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lunedì 19 ottobre 2015

Tema in classe: Si fotta, Prof!





Nome e cognome: Cannibal Kid
Data: 19/10/'15
Tema in classe

Svolgimento 1, tema di attualità: Spiega in breve le cause della Terza Intifada e illustra quali sono, a tuo parere, le possibili risoluzioni al conflitto israelo-palestinese.

Svolgimento 2, tema religioso/scientifico: Dio esiste? Supporta la tua teoria con tanto di dati scientificamente provabili.

Svolgimento 3, tema letterario: Prendi il tuo pezzo preferito dal Canzoniere del Petrarca e adattalo al tuo sentire componendo un nuovo brano in chiave dubstep.

Svolgimento 4, tema cazzaro artistico: Parla dell'ultimo film che hai visto.



Svolgimento 4

Fuck You, Prof!
Sono cinque anni che sognavo di dirlo e finalmente posso. Così infatti si chiama l'ultimo film che ho visto e no, non me lo sono inventato. Esiste per davvero. Se non ci crede, vada a controllare le pellicole uscite lo scorso weekend sul sempre ben informato sito di cinema Pensieri Cannibali.
Visto? Non le sto mentendo. Fuck you, prof! per aver pensato male di me.
Fuck you, prof! quale dolce suono hanno queste tre parole. Suonano molto meglio di I love you.
Fuck you, prof! me lo faccia ripetere ancora una volta, visto che mi è consentito e ora dai, basta, facciamo i seri e parliamo di questo film molto serio.

Fuck You Prof!
(Germania 2013)
Titolo originale: Fack ju Göhte
Regia: Bora Dagtekin
Sceneggiatura: Bora Dagtekin
Cast: Elyas M'Barek, Karoline Herfurth, Katja Riemann, Alwara Höfels, Jana Pallaske, Jella Haase, Max von der Groeben
Genere: cruccata pazzesca
Se ti piace guarda anche: Bad Teacher - Una cattiva maestra, Classe di ferro, Class Enemy

Non ci sono più i crucchi di una volta. Una volta erano quelli tutti precisini e perfettini. Adesso si mettono a truccare le auto peggio che i nostri concessionari di (s)fiducia.

sabato 22 novembre 2014

WORDS AND PICTURES, SONO PIÙ POTENTI LE PAROLE O LE IMMAGINI?





Words and Pictures
(USA 2013)
Regia: Fred Schepisi
Sceneggiatura: Gerald Di Pego
Cast: Clive Owen, Juliette Binoche, Valerie Tian, Adam DiMarco, Josh Ssettuba, Navid Negahban, Bruce Davison, Amy Brenneman, Keegan Connor Tracy, Tanaya Beatty
Genere: scolastico
Se ti piace guarda anche: The English Teacher, L'attimo fuggente, La classe, Detachment - Il distacco, L'onda, Il papà migliore del mondo, I liceali

Words and Pictures è un film che parla del confronto/scontro tra parole e immagini.
Sono più efficaci le prime o più potenti le seconde?
La risposta varia a seconda delle occasioni.

Per raccontarvi la trama della pellicola, ad esempio, è meglio usare le parole.
Clive Owen è un talento letterario non del tutto espresso che fa il frustrato professore di lettere in un liceo di una cittadina di provincia. Secondo qualcuno ha un problema con l'alcol, secondo lui invece non è un problema, “è un hobby”. La sua vita senza troppi stimoli subisce una scossa con l'arrivo come insegnante di arte di Juliette Binoche, pittrice di fama mondiale che se la tira poco. Anche lei ha qualche problemino, non con l'alcol, ma fisico. Tra i due nasce un rapporto conflittuale. Intendo letteralmente conflittuale. I due cinici prof usano i propri allievi per una battaglia personale a sostegno delle loro opposte tesi: secondo Juliette Binoche le immagini hanno un valore maggiore rispetto alle parole, mentre Clive Owen sostiene il contrario. I due si sfidano così a colpi di compiti e iniziative che stimoleranno gli studenti della scuola, oltre che loro stessi, come non accadeva da molto tempo. Cosa succederà poi tra i due scontrosi insegnanti? Il loro rapporto di odio si trasformerà in amore?

Per presentarvi meglio i due protagonisti, a questo punto le immagini sono più efficaci.
Ecco Clive Owen alle prese con il suo hobby preferito.

Ed ecco Juliette Binoche in tutto il suo radicalchicchismo artistico.

Per un giudizio sul film, è più semplice tornare alle parole.
Words and Pictures è una pellicola che si va a infilare alla perfezione nel filone dei film sulla scuola, di cui L'attimo fuggente rappresenta il modello irraggiungibile, e di cui più di recente si sono visti altri validi rappresentanti, come Il papà migliore del mondo sempre con Robin Williams, oppure The English Teacher con Julianne Moore e Detachment - Il distacco con Adrien Brody. Pellicole che, più che sugli studenti, si concentrano sui professori. Qui sta il pregio, così come il limite principale di questo Words and Pictures. Punta tutto sui due insegnanti protagonisti e loro non deludono. Clive Owen dopo la strepitosa interpretazione in Closer  di Mike Nichols è sempre rimasto una promessa del cinema non del tutto mantenuta ma qui, riprendendo un po' quel memorabile ruolo da stronzone sbruffone, convince parecchio. Così come Juliette Binoche, che non ho mai sopportato molto, è azzeccata nella parte della prof di arte stronza, sarà un caso? E sarà un caso che le prof di arte in genere sono tutte stronze?
In questo One Man & One Woman Show non vi è però spazio per nessun altro, con tutti i personaggi comprimari che rimangono sullo sfondo, in particolare i poveri studenti che non riescono a emergere al confronto delle due ingombranti figure dei professori. Sembra una rappresentazione perfetta del mondo di oggi: i vecchi non ne vogliono proprio sapere di farsi da parte per lasciare spazio ai giovani. Al di là di questo, il film offre anche e soprattutto vari spunti per ragionare sul confronto tra letteratura e arti visive.
Words and Pictures è un film che stimola a livello intellettuale e in più è una commedia che si lascia guardare con grande piacere. Tutto bene, quindi?
Per due terzi sì. Peccato che poi nella parte finale la pellicola svacchi del tutto.

ATTENZIONE SPOILER
Innanzitutto, il rapporto tra Clive Owen e Juliette Binoche prende una piega sentimentale. Svolta del tutto prevedibile e scontata che invece veniva ad esempio evitata con grande intelligenza nella migliore non-commedia romantica dell'anno, Tutto può cambiare con Mark Ruffalo e Keira Knightley.
Se questa scelta di sceneggiatura è d'altra parte inevitabile nel 90% dei film di questo tipo e quindi si può ancora perdonare, ciò che fa davvero girare le scatole è il moralismo e il buonismo in cui scade tutta la parte conclusiva. Il film se la prende facilmente con l'alcol, visto come unica causa dei problemi di Clive Owen e non come il sintomo di qualcosa di più profondo, e in più la sfida Parole VS. Immagini si risolve in un fabiofaziesco pareggio e in un fastidioso volemose bene finale.
FINE SPOILER

Words and Pictures è allora un film assolutamente guardabile, da consigliare soprattutto agli appassionati di pellicole a tema scolastica, però è anche un'occasione mancata per realizzare una riflessione davvero efficace sull'insegnamento e sull'arte, anziché la solita scontata romcom. Tutta colpa della mezz'ora conclusiva. Come rendere meglio l'idea?
Per descrivervi la parte finale della pellicola, credo che un'immagine valga, come si suol dire, più di mille parole.

