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mercoledì 13 giugno 2012

Con te partyrò

The Myth of the American Sleepover
(USA 2010)
Regia: David Robert Mitchell
Cast: Claire Sloma, Marlon Morton, Amanda Bauer, Brett Jacobsen, Nikita Ramsey, Jade Ramsey, Amy Seimetz, Melanie Leanne Miller
Genere: pre-adolescenziale
Se ti piace guarda anche: The Beautiful Ordinary, Youth in Revolt, Daydream Nation, Cherrybomb, Tomboy, Kids
Film non (ancora) uscito in Italia

The Myth of the American Sleepover: il mito del pigiama party americano.
Purtroppo o per fortuna, questo film non è arrivato, e probabilmente non arriverà mai, sul mercato italiano. Purtroppo, perché non sarà un capolavorone ma è comunque una visione assolutamente gradevole e una pellicola che riesce a trattare il tema della pre-adolescenza in maniera non troppo stereotipata.
Per fortuna, perché Iddio solo sa cosa potrebbero tirare fuori come titolo italiano…


Il film si va a inserire nel filone che io adoro dei “tutto in una notte”, quello che comprende titoli come Collateral, Margin Call, Fuori orario, tanto per dire dei super filmoni, ma anche pellicole più leggere e comunque parecchio godibili come Lo spaventapassere, Tutto quella notte o… Tutto in una notte: con un titolo così, non potevo non citarlo, sebbene tra tutti sia quello che mi è piaciuto di meno.
The Myth of the American Sleepover è una sorta di piacevole variante teen del genere. Anche se sarebbe più giusto parlare di variante tween. I protagonisti sono infatti un gruppo di ragazzini intorno ai 13/14 anni, nell’ultima notte d’estate prima di entrare a far parte del liceo dopo la fine delle scuole medie, e dunque fare il loro ingresso ufficiale all’interno della gioventù americana.
Alcune ragazze organizzano un pigiama party, mentre i ragazzi ne fanno una sorta di versione maschile, che però per dignità preferiscono non chiamare “pigiama party”, bensì definirlo un “semplice ritrovo tra amici”. Alle loro vicende si intreccia anche quella di un personaggio più grande, un universitario in crisi che per ritrovare se stesso cerca di andare a sgamare due sexy gemelline che gli andavano dietro ai tempi del liceo ma di cui lui non si era mai accorto prima. È lui la presenza più (molto relativamente) adulta, all’interno di un film in cui i genitori sono un’entità del tutto invisibile. O meglio, non ci sono proprio.


Il cast è quindi dominato interamente da volti nuovi, emergenti promettenti in cui si segnala soprattutto Claire Sloma, bionda dal viso particolare, un po’ una Chloe Sevigny acerba. E ho detto “Chloe Sevigny acerba”, mica “Manuela Arcuri acerba”.


Con uno sguardo innocente che ricorda più un cinema francese naif alla Tomboy che non i kids estremi e privi di morale di Larry Clark e Harmony Korine (prossimamente è in arrivo un suo nuovo film deviato con Selena Gomez e Vanessa Hudgens!), il regista David Robert Mitchell ci presenta una serie di ragazzini esattamente a mezza strada tra fanciullezza e primi sconvolgimenti emotivi/ormonali da teenager. Per fortuna viene evitato qualsiasi sensazionalismo, sesso e droga sono presenti in dosi minime ma allo stesso tempo non c’è una visione edulcorata o puritana della realtà. Quella di non giocare troppo su questi temi è una scelta voluta, consapevole. Può essere vista anche come un difetto, visto che il regista non spinge mai fino in fondo il pedale della quinta e rimane quindi sospeso. Però è giusto che sia così. Un film sospeso che racconta di un’età sospesa.
(voto 7-/10)

mercoledì 30 novembre 2011

Al peggio non c’è mai Bieber

E alla fine l’ho visto. Il giorno è arrivato. Il 2011 volge al termine e non avevo ancora guardato abbastanza film terribili per quest’anno e ho dovuto porre rimedio. E così l’ho visto e non pensavo sarebbe stato tanto atroce. Ma, come dice lo stesso Justin Bieber: Never say never. Mai dire mai.

