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martedì 3 marzo 2020

The Peanut Butter Falcon: il perfetto feel good on the road movie (qualunque cosa ciò significhi)




The Peanut Butter Falcon
Regia: Tyler Nilson, Michael Schwartz
Cast: Zack Gottsagen, Shia LaBeouf, Dakota Johnson, John Hawkes, Yelawolf, Jon Bernthal, Bruce Dern, Thomas Haden Church


Ci sono un ragazzo con la sindrome di Down appassionato di wrestling, un burbero pescatore/delinquente che vende granchi senza licenza e una giovane vedova che lavora in una casa di cura.

No, non è l'inizio di una barzelletta. Anche perché le barzellette di oggi sono troppo politically correct e quindi non ci sarebbe spazio per un ragazzo con la sindrome di Down. Sono invece i tre personaggi principali di The Peanut Butter Falcon, un filmetto indie molto carino caruccio che, per quanto indie nel midollo, potrebbe piacere tranquillamente anche a un pubblico ampio, oserei dire mainstream.

venerdì 30 giugno 2017

American Honey: tu vuò fà l'amielicano, mmielicano, mmielicano





American Honey
Regia: Andrea Arnold
Cast: Sasha Lane, Shia LaBeouf, Riley Keough, Arielle Holmes, McCaul Lombardi, Veronica Ezell, Chad Cox, Crystal Ice, Will Patton


Dopo American Graffiti, American Gigolò, American Beauty, American Psycho, American Pie, American Hustle, American History X, American Horror Story, American Crime Story, American Sniper, American Splendor, American Gods, The American, American Girl, American Woman stay away from me, What's American Boys, American Idol e American Express, ecco che arriva...

American Honey, il miele americano. Dove?
Non nei negozi di miele – se ne esistono – bensì nei cinema...

martedì 27 gennaio 2015

FURY CARRO ARMATO DEL WEST





"La Seconda Guerra Mondiale sta per finire?
Ma nooo, io non c'ho voglia di tornare a casa da Angelina!"
Fury
(USA, Cina, UK 2014)
Regia: David Ayer
Sceneggiatura: David Ayer
Cast: Brad Pitt, Logan Lerman, Shia LaBeouf, Jon Bernthal, Michael Peña, Jim Parrack, Brad William Henke, Jason Isaacs, Xavier Samuel, Alicia von Rittberg, Anamaria Marinca, Scott Eastwood
Genere: furioso
Se ti piace guarda anche: La sottile linea rossa, Salvate il soldato Ryan, End of Watch - Tolleranza zero

Fury è una pellicola che parla di Fury, un carro amato del West. O, per essere più precisi, un carro armato che avanza nella West Germany.
Cioè, un attimo, mi state dicendo che hanno fatto un film su un carro armato?
Ebbene sì. Ormai girano pellicole su qualunque cosa, persino su una bambola comparsa brevemente in un horror, volete che non girino una pellicola su un carro armato?
Quindi è così, il grande protagonista di Fury è proprio Fury, il carro armato Fury, ancor più di Brad Pitt che qui, per quanto ritorni su livelli recitativi più decenti rispetto a quelli zombie di World War Z, è ben lontano dalla performance da Oscar che probabilmente era convinto di fare quando ha deciso di girare questo film. Una pellicola ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale, già solo per questo si candiderebbe a essere una roba da Academy, visto che all'Academy adorano le pellicole ambientate in quel periodo e i film bellici in generale. Guerre e/o film sugli handicappati e/o malati e/o con attori fighi che diventano brutti e/o basta che ti chiami Meryl Streep e la nomination è garantita.

sabato 5 luglio 2014

BRASILE 2014 – IL MONDIALE CANNIBALE, QUARTI DI FINALE CAPITOLO 1





La prima semifinale dei Mondiali 2014 sarà Brasile – Germania. Ogni cosa è andata come previsto, vero?
In parte sì. I padroni di casa procedono la loro marcia verso il Maracanã come da piano, così come l’armata tedesca si è conquistata la sua quarta semifinale consecutiva. No alarms and no surprises. Eppure non tutto è filato liscio.
I crucchi hanno dovuto faticare per fare arrosto i giovani e multietnici Galletti di Deschamps, che comunque escono a testa alta dopo aver disputato un Mondiale al di sopra delle aspettative. Quanto ai brasiliani, per loro la vittoria contro la temibile Colombia del nuovo fenomeno James Rodriguez non si è trasformata in una fiesta. Si è trasformata in un dramma. Sul campo le cose erano andate meglio di quanto preventivabile, complice una Colombia che ha mostrato alcune fiammate impressionanti, ma anche diverse lacune difensive e ha pagato l’inesperienza e l’emozione di giocare contro i padroni di casa. Peccato per loro, perché insieme al Belgio hanno mostrato il calcio migliore di questi Mondiali. Nonostante il risultato positivo, il dramma brasileiro si è materializzato quando Neymar è finito a terra. Cosa non nuova, diranno i suoi numerosi detrattori. Questa volta però il noto tuffatore brasileiro non si è rialzato ed è uscito dal campo in barella. Per lui vertebra rotta e Mondiale finito. A me spiace, perché Brasile 2014 ha ora perso due suoi grandi protagonisti (Neymar + James Rodriguez), lasciando quindi campo libero al noioso Messi. Sarà però davvero interessante vedere come se la caveranno i decimati brasiliani, che avranno pure il capitano Thiago Silva fuori per squalifica, in semifinale. La Germania sembra una squadra perfetta e inarrestabile, eppure secondo me c’è una cosa che le manca e che le ha impedito di vincere negli ultimi anni, nonostante i vari ottimi piazzamenti conquistati: il cuore.

Terminato questo sermone introduttivo, passiamo ora alle cose serie. La foto-fumetto-cronaca dei due quarti di finale di ieri.

Brasile – Colombia 2 – 1








Francia – Germania 0 – 1



Quanto a oggi, ecco il programma degli altri due quarti di finale.