(voto 6-/10)

domenica 18 maggio 2014

DE INGLISH TICCER - DE REVIÙ




"Oh mai gad! I dont anderstend a uord!
The English Teacher
(IUESSEI 2013)
Dairector: Craig Zisk
Vraiters: Dan Chariton, Stacy Chariton
Casst: Julianne Moore, Michael Angarano, Lily Collins, Greg Kinnear, Charlie Saxton, Nathan Lane, Fiona Shaw, Norbert Leo Butz, Jessica Hecht, Nikki Blonsky, Sophie Curtis
Genre: aigh-skull
If you laik it, you ken uoch olso: Bad Teacher, Il papà migliore del mondo, School of Rock

I nid a inglish ticcer, becous my inglish is not veri gud. I min, der is pipol that spik a inglish worst den main, laik Aldo Biscardi & Giorgio Napolitano & Paolo Sorrentino, bat I fink I have a lot of margins of migliorament. So, I nid some1 laik Julianne Moore.
I uont a ticcer laik Julianne Moore for meni meni risons. De first 1 is that she is a MILF. I min, in de real laif she is de mader of two childrens, but in de muvi De inglish ticcer she is not a MILF. She does not have childrens. She is a… Au do you say “zitella” in inglish? Zaitell? Is it correct?
Enyways, she is a zaitell, but she is abbastanz fuckable, tu.
De second rison becous I uont er is that she is a gud ticcer. She loves her uork and she loves buks, tu. Yeah, she is a nerd.
De terz rison is that she has red eir. I laik uimen wif red eir.
De quart reason is that she is a MILF. Have I ollredi dett that?

"Uot de fak?"
So, I don’t now if you have anderstud, but I rilli laik de part of Julianne Moore and I fink she is de mein point of forz of de muvi. And den der is also Michael Angarano. I laik him, tu. I min, I do not laik him in a sexual huey. I laik him becous he has a nais feis. He luks laik a simpa boy. If I still go to skull, I wuld laik to go to skull wif him because I fink it wuld B fanni (have you sin de correct use of de conditional verbs?).
Apart de veri gud 2 protagonists, 4 de rest not evrifing in dis muvi is greit. De comedy part of dis film is not veri strong. I have not laf a lot uoccing it. Enyweys, de story is interestanting. It spiks abaut a inglish ticcer, of cors, Julianne Moore, of cors agayn, that… anzi no, ho sbagliato, sorri… a inglish ticcer who mits a old stiudent, Michael Angarano. I min, he is not veri old. He is 25 or samfing and he wrot a tiater play, a opera that nobady ghivs a schit abaut. Nobady until de inglish ticcer Julianne Moore, who uonts to rappresent it in her aigh-skull. So, de 2 uork tugheder on it and dey uork olso wif Lily Collins, who is a yang stiudent and who is de meyn actress in dis tiater play. She is veri fackabol tu, even if she has veri big, bat veri veri veri big eyebrows (I have serchd dis uord on uordreferens.com becous I did not now B4). End so der is a love triangol, laik in olmost all de films and telefilms I iusually uocc.
End den, in de end uot eppens?
I do not tell you. No spoiler. I uont you to uocc dis muvi, tu. Uai? Becous de inglish ticcer is a veri nais film. It is not a piece of master, but I fink it is abbastanz cul.
Denk you 4 de attenscion.
(grade C+)

"GRRR! I fink dis reviù is not veri veri correct."

venerdì 26 aprile 2013

OGGI TEMA SUL FILM NELLA CASA


Tema
Parla dell’ultimo film che hai visto


Svolgimento di Jessika
Cioè Prof, ieri sera dovevo andare a ballare con la Kikka al Fangtasia ma poi quella stordita m’ha tirato un pakko ke più pakko non si può perkè i genitori nn l’han più fatta uscire e le han gridato qualkosa tipo: “Se stasera esci, al koncerto dei 1Direction non t facciamo + andare, sgualdrinella!” e allora m’è tokkato far skattare il piano B: kiamare il Gianlu, ke è troppo il mio migliore amico e lui x per me c’è sempre e lo so ke sono una stronza xkè lo kiamo solo quando non c’ho un kazzo di meglio da fare e… oops, sorry Prof, m’è skappata 1 parolaccia e cmq lui m’ha detto: “Andiamo al cinema?” e io: “Sì, ma cioè non farti strane idee cioè nn siamo una koppia, te kapì?” e lui “Sì, sì, certo,” e m’ha portata a vedere un film francese ke parla di questo ragazzo karino che io cioè gliela darei anche se mi korteggiasse con solo tipo 2 o 3 SMS e ‘sto tipo va a kasa di un altro tipo ke invece è più cesso e a lui non gliela darei manko dopo 2 o 3 mila SMS ma forse per 2 o 3 mila euri sì e questi 2 fanno i kompiti assieme e quello + karino aiuta quello + stupido a prendere dei bei voti a scuola e magari avessi anch’io un amiko fiko kosì ke mi aiuta invece di quello stordito del Giukas che viene a farmi ripetizioni e al massimo mi fa prendere 5-- e poi tutto quello che succede nella kasa dell’amiko il ragazzo + karino lo rakkonta al suo prof d’italiano attraverso dei temi e insomma è un po’ quello ke sto facendo io adesso con lei Prof, ma non si faccia strane idee Prof, che io non le racconto tutto quello ke mi kapita Prof e le parlo solo del film Prof e a un certo punto i 2 si baciano, intendo i 2 del film Prof mika io e il Gianlu ma ke Prof è scemo? e forse il bacio non c’è stato x davvero e forse era solo una kosa immaginaria e a dirla tutta non c’ho kapito bene molto anke xké la Kikka kontinuava a mandarmi un mex dietro l’altro e diceva ke Selena Gomez era tornata con Justin Bieber e io le ho risposto ke secondo me era tutta una bufala e kosì mi sono persa nella trama e nn è nemmeno tutta colpa mia e della Kikka è anke xkè è troppo strano kome film e dovevo immaginamelo visto ke il Gianlu pure lui è strano forte ed è fissato con tutti ‘sti film d’autore e tutte ‘ste kazzate che io non kapisco e… sorry Prof, m’è scappata di nuovo 1 parolaccia e adesso mi skappa la kakka e quindi konsegno ke devo andare in bagno e questa volta non faccia lo stronzo e mi dia almeno un 6, ke c’ho preso pure il congiuntivo, bang!

XOXO
Jessika 


Svolgimento di Kikka detta Kikka
L’ultimo film che ho visto non è che l’ho proprio visto. Me l’ha raccontato la Jessika. Parla di un ragazzo che racconta il rapporto di amicizia con un suo compagno di classe attraverso una serie di temi scolastici che consegna al suo prof di italiano e se devo essere proprio sincera non mi ha fatto venire una gran voglia di vederlo. Però sa che c’è, Prof? Glielo consiglio. A lei, sì, a lei. Perché parla di un prof di italiano come lei e quindi lei si divertirà un mondo. Ma quanto sono brava? Do’ pure i consigli ai prof e i miei genitori m’hanno messa lo stesso in punizione e spero che per il concerto dei One Direction di maggio gli sia passata altrimenti la mia vita è troppo finita.


