Cast: Garrett Hedlund, Jeff Bridges, Olivia Wilde, Michael Sheen, Beau Garrett, Serinda Swan, Yaya DaCosta, Elizabeth Mathis, James Frain, Owen Best, Bruce Boxleitner, Daft Punk
Colonna sonora: Daft Punk
Genere: fantascienza
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Motivi per cui Jeff Bridges è rimasto nel mondo di Tron:
1. La figa
Trama semiseria
Jeff Bridges è sparito per quasi 30 anni dentro il mondo di Tron da lui stesso creato, un mondo che ha ispirato un sacco di film tanto belli (Matrix) quanto brutti (Avatar, i sequel di Matrix), un po’ tutte le pellicole in computer grafica e volendo fare gli esagerati forse persino la social-network-reality in cui viviamo oggi. Perché è rimasto lì dentro, lasciando il povero figlioletto a crescere da solo? La scusa ufficiale è che è rimasto bloccato, quella non ufficiale è che il mondo di Tron è pieno di figa.
In ogni caso Jeff Bridges qui è Dio e suo figlio Garrett Hedlund è Gesù Cristo sceso nella terra di Tron per salvare sia il mondo digitale che il nostro e, già che c’è, cercare di dare pure due colpi a Olivia Wilde che è sempre cosa buona e giusta [la Bibbia, Genesi cit.].
Recensione cannibale
2. Le corse in moto
Gli aspetti più importanti di un film per me sono due: la musica e le immagini. Embé graziarcazzo, direte voi. Parte audio + parte video, non è proprio questo il cinema? Certo, però sono elementi che non bisogna nemmeno dare del tutto per scontatii, osservando come un sacco di pellicole (vedi al reparto commedie italiane) non siano per nulla curate visivamente e ascoltando come molte altre pellicole presentino colonne sonore spesso piatte o banali. Altri elementi che ci possono stare molto bene insieme a questi due capisaldi sono poi anche una sceneggiatura in grado di raccontare una storia interessante con dei dialoghi brillanti e magari pure delle interpretazioni convincenti da parte degli attori. Siccome non sempre si può avere tutto, se ci sono i fondamenti è già abbastanza. E in Tron: Legacy questi fondamenti ci sono, eccome.
3. I Daft Punk
Capitolo colonna sonora, il vero valore aggiunto del film: Daft Punk. Potrei aver detto già tutto, ma cerco di approfondire. I due genioni (non semplici genietti) francesi sono l’elemento che regala il vero 3D alla pellicola, con un’atmosfera epica in grado di competere con lo splendido lavoro fatto da Hans Zimmer per le musiche di Inception. Non contenti di ciò, i due compaiono anche in un cameo, naturalmente nelle vesti di DJ del locale più in del mondo di Tron.
Come per Trent Reznor, l’evoluzione della loro musica verso la composizione di soundtrack per il cinema era un passo del tutto naturale. Se già nel 1999 con The Fragile dei Nine Inch Nails, il Trent gettava le basi per la sua futura carriera che l’avrebbe portato all’Oscar per le musiche di The Social Network, anche i Daft Punk hanno sempre guardato con un occhio più che interessato al cinema. I video per l’album Discovery (2001) hanno infatti dato vita all’anime musicale Interstella 5555 e i due hanno anche diretto un lungometraggio tutto loro, Electroma, mentre Thomas Bangalter (uno dei due Punk) ha realizzato le musiche dei film di Gaspar Noé Irreversible ed Enter The Void. Da bravi nerd usciti da un film di fantascienza quali sono non potevano quindi certo dire di no alla Disney per realizzare le musiche del sequel del seminale Tron. E non potevano certo realizzare un lavoro che fosse meno che grandioso.
4. Interventi di chirurgia plastica a basso costo
L’aspetto visivo è poi abbagliante. Io non mi impressiono facilmente per gli effetti speciali, anzi diciamo che sono uno di quegli elementi che di solito considero come un surrogato utilizzato dai produttori per sopperire alla mancanza di idee in fase di sceneggiatura, ma in questo caso sono davvero stupefacenti. Comunque non è tanto questo, è proprio lo stile visuale ad essere estremamente affascinante, grazie a un mega mix che il promettentissimo esordiente Joseph Konianski è riuscito a coniare tra il Tron originale, of course, le navicelle spaziali di Guerre Stellari, le geometrie glaciali di 2001: Odissea nello spazio, del video “All Is Full of Love” di Bjork e del già citato film degli stessi Daft Punk, Electroma, tanto bello a livello visivo e musicale quanto un po’ vuotino a livello di contenuti.