Ore 18:00
Argentina – Belgio
(Rai e Sky)

Ore 22:00
Olanda – Costa Rica
(in esclusiva su Sky)

martedì 29 aprile 2014

NYMPHOMANIAC – VULVUME 2, SE NON VIENI FRUSTATO GODI SOLO A METÀ




Nymphomaniac – Volume 2
(Danimarca, Belgio, Francia, Germania, UK, 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. II
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Jamie Bell, Christian Slater, Willem Dafoe, Mia Goth, Udo Kier, Jean-Marc Barr, Ananya Berg
Genere: sadomaso
Se ti piace guarda anche: La vita di Adele, Antichrist, Dogville, Kill Bill

Una cosa, una delle tante a dirla tutta, che non condivido degli sport è il fatto che una squadra in casa di solito giochi meglio e abbia risultati migliori rispetto a quando è in trasferta. Capisco che il tifo a favore possa essere un bell’incitamento, ma non lo condivido. A me fa piacere ricevere complimenti, come a tutti, però è dalle critiche che ricevo lo stimolo più forte a fare meglio. Se fossi una squadra sportiva, probabilmente darei il massimo in trasferta. Credo che lo stesso valga per Lars von Trier. È dalle critiche, spesso anche feroci, nei confronti dei suoi ultimi lavori Antichrist e Melancholia, i primi due capitoli della cosiddetta Trilogia della Depressione, così come verso le sue dichiarazioni non grate al Festival di Cannes 2011, che è venuta fuori la rabbia per tirare fuori un film come Nymphomaniac, nuovamente amatissimo e altrettanto odiatissimo e criticatissimo, per le più svariate ragioni.

Nymphomaniac è un film malato, misogino, sessista, satanista, razzista?
Malato, questo è certo. Talmente malato da meritarsi su Pensieri Cannibali non solo un primo post orgasmico, non solo un secondo post più riflessivo, ma anche un terzo post sadomaso e infine oggi un quarto post, che proverà ad addentrarsi attraverso quelle sopra citate e altre spinose questioni. Il mio ruolo? Quello dell’avvocato difensore di Lars von Trier. Esatto, faccio l’avvocato del diavolo. Chiametemi – ma solo per oggi – Niccolò Ghedini.


ATTENZIONE SPOILER
A uno sguardo superficiale, alcune accuse nei confronti del regista danese possono venir fuori in maniera semplice. In Nymphomaniac – Volume 2, la protagonista utilizza la parola “negro”, mentre Lars von Trier usa i personaggi di colore in base unicamente alla loro caratteristica sessualmente più stereotipata: il cazzo grosso. Attraverso un dialogo della pellicola, emerge il punto di vista del regista sulla questione.

Joe/Charlotte Gainsbourg dice: “Ogni volta che una parola diviene proibita, si va a togliere una pietra miliare nelle fondamenta democratiche. La società rivela la sua impotenza di fronte a un problema concreto, rimuovendo termini dal vocabolario.
Il moralista Seligman/Stellan Skarsgård a ciò ribatte: “Penso che la società sottolineerebbe che l'essere politicamente corretto è una forma di democratica preoccupazione per le minoranze.
Joe/Charlotte Gainsbourg, non convinta, ribadisce: “E io dico che la società è codarda tanto quanto le persone che la formano che, secondo la mia opinione, sono troppo stupide per la democrazia.

Nel corso del Vulvume 1 di Nymphomaniac, non era ancora del tutto chiaro da che parte stesse Lars von Trier, se più da quella dell’uomo, Seligman, o della donna, Joe. Con questo Vulvume 2 appare piuttosto evidente che Lars è Joe. Joe è Lars. Lars è una vulva. Alla faccia del regista misogino e maschilista. Se già con Melancholia le figure maschili apparivano parecchio deboli e l’ultima possibilità di una qualche salvezza per l’umanità era rappresentata dalle donne, qui il regista alza ulteriormente il tiro alla sua critica a una società maschiocentrica, identificandosi nella sua protagonista. La ribelle, la depravata, la rinnegata, la “persona non grata”.


Laddove nella società odierna il sesso viene spesso indicato come un peccato, qui la colpa sembra invece essere l’amore. La dittatura dell'amore. Quando Joe pensa di essere innamorata di Jerome e sembra pronta a una vita monogama e dedicata alla famiglia, ecco che perde il suo “superpotere”. Diventa frigida, incapace di provare piacere. A questo punto è l’amore il vero peccato da espiare. Per ritrovare la sua sessualità perduta, Joe si affida alle pratiche sadomaso. Qui Lars von Trier indugia in maniera sadica sulle torture che le sono inflitte, tanto da far apparire le frustate de La passione di Cristo e quelle di 12 anni schiavo come delle carezze al confronto. E qui possono piovere giù di nuovo le critiche di misoginia. Lars ci gode a vedere le donne soffrire e bla bla bla. Attenzione però, perché nel finale c’è la vendetta di Joe e la vendetta di Lars, con un colpo di pistola che uccide queste accuse e fa del regista un autentico femminista. Se von Trier è effettivamente sessista, forse andrebbe considerato anti-uomo piuttosto che anti-donna. La prova più evidente di ciò, ancor più che nel finale, sta nella scena del parcheggio presente nel Volume 1. Donna al volante, pericolo costante? Non per von Trier, visto che Joe fa un parcheggio da manuale che Shia LaBeouf si può solo sognare. E quella automobilistica, signori e signore, è l’umiliazione più grande che può essere inflitta da una donna a un uomo.


Riguardo alle possibili accuse di essere un film satanista o quantomeno blasfemo, alla fine della fiera ci sono giusto un paio di passaggi controversi, come la preghiera cattolica “Mea culpa” storpiata nel divertente “Mea vulva mea maxima vulva”, e l’apparizione mistica non della Vergine Maria, bensì di un paio di figure un po’ meno vergini. Al di là di queste sequenze e della "musica satanica", la musica metal dei Rammstein presenti in colonna sonora a inizio pellicola, Nymphomaniac offre semmai delle riflessioni interessanti sulla religione. Non credo che il pur progressista Papa Francesco Vol. I riuscirebbe a sostenere la visione della pellicola senza rimanerne oltraggiato o schifato, però non è nemmeno un lavoro così irrispettoso da un punto di vista religioso, soprattutto nel capitolo 6, intitolato “La chiesa orientale e la chiesa occidentale (l'anatra muta).”


