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sabato 3 febbraio 2024

How to Have Sex: un film che ti insegna come fare sesso (attenzione: il titolo potrebbe essere clickbait)





How to Have Sex

E così siete finiti su questo sito, dentro questo post, sperando che vi insegni come fare sesso.

martedì 29 aprile 2014

NYMPHOMANIAC – VULVUME 2, SE NON VIENI FRUSTATO GODI SOLO A METÀ




Nymphomaniac – Volume 2
(Danimarca, Belgio, Francia, Germania, UK, 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. II
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Jamie Bell, Christian Slater, Willem Dafoe, Mia Goth, Udo Kier, Jean-Marc Barr, Ananya Berg
Genere: sadomaso
Se ti piace guarda anche: La vita di Adele, Antichrist, Dogville, Kill Bill

Una cosa, una delle tante a dirla tutta, che non condivido degli sport è il fatto che una squadra in casa di solito giochi meglio e abbia risultati migliori rispetto a quando è in trasferta. Capisco che il tifo a favore possa essere un bell’incitamento, ma non lo condivido. A me fa piacere ricevere complimenti, come a tutti, però è dalle critiche che ricevo lo stimolo più forte a fare meglio. Se fossi una squadra sportiva, probabilmente darei il massimo in trasferta. Credo che lo stesso valga per Lars von Trier. È dalle critiche, spesso anche feroci, nei confronti dei suoi ultimi lavori Antichrist e Melancholia, i primi due capitoli della cosiddetta Trilogia della Depressione, così come verso le sue dichiarazioni non grate al Festival di Cannes 2011, che è venuta fuori la rabbia per tirare fuori un film come Nymphomaniac, nuovamente amatissimo e altrettanto odiatissimo e criticatissimo, per le più svariate ragioni.

Nymphomaniac è un film malato, misogino, sessista, satanista, razzista?
Malato, questo è certo. Talmente malato da meritarsi su Pensieri Cannibali non solo un primo post orgasmico, non solo un secondo post più riflessivo, ma anche un terzo post sadomaso e infine oggi un quarto post, che proverà ad addentrarsi attraverso quelle sopra citate e altre spinose questioni. Il mio ruolo? Quello dell’avvocato difensore di Lars von Trier. Esatto, faccio l’avvocato del diavolo. Chiametemi – ma solo per oggi – Niccolò Ghedini.


ATTENZIONE SPOILER
A uno sguardo superficiale, alcune accuse nei confronti del regista danese possono venir fuori in maniera semplice. In Nymphomaniac – Volume 2, la protagonista utilizza la parola “negro”, mentre Lars von Trier usa i personaggi di colore in base unicamente alla loro caratteristica sessualmente più stereotipata: il cazzo grosso. Attraverso un dialogo della pellicola, emerge il punto di vista del regista sulla questione.

Joe/Charlotte Gainsbourg dice: “Ogni volta che una parola diviene proibita, si va a togliere una pietra miliare nelle fondamenta democratiche. La società rivela la sua impotenza di fronte a un problema concreto, rimuovendo termini dal vocabolario.
Il moralista Seligman/Stellan Skarsgård a ciò ribatte: “Penso che la società sottolineerebbe che l'essere politicamente corretto è una forma di democratica preoccupazione per le minoranze.
Joe/Charlotte Gainsbourg, non convinta, ribadisce: “E io dico che la società è codarda tanto quanto le persone che la formano che, secondo la mia opinione, sono troppo stupide per la democrazia.

Nel corso del Vulvume 1 di Nymphomaniac, non era ancora del tutto chiaro da che parte stesse Lars von Trier, se più da quella dell’uomo, Seligman, o della donna, Joe. Con questo Vulvume 2 appare piuttosto evidente che Lars è Joe. Joe è Lars. Lars è una vulva. Alla faccia del regista misogino e maschilista. Se già con Melancholia le figure maschili apparivano parecchio deboli e l’ultima possibilità di una qualche salvezza per l’umanità era rappresentata dalle donne, qui il regista alza ulteriormente il tiro alla sua critica a una società maschiocentrica, identificandosi nella sua protagonista. La ribelle, la depravata, la rinnegata, la “persona non grata”.


Laddove nella società odierna il sesso viene spesso indicato come un peccato, qui la colpa sembra invece essere l’amore. La dittatura dell'amore. Quando Joe pensa di essere innamorata di Jerome e sembra pronta a una vita monogama e dedicata alla famiglia, ecco che perde il suo “superpotere”. Diventa frigida, incapace di provare piacere. A questo punto è l’amore il vero peccato da espiare. Per ritrovare la sua sessualità perduta, Joe si affida alle pratiche sadomaso. Qui Lars von Trier indugia in maniera sadica sulle torture che le sono inflitte, tanto da far apparire le frustate de La passione di Cristo e quelle di 12 anni schiavo come delle carezze al confronto. E qui possono piovere giù di nuovo le critiche di misoginia. Lars ci gode a vedere le donne soffrire e bla bla bla. Attenzione però, perché nel finale c’è la vendetta di Joe e la vendetta di Lars, con un colpo di pistola che uccide queste accuse e fa del regista un autentico femminista. Se von Trier è effettivamente sessista, forse andrebbe considerato anti-uomo piuttosto che anti-donna. La prova più evidente di ciò, ancor più che nel finale, sta nella scena del parcheggio presente nel Volume 1. Donna al volante, pericolo costante? Non per von Trier, visto che Joe fa un parcheggio da manuale che Shia LaBeouf si può solo sognare. E quella automobilistica, signori e signore, è l’umiliazione più grande che può essere inflitta da una donna a un uomo.


Riguardo alle possibili accuse di essere un film satanista o quantomeno blasfemo, alla fine della fiera ci sono giusto un paio di passaggi controversi, come la preghiera cattolica “Mea culpa” storpiata nel divertente “Mea vulva mea maxima vulva”, e l’apparizione mistica non della Vergine Maria, bensì di un paio di figure un po’ meno vergini. Al di là di queste sequenze e della "musica satanica", la musica metal dei Rammstein presenti in colonna sonora a inizio pellicola, Nymphomaniac offre semmai delle riflessioni interessanti sulla religione. Non credo che il pur progressista Papa Francesco Vol. I riuscirebbe a sostenere la visione della pellicola senza rimanerne oltraggiato o schifato, però non è nemmeno un lavoro così irrispettoso da un punto di vista religioso, soprattutto nel capitolo 6, intitolato “La chiesa orientale e la chiesa occidentale (l'anatra muta).”


