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martedì 29 aprile 2014

NYMPHOMANIAC – VULVUME 2, SE NON VIENI FRUSTATO GODI SOLO A METÀ




Nymphomaniac – Volume 2
(Danimarca, Belgio, Francia, Germania, UK, 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. II
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Jamie Bell, Christian Slater, Willem Dafoe, Mia Goth, Udo Kier, Jean-Marc Barr, Ananya Berg
Genere: sadomaso
Se ti piace guarda anche: La vita di Adele, Antichrist, Dogville, Kill Bill

Una cosa, una delle tante a dirla tutta, che non condivido degli sport è il fatto che una squadra in casa di solito giochi meglio e abbia risultati migliori rispetto a quando è in trasferta. Capisco che il tifo a favore possa essere un bell’incitamento, ma non lo condivido. A me fa piacere ricevere complimenti, come a tutti, però è dalle critiche che ricevo lo stimolo più forte a fare meglio. Se fossi una squadra sportiva, probabilmente darei il massimo in trasferta. Credo che lo stesso valga per Lars von Trier. È dalle critiche, spesso anche feroci, nei confronti dei suoi ultimi lavori Antichrist e Melancholia, i primi due capitoli della cosiddetta Trilogia della Depressione, così come verso le sue dichiarazioni non grate al Festival di Cannes 2011, che è venuta fuori la rabbia per tirare fuori un film come Nymphomaniac, nuovamente amatissimo e altrettanto odiatissimo e criticatissimo, per le più svariate ragioni.

Nymphomaniac è un film malato, misogino, sessista, satanista, razzista?
Malato, questo è certo. Talmente malato da meritarsi su Pensieri Cannibali non solo un primo post orgasmico, non solo un secondo post più riflessivo, ma anche un terzo post sadomaso e infine oggi un quarto post, che proverà ad addentrarsi attraverso quelle sopra citate e altre spinose questioni. Il mio ruolo? Quello dell’avvocato difensore di Lars von Trier. Esatto, faccio l’avvocato del diavolo. Chiametemi – ma solo per oggi – Niccolò Ghedini.


ATTENZIONE SPOILER
A uno sguardo superficiale, alcune accuse nei confronti del regista danese possono venir fuori in maniera semplice. In Nymphomaniac – Volume 2, la protagonista utilizza la parola “negro”, mentre Lars von Trier usa i personaggi di colore in base unicamente alla loro caratteristica sessualmente più stereotipata: il cazzo grosso. Attraverso un dialogo della pellicola, emerge il punto di vista del regista sulla questione.

Joe/Charlotte Gainsbourg dice: “Ogni volta che una parola diviene proibita, si va a togliere una pietra miliare nelle fondamenta democratiche. La società rivela la sua impotenza di fronte a un problema concreto, rimuovendo termini dal vocabolario.
Il moralista Seligman/Stellan Skarsgård a ciò ribatte: “Penso che la società sottolineerebbe che l'essere politicamente corretto è una forma di democratica preoccupazione per le minoranze.
Joe/Charlotte Gainsbourg, non convinta, ribadisce: “E io dico che la società è codarda tanto quanto le persone che la formano che, secondo la mia opinione, sono troppo stupide per la democrazia.

Nel corso del Vulvume 1 di Nymphomaniac, non era ancora del tutto chiaro da che parte stesse Lars von Trier, se più da quella dell’uomo, Seligman, o della donna, Joe. Con questo Vulvume 2 appare piuttosto evidente che Lars è Joe. Joe è Lars. Lars è una vulva. Alla faccia del regista misogino e maschilista. Se già con Melancholia le figure maschili apparivano parecchio deboli e l’ultima possibilità di una qualche salvezza per l’umanità era rappresentata dalle donne, qui il regista alza ulteriormente il tiro alla sua critica a una società maschiocentrica, identificandosi nella sua protagonista. La ribelle, la depravata, la rinnegata, la “persona non grata”.


Laddove nella società odierna il sesso viene spesso indicato come un peccato, qui la colpa sembra invece essere l’amore. La dittatura dell'amore. Quando Joe pensa di essere innamorata di Jerome e sembra pronta a una vita monogama e dedicata alla famiglia, ecco che perde il suo “superpotere”. Diventa frigida, incapace di provare piacere. A questo punto è l’amore il vero peccato da espiare. Per ritrovare la sua sessualità perduta, Joe si affida alle pratiche sadomaso. Qui Lars von Trier indugia in maniera sadica sulle torture che le sono inflitte, tanto da far apparire le frustate de La passione di Cristo e quelle di 12 anni schiavo come delle carezze al confronto. E qui possono piovere giù di nuovo le critiche di misoginia. Lars ci gode a vedere le donne soffrire e bla bla bla. Attenzione però, perché nel finale c’è la vendetta di Joe e la vendetta di Lars, con un colpo di pistola che uccide queste accuse e fa del regista un autentico femminista. Se von Trier è effettivamente sessista, forse andrebbe considerato anti-uomo piuttosto che anti-donna. La prova più evidente di ciò, ancor più che nel finale, sta nella scena del parcheggio presente nel Volume 1. Donna al volante, pericolo costante? Non per von Trier, visto che Joe fa un parcheggio da manuale che Shia LaBeouf si può solo sognare. E quella automobilistica, signori e signore, è l’umiliazione più grande che può essere inflitta da una donna a un uomo.