Justin Bieber: Never Say Never
(USA 2011)
Regia: Jon M. Chu
Cast: Justin Bieber, Usher Raymond, Sean Kingston, Jaden Smith, Miley Cyrus, Scooter Braun
Genere: documinkia
Se ti piace guarda anche: i video di giastinbiber su iutiub!

Premetto una cosa. Questo non è un film.
Lo immaginavate già senza vederlo, eh?
Più che un film vero e proprio, è un documentario autocelebrativo e parecchio amatoriale, nonostante il budget di “appena” 13 milioni di dollari. Che a questo punto ci si chiede chi se li sia intascati e per fare cosa. Un po’ come per The Blair Witch Project: sarà costato appena 60.000 dollari, che per una produzione cinematografica sono un’inezia, però vedendo il risultato finale ci si domanda comunque come abbiano fatto a spenderli.

Il film, pardon documentario per bimbiminkia che per abbreviare chiamerò semplicemente “documinkia”, parte con un agghiacciante rap (o rap le ciap, sarebbe meglio dire citando Scary Movie 3). Perché sentire Justin Bieber rappare è una cosa che ti fa venire voglia di chiamare una gang dal ghetto per fargli un culo come una capanna e che poi chiami il Telefono Azzurro, se si rialza. Perché se già Bieber che canta non se pò sentì, Gangsta Bieber è un insulto alla musica hip-hop!

Nel corso di questa scena le finestre di casa mia sono andate in frantumi.
Chissà perché...
Comunque, dicevamo che ‘sto filmino delle vacanze è praticamente un documentario che ripercorre i primi anni della breve vita di Justin Bieber. Breve vita non perché sia morto, purtroppo dirà qualcuno (ma non io, sono mica così cattivo, io come detto sopra gli manderei giusto qualcuno per dargli una bella lezione…), ma perché ha solo 17 anni. E già gli hanno dedicato un documentario. Pensate cosa gli dedicheranno tra qualche anno. Dite che tra qualche anno manco uno se lo cagherà più di striscio? Probabilmente avete ragione. Preghiamo.

Nei vari spezzoni montati insieme alla ben’e meglio dal registone di Step Up 2 e Step Up 3D John M. Chu, tanto il pubblico di età media sui 4 o 5 anni un documentario non l’avrà mai visto, fanno vedere le immagini di quando Justin era bambino e tutti lo elogiano come se poi sarebbe diventato un genio, il nuovo Gesù Cristo salvatore dell’umanità. E invece poi che ha fatto?
La sua più grande hit è una canzone di merda come questa, ecco cos’ha fatto


"Nun me poteva capità un fijo da Lazio piuttosto che un Justin Bieber?"
Più che un film o un docu-film o un minkiafilm che dir si voglia, sembra più che altro una puntata di 16 anni e incinta, con la giovane madre di Justin che racconta di come sia stato difficile tirare su un figlio del genere ecc… No, in realtà niente di questo.
Tutti parlano sempre benissimo di lui e nel “film” (ma dobbiamo proprio continuare a chiamarlo film?) hanno solo parole strapositive e non c’è neanche un ombra. Non so, droga, alcool, Selena Gomez che si fa una striscia, sesso con animali… Niente di tutto questo.

Di scene da paura che manco negli horror ce ne sono parecchie, ma la cosa più spaventosa in assoluto sono le giovanissimissime fan, delle bambine di non più di 8 o 9 anni (e mi sono tenuto sull’alto) urlanti, costantemente urlanti, disperatamente urlanti, che se ne escono con frasi tipo “Penso a Justin Bieber il 99% del mio tempo”, “Diventerò suo marit-ehm, sua moglie” e cose del genere. Tanto che a fine film ciò che rimane in testa non sono (grazie a Iddio) le canzoni del baby divo, ma le urla delle fan che rimangono impresse in maniera raggelante quasi quanto gli spari del film Elephant.
Comunque è possibile che non abbiano trovato nessuno che dicesse: “No, a me Justin Bieberon fa proprio schifo”? Intervistano persino la maestra elementare che gli aveva insegnato fino a molto tempo fa, cioè circa un paio di mesi fa, e pure lei ne parla come se in classe avesse avuto il figlio segreto di Madre Teresa di Calcutta e Gandhi.

