 ore e passa? Nun gliela posso fa'..."
Se non è un capolavoro, allora è quella che Fantozzi avrebbe bollato con facilità: “Una cagata pazzesca”?
Non proprio, anche se una cagatina più stitica che pazzesca a tratti lo è anche.
Faust però non mi è sembrato nemmeno una visione così pesante. Certo, non si può parlare proprio di cinema di intrattenimento, ma una volta passata giusto quella mezzora/oretta iniziale a cercare di raccapezzarsi all’interno della storia, il film fila anche. Non come un Frecciarossa, magari, ma più come un Intercity in mezzo alla neve. Con le sue 6 ore buone di ritardo, però fila.
Più che essere narrativo, Faust è infatti cinema del vagare, del viaggiare, cinema in movimento come pietre miliari come Apocalypse Now, La dolce vita, Il posto delle fragole, The Tree of Life, o come la Divina commedia, tanto per uscire dall’ambito strettamente cinematografico. Questo è l’aspetto più affascinante della pellicola.
Però Faust viaggia, ma non arriva da nessuna parte o, se c’arriva, si vede che io sono sceso a qualche fermata prima.
Sokurov ha il suo stile, la sua visione del mondo, ma non ha la capacità espressiva dei Coppola, Fellini, Bergman, Malick citati o la poetica di un Alighieri. E anche se i giurati di qualche Festival cinematografico proveranno a dissuadervi del contrario, non fidatevi: i fuoriclasse sono altri.

L’altro aspetto curioso della pellicola è la parte visiva. Sokurov usa lenti deformanti, una fotografia dai colori stranianti, utilizza per lo più un’estetica del brutto e del deforme per mostrarci la discesa del Faust nell’apatia e nel male, insieme al suo compare, un Virgilio satanico.
Mentre c’è chi ha proposto nomi come Thomas Mann, Christopher Marlowe o Friedrich Wilhelm Murnau tra i modelli di ispirazione per il Faust del regista russo, a me sembra abbia invece scopiazzato, pardon si sia ispirato, più che altro al video “The Beautiful People” di Marilyn Manson, con la regista Floria Sigismondi che si diletta in maniera molto più efficace, incisiva e concisa nella rappresentazione del freak e del satanico. Utilizzando un gusto visivo non lontano da quello che Sokurov avrebbe proposto 12 anni dopo nella sua (pseudo) intellettualoide insalata russa.


"Ma tu saresti Satana?"
"Eh, la maschera di Marilyn Manson era finita!"
Altra parentesi più o meno metal: la creazione dell’homunculus di Wagner, l’assistente tardo del Faust, mi ha ricordato un episodio di Todd and the Book of Pure Evil, nuovo telefilm trash horror metal niente male. Chiusa parentesi più o meno metal.

Se il Faust protagonista sembra un Ralph Fiennes (e detto da me non è un complimento) con il nasone (e questo non è un complimento detto da nessuno), Sokurov ci regala una figura del Demonio singolare, rappresentandolo in una maniera non certo affascinante o accattivante. Presente Al Pacino ne L’avvocato del Diavolo? Scordatevelo pure. Questo è l’opposto: ha un corpo deforme e pieno di rotoli di grassi di quelli che, abbello Satana mio, ma tu hai bisogno di una liposuzione immediata e se vuoi ti prenoto l’appuntamento col chirurgo oggi stesso, ché così non puoi proprio andare in giro!
Parli del diavolo e spuntano le corna. Ma non qui. Questo è un povero diavolo, è proprio il caso di dirlo, cui manco hanno disegnato le corna e che ci regala giusto qualche momento trash e poco altro. E io che pensavo di trovarmi di fronte a un film rigido e serioso. Invece no. Una nota tutto sommato positiva questa, sebbene in alcuni momenti ho avuto l’impressione di assistere più a una versione massimoboldiana del Faust, più che a un capolavorone da Leone d’Oro.
Il Satana tentatore (ma dove?) del film è interpretato da Anton Adasinsky, che è anche un cantante. O meglio, non è un attore professionista, e questo lo si nota ampiamente, però certo che pure come vocalist fa parecchio pena. Ascoltate un po’ qui…


“Caos, noia, confusione: il mondo sta andando in rovina,” si dice nel film. Ed è una cosa vera anche per la stessa rappresentazione del Sukamelov Sukatevelov Sokurov, troppo caotica e confusa, talmente piena di parole e temi (ma priva di grandi idee) che alla fine il rischio è quello di non dare un grande peso ad alcuno. Il diavolo sta nei dettagli, ma qui i dettagli non sono poi così tanto curati. Abbiamo detto di caos e confusione; quanto alla noia, il film poteva rivelarsi un mattonazzo peggiore, ma di certo non è nemmeno una visione di quelle da farti gridare: “Yuppie! Quanto mi sto entusiasmando a guardare questo film!”.

"Sapevo di avere una bella vagina, ma non pensavo valesse un Leone d'Oro..."
Se il film ci mette un pochino a ingranare veramente, diciamo appena un’ora e mezza, quando lo fa si illumina d’immenso per pochi istanti, nell’unica scena davvero notevole del film, quella del primo piano appunto illuminato del volto della tipa bionda, la bella lavanderina che lava i fazzoletti per i poveretti della città. Fai un salto, fanne un altro, fai la giravolta, falla un'altra volta, guarda in su guarda in giù, dai un bacio a chi vuoi tu.

Perché il punto del film è chiaro. Macché opera filosofica. Macché Leone d’Oro. Macchè capolavoro. “È tutto un imbroglio, menzogna, illusione,” come viene detto nella pellicola stessa. Faust è solo un film a tratti parecchio trash su un uomo di mezza età che brama la fica giovane. Niente di più, niente di meno. E questo è anche il suo pregio maggiore.
Se qualcuno vorrà fare l’intellettuale con voi e vi citerà chissà quale filosofo come sommo riferimento del Faust di Sokurov, non state a dargli troppo retta. Perché è inutile cercare chissà quali interpretazioni, questo film gira intorno a una cosa sola e soltanto: la figa.
(voto 6/10)

Sul vendere la propria anima comunque avevano detto già tutto e in maniera molto più poetica i Simpson, in uno degli episodi migliori della loro ultraventennale storia: Bart si vende l’anima (Bart Sells His Soul).
Quello sì un capolavoro da Leone d’Oro.

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