Riguardo alle possibili accuse di essere un film satanista o quantomeno blasfemo, alla fine della fiera ci sono giusto un paio di passaggi controversi, come la preghiera cattolica “Mea culpa” storpiata nel divertente “Mea vulva mea maxima vulva”, e l’apparizione mistica non della Vergine Maria, bensì di un paio di figure un po’ meno vergini. Al di là di queste sequenze e della "musica satanica", la musica metal dei Rammstein presenti in colonna sonora a inizio pellicola, Nymphomaniac offre semmai delle riflessioni interessanti sulla religione. Non credo che il pur progressista Papa Francesco Vol. I riuscirebbe a sostenere la visione della pellicola senza rimanerne oltraggiato o schifato, però non è nemmeno un lavoro così irrispettoso da un punto di vista religioso, soprattutto nel capitolo 6, intitolato “La chiesa orientale e la chiesa occidentale (l'anatra muta).”


Torniamo ora alla questione d’apertura: il razzismo. Al di là della discutibile, ma comunque parecchio divertente, scenetta con protagonisti i “negri”, l’accusa principale che viene rivolta a Lars von Trier è quella di essere un nazi. E questo “soltanto” per aver detto durante un’ormai famigerata conferenza stampa nel corso del Festival di Cannes 2011:

Capisco Hitler, capisco l'uomo che è po' pieno di male, certo sono contrario alla seconda guerra mondiale e non sono contro gli ebrei, ma in realtà non troppo perché Israele è un problema, come un dito nel culo, fa cagare.” (da Repubblica)

Alla fine del capitolo 8, il capitolo conclusivo “La pistola”, Joe fa fuori il suo ascoltatore/spettatore, Seligman, che è ebreo, come aveva dichiarato durante il vol. 1, però è un ebreo non praticante, quindi non starei a concentrarmi tanto su questo aspetto. Il proiettile che esce dalla pistola di Joe, ovvero la pistola di Lars, non credo sia rivolta al popolo ebreo. È semmai rivolto contro i critici, i giornalisti che l’hanno accusato, la società che subito l’ha messo in un angolo perché se n’è uscito con delle dichiarazioni del tutto all’infuori dei canoni del politically correct. Alla fine di Nymphomaniac, Lars von Trier fa fuori lo spettatore della storia di Joe, Seligman, e fa fuori lo spettatore del film, lasciandolo solo nel nero della sala cinematografica.


Se le intenzioni iniziali del regista forse erano quelle di realizzare un porno d’Autore, o - chissà? - costruirsi un posto al sole da nuovo Tinto Brass, il risultato finale di Nymphomaniac è qualcosa di molto diverso e molto di più. Il sesso c’è, ce n’è tanto e ci sono un sacco di nudi, eppure Lars non c’è nemmeno andato giù troppo pesante, sarà per il fatto che da noi il film è approdato in versione censurata. Abdellatif Kechiche con La vita di Adele aveva ad esempio proposto delle trombate lesbo ben più lunghe ed esplicite. L’intento provocatorio di un’Opera mastodontica come Nymphomaniac non è allora tanto a livello visivo, quanto come contenuti dei dialoghi. Nymphomaniac è un manifesto esistenziale del Rust Cohle dei registi. Un film politico. Una rivoluzione del cazzo, anzi una rivoluzione della vulva contro la dittatura dell’amore.
Come enunciato nel capitolo 7, “Lo specchio”, attraverso le parole di Joe:

"L'empatia che declami è finta, perché voi tutti lo siete. È la morale religiosa il cui compito è di cancellare la mia oscenità dalla faccia della terra, così che i borghesi si sentano meglio. Non sono come voi. Io sono una ninfomane e amo esserlo. Ma soprattutto amo la mia vagina e la mia sporca, lurida lussuria."

C’è così tanto, dentro Nymphomaniac. È una riflessione a 360° sulla sessualità, non solo sulla dipendenza della ninfomane protagonista, ma c’è spazio anche per l’amore omosessuale, con una versione più soft del citato La vita di Adele, per il sadomaso, e poi, nel passo più estremo dell’intera pellicola, si parla persino di pedofilia, in un modo ovviamente ancora una volta lontano anni luce dal politically correct:

Il pedofilo che riesce a vivere la sua vita con la vergogna del suo desiderio senza mai metterlo in pratica, meriterebbe una fottuta medaglia” dice Joe.

"Aaah, sì, Lars. Tu sì che mi ecciti, altroché i One Direction!"