"So' Hanna Montana, nel film ce sto pure io che se no
i bimbiminkia si scordano di me. Non dimenticatemi!"
Comunque, ma come cazzo me so' vestita?"
Oltre ad essere realizzato in maniera parecchio amatoriale, roba che i programmi medi di Mtv di solito sono fatti molto ma molto meglio (persino Jersey Shore!), non ci si è nemmeno sforzati di tirare fuori non dico una sceneggiatura o una trama, ma pure una vaga, vaghissima linea narrativa. Ci sono spezzoni di concerti intermezzati a so(a)porifere scene di vita quotidiana ed è tutto random. Questo Never Say Never, se non lo aveste ancora capito, è un vero scult che su IMDb viene premiato con una impressionante media voto di 1.4. E ricordo che su IMDb il voto minimo è 1 e non 0, quindi è davvero difficile fare di peggio. Persino Chicken Park di Jerry Calà arriva a un miracoloso 2.0.

Nonostante tutte le lodi sperticate e le parole solo benevoli nei suoi confronti, il ritratto di Justin Bieber che viene fuori da questo pseudo-film è impietoso: un tipo ossessionato dal look e soprattutto dalla sua inconfondibile frangetta e per cui la musica è giusto un optional. I suoi capelli sono molto più importanti delle canzoni: non sono io a dirlo, ma è ciò che emerge dal documentario.
Non una migliore impressione suscitano le persone che lo circodano, un branco di sanguisughe che gli gravitano intorno cercando di sfruttarlo e spremerlo al più possibile per fare soldi e per far gridare più ragazzine possibile ai concerti. Se sua madre è una teen mom, suo padre è un tamarro scatenato poco più adulto del figlio, mentre i suoi amici sembrano usciti da una versione per tween lobotomizzati della serie tv Entourage. Ma soprattutto Justin figura come un pupazzo senza potere decisionale comandato a bacchetta dal suo curatore di immagine personale, un tipo esaltatissimo che o è cocainomane o è un malato di mente, e una signora a capo del suo staff. L’unica figura vagamente umana che emerge da questo spettacolo impietoso popolato da zombie con le $ al posto delle pupille degli occhi sembra essere il suo manager Scooter (ma che razza di nome ha, santiddio?), il solo che fa emergere qualche emozione mentre parla. Ma probabilmente è solo l’unico in grado di recitare decentemente di tutta la “pellicola” (le virgolette sono sempre d’obbligo).

Le canzoni che accompagnano la durata di questo strazio fanno veramente pena (c’era forse bisogno di dirlo?), sono non-musica con non-basi elementari e non-testi agghiaccianti infarciti di buoni sentimenti alla Settimo cielo. Al confronto i Jonas Brothers sono i nuovi Metallica, Jesse McCartney l’erede di Marilyn Manson e High School Musical una visione vietata ai minori.
Justin Bieber è il vuoto più totale, pure se paragonato ai fenomeni teen pop del passato: le Spice Girls ad esempio almeno promuovevano il girl power, i Take That avevano una manciata di canzoni valide e un fenomeno come Robbie Williams, negli *N SYNC per quanto tutti immagine emergeva già il talento di Justin Timberlake, i Tokio Hotel giocavano con l’ambiguità sessuale e i poteri da supersaian dei capelli del cantante…
Nel fenomeno Justin Bieber non c’è nemmeno niente di tutto questo, solo un bambinetto con la frangetta da bambinetta che sa cantare e ballare. Però non come una (giovane) persona di vero talento, ma solo come un fenomeno da baraccone di quelli che sembrano usciti da un talent-show alla Io canto o Ti lascio una canzone. Come una scimmietta ammaestrata.