Torniamo ora alla questione d’apertura: il razzismo. Al di là della discutibile, ma comunque parecchio divertente, scenetta con protagonisti i “negri”, l’accusa principale che viene rivolta a Lars von Trier è quella di essere un nazi. E questo “soltanto” per aver detto durante un’ormai famigerata conferenza stampa nel corso del Festival di Cannes 2011:

Capisco Hitler, capisco l'uomo che è po' pieno di male, certo sono contrario alla seconda guerra mondiale e non sono contro gli ebrei, ma in realtà non troppo perché Israele è un problema, come un dito nel culo, fa cagare.” (da Repubblica)

Alla fine del capitolo 8, il capitolo conclusivo “La pistola”, Joe fa fuori il suo ascoltatore/spettatore, Seligman, che è ebreo, come aveva dichiarato durante il vol. 1, però è un ebreo non praticante, quindi non starei a concentrarmi tanto su questo aspetto. Il proiettile che esce dalla pistola di Joe, ovvero la pistola di Lars, non credo sia rivolta al popolo ebreo. È semmai rivolto contro i critici, i giornalisti che l’hanno accusato, la società che subito l’ha messo in un angolo perché se n’è uscito con delle dichiarazioni del tutto all’infuori dei canoni del politically correct. Alla fine di Nymphomaniac, Lars von Trier fa fuori lo spettatore della storia di Joe, Seligman, e fa fuori lo spettatore del film, lasciandolo solo nel nero della sala cinematografica.


Se le intenzioni iniziali del regista forse erano quelle di realizzare un porno d’Autore, o - chissà? - costruirsi un posto al sole da nuovo Tinto Brass, il risultato finale di Nymphomaniac è qualcosa di molto diverso e molto di più. Il sesso c’è, ce n’è tanto e ci sono un sacco di nudi, eppure Lars non c’è nemmeno andato giù troppo pesante, sarà per il fatto che da noi il film è approdato in versione censurata. Abdellatif Kechiche con La vita di Adele aveva ad esempio proposto delle trombate lesbo ben più lunghe ed esplicite. L’intento provocatorio di un’Opera mastodontica come Nymphomaniac non è allora tanto a livello visivo, quanto come contenuti dei dialoghi. Nymphomaniac è un manifesto esistenziale del Rust Cohle dei registi. Un film politico. Una rivoluzione del cazzo, anzi una rivoluzione della vulva contro la dittatura dell’amore.
Come enunciato nel capitolo 7, “Lo specchio”, attraverso le parole di Joe:

"L'empatia che declami è finta, perché voi tutti lo siete. È la morale religiosa il cui compito è di cancellare la mia oscenità dalla faccia della terra, così che i borghesi si sentano meglio. Non sono come voi. Io sono una ninfomane e amo esserlo. Ma soprattutto amo la mia vagina e la mia sporca, lurida lussuria."

C’è così tanto, dentro Nymphomaniac. È una riflessione a 360° sulla sessualità, non solo sulla dipendenza della ninfomane protagonista, ma c’è spazio anche per l’amore omosessuale, con una versione più soft del citato La vita di Adele, per il sadomaso, e poi, nel passo più estremo dell’intera pellicola, si parla persino di pedofilia, in un modo ovviamente ancora una volta lontano anni luce dal politically correct:

Il pedofilo che riesce a vivere la sua vita con la vergogna del suo desiderio senza mai metterlo in pratica, meriterebbe una fottuta medaglia” dice Joe.

"Aaah, sì, Lars. Tu sì che mi ecciti, altroché i One Direction!"

In passaggi come questo emerge chiaramente la voglia di von Trier di andare oltre le convenzioni, oltre al pensiero unico di una società fascista nel suo ipocrita buonismo di facciata, non tanto per una provocazione fine a se stessa, ma perché lui è fatto così e lo conferma tramite le parole del suo alter ego cinematografico Joe:

Ho capito che la società non ha un posto per me e io non ho un posto per la società.

In Nymphomaniac si possono scorgere i riflessi di tutte le accuse piovute addosso al regista dopo Cannes del 2011. La sua risposta è arrivata con un lavoro rabbioso, incazzato al punto giusto, ma non solo. Nymphomaniac è anche un film profondamente riflessivo, esistenziale, il cui valore è superiore alla semplice somma delle parti. Dietro le scene di sesso, le frustate e i momenti più forti ed estremi, possiamo vedere l’ombra di un uomo, Lars von Trier. Una persona non grata, ma una persona bellissima, un essere bastardo e complesso che in realtà non è malvagio come la società vuole dipingerlo. È la società a essere malvagia. È la società il vero mostro.
(voto 9/10)

lunedì 28 aprile 2014

NYMPHOMANIAC – L'APPUNTAMENTO SADOMASO




Allora, Lars, cominciamo?

Come, hai già iniziato da solo?

Uffa. Te lo concedo, ma solo perché è il secondo capitolo della tua personale sega cinematografica.

Tutto bene, comunque, Lars?
Che ti succede? Mi sembri un pochino diverso rispetto all’altro appuntamento. Rispetto al Volume 1 dei nostri incontri. Lì eri più ironico, brillante, leggero, direi quasi. Adesso mi sembri più riflessivo e cattivo.

Cattivo ragazzo, che ci fai con quella divisa da SS addosso?
Ah, ok, ho capito: oggi ti va di fare giochi di ruolo.

Hey, ma quella frusta è proprio necessaria? Stai cominciando a farmi paura, Lars.

No, fermo, che fai?

Nooooooo.

Non voglio.

NOOOOOOO!


Ahia. Che dolore!


AAAHI, heeey che diavolo combini?


Però… non è così male come pensavo...

A dire il vero è piacevole. Chi l'avrebbe detto?
Sadomaso è bello.
E allora sì, Lars.


Sììì

Sììììì

Sììììììì, Lars!!!


Oh, Lars. Anche questa volta sei riuscito a stupirmi. È un piacere differente rispetto a quello dell’altro volume, però è pur sempre un piacere.
Un piacere notevole.
Dai allora, vai avanti che ormai c'ho preso gusto.


Sììììì.


Ahi.


Sììììììììììììì.


AAAAAAAAAAAAHIAAAAAAAA!


Fai di me il tuo schiavo.
Fai di me il tuo 12 anni schiavo.

Bello violento, porcellone di un Lars, bravo!
Lo sapevo che eri un animale, a letto. L’altra volta sei stato persino troppo romantico e teneroso, adesso sì che ci vai giù pesante.
Non smetti proprio mai di sorprendermi, tu. Sei riuscito persino a far passare Christian Slater per un vero attore. E dico Christian Slater, uno che sono almeno vent’anni che non fa un film decente e negli ultimi tempi ha collezionato solo una lunga serie di serie tv subito cancellate. Come una versione per il piccolo schermo del Jep Gambardella de La grande bellezza, Christian Slater non vuole solo partecipare alle serie televisive. Lui vuole avere il potere di farle fallire.
Ma dimentichiamoci di Slater e pensiamo solo a noi, Lars.
Al nostro rapporto malato.