In passaggi come questo emerge chiaramente la voglia di von Trier di andare oltre le convenzioni, oltre al pensiero unico di una società fascista nel suo ipocrita buonismo di facciata, non tanto per una provocazione fine a se stessa, ma perché lui è fatto così e lo conferma tramite le parole del suo alter ego cinematografico Joe:

Ho capito che la società non ha un posto per me e io non ho un posto per la società.

In Nymphomaniac si possono scorgere i riflessi di tutte le accuse piovute addosso al regista dopo Cannes del 2011. La sua risposta è arrivata con un lavoro rabbioso, incazzato al punto giusto, ma non solo. Nymphomaniac è anche un film profondamente riflessivo, esistenziale, il cui valore è superiore alla semplice somma delle parti. Dietro le scene di sesso, le frustate e i momenti più forti ed estremi, possiamo vedere l’ombra di un uomo, Lars von Trier. Una persona non grata, ma una persona bellissima, un essere bastardo e complesso che in realtà non è malvagio come la società vuole dipingerlo. È la società a essere malvagia. È la società il vero mostro.
(voto 9/10)

lunedì 28 aprile 2014

NYMPHOMANIAC – L'APPUNTAMENTO SADOMASO




Allora, Lars, cominciamo?

Come, hai già iniziato da solo?

Uffa. Te lo concedo, ma solo perché è il secondo capitolo della tua personale sega cinematografica.

Tutto bene, comunque, Lars?
Che ti succede? Mi sembri un pochino diverso rispetto all’altro appuntamento. Rispetto al Volume 1 dei nostri incontri. Lì eri più ironico, brillante, leggero, direi quasi. Adesso mi sembri più riflessivo e cattivo.

Cattivo ragazzo, che ci fai con quella divisa da SS addosso?
Ah, ok, ho capito: oggi ti va di fare giochi di ruolo.

Hey, ma quella frusta è proprio necessaria? Stai cominciando a farmi paura, Lars.

No, fermo, che fai?

Nooooooo.

Non voglio.

NOOOOOOO!


Ahia. Che dolore!


AAAHI, heeey che diavolo combini?


Però… non è così male come pensavo...

A dire il vero è piacevole. Chi l'avrebbe detto?
Sadomaso è bello.
E allora sì, Lars.


Sììì

Sììììì

Sììììììì, Lars!!!


Oh, Lars. Anche questa volta sei riuscito a stupirmi. È un piacere differente rispetto a quello dell’altro volume, però è pur sempre un piacere.
Un piacere notevole.
Dai allora, vai avanti che ormai c'ho preso gusto.


Sììììì.


Ahi.


Sììììììììììììì.


AAAAAAAAAAAAHIAAAAAAAA!


Fai di me il tuo schiavo.
Fai di me il tuo 12 anni schiavo.

Bello violento, porcellone di un Lars, bravo!
Lo sapevo che eri un animale, a letto. L’altra volta sei stato persino troppo romantico e teneroso, adesso sì che ci vai giù pesante.
Non smetti proprio mai di sorprendermi, tu. Sei riuscito persino a far passare Christian Slater per un vero attore. E dico Christian Slater, uno che sono almeno vent’anni che non fa un film decente e negli ultimi tempi ha collezionato solo una lunga serie di serie tv subito cancellate. Come una versione per il piccolo schermo del Jep Gambardella de La grande bellezza, Christian Slater non vuole solo partecipare alle serie televisive. Lui vuole avere il potere di farle fallire.
Ma dimentichiamoci di Slater e pensiamo solo a noi, Lars.
Al nostro rapporto malato.

Vai, non ti fermare!

Aaah, sì, ahia.

Dai, continua a farmi del male, Lars, che mi piace.

Sì, daaai.

Una frustata contro il cinema edificante.
Sììì!

Una frustata contro il buonismo.
Sìììììì, così!

Una frustata contro la dittatura dell’amore.
Aaaaaaah, sììììì Lars, sto
VENENDOOOOOOOOO!!!


Nymphomaniac – Volume 2
(Danimarca, Belgio, Francia, Germania, UK, 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. II
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Shia LaBeouf, Jamie Bell, Christian Slater, Willem Dafoe, Mia Goth, Udo Kier, Jean-Marc Barr, Ananya Berg
Genere: sadomaso
Se ti piace guarda anche: La vita di Adele, Antichrist, Dogville, Kill Bill
(voto 9/10)

martedì 8 aprile 2014

NYMPHOMANIAC – VOLUME 1, UNA VULVATA PAZZESCA




Nymphomanic – Volume 1
(Danimarca, Germania, Francia, Belgio, UK 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. I
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Sophie Kennedy Clark, Shia LaBeouf, Christian Slater, Connie Nielsen, Uma Thurman, Felicity Gilbert, Hugo Speer, Ananya Berg
Genere: pop porno
Se ti piace guarda anche: Shame, Kill Bill, Melancholia

Il mondo gira intorno a un’unica cosa. E anche il cinema. Prendete i film di David Lynch, Quentin Tarantino, Woody Allen, Roman Polanski, giusto per dirne alcuni. Girano tutti quasi sempre intorno a quella cosa. Se non ci fosse, penso che manco farebbero film. Di cosa parla la prima scena del debutto di Tarantino, Le iene? Qual è l’ultima frase dell’ultimo di Stanley Kubrick, Eyes Wide Shut? E un film impegnato come il Faust di Aleksandr Sokurov, su cosa ruota?
Cosa dire poi del rock, delle rock band? Pure quelle, tutte nate per un motivo solo.
E poi voi, quando siete nati, da dove siete usciti?