Chiudo rispondendo a un paio di domande che probabilmente vi sarete fatti fin dall’inizio del post.
Com’è che Justin Bieber è diventato famoso?
Si è fatto strada nei concorsi locali e poi hanno cominciato a caricare i suoi video su YouTube, ma il vero artefice del suo lancio nell’Olimpo musicale è stato il cantante r’n’b Usher. Ecco, è lui che dovete ringraziare!
E l’altra domanda: com’è che tu, Cannibal, hai visto questo film?
A parte quanto detto all’inizio e a parte il mio solito perverso senso di masochismo che mi porta a guardare pellicole e programmi tv abominevoli oppure ad ascoltare musica agghiacciante, il motivo principale è che mi piace cercare di comprendere i fenomeni della cultura pop, siano essi di alto, medio, basso o bassissimo (come in questo caso) livello.

E cos’ho capito, allora?
Dopo questa a suo modo illuminante visione, l’aspetto più interessante non è tanto Bieber in sé, personaggio di una pochezza con pochi pari, ma le vere protagoniste del film e del suo successo: le fan. Un branco di bambine giovanissime che grazie alle nuove tecnologie hanno contribuito al successo virale del loro idolo su Internet, saltando il passaggio per gli altri canali tradizionali. Quella porcheria di Baby postata sopra, per dire, è il video più visto di tutti i tempi su YouTube con oltre 667 milioni di visualizzazione, al momento e schiacciando play avrete contribuito ad aumentarle ulteriormente.
Una rivoluzione nel marketing in grado di aprire un segmento nuovo: se i teenager hanno cominciato a diventare il target commerciale principale della civiltà occidentale (leggi americanizzata) dagli anni ’50 in poi, negli ultimi anni abbiamo visto l’emergere dei tween, e ora siamo addirittura arrivati ai pre-tween, bambini e in questo caso soprattutto bambine appena uscite non dal passaggino ma quasi ancora in fasce e in grado di diventare l’elemento più prelibato del mercato. Perché è di questo che si tratta. La musica qua è del tutto dimenticata. It’s all about the money, money, money.
Speriamo sia un addio...
La cosa più triste è l’immagine dei bambini che ne esce fuori. Una volta creature innocenti e pure e oggi vittime pure loro del sistema capitalista fin da un’età sempre più precoce. È questo ciò che ha fatto Justin Bieber, e soprattutto gli strateghi stragisti del marketing dietro di lui, ai figli che non avremo di questi cazzo di anni zero: ha portato via loro la verginità.
(voto: zero assoluto)

P.S. Ma quanto moralizzatore sto diventando?

venerdì 22 luglio 2011

Rebecca Merd is back

Lo so, era il momento che voi bimbiminkia là fuori stavate aspettando da tutta una vita, cioè tipo dagli ultimi 8 anni.
L’autrice del video scult dell’anno Friday, ovvero Rebecca Black, è tornata con una nuova canzone che, contrariamente ai miei pronostici, non si chiama "Yesterday was Friday, Today Surprise Surprise is Saturday", bensì "My moment". Canzone & video fanno schifo, è vero, però non è rimasto più niente della bruttezza assurda e genialmente trash del precedente.
Mi sa che il tuo moment è già bell’e che finito, Rebecca Merd...


E questa è la meravigliosa versione senza auto-tune
(grazie a Mattia per la segnalazione!)