Torniamo ora alla questione d’apertura: il razzismo. Al di là della discutibile, ma comunque parecchio divertente, scenetta con protagonisti i “negri”, l’accusa principale che viene rivolta a Lars von Trier è quella di essere un nazi. E questo “soltanto” per aver detto durante un’ormai famigerata conferenza stampa nel corso del Festival di Cannes 2011:

Capisco Hitler, capisco l'uomo che è po' pieno di male, certo sono contrario alla seconda guerra mondiale e non sono contro gli ebrei, ma in realtà non troppo perché Israele è un problema, come un dito nel culo, fa cagare.” (da Repubblica)

Alla fine del capitolo 8, il capitolo conclusivo “La pistola”, Joe fa fuori il suo ascoltatore/spettatore, Seligman, che è ebreo, come aveva dichiarato durante il vol. 1, però è un ebreo non praticante, quindi non starei a concentrarmi tanto su questo aspetto. Il proiettile che esce dalla pistola di Joe, ovvero la pistola di Lars, non credo sia rivolta al popolo ebreo. È semmai rivolto contro i critici, i giornalisti che l’hanno accusato, la società che subito l’ha messo in un angolo perché se n’è uscito con delle dichiarazioni del tutto all’infuori dei canoni del politically correct. Alla fine di Nymphomaniac, Lars von Trier fa fuori lo spettatore della storia di Joe, Seligman, e fa fuori lo spettatore del film, lasciandolo solo nel nero della sala cinematografica.


Se le intenzioni iniziali del regista forse erano quelle di realizzare un porno d’Autore, o - chissà? - costruirsi un posto al sole da nuovo Tinto Brass, il risultato finale di Nymphomaniac è qualcosa di molto diverso e molto di più. Il sesso c’è, ce n’è tanto e ci sono un sacco di nudi, eppure Lars non c’è nemmeno andato giù troppo pesante, sarà per il fatto che da noi il film è approdato in versione censurata. Abdellatif Kechiche con La vita di Adele aveva ad esempio proposto delle trombate lesbo ben più lunghe ed esplicite. L’intento provocatorio di un’Opera mastodontica come Nymphomaniac non è allora tanto a livello visivo, quanto come contenuti dei dialoghi. Nymphomaniac è un manifesto esistenziale del Rust Cohle dei registi. Un film politico. Una rivoluzione del cazzo, anzi una rivoluzione della vulva contro la dittatura dell’amore.
Come enunciato nel capitolo 7, “Lo specchio”, attraverso le parole di Joe:

"L'empatia che declami è finta, perché voi tutti lo siete. È la morale religiosa il cui compito è di cancellare la mia oscenità dalla faccia della terra, così che i borghesi si sentano meglio. Non sono come voi. Io sono una ninfomane e amo esserlo. Ma soprattutto amo la mia vagina e la mia sporca, lurida lussuria."

C’è così tanto, dentro Nymphomaniac. È una riflessione a 360° sulla sessualità, non solo sulla dipendenza della ninfomane protagonista, ma c’è spazio anche per l’amore omosessuale, con una versione più soft del citato La vita di Adele, per il sadomaso, e poi, nel passo più estremo dell’intera pellicola, si parla persino di pedofilia, in un modo ovviamente ancora una volta lontano anni luce dal politically correct:

Il pedofilo che riesce a vivere la sua vita con la vergogna del suo desiderio senza mai metterlo in pratica, meriterebbe una fottuta medaglia” dice Joe.

"Aaah, sì, Lars. Tu sì che mi ecciti, altroché i One Direction!"

In passaggi come questo emerge chiaramente la voglia di von Trier di andare oltre le convenzioni, oltre al pensiero unico di una società fascista nel suo ipocrita buonismo di facciata, non tanto per una provocazione fine a se stessa, ma perché lui è fatto così e lo conferma tramite le parole del suo alter ego cinematografico Joe:

Ho capito che la società non ha un posto per me e io non ho un posto per la società.

In Nymphomaniac si possono scorgere i riflessi di tutte le accuse piovute addosso al regista dopo Cannes del 2011. La sua risposta è arrivata con un lavoro rabbioso, incazzato al punto giusto, ma non solo. Nymphomaniac è anche un film profondamente riflessivo, esistenziale, il cui valore è superiore alla semplice somma delle parti. Dietro le scene di sesso, le frustate e i momenti più forti ed estremi, possiamo vedere l’ombra di un uomo, Lars von Trier. Una persona non grata, ma una persona bellissima, un essere bastardo e complesso che in realtà non è malvagio come la società vuole dipingerlo. È la società a essere malvagia. È la società il vero mostro.
(voto 9/10)

lunedì 28 aprile 2014

NYMPHOMANIAC – L'APPUNTAMENTO SADOMASO




Allora, Lars, cominciamo?

Come, hai già iniziato da solo?

Uffa. Te lo concedo, ma solo perché è il secondo capitolo della tua personale sega cinematografica.

Tutto bene, comunque, Lars?
Che ti succede? Mi sembri un pochino diverso rispetto all’altro appuntamento. Rispetto al Volume 1 dei nostri incontri. Lì eri più ironico, brillante, leggero, direi quasi. Adesso mi sembri più riflessivo e cattivo.

Cattivo ragazzo, che ci fai con quella divisa da SS addosso?
Ah, ok, ho capito: oggi ti va di fare giochi di ruolo.

Hey, ma quella frusta è proprio necessaria? Stai cominciando a farmi paura, Lars.

No, fermo, che fai?

Nooooooo.

Non voglio.

NOOOOOOO!


Ahia. Che dolore!


AAAHI, heeey che diavolo combini?


Però… non è così male come pensavo...

A dire il vero è piacevole. Chi l'avrebbe detto?
Sadomaso è bello.
E allora sì, Lars.


Sììì

Sììììì

Sììììììì, Lars!!!


Oh, Lars. Anche questa volta sei riuscito a stupirmi. È un piacere differente rispetto a quello dell’altro volume, però è pur sempre un piacere.
Un piacere notevole.
Dai allora, vai avanti che ormai c'ho preso gusto.


Sììììì.


Ahi.


Sììììììììììììì.


AAAAAAAAAAAAHIAAAAAAAA!


Fai di me il tuo schiavo.
Fai di me il tuo 12 anni schiavo.

Bello violento, porcellone di un Lars, bravo!
Lo sapevo che eri un animale, a letto. L’altra volta sei stato persino troppo romantico e teneroso, adesso sì che ci vai giù pesante.
Non smetti proprio mai di sorprendermi, tu. Sei riuscito persino a far passare Christian Slater per un vero attore. E dico Christian Slater, uno che sono almeno vent’anni che non fa un film decente e negli ultimi tempi ha collezionato solo una lunga serie di serie tv subito cancellate. Come una versione per il piccolo schermo del Jep Gambardella de La grande bellezza, Christian Slater non vuole solo partecipare alle serie televisive. Lui vuole avere il potere di farle fallire.
Ma dimentichiamoci di Slater e pensiamo solo a noi, Lars.
Al nostro rapporto malato.

Vai, non ti fermare!

Aaah, sì, ahia.

Dai, continua a farmi del male, Lars, che mi piace.

Sì, daaai.

Una frustata contro il cinema edificante.
Sììì!

Una frustata contro il buonismo.
Sìììììì, così!

Una frustata contro la dittatura dell’amore.
Aaaaaaah, sììììì Lars, sto
VENENDOOOOOOOOO!!!