Questo Tron: Legacy rischia di incorrere nello stesso problema? In parte sì, visto che comunque i due aspetti sopra citati sono clamorosamente meglio di tutto il resto, però il film riesce a tenere in maniera sufficiente anche dal punto di vista della sceneggiatura, curata non a caso da Edward Kitsis e Adam Horowitz, ovvero due degli sceneggiatori abituali di Lost. Il primo Tron del 1982 era poi uno di quei film così avanti per l’epoca che le sue tematiche riprese a grandi linee anche da questo sequel riescono a 30 anni di distanza ad essere ancora maledettamente attuali.
5. Un costume fico da jedi
Per dare un tocco di emozione ed umanità in più all’insieme, un aspetto in cui la pellicola originale latitava, i furboni della Disney hanno allora pensato bene di aggiungere a questo giro sull’ottovolante delle corse in moto anche una storia biblica: se Jeff Bridges è il Dio del mondo di Tron, suo figlio Garrett Edlund è chiamato a salvare la situazione come una sorta di Gesù Cristo dell’era digitale. Il rapporto padre/figlio si va quindi ad aggiungere alla riflessione sul rapporto tra creatore e creatura; anche in questo caso, come in molti dei film recenti più premiati (Il cigno nero, The Social Network, Il discorso del re), la lotta non è contro un nemico esterno, bensì contro se stessi: cosa che qui avviene con il personaggio di un Jeff Bridges in versione Zen (ma ricorda pure un mix tra Gandalf del Signore degli anelli, Bruce Willis in Unbreakable e un guerriero jedi) che è l’artefice del suo alter-ego malefico, un Jeff Bridges in versione giovane e botulinizzata. Se le mega produzioni commerciali non sono il terreno ideale di Bridges, va comunque detto che qui se la cava bene e fa dimenticare la sua inquietante apparizione da pelato nel pessimo Iron Man. Il suo figlio cinematografico, il giovane protagonista Garrett Hedlund, per il momento non sembra il massimo dell’espressività ma andrà giudicato meglio più avanti nella versione cinematografica dell’On The Road di Kerouac. E poi c’è Olivia Wilde, volto certo non nuovo a chi ha frequentato The O.C. e Dr. House, ma in grado comunque di stupire in questa inedita veste da stilosissima kick-ass woman. Piuttosto ridicolo invece Michael Sheen in versione biondo platino.
6. La figa
Tron Legacy è riuscito così a superare le mie aspettative, andando a rimescolare con rispetto le tematiche dell’innovativa pellicola originale e aggiungendo al tutto uno stile visivo impressionante, in uno dei film prodotti da mamma Disney che forse più mi ha convinto dai tempi di Alice nel paese delle meraviglie (la versione animata del 1951, non quella di Tim Burton), persino in un finale tanto scontato quanto poetico. Poi, vabbè, un inchino per l’epicità della musica della soundtrack, quella certo non inaspettata. Daft Punk + Tron: non ci sono davvero paragon.
In classifica perché: suona come la colonna sonora di un film stupendo a metà strada tra "Il silenzio degli innocenti" e "Inception" che però deve ancora essere tutto girato
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La colonna sonora del primo amore, dell’innocenza, delle vergini suicide. Tutta la bellezza del mondo racchiusa in una sola, magica canzone. Sometimes all i need is the Air the I breathe.
I'm a high-school lover, and you're my favorite flavor love is all, all my soul you're my playground love
And so it is. Incontri una persona, per strada. Tu la guardi. Lei ti guarda. Il resto del mondo sparisce. Il tempo si è cristallizzato e non esiste niente altro. Non riesci a staccarle gli occhi di dosso. Non riesci. Most of the time. Fino a che lei sparisce e il tuo sguardo si posa su di un’altra. Tutto ricomincia da capo. Il mondo va in stop, non esiste nient’altro, eccettera eccetera. Colonna sonora di tutto questo provided by Damien Rice. Thank you, man.
(oltre al film "Closer", anche il mio raccontino "Enjoy Coca" contiene una scena con questa canzone)
I can’t take my eyes off you I can’t take my mind off you ‘till I find somebody new
Craig Armstrong feat. Evan Dando “Wake Up in New York” (2002)
E svegliarsi la mattina. E niente tuturuturututtu. E guardare alla finestra. E vedere un vuoto là dove c’erano le due torri. Craig Armstrong, autore di colonne sonore ("Mouling Rouge", "Romeo + Juliet", "Cruel Intentions", "Love Actually"), ci mette la musica. Evan Dando, cantante dei Lemonheads, ci mette la voce. Brividi post 11 settembre.
Testo liberamente tradotto Ci incontreremo a New York al negozietto sulla Fifth Avenue e poi ci sdraieremo con i palazzi tutti intorno
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