Vai, non ti fermare!

Aaah, sì, ahia.

Dai, continua a farmi del male, Lars, che mi piace.

Sì, daaai.

Una frustata contro il cinema edificante.
Sììì!

Una frustata contro il buonismo.
Sìììììì, così!

Una frustata contro la dittatura dell’amore.
Aaaaaaah, sììììì Lars, sto
VENENDOOOOOOOOO!!!


Nymphomaniac – Volume 2
(Danimarca, Belgio, Francia, Germania, UK, 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. II
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Jamie Bell, Christian Slater, Willem Dafoe, Mia Goth, Udo Kier, Jean-Marc Barr, Ananya Berg
Genere: sadomaso
Se ti piace guarda anche: La vita di Adele, Antichrist, Dogville, Kill Bill
(voto 9/10)

martedì 8 aprile 2014

NYMPHOMANIAC – VOLUME 1, UNA VULVATA PAZZESCA




Nymphomanic – Volume 1
(Danimarca, Germania, Francia, Belgio, UK 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. I
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Sophie Kennedy Clark, Shia LaBeouf, Christian Slater, Connie Nielsen, Uma Thurman, Felicity Gilbert, Hugo Speer, Ananya Berg
Genere: pop porno
Se ti piace guarda anche: Shame, Kill Bill, Melancholia

Il mondo gira intorno a un’unica cosa. E anche il cinema. Prendete i film di David Lynch, Quentin Tarantino, Woody Allen, Roman Polanski, giusto per dirne alcuni. Girano tutti quasi sempre intorno a quella cosa. Se non ci fosse, penso che manco farebbero film. Di cosa parla la prima scena del debutto di Tarantino, Le iene? Qual è l’ultima frase dell’ultimo di Stanley Kubrick, Eyes Wide Shut? E un film impegnato come il Faust di Aleksandr Sokurov, su cosa ruota?
Cosa dire poi del rock, delle rock band? Pure quelle, tutte nate per un motivo solo.
E poi voi, quando siete nati, da dove siete usciti?


Non scandalizziamoci allora e non facciamo tanto i moralisti se su quella cosa Lars Von Trier, il solo e unico führer del cinema mondiale, ha voluto incentrare la sua doppia mastodontica ultima pellicola, Nymphomaniac. Yes he can.
E non scandalizziamoci nemmeno se Pensieri Cannibali a un film tanto importante ha dedicato una nuova recensione, dopo quella orgasmica di ieri.

Quando ho iniziato l’avventura Nymphomaniac ho pensato: “Se questo film non è una figata pazzesca giuro che mi taglio le palle.” Per i primissimi minuti ho temuto il peggio, per le mie palle. Lars von Trier, da buon bastardo qual è, gioca a infastidire lo spettatore, con un’apertura lenta, quieta, buia e poi, quando meno te lo aspetti, all’improvviso ti spara i Rammstein a tutto volume. Roba che qualche debole di cuore ci potrebbe anche lasciare le penne. Lars von Trier entra poi in una modalità narrativa lineare, schematica, oserei dire quasi semplice. Come in molte grandi storie tradizionali, c’è un narratore, Charlotte Gainsbourg, e c’è un ascoltatore, Stellan Skarsgård. È come se fosse una fiaba, solo con contenuti vietati ai minori. Una porno fiaba.


Von Trier fa tanto il ribelle, il trasgressivo, ma alla fine pure lui ha bisogno di disciplina. Ancora una volta, si affida quindi a una struttura molto letteraria con una suddivisione in capitoli, come già successo in altri suoi film, da Le onde del destino ad Antichrist, passando per Dogville. La pellicola è inoltre divisa in due parti, come La vita di adele, un lavoro che in quanto a sesso esplicito non ha nulla da invidiargli, e come Kill Bill. Nymphomaniac è il Kill Bill del sesso. Pure qui abbiamo capitoli girati con stili differenti, uno ad esempio è in bianco e nero, e anche qui viene affrontato il discorso dell’iniziazione all’azione, sebbene virata in termini sessuali, con la protagonista che come maestro di vita ha B al posto di Pai Mei, e ha un rapporto di amoreodio nei confronti di un uomo, qui Jerome, laddove là era Bill. E poi pure qui abbiamo la sposa Uma Thurman.
Uma Thurman che tra l’altro compare nel terzo capitolo che compone la pellicola, “Signora H.”, quello più grottesco e ilare. Perché sì, in questo film si ride, anche. Lars von Trier aveva dato prova di essere un commediografo, un buon commediografo con un senso dell’umorismo tutto particolare, già con Il grande capo e pure in questo Vulvume 1 di Nymphomaniac emerge spesso il suo sguardo ironico e beffardo. Può non sembrare, ma Lars von Trier è un simpaticone, in fondo in fondo.


Spesso Lars von Trier è stato accusato di misoginia. Solo perché le donne nei suoi film subiscono torture, punizioni divine, atrocità e umiliazioni assortite? Può darsi. Eppure Melancholia, ad andare a guardarlo bene, presentava una visione piuttosto femminista del mondo. Qui, ancora una volta, Lars il presunto misogino ha voluto raccontare la storia di una donna. La protagonista di Nymphomaniac è Joe la ninfomane, interpretata da giovane dalla promettentissima esordiente Stacy Martin, e da “vecchia” da Charlotte Gainsbourg, arrivata ormai alla terza pellicola vontrieriana, Santa Donna che riesce a sopportarlo. Che allora il burbero regista non sia più così burbero come si diceva in passato, quello capace di traumatizzare la povera Bjork che dopo Dancer in the Dark non ha mai più girato un film?
Nonostante la presenza di una protagonista femminile, in Nymphomaniac possiamo trovare molto di von Trier. Il danese ha messo qui dentro tutta la sua visione della figa vita, delle donne, dei rapporti tra uomini e donne, certo, ma non solo. Lars attraverso quest'opera si è tolto parecchi sassolini dalle scarpe e ha risposto velatamente alle accuse di antisemitismo piovutegli addosso a Cannes attraverso una frase affidata al protagonista maschile, un uomo ebreo interpretato da Stellan Skarsgård: “Siamo sempre stati antisionisti, che non è la stessa cosa dell'essere antisemita.”