Non scandalizziamoci allora e non facciamo tanto i moralisti se su quella cosa Lars Von Trier, il solo e unico führer del cinema mondiale, ha voluto incentrare la sua doppia mastodontica ultima pellicola, Nymphomaniac. Yes he can.
E non scandalizziamoci nemmeno se Pensieri Cannibali a un film tanto importante ha dedicato una nuova recensione, dopo quella orgasmica di ieri.

Quando ho iniziato l’avventura Nymphomaniac ho pensato: “Se questo film non è una figata pazzesca giuro che mi taglio le palle.” Per i primissimi minuti ho temuto il peggio, per le mie palle. Lars von Trier, da buon bastardo qual è, gioca a infastidire lo spettatore, con un’apertura lenta, quieta, buia e poi, quando meno te lo aspetti, all’improvviso ti spara i Rammstein a tutto volume. Roba che qualche debole di cuore ci potrebbe anche lasciare le penne. Lars von Trier entra poi in una modalità narrativa lineare, schematica, oserei dire quasi semplice. Come in molte grandi storie tradizionali, c’è un narratore, Charlotte Gainsbourg, e c’è un ascoltatore, Stellan Skarsgård. È come se fosse una fiaba, solo con contenuti vietati ai minori. Una porno fiaba.


Von Trier fa tanto il ribelle, il trasgressivo, ma alla fine pure lui ha bisogno di disciplina. Ancora una volta, si affida quindi a una struttura molto letteraria con una suddivisione in capitoli, come già successo in altri suoi film, da Le onde del destino ad Antichrist, passando per Dogville. La pellicola è inoltre divisa in due parti, come La vita di adele, un lavoro che in quanto a sesso esplicito non ha nulla da invidiargli, e come Kill Bill. Nymphomaniac è il Kill Bill del sesso. Pure qui abbiamo capitoli girati con stili differenti, uno ad esempio è in bianco e nero, e anche qui viene affrontato il discorso dell’iniziazione all’azione, sebbene virata in termini sessuali, con la protagonista che come maestro di vita ha B al posto di Pai Mei, e ha un rapporto di amoreodio nei confronti di un uomo, qui Jerome, laddove là era Bill. E poi pure qui abbiamo la sposa Uma Thurman.
Uma Thurman che tra l’altro compare nel terzo capitolo che compone la pellicola, “Signora H.”, quello più grottesco e ilare. Perché sì, in questo film si ride, anche. Lars von Trier aveva dato prova di essere un commediografo, un buon commediografo con un senso dell’umorismo tutto particolare, già con Il grande capo e pure in questo Vulvume 1 di Nymphomaniac emerge spesso il suo sguardo ironico e beffardo. Può non sembrare, ma Lars von Trier è un simpaticone, in fondo in fondo.


Spesso Lars von Trier è stato accusato di misoginia. Solo perché le donne nei suoi film subiscono torture, punizioni divine, atrocità e umiliazioni assortite? Può darsi. Eppure Melancholia, ad andare a guardarlo bene, presentava una visione piuttosto femminista del mondo. Qui, ancora una volta, Lars il presunto misogino ha voluto raccontare la storia di una donna. La protagonista di Nymphomaniac è Joe la ninfomane, interpretata da giovane dalla promettentissima esordiente Stacy Martin, e da “vecchia” da Charlotte Gainsbourg, arrivata ormai alla terza pellicola vontrieriana, Santa Donna che riesce a sopportarlo. Che allora il burbero regista non sia più così burbero come si diceva in passato, quello capace di traumatizzare la povera Bjork che dopo Dancer in the Dark non ha mai più girato un film?
Nonostante la presenza di una protagonista femminile, in Nymphomaniac possiamo trovare molto di von Trier. Il danese ha messo qui dentro tutta la sua visione della figa vita, delle donne, dei rapporti tra uomini e donne, certo, ma non solo. Lars attraverso quest'opera si è tolto parecchi sassolini dalle scarpe e ha risposto velatamente alle accuse di antisemitismo piovutegli addosso a Cannes attraverso una frase affidata al protagonista maschile, un uomo ebreo interpretato da Stellan Skarsgård: “Siamo sempre stati antisionisti, che non è la stessa cosa dell'essere antisemita.”