OkNotizie

martedì 5 luglio 2011

Ecco cosa fa Selena Gomez quando non spara le se**e a Justin Bieber

Selena Gomez è quella a sinistra,
quello a destra (in teoria) è un maschio
Visto che da domani su Internet e naturalmente anche su questo blog incomberà l’ombra lunga della censura (ma dove siamo, nel Kazakistan di Borat?), oggi mi/vi concedo un ultimo titolo esplicito. Da domani infatti mi sa invece che i titoli dei miei post saranno su questo stile:
Viva Dio
Silvio Berlusconi adesso sposa me!
Roberto Maroni official fans club page
Tremonti hai una voce così dannatamente sexy
Vendola culo e culo chi non lo dice… “Culo!”
Bersani comunista, anzi Bersani comunista punkabbestia pulcione
Di Pietro brutto birbante
Un Ghedini per amico
Il nuovo disco di Alessandra Amoroso è troppo giusto, raga
Ruby Rubacuori è vergine e il figlio che porta in grembo è Gesù

Sì, insomma, da domani questo blog sì che sarà davvero politically correct e troppo giusto, raga!
Per intanto beccatevi la recensione di questo disco, perché da domani saranno recensiti solo album e film con voti superiore all'8.

Selena Gomez & the Scene “When the sun goes down”
Genere: tween pop
Provenienza: Disneyland
Se ti piace ascolta anche: Pixie Lott, Cheryl Cole, Britney Spears, Katy Perry

Chi cazzo è Selena Gomez?
Se ve lo state chiedendo tranquilli perché
a) Avete più di 13 anni
b) Siete persone normali
c) Non vi state perdendo niente di ché

Per tenervi aggiornati sul mondo tween, perché qualcuno in questo triste mondo deve pur farlo, vi rammento che Selena Gomez è un’attriciona di scuola Disney ed è stata la protagonista della serie tv I maghi di Waverly, ha in uscita la commedia romantica Monte Carlo che potrebbe farle fare il botto a Hollywood come nuova Hannah Montana (mica cazzi!) oppure no, epperò lei è anche una cantante nonché leader della sua band di figuranti, i The Scene. Ma, soprattutto, Selena Gomez è conosciuta al mondo come fidanzatina di Justin Bieber, ovvero il bimbominkia numero 1 per eccellenza.
Adesso la 18enne Selena con quel nome da pornostar che si ritrova ha fatto uscire il suo (già) terzo album con i The Scene che suona come un concentrato di popedelia pre-adolescenziale capace di frullare tutte insieme le altre varie divette Disney del passato recente, da Britney il mito Spears, fino a Hilary Duff, Miley Cyrus e la Sirenetta. Non siete già corsi a scaricarlo/comprarlo? Strano. In confronto al boyfriend Justin Bieber suona che è una figata, in confronto a qualunque altro artista mondiale suona abbastanza di merda, ma alla fine è sempre una questione di prospettive: in giro c’è di meglio, in giro c’è di peggio, in giro c’è chi dice che questi tween di oggi sono il demonio personificato e in giro c’è chi si limita a dire dice che questi tween di oggi manderanno solamente il mondo in rovina. Qual è la verità? Chi ha ragione? Chi lo sa. Secondo me comunque con quel nome che si ritrova Selena dovrebbe innanzitutto mollare Justin Bieberon e quindi darsi al porno. Poi, decida lei cosa è meglio per la sua carriera, ma io intanto le ho regalato uno spunto su cui riflettere seriamente…
(voto 4+)

Titolo del prossimo post in programma domani:
Raga, non scaricate dischi e film che Gesù bambino vi guarda e disapprova



OkNotizie

domenica 27 marzo 2011

Il giorno in cui scoprii che la magia non esiste

Mr. Magorium e la bottega delle meraviglie
(USA 2007)
Titolo originale: Mr. Magorium’s Wonder Emporium
Regia: Zach Helm
Cast: Dustin Hoffman, Natalie Portman, Zach Mills, Jason Bateman
Genere: giocattolesco
Se ti piace guarda anche: Toys, Toy Story, Mamma ho perso l’aereo – Mi sono smarrito a New York, La fabbrica di cioccolato, Miracolo sulla 34a strada

Trama semiseria
Mr. Magorioum è il proprietario di un negozio di giocattoli e, non si sa bene perché, è dotato di poteri magici. Questi poteri comunque non è che li usi per guarire le persone dal cancro o cose del genere, semplicemente anima dei giochi. Visto che ha 200 e passa anni, Mr. Magorium decide per una volta una cosa furba e realizza che è arrivato il momento per lui di lasciare questo mondo: era ora, dico io, finalmente un po’ di ricambio generazionale! E così Mr. Magorium affida il suo negozio a Natalie Portman, solo che lei è troppo impegnata a ballare e soprattutto a dare i numeri ne Il cigno nero e decide quindi di fare una magia: sparire da questo orrido film.