In un altro momento del film, von Trier lascia invece spazio al suo rapporto con Dogma 95, il movimento cinematografico da lui stesso fondato insieme a Thomas Vinterberg e che prevedeva alcune regole per le riprese delle pellicole (niente luci, scenografie, colonna sonora, etc.). Regole così radicali che persino gli stessi creatori del manifesto le hanno ben presto abbandonate. La stessa cosa capita nel film con Joe e B (l’altra attrice rivelazione Sophie Kennedy Clark, novella Kirsten Dunst) che fondano un club per ninfomani, la Piccola Congrega, seguendo il motto “Mea vulva mea maxima vulva”. Tra le regole di questo Fight Club del sesso, non si può farlo con lo stesso partner più di una volta e non ci si può innamorare. Non ci si deve innamorare.
“Contro cosa vi ribellavate?” chiede Stellan Skarsgård.
“L’amore,” risponde Charlotte Gainsbourg.
Con una regola tanto rigida, presto il club inevitabilmente si sfalderà, così com’è successo nella realtà al Dogma 95.


Con Nymphomaniac, Lars von Trier svela inoltre finalmente la sua vera ambizione: quella di diventare il nuovo Tinto Brass. Altroché Cinema d’autore. Lui vuole fare Porno d’Autore. In questo film il regista danese è più diretto che mai. Non si rivolge a un pubblico d’elite. In Nymphomaniac ci sono varie scene di sesso esplicito, eppure Lars non lambisce i territori dell’hardcore, né dall’altra parte tende a una visione pop porno patinata e glamour alla Playboy o alla Brazzers. Utilizza sempre il suo stile nudo e crudo ma, nonostante la tematica affrontata, non esagera nemmeno come ci si sarebbe potuti immaginare, sarà perché la versione arrivata nei cinema italiani è censurata e non è il director’s cut del regista. L’unico momento in cui si è forse fatto prendere un po’ la mano è la galleria di cazzi, un momento di quelli in cui von Trier si ricorda di essere un gran bastardo ed è come se dicesse: “Vi aspettavate un film pieno di fica? E io invece vi regalo una bella e variegata rassegna di bigoli!”.


Per quanto lontano dall'essere patinato, Lars von Trier ci ha regalato il suo film più "commerciale". Oltre alla scelta di fare un film sul sesso e il sesso si sa vende sempre, il regista è qui molto diretto ed esplicito anche nel modo di affrontare l’argomento, evita di essere criptico come in passato e utilizza passaggi che non lasciano grosso spazio all’immaginazione, oltre a momenti quasi didascalici in cui ricorre a delle metafore che possono essere comprese da tutti, non solo dal pubblico snob dei festival cinematografici. La caccia di una preda sessuale viene così paragonata alla pesca, nel primo capitolo dell’opera, "Il pescatore provetto", in cui v’è inoltre un uso fighissimo di “Born to Be Wild” degli Steppenwolf, brano celeberrimo e già strausato dal cinema – qualcuno ha detto Easy Rider? – ma che nelle mani del danese trova una nuova vita. Così come il “Waltz no. 2” di Dmitri Shostakovich, già sapientemente utilizzato da Stanley Kubrick in Eyes Wide Shut, ritorna in Nymphomaniac come tema ricorrente e fa sempre la sua porca figura, senza che appaia abusato.


In un paio di altri capitoli, von Trier cerca inoltre di convincerci che un cuore ce l’ha persino lui. Forse. Nel secondo capitolo “Jerome” si dà spazio a quello che pare essere il grande amore nella vita di Joe la ninfomane e che ha le sembianze di un Shia LaBeouf finalmente convincente e lontano anni luce dalle hollywoodianate alla Transformers per cui è diventato celebre. Ma di questo suo lato B, di questo suo lato indie l’attore ci aveva già dato dimostrazione con il video di “Fjögur” dei Sigur Rós.
Nel quarto capitolo, “Delirium”, viene invece fuori il toccante rapporto di Joe con il padre, un Christian Slater ancora più sorprendente e inedito di Shia LaBeouf, con alcuni momenti che lambiscono i territori del melodrammatico. Per questa parte, la più emotivamente forte del lavoro, Lars von Trier ha scelto il bianco e nero, come se lo considerasse il capitolo più hardcore, e per mitigare le emozioni ha deciso di epurare l'immagine dai colori, quasi per nascondere la vergogna di essere diventato troppo sentimentale.


Amm-sesso e non con-sesso che questo Nymphomaniac sia un film sul sesso, stiamo quindi parlando del film sul sesso definitivo?
In pratica sì, però non tutto convince fino in fondo. Dopo 4 primi capitoli impeccabili, come collegamento al Volume 2 della sua opera Lars von Trier ci presenta un quinto capitolo, “The Little Organ School”, abbozzato e con una metafora musicale giocata sulla polifonia di Bach leggermente telefonata. Nymphomanic parte quindi come una scopata epica e si conclude con un coito interrotto. Una scelta credo voluta da parte di quel bastardone di Lars von Trier, in modo da lasciare ancora con il desiderio acceso, per un secondo volume che promette di essere un’altra esperienza da non perdere, in grado di regalarci una visione più completa dell'insieme. Già nel primo volume comunque c’è di che godere, godere parecchio, anche se devo ammettere che a inizio visione mi sbagliavo. Nymphomaniac non è una figata pazzesca, come immaginavo. Nymphomaniac è una vulvata pazzesca.
(voto 9,5/10)

lunedì 7 aprile 2014

NYMPHOMANIAC, IL CINEORGASMO




Aah.

Sì, così.

Aaah.

Bravo Lars.

Aaaaah.

Sììì.

Sììì, o cazzo, sì.

Continua… dai dai, più veloce adesso, dai dai, più veloce.
Forza!

No, hey, ora rallenta, stallone non Sylvester.
Più piano.
Un po’ più piano…
Ancora un po’ di più…
P i ù  p i a n o
P     i      ù         p      i      a      n      o
Più...
Oh sì, è così che mi piace.


Embè, perché mi guardi male?


Oookay, me ne sto un po’ senza dire niente, che quelli che parlano mentre lo fanno ammazzano tutta l’atmosfera.





Aaah…

Almeno aaah posso dirlo?
Mi è consentito dire almeno questo?

