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lunedì 14 luglio 2014

I GIVE IT A YEAR, IL FILM CHE TRA UN ANNO NON RICORDERETE MANCO PER SBAGLIO




I Give It a Year
(UK 2013)
Regia: Dan Mazer
Sceneggiatura: Dan Mazer
Cast: Rose Byrne, Rafe Spall, Anna Faris, Simon Baker, Stephen Merchant, Olivia Colman, Alex Macqueen, Jane Asher, Minnie Driver, Jason Flemyng
Genere: a scadenza rapida
Se ti piace guarda anche: 5 anni di fidanzamento, Quattro matrimoni e un funerale, Questi sono i 40

Ci sono delle coppie talmente improbabili che, appena le vedi, dai loro un termine di scadenza.
Elisabetta Canalis e Maccio Capatonda, tanto per fare un esempio a caso, quanto potevano durare insieme? Tempo pochi mesi e si sono mollati.
La coppia più improbabile del 2014 è invece quella formata dal femmineo Zac Efron e dalla mascolina Michelle Rodriguez. Dureranno quanto, fino alla fine dell’estate? Pensate arriveranno a tagliare el panetùn?
Inguaribili ottimisti romanticoni che non siete altro!
Tra le coppie con la data di scadenza impressa a fuoco sulla pelle c’è anche quella protagonista di I Give It a Year composta da Rose Byrne e Rafe Spall. Quando si sposano, i loro amici danno al loro matrimonio un anno massimo di durata. Ce la faranno a raggiungere tale fatidico obiettivo? Si molleranno prima? Oppure smentiranno tutti e dimostreranno che il loro è vero amore, destinato a durare forever and ever, proprio come quello tra Robert Pattinson e Kristen Stewart di Twilight?

Ah… si sono lasciati?
Ok, allora ho sbagliato esempio.
L’amore dei protagonisti di questo film sarà destinato a durare per sempre come quello di Albano & Romina...

Come? Non stanno più insieme nemmeno loro? E da anni? E lui sta pure per risposarsi con la Lecciso?
Ok, la pianto anch’io. La pianto con gli esempi e mi concentro sul film.
La splendida e bravissima Rose Byrne (Damages, Insidious, Le amiche della sposa) è la classica tipa seriosa, a modo, tranquilla, precisina, molto… compassata. Non credo di aver mai usato questo aggettivo in vita mia, però credo sia arrivata l’occasione buona per farlo. Rose Byrne è la classica tipa compassata, credo che descrizione migliore non sia possibile.
Il suo neo maritino Rafe Spall (attore piuttosto anonimo di recente visto in Vita di Pi e Prometheus) è invece il classico cazzaro. Pure in questo caso credo che descrizione migliore non sia possibile. È uno pseudo scrittore che sta lavorando al suo difficile romanzo numero due, non prende le cose molto sul serio, da buon inglese quale è se ha la possibilità di bere si ubriaca di brutto.
I due non hanno granché, diciamo nulla, in comune. Se a ciò aggiungiamo che hanno preso la decisione avventata di sposarsi solo perché superata la soglia dei 30 anni si sentivano in dovere di farlo e il fatto che uno non sopporti le fissazioni e stranezze dell’altro (come la mania di Rose Byrne di storpiare le parole delle canzoni), il loro matrimonio sembra destinato a breve durata. La stima di un anno è persino generosa.
A complicare ulteriormente il loro rapporto ci pensano due “esterni” alla loro relazione. La ex di lui, una Anna Faris più imbruttita e meno simpatica del solito, e poi il piacione di turno, Simon “The Mentalist” Baker, che avrà a che fare con Rose Byrne per lavoro e poi magari non solo per lavoro…

Se avete letto fino ad ora senza annoiarvi troppo, l’avrete capito: I Give It a Year è una tipica commedia romantica che affronta, così come molti altri titoli recenti analoghi, da 5 anni di fidanzamento a Questi sono i 40, il tema del matrimonio e della difficoltà di far durare a lungo una relazione nel mondo precario in cui viviamo. Niente di nuovo, niente di memorabile. La romcom si lascia comunque vedere con una certa gradevolezza, fornita soprattutto dalla britannicità del tutto che regala qualche momento di cattiveria maggiore rispetto a prodotti simili d’Oltreoceano. E poi perché ha un cast di buon livello in cui, oltre a una sempre efficace Rose Byrne, si segnalano in piccoli ruoli una a sorpresa divertente Olivia Colman (quella tipa seriosa di Tyrannosaur e della serie tv Broadchurch) e l’amichetto di Ricky Gervais Stephen Merchant (quello della serie Hello Ladies) che regala al film le battute più volgari, politically incorrect e allo stesso tempo anche divertenti.
In bilico tra commedia sentimentale classica e voglia di azzardare qualcosa di più coraggioso, I Give It a Year è una di quelle visioni ideali per una serata di leggero ed estivo disimpegno, ma che poi si dimenticano in poco tempo. Quanto? Un anno?
Troooppo ottimisti. Pochi giorni e il ricordo di questo film sarà già svanito.
(I give it a 5,5/10)

martedì 6 dicembre 2011

Crisi economica? Ora saprete chi ringraziare

Oddio. Ci becchiamo le notizie economiche già su giornali e telegiornali (a parte Studio Aperto che parla solo di omicidi brutali alternati a immagini di cani, gatti & topa), e adesso dobbiamo sorbirci pure quell’esaltato del Cannibal Kid?
Quasi quasi lo preferiamo quando parla di Justin Bieber