In un altro momento del film, von Trier lascia invece spazio al suo rapporto con Dogma 95, il movimento cinematografico da lui stesso fondato insieme a Thomas Vinterberg e che prevedeva alcune regole per le riprese delle pellicole (niente luci, scenografie, colonna sonora, etc.). Regole così radicali che persino gli stessi creatori del manifesto le hanno ben presto abbandonate. La stessa cosa capita nel film con Joe e B (l’altra attrice rivelazione Sophie Kennedy Clark, novella Kirsten Dunst) che fondano un club per ninfomani, la Piccola Congrega, seguendo il motto “Mea vulva mea maxima vulva”. Tra le regole di questo Fight Club del sesso, non si può farlo con lo stesso partner più di una volta e non ci si può innamorare. Non ci si deve innamorare.
“Contro cosa vi ribellavate?” chiede Stellan Skarsgård.
“L’amore,” risponde Charlotte Gainsbourg.
Con una regola tanto rigida, presto il club inevitabilmente si sfalderà, così com’è successo nella realtà al Dogma 95.


Con Nymphomaniac, Lars von Trier svela inoltre finalmente la sua vera ambizione: quella di diventare il nuovo Tinto Brass. Altroché Cinema d’autore. Lui vuole fare Porno d’Autore. In questo film il regista danese è più diretto che mai. Non si rivolge a un pubblico d’elite. In Nymphomaniac ci sono varie scene di sesso esplicito, eppure Lars non lambisce i territori dell’hardcore, né dall’altra parte tende a una visione pop porno patinata e glamour alla Playboy o alla Brazzers. Utilizza sempre il suo stile nudo e crudo ma, nonostante la tematica affrontata, non esagera nemmeno come ci si sarebbe potuti immaginare, sarà perché la versione arrivata nei cinema italiani è censurata e non è il director’s cut del regista. L’unico momento in cui si è forse fatto prendere un po’ la mano è la galleria di cazzi, un momento di quelli in cui von Trier si ricorda di essere un gran bastardo ed è come se dicesse: “Vi aspettavate un film pieno di fica? E io invece vi regalo una bella e variegata rassegna di bigoli!”.


Per quanto lontano dall'essere patinato, Lars von Trier ci ha regalato il suo film più "commerciale". Oltre alla scelta di fare un film sul sesso e il sesso si sa vende sempre, il regista è qui molto diretto ed esplicito anche nel modo di affrontare l’argomento, evita di essere criptico come in passato e utilizza passaggi che non lasciano grosso spazio all’immaginazione, oltre a momenti quasi didascalici in cui ricorre a delle metafore che possono essere comprese da tutti, non solo dal pubblico snob dei festival cinematografici. La caccia di una preda sessuale viene così paragonata alla pesca, nel primo capitolo dell’opera, "Il pescatore provetto", in cui v’è inoltre un uso fighissimo di “Born to Be Wild” degli Steppenwolf, brano celeberrimo e già strausato dal cinema – qualcuno ha detto Easy Rider? – ma che nelle mani del danese trova una nuova vita. Così come il “Waltz no. 2” di Dmitri Shostakovich, già sapientemente utilizzato da Stanley Kubrick in Eyes Wide Shut, ritorna in Nymphomaniac come tema ricorrente e fa sempre la sua porca figura, senza che appaia abusato.


In un paio di altri capitoli, von Trier cerca inoltre di convincerci che un cuore ce l’ha persino lui. Forse. Nel secondo capitolo “Jerome” si dà spazio a quello che pare essere il grande amore nella vita di Joe la ninfomane e che ha le sembianze di un Shia LaBeouf finalmente convincente e lontano anni luce dalle hollywoodianate alla Transformers per cui è diventato celebre. Ma di questo suo lato B, di questo suo lato indie l’attore ci aveva già dato dimostrazione con il video di “Fjögur” dei Sigur Rós.
Nel quarto capitolo, “Delirium”, viene invece fuori il toccante rapporto di Joe con il padre, un Christian Slater ancora più sorprendente e inedito di Shia LaBeouf, con alcuni momenti che lambiscono i territori del melodrammatico. Per questa parte, la più emotivamente forte del lavoro, Lars von Trier ha scelto il bianco e nero, come se lo considerasse il capitolo più hardcore, e per mitigare le emozioni ha deciso di epurare l'immagine dai colori, quasi per nascondere la vergogna di essere diventato troppo sentimentale.


Amm-sesso e non con-sesso che questo Nymphomaniac sia un film sul sesso, stiamo quindi parlando del film sul sesso definitivo?
In pratica sì, però non tutto convince fino in fondo. Dopo 4 primi capitoli impeccabili, come collegamento al Volume 2 della sua opera Lars von Trier ci presenta un quinto capitolo, “The Little Organ School”, abbozzato e con una metafora musicale giocata sulla polifonia di Bach leggermente telefonata. Nymphomanic parte quindi come una scopata epica e si conclude con un coito interrotto. Una scelta credo voluta da parte di quel bastardone di Lars von Trier, in modo da lasciare ancora con il desiderio acceso, per un secondo volume che promette di essere un’altra esperienza da non perdere, in grado di regalarci una visione più completa dell'insieme. Già nel primo volume comunque c’è di che godere, godere parecchio, anche se devo ammettere che a inizio visione mi sbagliavo. Nymphomaniac non è una figata pazzesca, come immaginavo. Nymphomaniac è una vulvata pazzesca.
(voto 9,5/10)

lunedì 7 aprile 2014

NYMPHOMANIAC, IL CINEORGASMO




Aah.