Aaaaah

Aaaaaaaaaah

AAAAAAAAAAAH

AAAAAAAAAAAH

CAZZO AAAAH O CAZZO AAAAAAAAH

Ci sono, ci sono, ci sono ci sono ci sono sono sono sono sono ooooooooo

OMIODDIO SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII’


Sì, Lars sì. Così si fa.
Che scopata, Lars, che scopata!
Bravo, Lars. Non dare retta a chi ti critica. Sono solo invidiosi del tuo enorme...
talento.

E adesso, che ci fai ancora nel mio letto?
Che altro vuoi?
Le coccole?
Sul serio?
Rivestiti, che la visione del tuo culo flaccido ora che gli effetti dell’alcol stanno svanendo non mi sembra più tanto allettante. E poi la parte del romantico non fa per te. Ci rivediamo tra qualche settimana, per il Volume 2… volevo dire per un’altra scopat… volevo dire per un altro appuntamento galante.
Che altro c’è, adesso?

Ah già, scusami. I soldi per il taxi li trovi sul comodino.
Ora levati dalle palle, Lars, e lasciami fumare una sigaretta post orgasmica in santa pace!


Nymphomanic – Volume 1
(Danimarca, Germania, Francia, Belgio, UK 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. I
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Sophie Kennedy Clark, Shia LaBeouf, Christian Slater, Connie Nielsen, Uma Thurman, Felicity Gilbert, Hugo Speer, Ananya Berg
Genere: pop porno
Se ti piace guarda anche: Shame, Kill Bill, Melancholia
(voto 9,5/10)

venerdì 22 novembre 2013

LARS E UNA NINFOMANE TUTTA SUA


Dopo le varie video anticipazioni e i poster orgasmici dedicati all’intero cast, ecco il primo orgasmico trailer ufficiale di Nymphomaniac, il nuovo orgasmico film di Lars Von Trier.
Così si fa, capito Darren Aronofsky?

domenica 28 aprile 2013

LA REGOLA DEL SILENZIO NON SBAGLIA MAI


La regola del silenzio
(USA 2012)
Titolo originale: The Company You Keep
Regia: Robert Redford
Sceneggiatura: Lem Dobbs
Tratto dal romanzo: La regola del silenzio di Neil Gordon
Cast: Shia LaBeouf, Robert Redford, Susan Sarandon, Anna Kendrick, Brit Marling, Julie Christie, Nick Nolte, Terrence Howard, Chris Cooper, Stanley Tucci, Brendan Gleeson, Richard Jenkins, Jackie Evancho, Sam Elliott
Genere: thriller politico
Se ti piace guarda anche: Il debito, Leoni per agnelli, La donna che canta, La chiave di Sara

La regola del silenzio non sbaglia mai. Se sei amico di una spia in galera finirai. E comunque chi fa la spia non è figlio di Maria, non è figlio di Gesù, quando muore va laggiù, va laggiù da quel folletto che si chiama diavoletto. Meglio quindi tenere la bocca chiusa e restare lontani dallo sguardo di occhi indiscreti.

Robert Redford dopo l’intrigante Leoni per agnelli torna in duplice veste regista/attore con una nuova pellicola dal forte sapore politico. Il regista va infatti a ritirare fuori il tema delle proteste contro la guerra nel Vietnam degli anni Settanta. Gli anni di piombo americani, se così vogliamo chiamarli in maniera impropria ma forse è meglio di no e quindi me lo ritiro che poi se no qualcuno magari si offende. Il passato che riemerge nel presente, in ogni caso, come in tutto un filotto di pellicole recenti da La chiave di Sara a Il debito, passando per gli ottimi Valzer con Bashir e La donna che canta.
Per di più, La regola del silenzio è anche un thriller. Un thiller politico dalle buone premesse che però si materializza in un nulla di fatto. Il classico nulla di fatto. La pellicola è diretta con mano solida dal Sundance Kid Robert Redford, qui molto poco Sundance, è recitata abbastanza bene dallo stesso Redford e da uno Shia LaBeouf che inserisce un altro metro abbondante di distanza tra sé e la saga fracassona di Transformers. Meno spazio invece per l’ottima parte femminile del cast, con ruoli troppo minuscoli per le sottoutilizzate Anna Kendrick, Susan Sarandon e Brit Marling. Comunque si tratta di un cast di quelli davvero notevoli, che comprende pure Terrence Howard, Stanley Tucci, Richard Jenkins, Chris Cooper, Julie Christie, Brendan Gleeson e un sempre più ciccionissimo Nick Nolte.

Una confezione di facciata messa su con notevole professionalità che garantisce una pellicola vedibile. Purtoppo, niente più di questo. La parte thriller infatti non riesce a catturare, ad avvincere, a portarti con sé dentro la sua ragnatela di personaggi. A livello umano, questi personaggi sono ben costruiti fino a un certo punto, poi anche loro quando dovrebbero darti la mazzata e farti provare un moto di empatia emotiva non ce la fanno. Laddove il film fallisce maggiormente nei suoi intenti è però soprattutto nella parte politica. Quello di Robert Redford vorrebbe essere un film controcorrente? Vuole mettere in discussione la politica degli Stati Uniti, il capitalismo, farsi portavoce dei rivoluzionari? Vorrebbe sollevare dubbi sullo ieri e sull’oggi?
Nelle sue intenzioni, può darsi. Peccato che gli unici dubbi che riesce davvero a sollevare nello spettatore sia sulla sua reale utilità. Come intrattenimento funziona anche, sebbene proprio ai minimi livelli, non annoia troppo, è tutto ben fatto. È anche però un film senza coraggio, senza forza, senza voce, che si dimentica subito, che lascia poco o niente, in cui si intravedono le buone intenzioni dell’autore ma che non riesce davvero a provocare una riflessione, come invece capitava con il precedente Leoni per agnelli.
Robert Redford, sarai mica stato troppo agnello, questa volta?
(voto 6-/10)

"Hey, ma dove diavolo è finito il resto della recensione?"

"Magari l'hanno pubblicata sul giornale... No, non c'è..."

"Lo confesso, ci sono io dietro gli attentati di Boston e Palazzo Chigi,
ma della scomparsa della recensione cannibale non ne so niente!"

"E tu l'hai vista, la recensione cannibale?"
"Ma che è? Se magna?"