Svolgimento di Giucas
Film?
Io l’unico sport che seguo è il calcio, mica ‘ste robe da effeminati come il Gianlu.
Forza Juve! Campioni d’Italia!


Svolgimento di Gianluca detto Gianlu
L’altra sera me ne stavo a casa tranquillo a vedermi un episodio di Game of Thrones. Questa terza stagione non è che mi stia convincendo del tutto, però lo guardo comunque in religioso silenzio e quando m’è arrivato un messaggio sul cellulare ero già pronto a spegnerlo o peggio a scaraventarlo contro il muro, quand’ecco che ho letto il nome sul display: Jessika. La mia Jessika. Beh, mia non proprio. Work in progress. Sto lavorando per voi. Mi chiede di andare fuori con lei e io penso che questa sera devo fare la grande mossa. Devo uscire dalla friend zone e farle capire ciò che provo veramente.
Amore?
Ma và, prof, ma in che epoca vive, porca zoccola?
Ho solo voglia di scoparla, questo è ciò che provo veramente per lei. Le propongo allora un cinema, così avremo la possibilità di stare vicini al buio. Cosa andare a vedere, però?
Iron Man 3? No, ci sarà la sala piena di gente. Troppo poco intimo.
Decido allora di andare a consultare il blog Pensieri Cannibali. L’ultimo film di cui si parla si chiama Nella casa e viene osannato come “Una nuova perla di cinema francese da non perdere” e come “Una visione sorprendente, intrigante, stimolante per gli occhi e per il cervello” e a cui viene assegnato il voto di 17/20. Di solito i voti sono in decimi, ma dev’essere una citazione del film o che so io. Se Pensieri Cannibali ne parla così bene, significa che è uno di quei film che NESSUNO andrà a vedere, cosa che significa anche: sala vuota tutta per me e per la Jessika.

La passo a prendere in scooter e ce ne andiamo fino al multisala Michelangelo Antonioni in cui nella saletta più minuscola che Jessika ha definito “sala house” proiettano questo benedetto Nella casa. Siamo quasi soli, c’è solo una coppietta di vecchietti, avranno almeno 35 anni, ma per il resto non c’è nessun altro. Come immaginavo. Pensieri Cannibali è sempre affidabile, per le pellicole che non si fila nessuno.
Inizia il film ed è più interessante di quanto immaginassi. È una riflessione profonda sul rapporto tra professore e studente, sull’insegnamento, che si domanda: “Chi insegna a chi? Chi è il vero insegnante? Il prof o l’alunno?”.
Non solo, parla anche dell’importanza del narrare, dell’importanza delle storie nella nostra vita. Allo stesso tempo ha una componente thriller, una tensione costante che accompagna dall’inizio alla fine della visione, al punto che mi sono perso talmente nel film da dimenticarmi la vera missione per cui ero lì al cinema con Jessika. Quella lì intanto invece di stare a guardare questa magnifica pellicola che sembra un Woody Allen più inquieto e francese era lì che messaggiava con quella scema della sua amica.
Questo mentre sullo schermo si susseguiva una visione che come diceva Pensieri Cannibali è “Sorprendente, intrigante, stimolante” e per una volta c’aveva preso in pieno. E oltre a tutto quello che ho già detto è anche un film sulla famiglia, sulla borghesia francese, sull’iniziazione sessuale, sulla voglia di evadere dalla proprie vite e andare a ficcanasare dentro le case degli altri, come faceva James Stewart ne La finestra sul cortile di Alfred Hitchcock, vecchio film recentemente scoperto sempre grazie a Pensieri Cannibali. Solo che qui il protagonista partecipa in maniera più attiva.
Il ragazzino protagonista, il giovane quasi esordiente Ernst Umhauer, che Pensieri Cannibali consiglia “vivamente di tenere d’occhio”, si va a infiltrare nella casa di un suo compagno di classe. Prima gli dà lezioni di matematica e poi diventa il suo migliore amico e quindi diventa quasi un secondo figlio per i suoi genitori, interpretati da Denis Ménochet, che avevo già visto nella scena d’apertura di Bastardi senza gloria, e da una Emmanuelle Seigner splendida desperate houseMILF. Tutto quello che succede nella casa del suo nuovo amichetto lo racconta al suo professore d’italiano. Prima in un tema, quindi attraverso una serie di testi che scrive apposta per lui e poi…
E poi succedono altre cose che mi hanno fatto del tutto dimenticare di Jessika. Fino ai titoli di coda, in cui ha soprannominato il regista "Buco nell'Ozon". Mentre la riaccompagnavo a casa le ho chiesto se il film le era piaciuto e lei, dopo una pausa un po’ troppo lunga, mi ha risposto con un: “Sì” non troppo convinto e quando si è tolta il casco mi ha subito salutato e se n’è andata in fretta prima che potessi provare a baciarla e chissà, forse lei avrebbe voluto che ci provassi al cinema ma è tutta colpa di questo maledetto film, davvero troppo “Sorprendente, intrigante, stimolante”, dannato Pensieri Cannibali che c’aveva ragione e la prossima volta la Jessika la porta a vedere un film con Enrico Brignano o Alessandro Siani che così sono sicuro di non distrarmi nella visione. Però forse è meglio di no, in quel caso a quella stordita potrebbero piacere e quindi mi tocca continuare a tenere d’occhio Pensieri Cannibali che tanto di solito non ci prende con i consigli e questo Nella casa è stata la classica eccezione che conferma la regola.


Nella casa
(Francia 2012)
Titolo originale: Dans la maison
Regia: François Ozon
Sceneggiatura: François Ozon
Tratto dall’opera teatrale: El chico de la última fila di Juan Mayorga
Cast: Ernst Umhauer, Fabrice Luchini, Kristin Scott Thomas, Denis Ménochet, Emmanuelle Seigner, Bastien Ughetto
Se ti piace guarda anche: La finestra sul cortile, La classe, Afterschool
(voto 17/20)


mercoledì 28 novembre 2012

Cameron Diaz, non pulire questo sangue

"Ammazza quanto mena, quella Cameron Diaz!"
Diaz - Non pulire questo sangue
(Italia 2012)
Regia: Daniele Vicari
Cast: Jennifer Ulrich, Elio Germano, Claudio Santamaria, Davide Iacopini, Renato Scarpa, Ralph Amoussou, Fabrizio Rongione, Antonio Gerardi, Paolo Calabresi, Ignazio Oliva, Rolando Ravello
Genere: crudo
Se ti piace guarda anche: A.C.A.B. - All Cops Are Bastards, Elephant, Polytechnique

Impossibile dire “Mi è piaciuto, non mi è piaciuto” per un film come questo. Non è una visione piacevole, non ci sono dubbi. Le sensazioni che si provano sono più vicine a quelle di una pellicola horror. Come The Human Centipede, solo che è tutto vero. È successo tutto e qui, in Italia. Non in qualche regime del passato o in qualche luogo distante.