Sì, così.

Aaah.

Bravo Lars.

Aaaaah.

Sììì.

Sììì, o cazzo, sì.

Continua… dai dai, più veloce adesso, dai dai, più veloce.
Forza!

No, hey, ora rallenta, stallone non Sylvester.
Più piano.
Un po’ più piano…
Ancora un po’ di più…
P i ù  p i a n o
P     i      ù         p      i      a      n      o
Più...
Oh sì, è così che mi piace.


Embè, perché mi guardi male?


Oookay, me ne sto un po’ senza dire niente, che quelli che parlano mentre lo fanno ammazzano tutta l’atmosfera.





Aaah…

Almeno aaah posso dirlo?
Mi è consentito dire almeno questo?

Aaaaah

Aaaaaaaaaah

AAAAAAAAAAAH

AAAAAAAAAAAH

CAZZO AAAAH O CAZZO AAAAAAAAH

Ci sono, ci sono, ci sono ci sono ci sono sono sono sono sono ooooooooo

OMIODDIO SIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII’


Sì, Lars sì. Così si fa.
Che scopata, Lars, che scopata!
Bravo, Lars. Non dare retta a chi ti critica. Sono solo invidiosi del tuo enorme...
talento.

E adesso, che ci fai ancora nel mio letto?
Che altro vuoi?
Le coccole?
Sul serio?
Rivestiti, che la visione del tuo culo flaccido ora che gli effetti dell’alcol stanno svanendo non mi sembra più tanto allettante. E poi la parte del romantico non fa per te. Ci rivediamo tra qualche settimana, per il Volume 2… volevo dire per un’altra scopat… volevo dire per un altro appuntamento galante.
Che altro c’è, adesso?

Ah già, scusami. I soldi per il taxi li trovi sul comodino.
Ora levati dalle palle, Lars, e lasciami fumare una sigaretta post orgasmica in santa pace!


Nymphomanic – Volume 1
(Danimarca, Germania, Francia, Belgio, UK 2013)
Titolo originale: Nymphomaniac: Vol. I
Regia: Lars von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Cast: Charlotte Gainsbourg, Stellan Skarsgård, Stacy Martin, Sophie Kennedy Clark, Shia LaBeouf, Christian Slater, Connie Nielsen, Uma Thurman, Felicity Gilbert, Hugo Speer, Ananya Berg
Genere: pop porno
Se ti piace guarda anche: Shame, Kill Bill, Melancholia
(voto 9,5/10)

sabato 5 aprile 2014

THOR: THE DARK WORLD, IL CINEFUMETTO




Thor: The Dark World
(USA 2013)
Regia: Alan Taylor
Cast: Chris Hemsworth, Natalie Portman, Anthony Hopkins, Tom Hiddleston, Jaimie Alexander, Kat Dennings, Stellan Skarsgård, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Zachary Levi, Christopher Eccleston, Rene Russo, Idris Elba, Chris O’Dowd
Genere: Marvel
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(voto 5,5/10)









giovedì 9 febbraio 2012

Millennium - Uomini che odiano le donne senza sopracciglia

"Cannibal, attento a quello che dici.."
Millennium - Uomini che odiano le donne
(USA 2011)
Titolo originale: The Girl with the Dragon Tattoo
Regia: David Fincher
Cast: Rooney Mara, Daniel Craig, Christopher Plummer, Stellan Skarsgard, Robin Wright, Joely Richardson, Steven Berkoff, Goran Visnjic, Yorick van Wageningen, Geraldine James
Genere: thrilla
Se ti piace guarda anche: Uomini che odiano le donne (Swedish version), Se7en, Let Me In

Durante la visione del film, mi sono sentito per tutto il tempo come Neo di Matrix.
No, purtroppo non quando impara il kung fu. E per fortuna (soffro di vertigini) nemmeno quando salta tra i grattacieli.
Ho avuto semplicemente un deja vu. O meglio: due ore e 40 minuti di deja vu.


"Trinity, sei vicina a un'uscita..."
Lo sapevo gia che dietro a una produzione come quella di Millennium c’era una sola motivazione principale.
L’arte?
Macchè arte, sto parlando dei soldi. Per quale altra ragione girare nella stessa Svezia la versione cinematografica di un best seller che già aveva avuto il suo primo adattamento svedese su grande schermo appena nel 2009?
Soldi, non c’è altra risposta. Gli americani non vanno a vedere i film sottotitolati, ma solo quelli in inglese. Da questo punto di vista, le cose sono andate benino, anche se il film non è che abbia poi fatto uno sfracelli di incassi.
Sotto altri punti di vista, Millennium è un film (quasi) del tutto inutile.