"Bambina di cui non ricordo il nome, tu lo sai dov'è finita la recensione?"
"Ma papà, io non so manco leggere..."



lunedì 3 dicembre 2012

Lawless: Fratelli fuorilegge che si dan delle gran patelle

Lawless
(USA 2012)
Regia: John Hillcoat
Sceneggiatura: Nick Cave
Tratto dal romanzo: The Wettest County in the World di Matt Bondurant
Cast: Shia LaBeouf, Tom Hardy, Jason Clarke, Jessica Chastain, Mia Wasikowska, Guy Pearce, Dane DeHaan, Gary Oldman, Noah Taylor
Genere: proibizionista
Se ti piace guarda anche: Boardwalk Empire, Shotgun Stories, Animal Kingdom


"Inquietante io???"
Nick Cave.
Non mi è mai piaciuto molto, Nick Cave. L’ho sempre trovato troppo inquietante. Va bene essere un pochino inquietanti, ma lui è troppo inquietante.
Una manciata di sue canzoni mi piacciono anche, su tutte queste due, “Where the Wild Roses Grow” in duetto con Kylie Minogue e la struggente “Into My Arms”, ma in linea di massima lo trovo troppo… come dire? Sì, inquietante.





"Non dico una Ferrari, ma almeno una 500 al posto di questo catorcio
potremmo anche permettercelo, se solo vendessimo qualcosa
di un po' più forte di una Ceres..."
I miei dubbi permangono anche sul Nick Cave versione sceneggiatore. Sceneggiatore per la terza volta, dopo Ghosts… of the Civil Dead e La proposta (che non ho visto), con questo Lawless, ancora una volta diretto dal suo amichetto regista John Hillcoat. I due australiani questa volta si sono concessi una trasferta con una produzione americana e con un super cast della Madonna. Roba che con un super cast della Madonna del genere se non realizzate un capolavoro siete due pirloni e il verdetto è…
Mi spiace Hillcoat & Cave, ma siete proprio due pirloni!

Premetto subito che il genere di storie quivi raccontato non è di quelli che mi entusiasmano molto: la vicenda si svolge nel 1931, in pieno Proibizionismo, e vede per protagonisti 3 fratelli con dei giri loschi di alcool, perché in epoca di Proibizionismo che altro puoi fare?
In pratica, sembra di essere in un episodio di Boardwalk Empire, serie tv con cui ho una relazione travagliata. All’inizio non mi piaceva e l’ho mollata dopo una manciata di episodi. Di recente mi sono sforzato di riprenderla, con risultati alterni. La prima stagione non è davvero niente di eccezionale, mentre nella seconda si intravedono notevoli miglioramenti. Nella terza, attualmente in corso negli USA, il mio livello di interesse è invece di nuovo sceso e l’ho messa in stand-by a tempo indeterminato.
Lawless è come un episodio di Boardwalk Empire, ma come uno di quelli noiosi (e nella serie purtroppo ce ne sono diversi).

"Ti dò un passaggio solo se ammetti che la tua auto è un vero catorcio,
caro Sciaia dal buffo cognome."
Al di là del fatto che possa essere un tipo di vicenda di quelle non proprio interessantissime, almeno per me, la sceneggiatura del Nick Cave, tratta dal romanzo The Wettest County in the World di Matt Bondurant, a sua volta ispirata a fatti reali, scricchiola da tutte le parti. Inizia con una voce fuori campo, che poi sparisce, poi a un certo punto ritorna, poi risparisce, per tornare giusto sul finale. I ritmi latitano per un sacco di tempo in cui non succede granché, mentre i fatti salienti della pellicola vengono trattati in maniera sbrigativa. Si procede a ritmo di crociera e poi, bang, quando c’è finalmente un’accelerazione, arriva proprio nel momento in cui non ci dovrebbe essere.

John Hillcoat ci aveva già abituati a ritmi bassi con il suo precedente The Road, pellicola interessante sebbene non riuscita al 100% tratta dal romanzo di Cormac McCarthy, ma al confronto di questa era una iniezione di adrenalina al cuore stile Uma Thurman in Pulp Fiction. Lawless esagera con i ritmi blandi e passa alternativamente dal sonnacchioso nei momenti di maggiore interesse al comatoso in quelli di minore interesse. Tra le scene che ridestano dal sonno c’è una rissa da bar in cui Tom Hardy le suona più di Bud Spencer. Cosa che non significa che sono diventato improvvisamente un fan delle scazzottate, solo che nel resto del film non succede davvero niente che almeno due botte le si accettano volentieri.
E poi, soprattutto, c’è una scena con Jessica Chastain nuda!
Un film con Jessica Chastain, un film con Jessica Chastain perdipiù nuda e mi tocca parlarne male! Maledetto Nick Cave!

"Volete de più? Ve tocca vedé er filme!"

Da qui potete farvi un’idea della noia che mi ha provocato. Non un film brutto, quanto un film davvero noioso. Quasi quanto La talpa. Curiosamente, anche in quel film figuravano Tom Hardy e Gary Oldman. Personalmente consiglierei loro di trovarsi un agente con dei gusti un po’ più vivaci e frizzantini, nella scelta delle sceneggiature.

"Senza Optimus Prime a pararmi le chiappe, me la sono fatta addosso già 2 volte!"
Se Hardy, Oldman e la Chastain recitano con disinvoltura ma non lasciano il segno come in altre occasioni del passato, in questo super cast a convincere di più sono a sorpresa Shia LaBeouf, che dimostra di avere un buon potenziale quando non è costretto a recitare insieme a dei robottoni giganti, e meno a sorpresa la solita immensa Mia Wasikowska, in grado di illuminare la scena in quella manciata di scene scarse in cui compare. Qual è il suo segreto? Non è che sia una bellezza sfolgorante, il più delle volte sembra persino malaticcia, eppure riesce sempre a risultare memorabile. Anche se pure lei dovrebbe trovarsi un agente migliore, visto che tra questo, Alice in Wonderland e Albert Nobbs, di pellicole succedanee del Valium ne sta girando un po’ troppe.
Menzione finale anche per Dane DeHaan, il protagonista di Chronicle, alle prese con il personaggio un filino più simpatico tra tutti, e per Guy Pearce, nella parte di un super cattivone più inverosimile che convincente.