Recensione cannibale
Ho avuto la prova che Natalie Portman è una Dea, ma non è Dio. Sì, può fare magie, ma miracoli no. Dev’essere un po’ come per un ebreo scoprire che l’Antico Testamento in realtà è un’opera di fantasia di J.R.R. Tolkien o per un cattolico realizzare che dietro i Vangeli si cela l’inquietante firma di un Federico Moccia dei primi anni d.C.. Allo stesso modo io ho scoperto che una roba terribile come Mr. Magorium non può essere raddrizzata nemmeno dalla presenza della magnifica Natalie. E allora oggi il mondo è un posto un po’ più triste perché ho scoperto che Natalie non può ogni cosa come pensavo. Sigh.

Che poi questo film si sforza in tutti i modi di suggerirci di quanto le cose siano piene di magia, basta solo guardarle bene. Il problema è che invece è un film del tutto privo di vera magia. Dustin Hoffman nei panni di Mr. Magorium è qualcosa di insopportabile; già non è mai stato un attore di mio grande gradimento, ma negli ultimi tempi si sta rendendo davvero Mr. Ridiculum, qui con tanto di agghiacciante trucco simil-Grinch. Il bimbo protagonista della storia è poi più insopportabile della media del genere “bambini cinematografici insopportabili” e pure Jason Bateman sembra radicalmente fuori parte. Gli unici momenti decenti della pellicola, accompagnata da un’enfatica ma ben poco incisiva musica firmata Alexandre Desplat (Fantastic Mr. Fox, Il discorso del re), si assistono allora quando il Magorium si leva finalmente dalle palle lasciando un po’ di spazio a Natalie, l’unica luce dentro questo film buio (per quanto colorato), in grado di offrire le sole scene degne di nota quando con la mano fa finta di suonare il piano. E poi in un paio di momenti in cui immancabilmente piange.


Comunque no, nemmeno la presenza di Natalie Portman è abbastanza per consigliarvi questo pessimo filmetto. E se lo dico io che l’ho messa persino come header del blog, fate voi due conti su quale possa essere il livello del ben poco favoloso mondo messo in piedi da questo Zach Helm, regista nonché autore della sceneggiatura.

Questa qui sopra è stata quindi la triste e breve storia di come dopo aver constatato che neanche Natalie può regalare la magia a qualunque pellicola, ho realizzato che la magia non esiste. O forse raddrizzare questo Mr. Magorium era troppo persino per lei. La prossima volta il regista Zach Helm allora mi sa che farebbe meglio a rivolgersi direttamente a Lourdes.
Comunque, Natalie, oltre ad essere l’attrice migliore del mondo sei una persona intelligente, ti sei persino laureata ad Harvard, quindi perché, ma peeerché hai scelto di fare un film del genere???
E pensare che il claim promozionale della pellicola è: "Se pensate che la magia non esista... vi ricrederete." A me è andata al contrario.
(voto 4+)

venerdì 25 marzo 2011

Ieri era giovedì, domani è sabato e oggi -indovinate?- è fraidei fraideeei

Chi è la persona più odiata del mondo in questo momento?
Silvio Berlusconi?
No, lui è solo al terzo posto.
Gheddafi.
No, lui occupa la seconda piazza.
E allora chi c’è in prima posizione?
In testa alla hit-parade del male questa settimana c’è Rebecca Black, una ragazzina di 13 anni che fino a pochi giorni fa non era nessuno e con “Friday”, già definita la canzone più brutta nell’intera Storia del Pop, è diventata in brevissimo tempo milionaria. Eh già Monday era una signorina nessuna e tempo che è arrivato Friday si è fatta una vagonata di soldi: uno di quei casi misteriosi su cui gli esperti di marketing dovranno studiare a lungo, perché il caso Rebecca Black vale più di qualunque lezione ad Harvard.