E invece oggi vi tocca. Lezione di economia. In cattedra non 3monti, bensì una persona che (forse) ne capisce ancora meno: il prof. Cannibal “The Economist” Kid.

Margin Call
(USA 2011)
Regia: J.C. Chandor
Cast: Kevin Spacey, Paul Bettany, Zachary Quinto, Penn Badgley, Stanley Tucci, Simon Baker, Jeremy Irons, Demi Moore, Mary McDonnell, Aasif Mandvi
Genere: new economy, new cinema
Se ti piace guarda anche: Wall Street, Wall Street 2, Too big to fail, Inside Job, Tra le nuvole, In Good Company, Collateral

Margin Call è il film di oggi. Perché oggi per una volta non parleremo di teen, di lupi mannari o vampiri.
Hey, un momento. Forse di teen sì, visto che tra i protagonisti c’è Penn Badgley finalmente fuoriuscito da Gossip Girl. Ed hey, forse anche di vampiri. Di vampiri che invece del sangue ci succhiano i soldi. E forse pure di lupi.
Tra le prime scene, ce n’è infatti una cruciale in cui un giovane broker si infila le cuffie nelle orecchie e si ascolta una canzone chiamata “Wolves” dei Phosphorescent, il cui testo è decisamente simbolico e la musica diventa parte della narrazione filmica, in maniera analoga a quanto avviene alle canzoni di Aimee Mann in Magnolia.

mama there's wolves in the house
mama they won't let me out
mama they're mating at night
mama they wont make nice


trad.
mamma, ci sono i lupi alla porta
mamma, non mi faranno uscire
mamma, si accoppiano di notte
mamma, non sarà una cosa piacevole


Torniamo al film. Anzi, torniamo all’economia.
Per prima cosa: cos’è il “margin call”?
Certo che siete ignoranti come le capre, direbbe un certo Vittorio Sgarbi. Anch’io devo ammettere che prima di vedere questo film non lo sapevo. Adesso che ho visto il film non credo che le mie finanze ne beneficeranno più di tanto, però almeno mi sono fatto una mezza cultura in materia e la prossima volta non impedirò che qualche broker o banchiere me lo ficchi in culo, ma almeno saprò in che modo me lo ficca in culo.
La definizione economica di Margin Call comunque è la seguente:
"È la richiesta fatta all'investitore, da parte dell'intermediario in titoli, di integrare il quantitativo di contante o titoli di Stato depositato in garanzia presso lo stesso intermediario. Questa richiesta viene avanzata quando il variare delle condizioni di mercato rende insufficiente il margine disponibile a tutelare l'intermediario dalle perdite."

Ok. Anch’io non c’ho capito niente. Però il film in qualche modo rende la questione economica molto più semplice e immediata. Ce la racconta come se dovesse spiegarla “a un bambino o a un golden retriever”, così come fa il genietto Zachary Quinto (Sylar di Heroes, Spock dell’ultimo Star Trek e recente guest-star di American Horror Story) con Jeremy Irons, il mega direttore galattico della sua azienda che in realtà pure lui di economia non ne capisce una mazza.

Il film sembra avere un cast della madonna. Dico sembra perché se andiamo a rifletterci bene, i nomi altisonanti che spiccano negli ultimi tempi non hanno certo fatto tutti ‘sti filmoni e anzi stavano annaspando ai margini di Hollywood.
Kevin Spacey? Per lui i bei tempi di 7even, I soliti sospetti e American Beauty erano lontani da un bel pezzo.
Jeremy Irons? Finito a fare il Papa nella serie dei Borgias.
Demi Moore? In grado di far parlare di sé solo per il suo divorzio da Ashton Kutcher più che per i suoi (inguardabili) film recenti.
Paul Bettany? Oh my God, lui era quello passato nel giro di un paio di stagioni dall’essere una delle grandi promesse di Hollywood a robacce come Legion, Priest e The Tourist. Sì, ho detto proprio The Tourist!
Tutti i ruoli di merda da loro interpretati in questi ultimi anni? Cancellati come per magia e tutti sono tornati in forma strepitosa e con dei grandi personaggi, a parte forse giusto quello di Demi Moore che poteva essere approfondito meglio.