Nymphomaniac – Volume 2
(Danimarca, Belgio, Francia, Germania, UK, 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. II
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Jamie Bell, Christian Slater, Willem Dafoe, Mia Goth, Udo Kier, Jean-Marc Barr, Ananya Berg
Genere: sadomaso
Se ti piace guarda anche: La vita di Adele, Antichrist, Dogville, Kill Bill
(voto 9/10)

giovedì 24 aprile 2014

AFTERNOON DELIGHT, GODURIA POMERIDIANA




Afternoon Delight
(USA 2013)
Regia: Jill Soloway
Sceneggiatura: Jill Soloway
Cast: Kathryn Hahn, Juno Temple, Josh Radnor, Jessica St. Claire, Jane Lynch, Michaela Watkins, Josh Stamberg, John Capelos, Suzy Nakamura, Annie Mumolo
Genere: indie pleasure
Se ti piace guarda anche: The Sessions – Gli incontri, Short Term 12, Shame, Nymphomaniac

Cosa si intende con Afternoon Delight?
State pensando a qualcosa di sessuale?
Ebbene sì. Per una volta non siete i soliti depravati, visto che il senso è proprio quello.
“Afternoon Delight” è un pezzo degli anni ’70 della Starland Vocal Band che, dietro alla sua musichetta e ai suoi coretti da chiesa, si riferisce in maniera più o meno esplicita e più o meno pruriginosa al trastullarsi in pieno giorno, da soli o in compagnia.



"Hey, l'hai visto il finale di How I Met Your Mother?"
"Mamma mia, che stronzata!"
Afternoon Delight è ora anche il titolo di una gradevole commedia indie che parla guarda caso di quello, del cercare il piacere durante il giorno, del sapersi godere la vita non solo di notte, non solo nel weekend, non solo in vacanza, non solo in circostanze straordinarie, ma sempre. Anche in un pomeriggio qualunque.
Afternoon Delight è un film che va goduto allo stesso modo. Non in una visione serale, bensì in un tranquillo pomeriggio. Ogni pellicola ha un momento giusto per essere gustata, e questo è il classico filmetto pomeridiano. Quello che fai partire senza grosse aspettative giusto per passare il tempo e poi alla fine ti lascia qualcosa. Non che sia un lavoro indimenticabile, nonostante il solito esagerato Quentin Tarantino l’abbia inserito nella sua personale Top 10 dei film migliori del 2013, eppure è una visione che si fa seguire molto bene e che si ricorda con un sorriso sulle labbra.

La protagonista è Rachel, una donna intorno ai 40 anni sposata e con figli, una desperate housewife benestante che affronta una precoce crisi di mezza età. Con il marito (l’anonimo Josh Radnor di How I Met Your Mother) a letto le cose non funzionano più e così, per far ritornare il loro rapporto piccante, decide di seguire il consiglio della solita amica disinibita e andare insieme al consorte in uno stripclub. È qui che Rachel riceverà una bella lapdance fatta da Juno Temple che le cambierà la vita.
Rachel diventerà lesbica?
Diventerà bisex?
Si metterà a fare le cosacce a tre insieme al marito?
La situazione è più complessa di così, fatto sta che tra lei e la sexy zoccoletta Juno Temple si instaurerà un rapporto particolare… Di più non vi dico, se no vi rovino la visione pomeridiana.

La pellicola è girata dall’esordiente Jill Soloway nel più tipico stile indie hipster da Sundance Festival che va per la maggiore oggi, con un tocco femminile che la fa avvicinare alla serie Girls o al film Frances Ha, però in una versione più adulta. A convincere particolarmente è la relazione tra la sexy, qui ancora più sexy del solito, Juno Temple e l’interprete di Rachel, un’ottima Kathryn Hahn, attrice caratteristica vista finora qua e là in vari ruoli minori, da Crossing Jordan al recente I sogni segreti di Walter Mitty passando proprio per le citate Girls. Una caratterista che qui dimostra di avere il carattere per reggere, alla grande, un personaggio da protagonista.
E allora, Afternoon Delight è proprio quello che promette il suo titolo: un bel piacere, da gustarsi rigorosamente di pomeriggio, tanto per sgarrare un po’, così, giusto per deviare dalle abitudini. Come una serata alcolica che comincia con qualche oretta di anticipo rispetto al solito. Come un seghino diurno. O come una sveltina alla luce del sole.
(voto 6,5/10)

martedì 8 aprile 2014

NYMPHOMANIAC – VOLUME 1, UNA VULVATA PAZZESCA




Nymphomanic – Volume 1
(Danimarca, Germania, Francia, Belgio, UK 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. I
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Sophie Kennedy Clark, Shia LaBeouf, Christian Slater, Connie Nielsen, Uma Thurman, Felicity Gilbert, Hugo Speer, Ananya Berg
Genere: pop porno
Se ti piace guarda anche: Shame, Kill Bill, Melancholia

Il mondo gira intorno a un’unica cosa. E anche il cinema. Prendete i film di David Lynch, Quentin Tarantino, Woody Allen, Roman Polanski, giusto per dirne alcuni. Girano tutti quasi sempre intorno a quella cosa. Se non ci fosse, penso che manco farebbero film. Di cosa parla la prima scena del debutto di Tarantino, Le iene? Qual è l’ultima frase dell’ultimo di Stanley Kubrick, Eyes Wide Shut? E un film impegnato come il Faust di Aleksandr Sokurov, su cosa ruota?
Cosa dire poi del rock, delle rock band? Pure quelle, tutte nate per un motivo solo.
E poi voi, quando siete nati, da dove siete usciti?


Non scandalizziamoci allora e non facciamo tanto i moralisti se su quella cosa Lars Von Trier, il solo e unico führer del cinema mondiale, ha voluto incentrare la sua doppia mastodontica ultima pellicola, Nymphomaniac. Yes he can.
E non scandalizziamoci nemmeno se Pensieri Cannibali a un film tanto importante ha dedicato una nuova recensione, dopo quella orgasmica di ieri.

Quando ho iniziato l’avventura Nymphomaniac ho pensato: “Se questo film non è una figata pazzesca giuro che mi taglio le palle.” Per i primissimi minuti ho temuto il peggio, per le mie palle. Lars von Trier, da buon bastardo qual è, gioca a infastidire lo spettatore, con un’apertura lenta, quieta, buia e poi, quando meno te lo aspetti, all’improvviso ti spara i Rammstein a tutto volume. Roba che qualche debole di cuore ci potrebbe anche lasciare le penne. Lars von Trier entra poi in una modalità narrativa lineare, schematica, oserei dire quasi semplice. Come in molte grandi storie tradizionali, c’è un narratore, Charlotte Gainsbourg, e c’è un ascoltatore, Stellan Skarsgård. È come se fosse una fiaba, solo con contenuti vietati ai minori. Una porno fiaba.