Mentre in Giappone dopo il terremoto e lo tsunami c’è l’allarme nucleare e mentre mezzo mondo sta combattendo una guerra contro Gheddafi, 'sta stronzetta di 13 anni come problemoni ha il dover mangiare i cereali a colazione e soprattutto un dubbio esistenziale che ai tempi affliggeva pure Amleto:
Which seat can I taaake?
La cosa che più stupisce è come i suoi amici, per quanto pure loro abbiano addosso una bella dose di sfiga, non le diano una mano di botte: “Which seat? Ma sta zit e non provare a mettere ancora su sta canzone di merda che ti scarichiamo in mezzo alla strada!”
Intanto ribeccatevi il suo video (che viaggia già intorno a 50 milioni di visualizzazioni su YouTube), se per caso avete avuto la fortuna di esservelo persi venerdì scorso.


Oggi è di nuovo venerdì, perché ieri era giovedì e domani stranamente sarà sabato e tra due giorni forse sarà domenica e io ringrazio Rebecca Black Sabbath perché senza di lei non saprei mai che giorno è, quindi svolge un ruolo fondamentale di calendario per regolare la mia settimana: grazie!
Venerdì, dicevamo, bisogna andare get down e avere tanto fun fun fun fun, fuck fuck fuck fuck e io sto seriamente pensando di regalare uno spazio settimanale fisso a questa canzone, perché ormai che venerdì è, senza Rebecca Black?
Sto scherzando.
Ma non troppo, anzi potrebbe davvero diventare la rubrica del venerdì, almeno per le perle di parodie che la rete ci offre. Queste sono le due migliori della settimana selezionate apposta per voi. Adesso vado al bus
STOP


venerdì 18 marzo 2011

Friday I'm in hate

Avete presente quelle canzoni che si dice contengano dei messaggi subliminali se suonate al contrario? Bene, il pezzo che ho il (dis)piacere di presentarvi quest’oggi sono quasi certo nasconda un messaggio di tipo satanico al suo interno. E non ha nemmeno il bisogno di essere riprodotta al contrario.
A cantare il brano è tale Rebecca Black, una tipa 13enne che minaccia di diventare una sorta di versione al femminile di Justin Bieber. Il preoccupante inizio di carriera è infatti simile, visto che anche lei sta diventando un fenomeno (da baraccone) su YouTube con questa “Friday”, che ha già superato i 16milioni di visualizzazioni ed è in crescita esponenziale e virale. Virale è la parola chiave;  questo pezzo è proprio un virus e quindi fate attenzione a sentirla perché potrebbe anche installarsi nella vostra testa e potreste ritrovarvi a canticchiarla sotto la doccia o, peggio, mentre siete in coda alle Poste. Perché a un certo punto della vita di ognuno capita di essere in coda alle Poste (niente contro le persone che ci lavorano, ma Dio bono se siete lenti!).
A preoccupare di più non so se sia il video con dei 13enni che se ne vanno in giro in auto (la patente questi l’han trovata veramente dentro i Coco Pops), gli effetti di animazione epilettici della clip, il fatto che a un certo punto compaia un rapper che avrà almeno il triplo dell’età delle masnà qui presenti, la voce ridicola, stridula, urticante e oltre la soglia del fastidioso di questa “cantante” soprattutto nel ritornello, oppure il testo Sunday Monday Happy Days che invita a divertirsi nel weekend: ma stattene a casa che non ti sono ancora venute le mestruazioni!


In rete circolano già un sacco di parodie del pezzo, tra cui persino una versione cantata in stile Bob Dylan!

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