Insieme a loro ci sono anche un ottimo Stanley Tucci e qualche volto noto del piccolo schermo, come Simon “The Mentalist” Baker e le due nuova leve già citate: Zachary Quinto e Penn Badgley. Sono loro i due veri protagonisti di questa sorta di Odissea, un viaggio tutto in una notte alla Collateral dentro il più grande collasso della storia economica recente. Loro che sono due pesci piccoli, due poco più che stagisti di cui i pesci grossi, gli squali lupo, non sanno manco il nome, si ritrovano a dover fronteggiare la crisi della loro società che potrebbe portare a una crisi ben più di scala mondiale.

Sono loro i nuovi yuppie. Qualcuno di loro lotta per rimanere umano. Come Kevin Spacey che piange per la morte del suo cane, o uno Zachary Quinto che cerca nella musica un rifugio. Mentre Penn Badgley rappresenta bene lo yuppie zombie di oggi, svuotato del divertimento e del sogno della bella vita che animava i suoi “colleghi” anni ’80 come quelli interpretati da Michael J. Fox e Charlie Sheen per non parlare della variante milanese/berlusconiana/vanziniani degli Yuppies Boldi/Calà/De Sica/Greggio. Del loro edonismo non è che rimasta una pallida ombra e tutto ciò che si chiede il personaggio di Badgley è quanto una persona guadagni in un anno. Solo questo.

Questo film non è un documentario, eppure riesce a spiegare il perché la crisi economica mondiale è iniziata. Quasi come se fosse semplice farlo e lo fa proponendoci un tutto in una notte mozzafiato quanto raggelante, in grado di riportare alla mente lo splendido Collateral di Michael Mann. A firmare la notevole regia, in pieno stile new-american, e la ancora più notevole sceneggiatura, ricca di dialoghi di una profondità pazzesca e scene molto simboliche, è l’esordiente J.C. Chavez, uno che se non si brucia ci riserverà ancora un sacco di belle sorprese. Oh, se ce le riserverà!

C’è crisi dappertutto. Dappertutto c’è crisi. Che poi c’è sempre qualcosa per cui essere preoccupati. Ricordate per caso un periodo in cui potevamo dire: “Oh, adesso il mondo sta andando bene. Possiamo stare tranquilli.”
No, c’è sempre qualcosa. L’11 settembre. Bush. Berlusconi. L’Iraq. L’Afghanistan. Adesso c’è la crisi economica. Monti. La manovra. I sacr...
bueeeeeeeeeeeeh ueeeeeeeeeeh sigh sob
sob sigh

Non si può mai stare tranquilli. Quand’è che vanno bene le cose, nel mondo? Mai.
Guardiamo al passato come il protagonista della Midnight in Paris di Woody Allen e pensiamo che fosse meglio. Era sempre meglio. Magari è davvero così. Magari il mondo continua davvero a peggiorare. È questa la vera recessione. Peggioriamo sempre. Diventiamo esseri umani un pochino peggiori di chi ci ha preceduto. Siamo sempre più disposti a scendere. Scendere di livello, abbassarci ai compromessi, rinunciare a ciò che crediamo giusto perché in un periodo di crisi non si può stare ad ascoltare la propria coscienza e pensare troppo a cosa è giusto e cosa no. Ci dicono che dobbiamo fare in fretta. Bisogna sbrigarsi, correre. Dobbiamo lavorare, produrre, essere “responsabili”. Viviamo in un fottuto mondo di pazzi che si muovono alla velocità della luce, anzi no oggi bisogna dire dei neutrini, e in realtà sono tutti fermi.

I film e le serie tv in circolazione oggi possiamo dividerli in due grandi categorie: quelle che ci mostrano la realtà nuda e cruda e quelle che cercano di farci evadere da essa. Se Margin Call è la punta di diamante della prima categoria, delle seconde abbiamo un sacco di esempi, soprattutto seriali, con le varie saghe cinematografiche che raggranellano milioni su milioni di dollari ai botteghini e con le varie serie a tematica più o meno fantasy. A sorpresa, la definizione più azzeccata per la crisi l’ho trovata proprio in una di queste ultime, in una frase del nuovo telefilm favolistico Once upon a time:

“Noi li derubiamo, e loro derubano qualcun altro. Si chiama economia.”

Questa è la spiegazione breve. Se volete quella un po’ più lunga, guardate questo spettacolare film. Non vi smaronerà con noiosi dettagli economici. Non sarà come un discorso di Draghi o Monti. Vi dirà perché oggi c’è la crisi economica e perché una volta finita questa ce ne sarà un’altra e poi un’altra ancora.
No, non insistete: non ve lo dirò io il perché. Ci penserà Margin Call. Il film da vedere oggi per capire lo ieri e conoscere il domani.
(voto 8,5/10)

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