Von Trier fa tanto il ribelle, il trasgressivo, ma alla fine pure lui ha bisogno di disciplina. Ancora una volta, si affida quindi a una struttura molto letteraria con una suddivisione in capitoli, come già successo in altri suoi film, da Le onde del destino ad Antichrist, passando per Dogville. La pellicola è inoltre divisa in due parti, come La vita di adele, un lavoro che in quanto a sesso esplicito non ha nulla da invidiargli, e come Kill Bill. Nymphomaniac è il Kill Bill del sesso. Pure qui abbiamo capitoli girati con stili differenti, uno ad esempio è in bianco e nero, e anche qui viene affrontato il discorso dell’iniziazione all’azione, sebbene virata in termini sessuali, con la protagonista che come maestro di vita ha B al posto di Pai Mei, e ha un rapporto di amoreodio nei confronti di un uomo, qui Jerome, laddove là era Bill. E poi pure qui abbiamo la sposa Uma Thurman.
Uma Thurman che tra l’altro compare nel terzo capitolo che compone la pellicola, “Signora H.”, quello più grottesco e ilare. Perché sì, in questo film si ride, anche. Lars von Trier aveva dato prova di essere un commediografo, un buon commediografo con un senso dell’umorismo tutto particolare, già con Il grande capo e pure in questo Vulvume 1 di Nymphomaniac emerge spesso il suo sguardo ironico e beffardo. Può non sembrare, ma Lars von Trier è un simpaticone, in fondo in fondo.


Spesso Lars von Trier è stato accusato di misoginia. Solo perché le donne nei suoi film subiscono torture, punizioni divine, atrocità e umiliazioni assortite? Può darsi. Eppure Melancholia, ad andare a guardarlo bene, presentava una visione piuttosto femminista del mondo. Qui, ancora una volta, Lars il presunto misogino ha voluto raccontare la storia di una donna. La protagonista di Nymphomaniac è Joe la ninfomane, interpretata da giovane dalla promettentissima esordiente Stacy Martin, e da “vecchia” da Charlotte Gainsbourg, arrivata ormai alla terza pellicola vontrieriana, Santa Donna che riesce a sopportarlo. Che allora il burbero regista non sia più così burbero come si diceva in passato, quello capace di traumatizzare la povera Bjork che dopo Dancer in the Dark non ha mai più girato un film?
Nonostante la presenza di una protagonista femminile, in Nymphomaniac possiamo trovare molto di von Trier. Il danese ha messo qui dentro tutta la sua visione della figa vita, delle donne, dei rapporti tra uomini e donne, certo, ma non solo. Lars attraverso quest'opera si è tolto parecchi sassolini dalle scarpe e ha risposto velatamente alle accuse di antisemitismo piovutegli addosso a Cannes attraverso una frase affidata al protagonista maschile, un uomo ebreo interpretato da Stellan Skarsgård: “Siamo sempre stati antisionisti, che non è la stessa cosa dell'essere antisemita.”


In un altro momento del film, von Trier lascia invece spazio al suo rapporto con Dogma 95, il movimento cinematografico da lui stesso fondato insieme a Thomas Vinterberg e che prevedeva alcune regole per le riprese delle pellicole (niente luci, scenografie, colonna sonora, etc.). Regole così radicali che persino gli stessi creatori del manifesto le hanno ben presto abbandonate. La stessa cosa capita nel film con Joe e B (l’altra attrice rivelazione Sophie Kennedy Clark, novella Kirsten Dunst) che fondano un club per ninfomani, la Piccola Congrega, seguendo il motto “Mea vulva mea maxima vulva”. Tra le regole di questo Fight Club del sesso, non si può farlo con lo stesso partner più di una volta e non ci si può innamorare. Non ci si deve innamorare.
“Contro cosa vi ribellavate?” chiede Stellan Skarsgård.
“L’amore,” risponde Charlotte Gainsbourg.
Con una regola tanto rigida, presto il club inevitabilmente si sfalderà, così com’è successo nella realtà al Dogma 95.


Con Nymphomaniac, Lars von Trier svela inoltre finalmente la sua vera ambizione: quella di diventare il nuovo Tinto Brass. Altroché Cinema d’autore. Lui vuole fare Porno d’Autore. In questo film il regista danese è più diretto che mai. Non si rivolge a un pubblico d’elite. In Nymphomaniac ci sono varie scene di sesso esplicito, eppure Lars non lambisce i territori dell’hardcore, né dall’altra parte tende a una visione pop porno patinata e glamour alla Playboy o alla Brazzers. Utilizza sempre il suo stile nudo e crudo ma, nonostante la tematica affrontata, non esagera nemmeno come ci si sarebbe potuti immaginare, sarà perché la versione arrivata nei cinema italiani è censurata e non è il director’s cut del regista. L’unico momento in cui si è forse fatto prendere un po’ la mano è la galleria di cazzi, un momento di quelli in cui von Trier si ricorda di essere un gran bastardo ed è come se dicesse: “Vi aspettavate un film pieno di fica? E io invece vi regalo una bella e variegata rassegna di bigoli!”.


Per quanto lontano dall'essere patinato, Lars von Trier ci ha regalato il suo film più "commerciale". Oltre alla scelta di fare un film sul sesso e il sesso si sa vende sempre, il regista è qui molto diretto ed esplicito anche nel modo di affrontare l’argomento, evita di essere criptico come in passato e utilizza passaggi che non lasciano grosso spazio all’immaginazione, oltre a momenti quasi didascalici in cui ricorre a delle metafore che possono essere comprese da tutti, non solo dal pubblico snob dei festival cinematografici. La caccia di una preda sessuale viene così paragonata alla pesca, nel primo capitolo dell’opera, "Il pescatore provetto", in cui v’è inoltre un uso fighissimo di “Born to Be Wild” degli Steppenwolf, brano celeberrimo e già strausato dal cinema – qualcuno ha detto Easy Rider? – ma che nelle mani del danese trova una nuova vita. Così come il “Waltz no. 2” di Dmitri Shostakovich, già sapientemente utilizzato da Stanley Kubrick in Eyes Wide Shut, ritorna in Nymphomaniac come tema ricorrente e fa sempre la sua porca figura, senza che appaia abusato.


In un paio di altri capitoli, von Trier cerca inoltre di convincerci che un cuore ce l’ha persino lui. Forse. Nel secondo capitolo “Jerome” si dà spazio a quello che pare essere il grande amore nella vita di Joe la ninfomane e che ha le sembianze di un Shia LaBeouf finalmente convincente e lontano anni luce dalle hollywoodianate alla Transformers per cui è diventato celebre. Ma di questo suo lato B, di questo suo lato indie l’attore ci aveva già dato dimostrazione con il video di “Fjögur” dei Sigur Rós.
Nel quarto capitolo, “Delirium”, viene invece fuori il toccante rapporto di Joe con il padre, un Christian Slater ancora più sorprendente e inedito di Shia LaBeouf, con alcuni momenti che lambiscono i territori del melodrammatico. Per questa parte, la più emotivamente forte del lavoro, Lars von Trier ha scelto il bianco e nero, come se lo considerasse il capitolo più hardcore, e per mitigare le emozioni ha deciso di epurare l'immagine dai colori, quasi per nascondere la vergogna di essere diventato troppo sentimentale.