"Va bene, Cameron Diaz è una bella donna.
Però ti sembra il caso di intitolarle addirittura una scuola?"
Si fa fatica a crederlo, eppure ripensando a quei giorni, a quella confusa fine di luglio 2001, torna alla mente un periodo di enormi tensioni, che oggi stanno ritornando prepotentemente, in Italia quanto in altri paesi. Sta tornando l’odio, le tensioni sociali, le guerre dei poveri, tra chi cerca di far valere i propri diritti e i poliziotti. E i politici? Loro no, non sono in mezzo al campo di battaglia. Loro assistono (forse pure divertiti) agli scontri da lontano. Tranquilli e beati.

L’attacco, perché di questo si è trattato, dei poliziotti alla scuola Diaz è qui presentato con una ferocia che fa tornare alla mente altre visioni scolastiche. I telefilm americani ambientati nelle high school come Beverly Hills o Dawson’s Creek?
Non esattamente. Mi riferivo più a cose come Elephant o Polytechnique, film su stragi compiute da pazzi. La differenza è che qui sono compiute dalla polizia, su precisi ordini dall’alto. Qui si tratta di una lucida follia di massa. L’irruzione alla Diaz presentata in maniera nuda e cruda da Daniele Vicari è sicuramente tra le scene horror dell’anno e anche in alcuni altri momenti il regista italiano ci regala attimi di grande cinema. Non solo di cinema verità o di cinema di denuncia.

"Non so se si merita il nome di una scuola, ma io a quella Cameron Diaz
due colpi di manganello glieli darei, se sai cosa intendo..."
Purtroppo, a livello cinematografico non tutto funziona così bene. Il livello di recitazione ad esempio è decisamente bassino. Bravi Claudio Santamaria e la martoriata Jennifer Ulrich (vista anche nel notevole L’onda), mentre diversi altri attori e comparse appaiono parecchio impostati, poco naturali, come se recitassero in una fiction di bassa lega. Ed è un peccato, perché Vicari invece dirige con piglio deciso.
A far nascere qualche dubbio è poi la scelta di raccontare la storia in maniera eccessivamente corale. Una scelta che ci permette una pluralità di punti di vista, ma che risulta persino troppo frammentaria. Per quanto avrebbe potuto inficiare sull’effetto realistico del tutto, non sarebbe stato male approfondire maggiormente alcuni personaggi. Nella prima poco convincente mezz’ora, in particolare, si ha un quadro troppo generale e si fa fatica ad avvicinarsi ai personaggi.
Il bello del film, o meglio il brutto, arriva con l’irruzione della polizia alla Diaz. Porco Diaz, che scena! È qui che la pellicola si trasforma da semplice e diligente ricostruzione di un momento nerissimo della storia italiana recente, da cronaca di una pagina vergognosa, a qualcosa di più. Diventa un horror vero e proprio. Sembra di essere in un episodio di The Walking Dead, solo che al posto degli umani ci sono i poliziotti, e al posto degli zombie ci sono le persone che se ne stavano tranquille e pacifiche alla Diaz.

"Vogliamo anche una scuola intitolata a Natalie Portman, brutti bastardi!"
Diaz - Non pulire questo sangue può anche essere visto come un j’accuse contro la polizia italiana e in fin dei conti lo è. Anche perché è tutto successo, tutto documentato e tutto prontamente infangato, con una giustizia, molto parziale, che è arrivata a punire (una parte de)i colpevoli solo di recente, con anni di ritardo. Da un punto di vista cinematografico, Diaz convince a tratti, mentre lascia perplessi in alcune parti. Il finale, ad esempio: chiudere sul primo piano di Jennifer Ulrich, protagonista delle scene fisicamente più pesanti, sarebbe stato perfetto; l’ultima sequenza con l’inquadratura delle colline invece, che cosa mi rappresenta?
Un altro dubbio che mi viene è: cosa può pensare di questa visione chi quell’anno di disgrazia 2001: Odissea nello strazio non l’ha vissuto in presa diretta? Io non ero fisicamente presente alla Diaz (per fortuna) e non ero a Genova, però ho seguito i fatti attraverso la visione distorta fornita dai media e ho pian piano scoperto qual era stata la tremenda realtà. Ma un 18enne, ad esempio, o comunque chi di questa vicenda non sa nulla, cosa ne può pensare dalla sola visione del film? Vicari ha realizzato una ricostruzione molto ambiziosa, ma è riuscito davvero a ricreare quel periodo, con tutte le sue contraddizioni?
Sì? No? Ni? Secondo me in parte sì, ma non al 100%. È come se mancasse qualche pezzo di questo complesso puzzle. Il punto dei vista degli sbirri, ad esempio. Vediamo il poliziotto “buono” Claudio Santamaria, mentre la follia degli altri A.C.A.B. si sarebbe potuta approfondire. Da un punto di vista politico, poi, vediamo le solite porcherie dell’organizzazione locale, ma quelli che stavano più in alto? Quelli del G8 per cui alla fine tutti questi casini sono nati? Si poteva forse osare qualcosina di più, sotto questo aspetto.
Pur con tutti i suoi difetti, Diaz resta comunque un film necessario, un pugno allo stomaco dello spettatore. E uno degli horror italiani più spaventosi dai tempi di… Dario Argento quando era in forma?
Nah, direi dai tempi di... Videocracy.
(voto 6,5/10)

Post pubblicato anche su L'orablu, in versione doppia recensione con quella di Beatrix Kiddo.


domenica 16 settembre 2012

Detention: La scuola è una galera

Detention
(USA 2011)
Regia: Joseph Kahn
Cast: Shanley Caswell, Josh Hutcherson, Parker Bagley, Spencer Locke, Dane Cook, Aaron David Johnson, Alison Woods, Julie Dolan, Percy Daggs III
Genere: tutti i generi remixati
Se ti piace guarda anche: Diario di una nerd superstar, Easy Girl, Scream, Breakfast Club, Donnie Darko, Ritorno al futuro, God Bless America

Detention è il film teen da non perdere nell’anno 2012.
Per quanto riguarda il 2013, probabilmente sarà già Storia, ma questa è un’altra storia. Le mode passano, i film, soprattutto quelli adolescenziali, passano e tutto va consumato in fretta.
Messa giù così, Detention potrebbe sembrare un film USA e getta. Forse lo è. Forse non lo è. Forse il suo bello è proprio questo. Forse questo non è il suo bello. Di certo, il film è una figata. Fa lo stesso effetto di un giro sulla montagne russe. Oppure di una mangiata epic/epocale da McDonald’s. Di quelle in cui ti prendi il menù XXL e le patatine sono fritte ma non troppo e la maionese non è andata male. Oppure di una giornata in cui decidi di non andare a scuola e fare chiodo.
Non un film indimenticabile. Non un capolavoro. Solo una visione estremamente goduriosa. Qui e ora. Fun fun fun. Se John Hughes si fosse messo a fare film oggi, probabilmente ne sarebbe uscito qualcosa di simile. Un John Hughes che oggi se ne andrebbe con gli occhiali da hipster, magari.