Posso consigliare dunque un film tanto noioso?
No.
Se però volete vedere le tette di Jessica Chastain, vi toccherà sorbirvelo. E se vi piace Nick Cave e il suo stile, che qui ci mette il suo zampino oltre che come sceneggiatore pure nella colonna sonora, probabilmente apprezzerete anche la (sonnacchiosa) pellicola nel suo complesso. Io no. Io continuo a trovare Nick Cave troppo… come dire?
Inquietante.
(voto 5/10)


sabato 8 gennaio 2011

I miei film dell'anno 2010 - n. 15 Wall Street - Il denaro non dorme mai

Wall Street – Il denaro non dorme mai
(USA)
Regia: Oliver Stone
Cast: Shia LaBeouf, Michael Douglas, Carey Mulligan, Josh Brolin, Eli Wallach, Vanessa Ferlito, Susan Sarandon, Charlie Sheen, Oliver Stone
Genere: alta finanza
Se ti piace guarda anche: Wall Street, American Psycho, Thank you for smoking, Tra le nuvole, L’inventore di favole

Trama semiseria
Gordon Gekko (Michael Douglas, of course) s’è fatto qualche anno di galera per le porcate con la Borsa e l’inside trading, d’altronde non siamo in Italia dove personaggi del genere la passano sempre liscia. Una volta uscito, ad aspettarlo fuori dalla gattabuia però non c’è nessuno, visto che sua figlia Carey Mulligan ha aperto una specie di sito comunista stile Wikileaks e suo padre non se lo fila nemmeno di striscio. Si chiama mica Marina Berlusconi…

Pregi: è uno dei rari casi di remake realmente necessari, in grado di parlare della crisi economica di oggi quanto Wall Street 1 faceva dello yuppismo. Forse anche meglio. Il cast poi è super superlativo
Difetti: il finale non ho capito se è buonista oppure è un ultimo sberleffo lasciatoci da Gordon Gekko

Personaggio cult: Gordon Gekko is back, bitches
Scena cult: l’uscita di prigione di Gordon Gekko
Canzoni cult: i vari pezzi di David Byrne con Brian Eno presenti in colonna sonora
Frase cult
Siete nella cacca. Ancora non ve ne rendete conto, ma siete la generazione dei 3 niente: niente lavoro, niente stipendio, niente risorse. Davvero un gran bel futuro.

Leggi la mia RECENSIONE

lunedì 25 ottobre 2010

Il denaro non dorme mai. Gordon Gekko nemmeno

Wall Street – Il denaro non dorme mai
(USA 2010)
Titolo originale: Wall Street: Money Never Sleeps
Regia: Oliver Stone
Cast: Shia LaBeouf, Michael Douglas, Carey Mulligan, Josh Brolin, Frank Langella, Vanessa Ferlito, Susan Sarandon, Eli Wallach, Oliver Stone, Charlie Sheen
Genere: alta finanza
Links: imdb, mymovies
Se ti piace guarda anche: Wall Street, W., American Psycho, L’inventore di favole, Thank You For Smoking

Siete nella cacca. Ancora non ve ne rendete conto, ma siete la generazione dei 3 niente: niente lavoro, niente stipendio, niente risorse. Davvero un gran bel futuro.

Money never sleeps. Il denaro non dorme mai. Parte con uno slogan in stile horror alla The Ring (anche Samara non dorme mai!) il sequel di Wall Street. Se quel film riusciva a rendere una fotografia vivida gli scintillanti superficiali anni 80 in tutte le loro contraddizioni, questo ritorno al futuro prova a fare lo stesso con la crisi economica attuale.

Gordon Gekko is back. Dopo 8 anni di galera è un uomo libero. Lo so che in Italia può sembrare una cosa fantascientifica, ma Gekko per le sue porcate da broker finanziario disonesto e per le sue frodi fiscali è finito sotto processo e persino in galera. Da noi sarebbe un film sci-fi.
Quando esce di gattabuia con ciò che aveva lasciato all’ingresso, telefonino preistorico compreso, ad attenderlo all’uscita non c’è nessuno, mentre una limousine arriva a prendere un gangsta-rapper rilasciato. Fin dalle prime inquadrature capiamo quindi che i tempi sono cambiati, il mondo è cambiato da quegli anni 80 che dominava. Ma Gordon Gekko e quelli come lui sono davvero cambiati? Dalla recente crisi finanziaria potete dedurre facilmente che la risposta è no. Anzi, sono proprio questi squali dell’economia la principale (seppure non unica) causa scatenante di tutta la merda che dobbiamo subire oggi.
Gekko per molti aspetti sembra Berlusconi: egocentrico, ambizioso, avido. Disonesto. Con la differenza che Gekko non è sceso in campo in politica per evitare il carcere. E il carcere l’ha cambiato, almeno in parte. Almeno un po’. Forse.

Questa volta Gekko fa team con il novello Charlie Sheen Shia LaBeouf, un broker che sta per sposare la figlia proprio di Gordon che ha le splendide fattezze di Carey Mulligan, dopo l’educazione sentimentale di An Education ormai pronta per il grande passo.
Tra i difetti della pellicola possiamo annovererare una leggera verbosità, qualche minuto di lunghezza di troppo (come in qualunque film di Oliver Stone che si rispetti) e un finale un po’ così, non del tutto convincente. Però Wall Street – Il denaro non dorme mai è un film di una grandezza esagerata, rappresentato con una classe d’altri tempi eppure in grado di raccontare alla perfezione la società e l’economia di oggi; un raro caso di sequel necessario, giunto con la sceneggiatura giusta al momento giusto che non fa assolutamente rimpiangere l'originale.

La regia di Stone si concede varie finezze, con un montaggio superlativo, un’ottima colonna sonora firmata soprattutto David Byrne & Brian Eno e un cast eccellente (forse il migliore quest'anno dopo Inception). Shia LaBeouf non sarà un attore fenomenale, però è un mio idolo personale e con il look leccato da broker sembra perfettamente a suo agio. Su Carey Mulligan non posso essere imparziale perché penso di amarla, lei e quel suo faccino triste anche quando ride. Josh Brolin è un gigante come al solito e c’è una particina per Vanessa Ferlito, la bomba sexy del tarantiniano Grindhouse – A prova di morte (quella che ballava la lap-dance, per intenderci). Immancabile e simpatico poi un piccolo cameo per Charlie Sheen e comparsata davanti alla cinepresa pure per Oliver Stone.
È ancora lui l’uomo che, con film come Natural Born Killers o il sottovalutato W. su George W. Bush, sa raccontare la società americana (e non solo quella) meglio di chiunque altro. Che anche lui non dorma mai?
(voto 8)

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