Amm-sesso e non con-sesso che questo Nymphomaniac sia un film sul sesso, stiamo quindi parlando del film sul sesso definitivo?
In pratica sì, però non tutto convince fino in fondo. Dopo 4 primi capitoli impeccabili, come collegamento al Volume 2 della sua opera Lars von Trier ci presenta un quinto capitolo, “The Little Organ School”, abbozzato e con una metafora musicale giocata sulla polifonia di Bach leggermente telefonata. Nymphomanic parte quindi come una scopata epica e si conclude con un coito interrotto. Una scelta credo voluta da parte di quel bastardone di Lars von Trier, in modo da lasciare ancora con il desiderio acceso, per un secondo volume che promette di essere un’altra esperienza da non perdere, in grado di regalarci una visione più completa dell'insieme. Già nel primo volume comunque c’è di che godere, godere parecchio, anche se devo ammettere che a inizio visione mi sbagliavo. Nymphomaniac non è una figata pazzesca, come immaginavo. Nymphomaniac è una vulvata pazzesca.
(voto 9,5/10)

lunedì 7 aprile 2014

NYMPHOMANIAC, IL CINEORGASMO




Aah.

Sì, così.

Aaah.

Bravo Lars.

Aaaaah.

Sììì.

Sììì, o cazzo, sì.

Continua… dai dai, più veloce adesso, dai dai, più veloce.
Forza!

No, hey, ora rallenta, stallone non Sylvester.
Più piano.
Un po’ più piano…
Ancora un po’ di più…
P i ù  p i a n o
P     i      ù         p      i      a      n      o
Più...
Oh sì, è così che mi piace.


Embè, perché mi guardi male?


Oookay, me ne sto un po’ senza dire niente, che quelli che parlano mentre lo fanno ammazzano tutta l’atmosfera.





Aaah…

Almeno aaah posso dirlo?
Mi è consentito dire almeno questo?

Aaaaah

Aaaaaaaaaah

AAAAAAAAAAAH

AAAAAAAAAAAH

CAZZO AAAAH O CAZZO AAAAAAAAH

Ci sono, ci sono, ci sono ci sono ci sono sono sono sono sono ooooooooo

OMIODDIO SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII’


Sì, Lars sì. Così si fa.
Che scopata, Lars, che scopata!
Bravo, Lars. Non dare retta a chi ti critica. Sono solo invidiosi del tuo enorme...
talento.

E adesso, che ci fai ancora nel mio letto?
Che altro vuoi?
Le coccole?
Sul serio?
Rivestiti, che la visione del tuo culo flaccido ora che gli effetti dell’alcol stanno svanendo non mi sembra più tanto allettante. E poi la parte del romantico non fa per te. Ci rivediamo tra qualche settimana, per il Volume 2… volevo dire per un’altra scopat… volevo dire per un altro appuntamento galante.
Che altro c’è, adesso?

Ah già, scusami. I soldi per il taxi li trovi sul comodino.
Ora levati dalle palle, Lars, e lasciami fumare una sigaretta post orgasmica in santa pace!


Nymphomanic – Volume 1
(Danimarca, Germania, Francia, Belgio, UK 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. I
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Sophie Kennedy Clark, Shia LaBeouf, Christian Slater, Connie Nielsen, Uma Thurman, Felicity Gilbert, Hugo Speer, Ananya Berg
Genere: pop porno
Se ti piace guarda anche: Shame, Kill Bill, Melancholia
(voto 9,5/10)

mercoledì 27 febbraio 2013

THE SEXIONS

The Sessions
(USA 2012)
Regia: Ben Lewin
Sceneggiatura: Ben Lewin
Tratto da un articolo di: Mark O’Brien
Cast: John Hawkes, Helen Hunt, Moon Bloodgood, William H. Macy, Adam Arkin, Annika Marks, Rusty Schwimmer, Jennifer Kumiyama, Robin Weigert
Genere: sessuale
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I normodotati sono vittime di pregiudizi.
Se sei un normodotato e paghi per fare sesso con una donna, sei uno schifoso puttaniere.
Se sei un tizio costretto dalla polio a vivere attaccato a un polmone artificiale e stare a letto tutto il giorno, e paghi per fare sesso con una donna, allora sei la fonte d’ispirazione per una pellicola strappalacrime e la tua storia è in grado di far piangere anche il più insensibile tra i bastardi.
Vedete?
Non c’è parità di trattamento. C’è discriminazione. C’è razzismo nei confronti dei normodotati.
Altro esempio?
Se corri con delle protesi e riesci a competere con atleti che per correre utilizzano ancora le loro vecchie gambe sei un mito, sei un modello, sei una fonte di ispirazione. Poi a San Valentino fai fuori la fidanzata e il mondo si rende conto che non sei un eroe. Sei solo un essere umano come tutti gli altri. Magari pure peggiore, molto peggiore degli altri.

"Apperò! Non siamo mica tanto paralizzati lì sotto, eh?"
C’è spesso grande ipocrisia, quando si parla di handicap. È un argomento per forza di cose difficile da affrontare, eppure c’è chi negli ultimi tempi è riuscito a farlo alla grande. Chi?
I francesi, fondamentalmente. Con film come Quasi amici e Un sapore di ruggine e ossa sono riusciti a togliere il solito velo di moralità, di facili pietismi e sbatterci di fronte a delle persone. A degli uomini e a delle donne con un handicap, ma che non per questo devono essere trattati come dei poveretti.
The Sessions cerca di inserirsi tra queste pellicole sia per l’argomento dell’handicap e del sesso, che per la maniera di affrontarlo. In quanto film americano, e si vede, non riesce a eguagliarle e cede in più di un’occasione a momenti ruffiani e troppo sentimentali. È qui che sta il suo limite, ed è anche qui che paradossalmente sta la sua forza. Sarà anche una visione un po’ ricattatoria, però sfido chiunque a restare indifferenti al finale. Sul dizionario, a fianco della definizione di “strappalacrime”, dovrebbero mettere il finale di questo film. Cosa succede, in questo benedetto finale?
Non ve lo dico. Non mi piace spoilerare. E poi mi sono reso conto di essere arrivato alla fine senza nemmeno aver ancora parlato dell’inizio del film. Ecco, forse è meglio se parto da lì, dall’inizio.

"Adesso devo proprio andare, ho una sessione speciale ad Arcore."
The Sessions è ispirato a un articolo di Mark O’Brien, un uomo, un poeta, paralizzato dal collo in giù a causa della poliomielite. Mark, interpretato dal bravo John Hawkes di Un gelido inverno e La fuga di Martha, ha 38 anni, vive attaccato a una macchina che lo aiuta a respirare, non può alzarsi dal letto, non può muovere nulla a parte la testa, ha un’autonomia polmonare di poche ore ed è vergine. Ironico che un tizio che sta a letto tutto il giorno non sia mai andato a letto con una donna. A dirla tutta, non si è mai nemmeno masturbato. Sapete com’è. Se uno è paralizzato, non è una cosa semplice menarsi il pisello.
Ma un uomo, per quanto paralizzato, ha delle esigenze e così Mark decide di fare sesso. Si rivolge allora a una professionista. Va sulla statale? Va ad Arcore?
No, chiama una terapista sessuale. Non siate volgari e inappropriati e non chiamatela battona, zoccola, prostituta. È una terapista sessuale. Siete stufi di chiamarle escort? Bene, da oggi avete questa alternativa.
Come terapista sessuale, si becca Helen Hunt che a 49 anni è ancora una gran bella donnina.
Helen Hunt che era da un po’ che non si vedeva in giro. Dopo film di successo come Twister, Cast Away, What Women Want - Quello che le donne vogliono e Qualcosa è cambiato, per cui aveva ottenuto l’Oscar di migliore attrice protagonista, si era un po’ persa di vista. Adesso è tornata e non si è certo risparmiata, presentandosi come mammà l’ha fatta in più di un’occasione.
Mark inizia allora con questa prost… con questa terapista sessuale una serie di sessioni. Mai termine fu più appropriato, visto che si tratta di sessioni di sesso. D’ora in poi non parlate più di scopate, chiamatele sessioni di sesso.
Cosa succede poi?
Ce la farà il nostro Mark a inzuppare il biscottino?
Diventerà il Rocco Siffredi con la polio?