  
Detention è un film ultracitazionista post post-moderno che frulla al suo interno tutto, perfetto specchio di un’epoca figlia di puttana di Internet. Ci sono riferimenti a Casablanca, La mosca, Scream, Dirty Dancing, uno stile registico con riprese che a tratti richiamano Donnie Darko e una trama che tra viaggi temporali attraverso animali (un orso imbalsamato anziché un coniglione gigante) omaggia alla stra-grande il film di Richard Kelly. Segno, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che Donnie è ormai una pellicola entrata nella leggenda e nell’immaginario dei giovani filmmakers di oggi.
E poi ci sono riferimenti a Breakfast Club, naturalmente. Uno leggendo il titolo “Detention” può immaginare che tutta la pellicola sia incentrata su un gruppo di studenti in detenzione, una sorta di remake ai giorni nostri della mitica pellicola simbolo dei teen movie anni ’80 firmata dal già citato John Hughes. In realtà, la detenzione per i personaggi scatta solo nella parte finale del film, dopo quella che potrebbe essere una lunga introduzione e forse non lo è. O forse sì.
Probabilmente gli sceneggiatori, Joseph Kahn e Mark Palermo, volevano realizzare una breve intro per presentare i personaggi, ma poi sono stati risucchiati dentro un vortice creativo ricco di idee e spunti e si sono fatti prendere la mano. Probabilmente gli sceneggiatori avevano intenzione di fare un remake di Breakfast Club, da qui l’idea di intitolarlo Detention, e poi ne è uscita tutt’altra roba.

Ci sono più idee dentro questo film, Orazio, ti quante ne sogni la tua filosofia (William Shakespeare, Wikiquote).
Si comincia con lo stile di Mean Girls, con una stronzetta di periferia che ci snocciola la sua (superficialissima) filosofia esistenziale. Fino a che un pazzo criminale mascherato sbucato fuori da non si sa bene dove la fa fuori. A questo punto, il film imbocca due strade contemporaneamente: quella dell’horror teen ironico stile Scream e pure quella della critica alla società capitalista americana di oggi tipo God Bless America.
Quale delle due strade sceglie di proseguire poi?
Nessuna delle due, preferendo imboccarne altre. Tante altre, tra fantascienza, viaggi nel tempo, commedia adolescenziale e persino qualche (raro) momento riflessivo.

Protagonisti?
La giovane rivelazione Shanley Caswell, che vedo perfetta come protagonista di una qualsiasi serie tv teen del futuro a caso, e il mitico Josh Hutcherson, quello di Hunger Games, I ragazzi stanno bene e Un ponte per Terabithia, qui in veste anche di producer, segno che, per quanto giovanissimo, di soldi ne ha già messi da parte parecchi. E se li merita.

Detention ricrea alla perfezione la schizofrenia dell’epoca in cui viviamo con uno stile cinematografico talmente 2.0 da essere già 3.0. O forse 4.0. Oltre, come Scott Pilgrim vs. the World e forse pure oltre Scott Pilgrim.
Il grande pregio di Detention è anche il suo limite principale. Tante, troppe cose remixate in un’ora e mezza. Come un giro velocissimo e schizzato per la rete, andando a vedere centinaia di siti, aprendo collegamenti, chattando, guardando video, ascoltando musica.
Più un pregio o più un limite?
Personalmente, io preferisco un film con 3000 idee differenti al suo interno, per quanto non tutte originali, focalizzate e compiute, rispetto alle tante, troppe, pellicole costruite su zero idee. Se stare in Detention è una punizione, io ci rimango volentieri.
(voto 7,5/10)

P.S. Grazie a Cipolla Pensierosa per la segnalazione di questo divertentissimo film.



martedì 26 giugno 2012

Detachment - Il distacco della retina per eccesso di bellezza

"Ragazzi, oggi lezione di cinema: verrò a trovarci Cannibal Kid..."
Detachment - Il distacco
(USA 2011)
Regia: Tony Kaye
Cast: Adrien Brody, Sami Gayle, Christina Hendricks, Betty Kaye, Marcia Gay Harden, James Caan, Lucy Liu, Bryan Cranston, Blythe Danner, Tim Blake Nelson, William Petersen, Celia Au, Renée Felice Smith
Genere: educational (non Rai)
Se ti piace guarda anche: La classe, American History X, Afterschool, Elephant

Apriamo il file Tony Kaye: chi è e che fine aveva fatto?
Tony Kaye è il regista di American History X, pellicola strepitosa del 1998 che riusciva a parlare di razzismo e neo-nazismo in maniera dura, cruda, nuda, senza moralismi o buonismi assortiti e con un Edward Norton impossibile da dimenticare con quella svastica tatuata sul petto. Una delle intepretazioni più magistrali nella storia del cinema incredibilmente non premiata con l’Oscar. Quell’anno hanno preferito consegnarlo nelle mani del nostro Roberto Benigni. L’unico attore italiano uomo di sempre ad aver avuto l’Oscar di miglior protagonista (tra le nostre attrici ce l’hanno invece fatta Anna Magnani e Sophia Loren) e lo vanno a dare al pur simpatico Benigni, recitativamente nemmeno lontanamente paragonabile all’American Norton X? Robe da non credere…
File Norton messo da parte in un’altra cartella, torniamo al file Tony Kaye. Al di là dell’interpretazione enorme del suo protagonista, American History X era un film girato alla grande, in grado di coniugare un cinema indie con qualche tentazione sperimentale al racconto preciso e puntuale di una storia. E che storia.

"Chi preferisce lasciare l'aula piuttosto che sentir parlare Cannibal Kid?"
Dopo quel gran film d’esordio, Tony Kaye è sparito dai radar, almeno di quelli del “cinema che conta” (scusate se non ho trovato una definizione migliore). Nel 2004 ha girato Snowblind, nel 2007 Lobby Lobster, nel 2009 Black Water Transit. Qualcuno li ha visti? Qualcuno li ha anche solo sentiti nominare? Si tratta di pellicole indipendenti, senza nomi di richiamo nel cast e che anche a livello di festival e/o critica cinematografica sono passati piuttosto inossevati. Quasi inutile aggiungere che in Italia non sono mai nemmeno arrivati. L’ultimo anzi non è nemmeno ancora uscito ufficialmente neppure negli USA.

"Questa è la mia relazione sull'intervento di Cannibal Kid: in pratica dice
che è la più grande marea di idiozie che io abbia mai sentito..."
La curiosità era dunque altissima per vedere questo suo nuovo film che, per quanto sempre pellicola indie, ha un cast di discreto richiamo: Adrien Brody, Marcia Gay Harden, Lucy Liu, James Caan, Blythe Danner, Tim Blake Nelson, più stelle dei telefilm come Christina Hendricks, William Petersen e Bryan Cranston. Con attori di questo livello e una distribuzione che raggiunge (a sorpresa) anche l’Italia, finalmente allora abbiamo l’occasione di scoprire se questo Tony Kaye è una meteora riuscita a fare il colpaccio con l’opera d’esordio per poi perdersi clamorosamente con i film successivi, come capita a un sacco di registi. Tra i casi recenti mi vengono in mente Florian Henckel von Donnersmarck, l’innominabile tedesco passato da Le vite degli altri all’inguardabile The Tourist, o Anton Corbijn, l’olandese fiondato dal bel Control al pessimo The American.