"Quante volte ti devo dire che non sono Trinity, anche se un po' le somiglio...
La pellicola del 2009 Uomini che odiano le donne era girata con una produzione più povera che non poteva contare sui mezzi hollywoodiani, però a differenza dei due meno riusciti seguiti La ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di carta, era realizzata piuttosto bene, nonostante una regia non eccelsa. Alla fine riusciva a convincere grazie allo sguardo rapace della Noomi Rapace e alle sue atmosfere molto anni ’90, molto da thriller alla… David Fincher.
Se guardando la versione svedese del romanzo di Stieg Larsson l’impressione era quella di trovarsi dalle parti di Se7en, non stupisce certo che dietro alla macchina da presa per la versione high-budget made in USA si sieda proprio lui, fresco reduce da quel capolavoro dei nostri tempi che è The Social Network.
È questo che mi ha fregato, che mi ha creato aspettative per quella che già sapevo essere un’astuta operazione di marketing e basta. Speravo però che Fincher mi avrebbe saputo contraddire, che avrebbe trovato una chiave di volta nuova per rileggere questi Uomini che odiano le donne.
E invece, deja vu.

"E mo' adesso con sto tatuaggio chi mi scrittura più
per interpretare una Bridget o una Jennifer?"
Il film si lascia vedere. Magari è giusto un filino lungo: 2 ore e 40 minuti (!), roba che io se mi fossi trovato in sala montaggio avrei fatto un taglio bastardo giusto di quella mezzora abbondante di troppo. Millennium è un thriller molto basic (pure un po’ instinct, viste le scene di sesso) e molto ben congegnato, ma questo già si sapeva. È girato in maniera impeccabile, ma d’altra parte da David Fincher non ci si può mica aspettare una schifezza. La fotografia è splendida, le musiche non sono davvero niente male anche perché la firma è quella di Trent “Nine Inch Nails” Reznor e di Atticus Ross, già accoppiata da Oscar proprio per il lavoro sul precedente The Social Network. E Rooney Mara nei panni di Lisbeth Salander è una bomba, ma considerata l’immedesimazione totale con cui l’avevamo ammirata nelle foto promozionali non ci aspettavamo niente di meno.
E allora cosa c’è che non va?
Ah, già: quel senso di deja vu. Costante, opprimente, proprio non se ne vuole andare via, come questa ca**o di neve!

Rooney Mara compie una performance davvero notevole, a livello recitativo e ancor di più a un livello fisico. Non parlo solo dei piercing ai capezzoli, ma proprio dell’espressione da hacker-nerd-incazzata appiccicata sul suo volto. Eppure pure per lei scatta un senso di deja vu. Nei confronti di Noomi Rapace, l’interprete svedese, certo, ma non solo. La Rooney Mara nonostante il nome non mi rimanda a un incrocio tra Mickey Rooney e Mara Venier, bensì alla cantante con frangetta e senza sopracciglia (o sopracciglia decolorate che dir si voglia) Yo-Landi Vi$$er, cantante dei Die Antwoord, gruppo hip-hop electro sudafricano molto cool per cui sto in fissa al momento e che a loro volta mi ricordano un po’ i Prodigy.
(la prima volta che sentirete questa canzone magari direte: "Che schifo!", ma al terzo o quarto ascolto non potrete più vivere senza...)


"Oh, ke ce l'avete 'na pasta?"
A sua volta, lo stesso personaggio di Lisbeth Salander, l’hacker cyberpunk bisessuale, non è che rappresenti poi ‘sta novità assoluta, visto che fa molto personaggio uscito dritto sempre dagli anni ’90. E se le mie parole vi suonano anch’esse con un senso di deja vu è perché Chicken Broccoli sul suo blog ha rimarcato con decisione il concetto, da buon uomo che odia Lisbeth Salander.

Il resto del cast?
Daniel Craig a questo giro è più convincente del solito. Di solito è un attore che mi fa pena, vedi il recente Dream House in cui fa davvero cascare le braccia e pure qualcos’altro. Eppure qui la parte sembra fatta apposta per lui. Anche lui però mi ricorda qualcuno… l’attore svedese Michael Nyqvist che se me li mettessero vicini non saprei dire chi è chi. Monoespressivi come sono, uno vale l’altro.
E poi c’è Stellan Skarsgard nel ruolo che gli riesce meglio: quello del tipo inquietante, per l’occasione pure misogino e nazi cosa che, da fido attore vontrieriano, suona pure questa come un deja vu. O anche un cliché. A completare il quadro svedese altri attori che con la Svezia non c'entrano una cippa e già deja visti qua e là come il canadese Christopher Plummer, l'inglese Joely Richardson e il croato Goran Visnjic.