"Ahahah, divine le tue battute sul Papa!"
A voi il piacere di scoprirlo. The Sessions non è un capolavoro, non riesce a evitare di cadere completamente nella retorica o nei buoni sentimenti, soprattutto nella seconda parte, eppure è una pellicola che non sono riuscito a odiare. Tutto il contrario.
A impreziosire il film sono le due ottime prove di recitazione da parte dei protagonisti, in particolare una splendida Helen Hunt giustamente nominata all’Oscar di migliore attrice non protagonista, ma brava anche Moon Bloodgood, interprete che finora avevo considerato molto mediocre a causa della sua partecipazione nella pessima serie tv Falling Skies, qui però in grado di riscattarsi.
Interessante inoltre il ruolo di William H. Macy. Ormai sono abituato a vederlo nella serie Shameless nei panni del padre di famiglia ubriacone e mi ha fatto parecchio strano beccarlo qui nei panni di un prete, il consigliere e amico del protagonista Mark, per quanto sia un prete parecchio sui generis.
Quanto a Mark, ebbene sì: è paralizzato e pure molto religioso. Con una doppia premessa del genere, ne poteva uscire una ruffianata incredibile. Un po’ lo è, c’è poco da fare. È pur sempre una pellicola americana e non francese. Però sfido chiunque a non farsi muovere dalla storia dell’uomo che non può muoversi ma vuole comunque ciulare. Se non vi commuovete, fatevi controllare perché probabilmente anche voi avete un handicap. Al cuore.
(voto 7/10)

Post pubblicato anche su The Movie Shelter

martedì 12 giugno 2012

L’Apollonide: bello sballo bordello

L’Apollonide - Souvenirs de la maison close
(Francia 2011)
Regia: Bertrand Bonello
Cast: Alice Bernole, Céline Sallette, Adèle Haenel, Jasmine Trinca, Hafsia Herzi, Noémie Lvovsky, Esther Garrel
Genere: prostituto
Se ti piace guarda anche: Sleeping Beauty, Eyes Wide Shut, Shame, Crash
Film non (ancora) uscito in Italia

Oh, finalmente un film con un sacco di pu**ane.
È vero, ce ne sono parecchi, in giro, con attrici cagne. Allora specifichiamo: finalmente un bel film con un sacco di pu**ane.
La storia di questa pellicola, molto ben sponsorizzata dall’amico blogger Rumplestils Kin di Overexposed, è infatti tutta ambientata all’interno di un bordello parigino a cavallo tra gli scorsi secoli, fine 1899 e inizio 1900. Un’epoca molto bohèmienne ripresa e ricreata alla grande dal film.
Nonostante l’ambientazione quasi unica (a eccezione di un’uscita in esterna) dentro il bordello, non si tratta però di una visione opprimente o claustrofobica. Sarà che il bordello è sempre un bel luogo in cui stare. Non lo dico per esperienza personale.

Un film ambientato in un bordello. L’uomo medio a questo punto penserà: “Min**ia, che sturia! Passeranno tutto il tempo a sc*pare! Bravo coso che finalmente ci consigli un film d’autore giusto!”.
Il lettore medio di Pensieri Cannibali, intellettualmente molto più elevato dell’uomo medio, invece penserà: “Min**ia, che sturia! Passeranno tutto il tempo a sc*pare! Bravo Cannibal che finalmente ci consigli un film d’autore giusto!”.

E invece no. Non passano tutto il tempo a sc*pare. Il sesso c’è. È pur sempre una casa chiusa, mica un convento. Sebbene pure lì, il sesso non credo che manchi. Ma non vado a spalancare porte polemiche che è meglio mantenere chiuse perché non voglio fare la fine del Corvo. Parlo di Brandon Lee, mica di Vaticanleaks.
Dentro L’Apollonide c’è il sesso, c’è qualche sc*pata, ci sono alcune (anzi, parecchie) scene di nudo. Però nessuna volgarità. Ci sono stranezze, richieste molto particolari di alcuni clienti, eppure nessuna patetica scenetta da Bunga Bunga party. Non che sia mai stato a un Bunga Bunga Party.

L’Apollonide è una pellicola incentrata sulla figura della pu**ana, o della prostituta se vogliamo fare i politically correct, roba che nel 1899 mica esisteva. Che brutta invenzione della modernità, il politically correct. Figura della pu**ana che qui ha una sua assoluta dignità. Far parte del gogol bordello significa appartenere a una famiglia allargata, a un team, a una squadra di lavoro come possono essere le cameriere di Hooters (probabilmente più zocc*le ancora) o ai celerini di A.C.A.B., soltanto che qui a differenza del film italiano si viene immersi davvero dentro l’ambiente, dentro la professione, persino dentro un’altra epoca. È per questo che sto meditando di guardare d’ora innanzi SOLO film francesi. Hanno una classe, un’eleganza, una raffinatezza uniche, persino quando parlano di puttane. L’avessero fatto in Italia, un film del genere, ne sarebbe uscita una porcheria buonista piena di squallore e degrado e le protagoniste ne sarebbero uscite come delle mignotte. Invece qui sono Puttane con la P maiuscola. Sanno fare il loro lavoro, hanno il loro giro di clienti affezionati, sono delle vere Professioniste.


E chi le interpreta, queste Professioniste del settore intrattenimento per adulti? Un cast femminile superbo, composto perlopiù da bellezze burrose e anti-anoressiche in cui spiccano la splendida bionda Adèle Haenel, Esther Garrel, figlia di Philippe e sorellina di Louis già vista in 17 ragazze, e la nostra Jasmine Trinca, una che per trovare parti interessanti e lontane dallo stereotipo di tipa problematica che le si sono incollate addosso dopo La meglio gioventù è dovuta andare in Francia. E ha fatto bene. Tra tutte, rimane però impressa in mente soprattutto l’esordiente Alice Barnole, con quel suo volto trasformato in maschera davvero difficile da dimenticare.