"Preferisco battere in strada piuttosto che sentire Cannibal in aula."
"Anch'io!"
Non potendo valutare le altre 3 pellicole uscite in mega-sordina e alla luce solo di questo nuovo Detachment, personalmente mi sento di affermare che Tony Kaye possa essere inserito di diritto tra i grandi registi mondiali contemporanei. Questa pellicola è una delle opere più belle sulla e nella scuola degli ultimi anni. Rispetto all’Elephant di Gus Van Sant è meno glaciale e più umano, rispetto al francese La classe di Laurent Cantet è meno neorealistico e più movimentato e inventivo, sia da un punto di vista cinematografico che da uno fisico, visto che non è ambientato interamente dentro le mura della classe. In ogni caso entra nella meglio scuola messa in scena al cinema.
Detachment ci introduce in un liceo americano, ma non è per nulla una pellicola teen o qualcosa di vicino alle solite high-school. Se proprio dobbiamo trovare un paragone, mi ha ricordato la serie Boston Public, per la durezza della rappresentazione di una scuola con studenti definiamoli “problematici”, oppure un Friday Night Lights, ma senza il football.
Gli studenti in questa storia rimangono piuttosto sullo sfondo (salvo il caso di una studentessa), però se non altro è un caso più unico che raro in cui non vediamo la solita divisione tra sportivi e cheerleader da una parte, e nerd e loser vari dall’altra. Qui gli studenti sono tutti in qualche modo senza speranza e senza futuro. Proprio come i professori. E il film è su di loro che si concentra.

Detchment ci parla dell’insegnamento, della professione del professore, della disperazione di questi insegnanti. In particolare di uno, il protagonista interpretato da Adrien Brody. Un attore che non mi ha mai convito del tutto, fatta eccezione per The Village di M. Night Shyamalan, dove faceva lo scemo del villaggio e guarda caso quella parte gli usciva alla perfezione. Dopo una serie di filmetti più o meno sbagliati, ma più più sbagliati che meno meno sbagliati, Brody qua mi è invece piaciuto parecchio. Il suo personaggio è quello di un supplente piombato a insegnare letteratura in una classe di degenerati. In qualche modo, riuscirà a far breccia nelle loro menti poco propense all’apprendimento e lo farà come capitano mio capitano alternativo. Un po’ Brody è un modello di ispirazione per questi ragazzi, un po’ è un’anima in pena nel mezzo del cammin della sua vita, e per certi versi è ancora più in pena lui di loro. Più che una guida, è una non-guida. Più che una persona, è una non-persona. Un personaggio estremamente sfaccettato, difficile da decrifrare e il suo bello è questo.

Tra gli altri nomi del super cast si segnala soprattutto Christina Hendricks. La rossa di Mad Men dopo Drive si ritaglia un’altra particina in un filmone e si conferma una delle poche attrici “tettone” in grado di recitare davvero bene. Per me che faccio parte della generazione cresciuta a pane e Baywatch non è una cosa così scontata. Per la mia generazione, le attrici tettone sono infatti buone solo a correre al rallentatore sul bagnasciuga. Almeno fino all’arrivo della Jimi Hendricks del cinema.
Attenzione poi all’emergente Sami Gayle, interprete di una giovanissima prostituta che incrocierà il suo destino con quello di Adrien Brody, mentre la studentessa preferita del prof. è interpretata da Betty Kaye, la figlia del regista. Nonostante le accuse di nepotismo che si potrebbero avanzare, diciamo subiot che se la cava bene.

Gli altri personaggi del film sono invece più abbozzati e l’errore che è stato fatto, se possiamo parlare di errore, è quello di aver preso volti parecchio conosciuti. Uno vede ad esempio Bryan Cranston di Breaking Bad e si aspetta che compaia più di due secondi. Oppure uno vede William Petersen nella sua prima e finora credo unica apparizione da quando ha finito l’impegno decennale di CSI e si aspetta che il suo sia un personaggio fondamentale nella storia. Lo stesso per gli altri, da Lucy Liu a Marcia Gay Harden. Comprimari di lusso e poco altro, eccetto un James Caan che riesce a ritagliarsi un paio di grandi scene.
Se proprio vogliamo trovare un difetto a questo film, è quindi quello di presentare troppi personaggi dal potenziale notevole e non riuscire, anche per mantenere un minutaggio decente, a svilupparli tutti del tutto. Detachment nel suo eccesso di creatività a tratti appare persino un poco pasticciato (vedi i titoli di testa con le interviste a veri professori), eppure offre così tanti spunti che potrebbe risultatare un’ottima fonte di ispirazione per un’intera serie tv, una serie in grado di riscrivere le regole della rappresentazione liceale classica.
Non credo ciò avverrà, però il legame tra film e mondo dei telefilm, si veda anche il già citato cast, è stretto. Al di là del fatto che potrebbe essere il pilota per una serie, Detachment resta comunque un film fatto e finito, con qualche imperfezione che però riesce solo a renderlo ancora più umano, più sofferto, più intenso.

Concludo come fa Adrien Brody in veste di professore in questo film: lui non obbliga i suoi studenti a restare in classe. Chi non ha voglia di imparare, è libero di andarsene seduta stante. Lo stesso faccio io: più che consigliarvi di guardarvi assolutamente questo film non posso fare. Se invece volete lasciare l'aula e perdervi questa nuova perla di American Tony Kaye X, che a tratti sembra di vedere un film di Terrence Malick sotto MDMA, non lamentatevi poi se di fianco al vostro nome comparirà la perentoria scritta: BOCCIATO.
(voto 8,5/10)

mercoledì 23 maggio 2012

Andare a scuola fa male

Film segnalato qualche tempo fa spassionatamente (non moderatamente) da moderatamente ottimista sul suo blog Piano piano, sequenza....

Polytechnique
(Canada 2009)
Regia: Denis Villeneuve
Cast: Maxim Gaudette, Karine Vanasse, Sébastien Huberdeau, Evelyne Brochu, Johnne-Marie Tremblay
Genere: stragista
Se ti piace guarda anche: Elephant, ...e ora parliamo di Kevin, Bowling a Columbine, Romanzo di una strage, United 93, La donna che canta

Cosa muove il comportamento di un pazzo assassino?
Polytechnique si ispira alla strage compiuta nel 1989 da un tizio che non si definiva un “pazzo assassino”. Si definiva un razionale.
E allora: cosa muove il comportamento di un “razionale” del genere?
Questo massacro è avvenuta a Montreal, in Canada. Come? Nel pacifico Canada avvengono cose del genere?
Sì, nel pacifico Canada. Così come nella pacifica Norvegia c’è stata la strage dell’isola di Utoya.
Se nel caso di Columbine le cause possono essere ricercate nella cultura della violenza della società americana, qui come la mettiamo?
Eppure anche in questo caso gli atti sono rivendicati come politici e dovuti a una mentalità d’odio puro. Nel caso di Utoya (che potrebbe diventare prossimamente un film di produzione americana), Breivik è un dichiarato anti-multiculturalista, anti-marxista, anti-islamista. Nel caso di questo Polytechnique, l’autore della strage è un dichiarato anti-femminista:

Avendo sempre avuto una mentalità un po' retrograda per natura
ho sempre provato rancore verso le femministe.
Si aggrappano ai vantaggi dell'essere donna,
come i costi più bassi dell'assicurazione,
il congedo per maternità, quello parentale,
ed allo stesso tempo rivendicano per loro quelli degli uomini.
The Killer, Polytechnique


Il regista Denis Villeneuve, futuro autore del bellissimo La donna che canta, nonostante il cognome non ama correre. Ci accompagna per i corridoi del politecnico di Montreal in maniera lenta e discreta, come chi sente il bisogno di mostrarci una cosa importante. Qualcosa che non ci piacerà, che ci farà stare male, che picchierà forte come un pugno allo stomaco dato da un tizio grosso stile Khal Drogo di Game of Thrones. Eppure sente il bisogno di farlo, perché è una storia che dobbiamo conoscere, dobbiamo vedere con i nostri occhi.
Polytechnique non è una visione leggera. Fin dall’inizio ci proietta dentro un incubo reale. Un vero horror che fa il paio con Elephant di Gus Van Sant, inevitabile pietra di paragone. Ma Polytechnique, oltre alla scelta del bianco e nero che rende il tutto ancora più freddo e raggelante, offre anche spunti di riflessione diversi, su tutte un maschilismo imperante difficile da estirpare anche nelle società che si dichiarano più evolute, come il colloquio iniziale della protagonista femminile ben evidenzia. E nei difficili panni di questa protagonista, suo malgrado, della triste storia raccontata dal film troviamo l’ottima Karine Vanasse. Segnatevi il suo nome. Questa stagione è stata a bordo del cast della gradevole serie 60s style Pan Am. La serie non è stata confermata, ma di lei invece credo sentiremo parlare ancora a lungo.


Non so nemmeno io se consigliarvi un film del genere o meno, soprattutto in un momento come questo dove notizie e ricorrenze certo non felici si rincorrono tra giornali e telegiornali. Polytechnique è girato ottimamente, offre parecchi spunti di riflessione e lascia il segno. Però fa male. Ti fa rimanere in stato di allerta tutto il tempo. L’attesa è qualcosa di snervante. Noi spettatori sappiamo che qualcosa di terribile sta per succedere. Loro, quelle ragazze, invece non sapevano nulla. Per loro era soltanto un’altra normale giornata di scuola.
(voto 7,5/10)


sabato 12 maggio 2012

La classe non è Perrier




Nuovo appuntamento con L'ora cult, che vi ricordo potete anche leggere in anteprima sul blog L'ora blu, e questa settimana è all'insegna del miglior cinema francese. Non quello de Gli infedeli, per intenderci...

"Questa la so io, la so io: il miglior blog del mondo è... Pensieri Cannibali!"
"Uff, troppo facile. La sapevo pure io."
La classe
(Francia 2008)
Titolo originale: Entre les murs
Regia: Laurent Cantet 
Cast: François Bégaudeau, Nassim Amrabt, Laura Baquela, Cherif Bounaïdja Rachedi, Juliette Demaille, Dalla Doucouré, Louise Grinberg
Genere: scolastico
Se ti piace guarda anche: Polisse, 17 ragazze, Fish Tank

“Ti ricordi che meraviglia, la festa delle medie?”
Certo, Elio. Però questa è un’altra storia. Un’altra epoca. Un’altra nazione. La scuola media presentata ne La classe è tutto un altro mondo. Rispetto ai tempi di “Tapparella” e pure rispetto al cinema italiano.
Una full immersion totale entre les murs, tra le mura di una classe di terza media, un quasi documentario che segue tutto ciò che avviene al suo interno. Detto così non sembra il massimo della vita e dell’interesse e invece il film ha un ritmo indiavolato.
Senza l’ausilio di musiche, senza effetti cinematografici elaborati, le macchine da presa si limitano a seguire da vicino, da vicinissimo, gli studenti e il professore di lettere perno del racconto. Il protagonista è uno straordinario François Bégaudeau, pure autore del romanzo semi-autobiografico da cui la pellicola è stata tratta. Un vero insegnante nei panni di un insegnante. Beh, insomma. Non dev’essere stato molto difficile per lui entrare nella parte. Un po’ come Eminem a fare il rapper in 8 Mile. E vabbé, sono bravi tutti a recitare così, facendo se stessi. Togliamo il mestiere agli attori veri: la Manuelona Arcuri, per esempio, che ci ha abituati a indossare vesti per lei totalmente inedite come quelle della carabiniera. Lei sì che ha sempre offerto grandi prove di versatilità…
No, eh?
La smetto di dire stronzate?
La smetto.
Mi siedo nel banco in fondo e la pianto di disturbare la lezione. Scusi, prof.

"Che c'è? Non è questa la divisa classica da Carabiniera?

A colpire in una pellicola dall’impronta così fortemente documentaristica è la cura nei dialoghi, un confronto incessante, tamburellante, senza soste tra il prof. e i ragazzini della classe, un branco di giovani (non) attori. Botta e risposta di un adulto che parla loro come a degli adulti, evitando sia di trattarli come bambini, che di fare il ggiovane a tutti i costi. Una serie di dialoghi non stop che ci raccontano della vita nella Francia di oggi, o meglio di ieri visto che il film è del 2008 e ci sono vari riferimenti calcistici al periodo post-Mondiali 2006 (“Odio Materazzi”, dice un ragazzino illuminato).

"Ragazzi, non guardate solo le tette dell'Arcuri che diventate ciechi.
Leggetevi anche il post e fatevi una cul-tura."
Proseguendo nella tematica calcistica, possiamo dire che la scuola media è forse il “campo da gioco” più duro per un professore. Non si trova a dover avere a che fare con dei bambini, come alle elementari, né con degli adolescenti veri e propri, come alle superiori. Si trova nella difficilissima terra di mezza dell’era tween, quel periodo in cui ti trattano tutti come se fossi ancora un bambinetto, mentre tu ti senti ormai un teenager, o quasi.
Il regista Laurent Cantet sceglie di mostrarci questa età evitando, proprio come l’autore/attore François Bégaudeau, di fare il Moccia della situazione. Ci scaraventa nella vita di una classe di terza media ma non ci ammorba con un pruriginoso interesse sulle storielle sentimentali e sugli amori 14, preferendo documentare uno spaccato realistico della società multietnica attuale. Lo fa usando dei ragazzini in età harrypotteriana, ma alla fine riesce a fotografare la società tutta. Tutta francese e parigina, certo, però anche le classi italiane di oggi non sono poi così distanti.
Oddio, forse le classi di Rosello, il paesino in Abruzzo che ha (e)letto Moccia come sindaco (ma peeerché?), sono davvero distanti.

