(Italia 2014)
Regia: Carlo Verdone
Sceneggiatura: Carlo Verdone, Pasquale Plastino, Gabriele Pignotta, Maruska Albertazzi
Cast: Carlo Verdone, Paola Cortellesi, Tea Falco, Lorenzo Richelmy, Eleonora Sergio, Simon Blackhall, Alex Infascelli
Genere: merdino verdino
Se ti piace guarda anche: Io, loro e Lara, Posti in piedi in paradiso
Io non ce la faccio a volergli male, al Carletto Verdone. E sì che il suo ultimo film avrebbe tutte le carte in regola per farmi girare le palle alla grande. È buonista. Ha un finale terrificante. È corredato da un’insopportabile, continua e moralistica voce fuori campo. È girato male. Proprio male. Non che Verdone sia mai stato un fenomeno dietro la macchina da presa, ma qui siamo a livelli da fiction Rai o Mediaset. Idem per quanto riguarda la recitazione. Tea Falco, già ammirata nel caruccio Io e te di Bernardo Bertolucci, è tanto bella quanto incapace di esprimere emozioni che non siano quelle di un generale scazzo e disprezzo nei confronti dell’umanità tutta. E mi piace, per questo. Vorrei fosse la madre dei miei figli, per questo. Però recitare anche no, eh. Lorenzo Richelmy, qui alle prese con uno stereotipatissimo ruolo da tormentato ggiovane che si crede un artistone quando invece canta delle canzoncine degne di Matteo Branciamore, è la versione al maschile della Falco. Anche lui costantemente scazzato. A risollevare il tutto ci pensa allora l’arrivo di Paola Cortellesi, non fenomenale, la sua recitazione è molto da scenetta di Mai dire gol più che cinematografica, ma se non altro il suo personaggio contribuisce a rianimare la situazione.
"Ma la smetti di suonare 'ste canzoncine demmerda? Sei peggio di Alex Britti!" |
La prima parte del film fa davvero temere il peggio. Carlo Verdone è alle prese con il suo solito ruolo da divorziato che frequenta una donna più giovane, ovviamente molto superficiale, e una volta che la sua ex moglie muore e lui resta a spasso senza un lavoro, visto che il suo capo ha fatto dei truschini loschi perché in Italia tutti fanno truschini loschi tranne Verdone, si ritrova a vivere con i suoi figli, che ovviamente non aveva mai cagato prima. Il classico Verdone alle prese con il tema della crisi economica, roba già vista nei suoi precedenti Io, loro e Lara e Posti in piedi in Paradiso, con la differenza che nel primo doveva vivere con quella zoccola di Laura Chiatti… cioè intendevo dire Lara, nel secondo conviveva con un paio di suoi coetanei, mentre qui con i figli e pure con la nipotina. Questo fino al citato arrivo della Cortellesi che, tra una parlata rumena e le sue faccette buffe, riesce a regalare qualche momento simpatico a una pellicola fino ad allora piuttosto deprimente per essere una commedia. Da qui in poi tutto procede sempre in maniera prevedibile, ovvia love story tra Verdone e la Cortellesi compresa, ma se non altro si ride qua e là. Niente risate fragorose, per carità, eppure io a guardare le gag del Carletto, per quanto abusate e in odore di deja vu, non ce la faccio a trattenere il sorriso.
Di alcuni siparietti pseudo comici avrei comunque fatto volentieri a meno persino io. Ad esempio la scena dei finti orgasmi, che sembra una versione poraccia di Harry ti presento Sally. Oppure la scena del pitone, che pare giusto un pretesto per dare un lavoro al povero Alex Infascelli, enfant prodige del cinema pulp italiano a inizio anni Duemila (di cui però stranamente non ho mai visto alcun film), negli ultimi tempi caduto in disgrazia e finito a fare il cameriere. Non che sia una disgrazia fare il cameriere, però diciamo che partecipare alla notte degli Oscar come è riuscito a fare quest'anno il Carletto è un’altra cosa.
"Se il prossimo film va male, c'ho un futuro a Ballando con le stelle assicurato." |
Se la componente comica funziona a corrente alternata, con tanti blackout e qualche raro momento di luce, la parte più interessante è rappresentata dalla visione di Verdone di Roma e più in generale dell’Italia attuale. Anche in questo caso le buone intenzioni del regista, attore e sceneggiatore restano appunto intenzioni e il suo pensiero viene snocciolato attraverso un uso eccessivo della voce off, con cui il Carletto esprime in maniera banale una serie di concetti ampiamente noti. Noti, ma che comunque non fa male ribadire, come il fatto che i giovani d’oggi, per quanto creativi, non riescano a trovare spazio in un paese per vecchi e siano costretti a fuggire via. Per colpa proprio della generazione del regista, che se ne assume le responsabilità.
A tratti questo Sotto una buona stella sembra quasi una versione verdoniana de La grande bellezza, peccato che Verdone all’amico Paolo Sorrentino non abbia rubato manco mezza ripresa decente. In mezzo al rapporto padre/figli e alla storiella d’amicizia/amore con la Cortellesi, Verdone infila qualche critica ai radical-chic de Roma, tra un’audizione musicale grottesca e una lettura di poesie che sembra una scena scartata proprio da La grande bellezza. I link con il film di Sorrentino finiscono qui e per il resto tutto procede in maniera liscia, senza scossoni.
Verdone è allora lontano dai suoi film migliori, la brillantezza di un tempo è giusto un ricordo, ormai più che un Verdone è diventato un Verdino (non ho detto Merdino), ma se non altro Sotto una buona stella mi ha lasciato un’impressione migliore rispetto al precedente Posti in piedi in paradiso.
Detto diversamente: Sotto una buona stella è un film demmerda, però non mi è dispiaciuto. Sarà perché io proprio nun gna faccio a odià er Carlè, li mortacci sua!
(voto 5,5/10)