La pellicola è piacevolmente retrò, ma sa mantenere anche uno sguardo sul presente. Lo ieri per riflettere sull’oggi. Sulle analogie, sulle differenze. Una riflessione antimoralista sulla prostituzione e sui rapporti quasi “famigliari” che si possono instaurare all’interno di una casa chiusa. Una magia di pellicola diretta con classe da Bertand Bordello Bonello, autore anche di Le pornographe (ma allora sta proprio in fissa con il sesso!), che oltre ad avere uno sguardo esteticamente magnifico ha anche un orecchio sopraffino (splendida la colonna sonora che spazia dalla classicità di Boheme e Mozart al 60s sound di Moody Blues e Mighty Hannibal).
E allora lo dico o non lo dico?
Massì, lo dico: pu**ana che film!
(voto 7,5/10)

lunedì 16 aprile 2012

Shameunito

Sguardo da ti "scopo con lo sguardo": attivato.
Shame
(UK 2011)
Regia: Steve McQueen
Cast: Michael Fassbender, Carey Mulligan, James Badge Dale, Nicole Beharie, Lucy Walters, Hannah Ware, Elizabeth Masucci
Genere: porno d’autore
Se ti piace guarda anche: American Psycho, Drive, Requiem for a Dream, Shameless

Michael Fassbender è un erotomane.
No, cioè non lui lui. Il suo personaggio in Shame è un erotomane. Michael Fassbender l’attore non lo so. Sinceramente non mi interessa nemmeno più di tanto. A tante lettrici e pure a qualche lettore interesserà. A me no.
Voglio dire, Michael Fassbender è un figo paura. In Shame è uno degli uomini più fighi mai visti. Al cinema e non. Però, non so, se proprio dovessi scegliere di farmi un uomo, preferirei puntare su qualcuno dai tratti più “gentili”, diciamo più femminili. Qualcuno tipo JL Jared Leto o JT Justin Timberlake, se proprio dovessi scegliere, sebbene non credo capiterà l’occasione. Michael Fassbender invece no. È troppo “uomo” per i miei gusti. Non che abbia dei taste in men come cantava Brian Molko qualche tempo fa. Comunque Michael Fassbender no. Con quella proboscide in mezzo alle gambe mi fa paura.

"Scopiamo!"
"Ma  Michael, non vuoi nemmeno finire la cena prima?"
"Ho detto: scopiamo!"
Michael Fassbender, o meglio il suo personaggio Brandon Sullivan, è un erotomane, dicevamo. In base a cosa lo possiamo sostenere?
Già solo nella prima scena s’è fatto una tipa, una prostituta, una sega sotto la doccia e ha inseguito un’altra tipa in metropolitana come un maniaco assatanato. Abbastanza da infilarlo subito dentro la categoria erotomane, che dite? E non è che l’inizio, visto che nel prosieguo o meglio nel pro-sega, il Fassbender si concederà in tutti i modi e in tutte le salse.

Che genere di film è allora, questo Shame senza vergogna? Drammatico? Sì, forse. Però potrebbe non esserlo. Fosse montato con una musica diversa, con meno archi alla Requiem for a Dream e con più funky 70s ah yeah, sarebbe un bel porno d’autore. Mentre con una canzoncina pop-punk stile Blink-182 diventerebbe quasi una commedia caciarona alla American Pie. Sebbene il riferimento principale che balza agli occhi è un altro American… American Psycho.
Brandon Sullivan è un personaggio molto bret easton ellissiano, una confezione tanto bella fuori, quanto arida dentro. Meno ossessionato dagli omicidi, ugualmente dal porno. Un egocentrico, egotomane, erotomane. Se sono numerosissimi i momenti in cui scopa, si masturba, guarda del porno, è impegnato in video chat erotiche, scopa ancora, va per night club, etc., le scene in cui lo vediamo provare delle emozioni, emozioni vere, sono parecchio minori.
Comunque anche lui si commuove, ogni tanto, e pure lui prova sentimenti simil-umani, ogni tanto. Una rara occasione è quando sua sorella, con cui ha un rapporto parecchio travagliato, prende possesso del microfono. D’altra parte è Carey Mulligan, che qui canta e incanta con “New York New York”.


"Scopiamo!"
"Ma Michael, sono tua sorella..."
"Ho detto: scopiamo!"
La voce di Carey è capace di smuovere anche i sassi o, impresa ancor più ardua, persino i Brandon Sullivan della situazione.
Carey Mulligan che non a caso ha cantato pure con i Belle and Sebastian, solo la band indie pop forse più importante di sempre, e Carey Mulligan che - diciamolo - non sbaglia un film come, tra le attrici di oggi, riesce a fare solamente Jessica Chastain e ho detto Jessica Chastain, cazzo!

Oltre al pene di Michael Fassbender esibito generosamente, anche Carey Mulligan appare nuda.
Apriamo il capitolo “Carey Mulligan nuda”.
Non che sia deludente, però diciamo che mi aspettavo qualcosa di più.
La cosa più bella di Carey Mulligan comunque sono le fossette.
James Cameron si esalta con la cazzo di Fossa delle Marianne, io con le fossette di Carey Mulligan. Va bene?
Le fossette di Carey Mulligan sono l’ottava meraviglia del mondo. E se vi state chiedendo quali sono le altre sette, eccole qui pescate su da Wikipedia:


"Birretta fresca e Pensieri Cannibali. Cosa c'è di meglio?"

La piramide d'Egitto fu fatta per prima;
Poi gli ameni giardini costruiti in Babilonia;
E la tomba di Mausolo, di affetto e rimorso;
Sorge a Efeso la quarta, il tempio di Diana;
Brilla a Rodi nel sole il Colosso dorato;
La sesta è Giove Padre scolpito da Fidia;
Il faro d'Egitto si dice sia l'ultima.
O il palazzo di Ciro, cementato con l'oro. »
(Anonimo - Le sette meraviglie dell'antichità)






"Non mi piace tanto 'sto Pensieri Cannibali: troppo poche immagini porno!"
Cioè, rendiamoci conto. Un anonimo, magari un cretino, da qualche parte nel globo in qualche oscuro tempo dell’antichità, ha scritto quelle che secondo lui erano le sette meraviglie del mondo, e adesso noi pendiamo dalle sue labbra?!?! Roba che tipo tra qualche migliaia di anni qualcuno magari recupererà questo post perso tra gli anfratti del world wide web e prenderà sul serio le mie parole e considererà le fossette di Carey Mulligan l’ottava meraviglia del mondo?
Se ciò capiterà, sarà solo un pene bene.

Chiudiamo il capitolo Carey Mulligan nuda e torniamo al film. Non che finora ne abbiamo parlato granché. Il fatto è che quello del regista Steve McQueen è cinema fisico. Molto fisico. Come il precedente Hunger, che però a onor del vero mi ha aveva convinto ben poco, e che a livello tematico è però molto distante da questo. I punti in comune tra i suoi due film sono nelle inquadrature fisse, nei piani sequenze e appunto nella fisicità. Più che parlato, il suo è cinema che va vissuto. E a proposito di Steve McQueen...