"Ahah, le didascalie del Cannibàl mi fanno scassare!"
Dentro La classe ci sono i conflitti razziali e culturali, più che quelli generazionali. C’è un cinema realista, ma che tuttavia non abbandona mai un tocco artistico, uno sguardo cinematografico sempre ben presente. Ci sono dialoghi che passano con disinvoltura dalla leggerezza alla profondità, dalla battuta ironica al risvolto drammatico. C’è la vita e c’è il cinema, degno di una Palma d’Oro, un cinema che negli anni successivi condurrà ad altre opere dal french touch simile, come Polisse e 17 ragazze (che vedrà come protagonista la qui esordiente Louise Grinberg).
In Italia, ben che vada, tra gli esempi di fiction “scolastica” migliore mi vengono in mente I liceali. Serie che guardi e pensi anche: “Carina”. Però, dopo aver visto il film di Cantet, ti rendi conto che i francesi hanno davvero tutta un’altra classe.
(voto 8/10)

ù

lunedì 12 settembre 2011

Pu**ana pu**ana, pu**ana sta maestra

E così oggi milioni di studenti ritornano nelle buie e tristi aule scolastiche per iniziare un nuovo entusiasmante anno all’insegna dello studio. Sì, come no.
Visto che ricordo (in fondo non è passato poi così tanto tempo) quanto tragico fosse il rientro a scuola, dopo un’estate passata a cazzeggiare, eviterò gli sfottò e le matricole di turno e anzi, dedico una rece a tutti quelli che oggi si siederanno tra i banchi.
Sfigati.

Bad Teacher: una cattiva maestra
(USA 2011)
Regia: Jake Kasdan
Cast: Cameron Diaz, Lucy Punch, Justin Timberlake, Jason Segel, Phyllis Smith, John Michael Higgins, Matthew J. Evans, Kathryn Newton, Kaitlyn Dever
Genere: commedia demenziale
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Sarà anche una banalità dirlo, ma è più difficile far ridere che commuovere. Realizzare una commedia davvero valida al giorno d’oggi sembra infatti diventata un’impresa mica da… ridere, ehm appunto.
Le commedie americane le fanno con lo stampino e se una volta un personaggio politically scorrect e qualche situazione più o meno volgare potevano essere di un’ilarità pazzesca, ormai sono la norma, quindi bisogna sbattersi un po’ di più, cari sceneggiatori.
Andiamo, avete per caso visto una commedia americana recente senza qualcuno strafumato?
Se non te l’aspetti è Comix. Il problema della nouvelle vague della comedy a stelle e strisce è invece proprio quello che tutto è così ampiamente prevedibile e già visto che non è comix.
No sorpresa, no risate, no party. Te capì?


Bad Teacher prosegue senza infamia e senza lode la tendenza, presentandoci come protagonista una scatenata e cattivissima Cameron Diaz in versione prof. di una scuola media con zero passione per l’insegnamento, infatti anziché svolgere la sua professione in maniera tradizionale, preferisce mostrare in classe dei film di ambiente scolastico (perfino Scream!), ché poi secondo me sono molto più educativi i film dei professori, perché “i professori sono quasi tutti fuori dal tempo.”
Dante Alighieri? No, Morgan periodo Bluvertigo.
L’unico motivo per cui Cameron Diaz fa questo lavoro quindi sono i soldi e per passare il tempo in attesa che trovi qualche uomo facoltoso da spennare. Sto parlando del suo personaggio nel film, non della vera Cameron Diaz, nel caso aveste dubbi. Proprio così, è una gold digger, una cacciatrice di dote, e proprio quando sta per sposarsi e il suo sogno sta per diventare realtà, sul più bello il suo promesso sposo capisce tutto e la lascia. E così a lei tocca tornare a scuola. Di nuovo. Back to school, again.
Al proposito, ascoltiamoci un fighissimo contributo musicale firmato Deftones. Perché? Perché il blog è mio, qui comando io, porcodiquellozio! Anzi, porco Diaz!


Il regista di Bad Teacher è Jake Kasdan, già dietro la macchina da presa per i presto dimenticabili Orange County (non la serie tv) e Walk Hard - La storia di Dewey Cox, nonché figlio culattone raccomandato di Lawrence Kasdan, il regista de Il grande freddo, che ci ricorda come il sistema di raccomandazioni valga anche per l’America e non solo per l’Italia.
Se la sceneggiatura è più prevedibile del risultato di una partita tra Barcellona e Napoli (e forse tra Barcellona e Milan, ma per quello staremo a vedere…) e la regia non lascia certo il segno, le note positive arrivano allora dal cast.
Cameron Diaz si trova alle prese con un personaggio che vorrebbe essere una versione più perfida della terribile ed esilarante Sue Sylvester di Glee e lo interpreta tutto sommato in maniera azzeccata, ricordandoci per di più di essere ancora in gran forma fisica con una scenona di sexy lavaggio d’auto del tutto gratuita quanto ben accetta.
Nota curiosa: dopo The Green Hornet, anche qui viene usata “Gangsta’s Paradise” di Coolio. Che Cameron Diaz abbia inserito tra le clausole del suo contratto l’obbligo di suonarla in colonna sonora, altrimenti lei non partecipa? Bizzarrie da star!

Ma il meglio arriva dal contorno, tanto che io avrei regalato maggior spazio ai comprimari rispetto alla bad (ma poi alla fine nemmeno così bad) teacher: Justin Timberlake continua a convincere in tutto quello che fa, sia come cantante, ballerino, playboy, attore drammatico (vedi The Social Network) o, in questo caso, attore brillante. Se il suo personaggio è quello di un insegnante che pur di essere amico di tutti è privo di una sua personalità, la performance di Timberlake sprigiona invece personalità da tutti i pori e ci regala pure una ottima interpretazione musicale (volontariamente) stonata. O quasi stonata, è pur sempre Justin Timberlake. E, ritirando in ballo Glee, se Cameron è un po’ una Sue Sylvester meno incarognita, Justin sembra invece una parodia (volontaria o meno?) del precisino prof. Schuester.
Ma er mejo der mejo de tutti in assoluto è Lucy Punch, già una delle poche ragioni di esistere dell’Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni di Woody Allen, e qui davvero esilarante con la sua faccia “strana” nella parte dell’insegnante perfettina che prova a mettere i bastoni tra le ruote della bad Cameron. Poi c’è anche un ordinario Jason Segel dalla sitcom How I met your mother, nei panni del prof. di ginnastica, e una serie di ragazzini i cui personaggi sono però un po’ troppo abbozzati e lasciati al loro giovane destino.

Un film guardabile? Assolutamente sì. Ben recitato? Questo è il suo miglior pregio. Fa ridere? Ogni tanto, però il più delle volte si percepisce una sensazione di fatica, di sforzo eccessivo nel voler provocare la risata a tutti i costi. E questa è una cosa che nelle commedie riuscite non accade, perché lì la risata viene spontanea e naturale.
Bad Movie? Nah.
Good Movie? Nemmeno.
Io gli affibio al massimo l’etichetta di Decent Movie e può ringraziare il cielo che non posso rimandarlo a settembre, perché siamo già a settembre.
E quindi tornateve a scuola...
sfigati.
(voto 6-/10)

Solita nota a dir poco scettica sulla scelta del titolo italiano: visto che di tenere solo Bad Teacher proprio non se ne parlava, si pensava a un Bad Teacher: una prof da sballo, che non sarebbe stato malaccio ed era in linea con la pellicola. Invece no, alla fine si è scelto il letterale quanto insipido Bad Teacher: una cattiva maestra…

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