"Mark Zuckerberg, sono più nerd di tè. Tié!"
E poi ci sono le musiche. Le musiche sono ‘na figata. Però anch’esse, per chi è da praticamente da tutta la vita che si ascolta i Nine Inch Nails, non è che suonino proprio inedite e mai sentite. Certo, fa piacere ascoltarle all’interno di un film, ma allora il senso di deja vu, oltre che ai dischi della band di Trent Reznor, direttamente al già citato The Social Network, in cui tra l’altro erano decisamente molto più ispirate, mentre qui appaiono giusto come una copia sbiadita realizzata per commissione.
Quanto ai pezzi d’apertura e di chiusura del film, anche lì è tutto giocato sul senso di deja vu, o se preferite di deja senti, considerando come si tratti delle cover di Immigrant Song dei Led Zeppelin cantata da Karen O degli Yeah Yeah Yeahs e di Is Your Love Strong Enough di Bryan Ferry, reinterpretata dagli How to Destroy Angels, che poi altri non sono che il gruppo messo insieme dallo stesso Trent insieme alla mogliettina Mariqueen Maandig e all’immancabile Atticus Ross. Compagno ormai così onnipresente di Trent che a questo punto credo lo filmi anche mentre fa sesso con Mariqueen.


"Vabbé, il film non viene osannato, ma almeno io ne esco bene.
Cannibal, per questa volta ti sei risparmiato un tatuaggio sulla pancia!"
Se la tensione in questo film è pressoché inesistente, sarà che racconta una storia ormai più nota della fiaba di Cappuccetto Rosso, le chicche del film allora quali sono?
Oltre a una Rooney Mara che per quanto dejavuosa offre comunque una prova mostruosa, c’è un momento divertente quando il misterioso (ma chi sarà mai?) killer suona l’odiosa “Sail Away” dell’odiosa Enya in un momento non a caso di tortura. Il meglio arriva però con il nerd che indossa la maglietta dei NIN, in un omaggio metatestuale a Trent Reznor. Roba da mandare in cortocircuito l’intero tessuto narrativo.
Come si chiede Anita Caprioli in Santa Maradona: “Quando in un film c'è il protagonista che va a vedere un film, il problema è: che cosa va a vedere? In Leon, Jean Réno, che fa Leon, va a vedere Cantando sotto la pioggia... e se in quel cinema davano, che so, I Visitatori, sempre con Jean Réno? Sarebbe stato possibile?”
Ecco, se il personaggio nerdoso di Millennium scoprisse che è il personaggio nerdoso che indossa una maglietta dei NIN nella colonna sonora di un film musicato da Trent Reznor, che cosa succederebbe? Probabilmente niente, perché è solo un personaggio minore che compare all’interno del film per circa 10 secondi. Oppure potrebbe diventare un serial killer e ispirare una nuova saga letteraria nordica da milioni e milioni di copie vendute…

"Ed eccolo il vero motivo per cui siete finiti in questo post:
i capezzoli di Rooney Mara. E poi non dite che non vi accontento..."
In tutti questi omaggi, citazioni e soprattutto deja vu, si respira quindi una fortissima aria anni Novanta. Potremmo quasi dire che è un omaggio revival di Fincher a quel decennio cui, con film simbolo come Se7en e Fight Club, è inevitabilmente legato. Però al di là di questo, Millennium (titolo deja vu tra l'altro di una serie tv anni '90) resta un thrillerone efficace quanto non necessario. Se anche non l’avessero realizzato, ci saremmo accontentati della versione svedese senza sentire la mancanza di una rilettura-molto-poco-riletta americana. Che tra l’altro fa di tutto per essere meno americana possibile.
L’intera operazione poi ricalca da vicino quanto fatto molto di recente da Let Me In, il remake yankee del 2010 di Lasciami entrare del 2008, anch’esso svedese e anch’esso tratto da un romanzo di successo. Un altro film impeccabilmente realizzato, ben girato, interpretato, fotografato e musicato, quanto inutile.

Millennium è comunque un film consigliato a chi non ha mai visto l’altra versione, o in alternativa ai super patiti della saga di Stieg Larsson. Per i fan di Fincher, invece, meglio sperare che il regista non realizzi i due eventuali sequel e ci regali qualcosa di nuovo e di possibilmente più originale. Qualcosa che non ci faccia stare per tutto il tempo come Neo di Matrix.
No, purtroppo non quando impara il kung fu. E per fortuna (soffro di vertigini) nemmeno quando salta tra i grattacieli.
Ho avuto semplicemente un deja vu. O meglio: due ore e 40 minuti di deja vu.

Avete avuto anche voi un deja vu?
È normale. L’avevo già scritto a inizio post.
Scusate: mi sono fatto contagiare dal film!
Scusate: mi sono fatto contagiare dal film!
Scusate: mi sono fatto contagiare dal film!
Scusate: mi sono fatto contagiare dal film!
Scusate: mi sono fatto contagiare dal film!
Scusate: mi sono fatto contagiare dal film!
(voto 6/10)

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