Voglio una vita spericolata,
voglio una vita come Michael Fassbender
voglio una vita che non è mai tardi,
di quelle che non dormi mai

"Un brindisi: che nella vita non manchino mai figa e vittoria!
Anzi, chissenefrega della vittoria?"
Mi spiace citare Vasco, mi dispiace dal profondo del mio cuore, Dio! quanto sto male a citarlo, però è così: Michael Fassbender in questo film ha una vita spericolata e non dorme mai! Manco Jack Bauer in 24 si faceva delle tirate di veglia del genere. Fin dalla prima scena, vediamo il Fassbender a letto, occhio spalancato da erotomane che non riesce a prendere sonno. Il resto del film è un continuo viaggio nella notte, nella veglia, tra metropolitana, appuntamenti random e trombate. Perché il Fassbender non fa mai l’amore. Il Fassbender tromba.

Visivamente e cinematograficamente, Shame è un film bellissimo.
Il piano sequenza della corsa notturna di Michael Fassbender è una poesia, un inno alla notte di New York. Woody Allen? Sei retro!
Un inno non celebrativo, ma nemmeno moralizzatore. Uno sguardo sulla New York City del sesso, della perdizione, dell'assenza di emozioni, del nulla totale. Il grande cazzo di Michael Fassbender come efficace simbolo fallico del grande vuoto esistenziale.
Shame è un po’ come Drive, Carey Mulligan da salvare compresa. Solo che se Ryan Gosling passava tutto il tempo a guidare, Michael Fassbender sta tutto il tempo a scopare.
Letteralmente: un capolavoro del cazzo.
(voto 9/10)

martedì 22 febbraio 2011

Amore, Viagra, Donnie Darko, te**e di Anne Hathaway e altre droghe

Amore & altri rimedi
(USA 2010)
Titolo originale: Love and Other Drugs
Regia: Edward Zwick
Cast: Jake Gyllenhaal, Anne Hathaway, Oliver Platt, Josh Gad, Hank Azaria, Gabriel Macht, Judy Greer, Jill Clayburgh, George Segal, Katheryn Winnick
Genere: commedia sexy
Se ti piace guarda anche: Jerry Maguire, Tra le nuvole, Thank you for smoking, (500) giorni insieme
Attualmente nelle sale italiane

Trama semiseria
Jake Gyllenhaal e Anne Hathaway stavano insieme già dai tempi di Brokeback Mountain, solo che allora c’era un problemino di mezzo: lui era gay. Con l’aiuto di un po’ di Viagra e mostrandogli le tette, questa volta però la Hathaway è riuscita a fargli cambiare idea e i due a letto insieme fanno faville. Cos’altro succede in questo film? Ah, l’ho già detto che i due scopano tutto il tempo?

Recensione cannibale
Solita commedia romantica o c’è qualcosa di più?
Il film parte a mille con un Jake Gyllenhaal in formissima nei panni di un bastardo seduttore degno del Dr. Troy di Nip/Tuck. Donnie Darko ha smesso di parlare con i conigli e si è messo a copulare come un coniglio, diventando l’uomo che sussurrava alle donne.
Ma se in Donnie tramite una Cellar door finiva dritto negli anni ’80 e poi con Prince of Persia maneggiava le sabbie del tempo, questa volta Jake si sposta ancora una volta in un’altra epoca: fine anni Novanta, il periodo dell’esplosione del Viagra. L’amore e altri rimedi ci riporta dritti in quel decennio così vicino così lontano, ma dopo una buona partenza se ne dimentica e dunque chi si aspetta un bel revival di quel periodo (per quanto parlare di revival sia forse un tantino prematuro), a parte qualche pezzo tipo Fatboy Slim, Spin Doctors e la Macarena (oddio!) rimarrà un pochino deluso.
L’atmosfera anni ’90 sembra comunque essere richiamata anche nei riferimenti cinematografici, con un protagonista mooolto Jerry Maguire. Che per caso Jake Gyllenhaal è il nuovo Tom Cruise? E se sì dobbiamo augurargli che ne ripercorra la carriera (per gli anti Cruise ricordo che è pur sempre un attore che ha lavorato con Kubrick-Spielberg-Stone-De Palma-Scorsese-FF Coppola-Paul Thomas Anderson etc.) oppure che non raggiunga mai i suoi vertici di megalomania scientologica? Nell'attesa di scoprirlo, c'è da dire che entrambi indossano i Ray-Ban con impareggiabile classe.

In ogni caso, Jake in questo film caruccio è un giovane playboy senza una direzione nella vita che si mette a fare il promoter di prodotti farmaceutici: una specie di porta a porta negli ospedali (ma Bruno Vespa, Dio sia lodato, non c’entra nulla). Lavora per la Pfizer, una casa di psicofarmaci come tante, fino a che non inventerà il… Viagra. Bingo. E lì Gyllenhaal il seduttore non avrà grossi problemi a venderlo come il pane, gettando le basi per quella che potremmo definire la “Viagra generation”, ovvero quei vecchietti perennemente allupati tipo Berlusconi o il Morandi avvistato ululare a Sanremo. Una "invenzione" questa che ha forse il suo peso nel mancato  ricambio generazionale attuale, visto che un uomo fino a che si sente sessualmente attivo non è pronto per farsi da parte, andare in pensione o anche solo lasciare spazio a qualcun altro. E chi dobbiamo ringraziare per tutto questo? Proprio la Pfizer, grazie tante davvero.

Se volete vedere di più andate al cinema, luridi pervertiti!
Ok, quindi finora il film non ha viaggiato molto sui sentieri soliti della commedia romantica e allora che la parte con Anne Hathaway ci riporta in quella precisa direzione. All’inizio il rapporto Gyllenhaal/Hathaway è di quelli solo sessuali e intendo molto sessuali: i due lo fanno parecchio, si vede qualche tetta, qualche chiappa e insomma il film è leggermente più esplicito della media dei film del genere (rispetto alle pellicole degli anni ’80/primi ‘90 c’è stata un’evidente inversione di tendenza puritana in America). Come prevedibile, il solo sesso animalesco si trasformerà in qualcosa di più. Sento la parola “Sentimenti” espandersi nell’aria e il rischio di finire nella melassa è dietro l’angolo. Se a ciò aggiungiamo anche che il personaggio di Hathaway nonostante la giovane età è già al primo stadio del morbo di Parkinson (tranquilli non è uno spoiler, si scopre subito) allora il rischio diventa una condanna.
Invece il film non ci casca in pieno, per fortuna, ma nemmeno evita del tutto il rischio banalità e così la possibilità di vedere una commedia romantica radicalmente diversa dal solito fallisce. Però il film è una visione piacevole, non ci sono scene imbarazzanti con animali che assumono Viagra (cosa che in un film con Ben Stiller sarebbe invece tranquillamente successa), ma ci sono alcuni momenti divertenti regalati soprattutto dal fratello cinematografico di Gyllenhaal, Josh Gad (un potenziale nuovo cicciobombo comico tra Zach Galifianakis e Jack Black), e soprattutto i due attori protagonisti sono in gran forma: recitativa, fisica e, per un film incentrato sul boom del Viagra un dettaglio non da poco, anche sessuale.
(voto 7-)

Canzone cult: Spin Doctors “Two Princes”

Battuta cult
Una tipa fa la battuta sul morbo di Parkinson più bella mai sentita: “Chi l’avrebbe immaginato che Dio avrebbe voluto che diventassimo così brave a fare le seghe? Mio marito sorride sempre.”

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