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sabato 5 ottobre 2013

KATE WINSLET – THE COUGAR READER




David Kross che legge per Kate Winslet
The Reader – A voce alta
(USA, Germania 2008)
Titolo originale: The Reader
Regia: Stephen Daldry
Sceneggiatura: David Hare
Tratto dal romanzo: A voce alta – The Reader (Der Vorsleser) di Bernhard Schlink
Cast: Kate Winslet, David Kross, Ralph Fiennes, Lena Olin, Bruno Ganz, Vijessna Ferkic, Karoline Herfurth
Genere: nazi cougar
Se ti piace guarda anche: Changeling, Schindler’s List

The Reader – A voce ALTA è un film che affronta le tematiche di pedofilia e nazismo. Manca solo Miley Cyrus e poi tutti gli argomenti più spinosi e discussi nella storia dell’umanità sono qui affrontati.
Quando si trattano tematiche importanti e difficili, sono tutti subito pronti a gridare a voce ALTA al “CAPOLAVORO!”, al “FILMONE!”.
***ATTENZIONE SPOILER Un film su una donna responsabile della morte di 300 persone durante l’Olocausto? Di sicuro si tratterà di un “CAPOLAVORO!” di un “FILMONE!”. FINE SPOILER***
Se una pellicola parla invece di un gruppo di zoccolette che nella vita vuole solo divertirsi e fare casino come Spring Breakers o Bling Ring, o di un gruppo di spogliarellisti superficialoni come Magic Mike, allora si tratterà sicuramente di una cazzata. Per me non è così. Per me è più il contrario. In ogni caso, più di chi si racconta, più di cosa si racconta, l’importante è il come, e The Reader racconta una storia anche intrigante, a tratti, soprattutto all’inizio, ma lo fa male. Lo fa in maniera banale, piatta.
Breaking Bad non è stata una grande serie perché ha parlato di un povero prof. di chimica malato di cancro. Breaking Bad è stata una grande serie perché ha evitato ogni sorta di banalità o facile pietismo e perché il modo in cui è stata realizzata è stato: “BOOM!”, sia detto ad voce ALTA.

Ancora David Kross che legge per Kate Winslet
The Reader parte anche piuttosto bene. La prima parte è da tipico romanzo di formazione. Meglio ancora, da iniziazione sessuale. È di questo che si tratta. Il sedicenne Michael viene sedotto da una donna più grande di lui di vari anni, Hanna Schmitz, quella che oggi chiameremmo una cougar, una panterona, una signora a cui piacciono i ragazzetti ggiovani. In altre parole: Demi Moore. Nella Germania Ovest del 1958 però le cougar non erano ancora di moda e quindi la loro relazione era segreta.
Bene, questa parte va bene. Kate Winslet riesce a regalare al personaggio di Hanna la giusta carica di sensualità, nonostante a me fisicamente non abbia mai fatto impazzire e Michael finisce per diventare una sua innocente vittima. Un bel donnino che vuole farselo tutto il giorno? Povero ragazzo.
Mentre lei insegna a lui l’ars amatoria, lui legge a lei, che è analfabeta, dei romanzi, dei libri a voce ALTA. Poco a poco la loro relazione si trasforma da qualcosa di soltanto fisico in qualcosa di più…

Sempre David Kross che legge per Kate Winslet.
E poi dicono che i giovani non leggono più...
A questo punto Hanna ottiene una promozione e sparisce nel nulla. Passa il tempo, siamo negli anni Sessanta, Michael è passato dall’essere un apprendista gigolò a un apprendista avvocato e, mentre studia un caso in tribunale, si ritrova di fronte l’ex amante, la cougar, e scopre che…
***ATTENZIONE SPOILER DI NUOVO*** La cougar era una nazi. A causa sua sono morte 300 donne. *FINE SPOILER DI NUOVO***
È qui che il film deraglia sui binari del legal drama banalotto e anche, diciamolo, noioso. Non un noioso alla Changeling, ma un noioso abbastanza da smaronarsi. La pellicola vorrebbe fare della discontinuità il suo punto di forza, invece diventa la sua grande debolezza. Passano gli anni, cambia il contesto storico, i personaggi crescono e cambiano. Cambiano anche parecchio: l’interprete di Michael da giovane, l’attore tedesco David Kross, si trasforma in Ralph Fiennes e i due attori non hanno davvero un granché in comune, se non lo sguardo imbambolato. A parte quello, ci va un grande sforzo di immaginazione per pensare che siano lo stesso personaggio. Kate Winslet invece fa tutto lei, sia la cougar di mezza età, che la cougar quando diventa una cougar vecchietta e per essere brava è brava, però questa è una delle sue migliori interpretazioni?
A me non sembra.
L’attrice inglese, che oggi 5 ottobre 2013 compie 38 anni, ha avuto ben 6 nomination agli Oscar e l’unico l'ha vinto proprio per questo ben poco eccezionale film?
Bah, solita cagata dell’Academy. Kate si è comportata parecchio meglio in parecchi altri film. Quali?
Ecco la mia TOP 8 delle migliori interpretazioni winslettiane di sempre (almeno tra i suoi film che ho visto):

8. Revolutionary Road
7. Titanic
6. Creature del cielo
4. Se mi lasci ti cancello
3. Carnage
2. Holy Smoke


La neo 38enne cougar oggi è la protagonista del Kate Winslet Day, quindi vi potete beccare un sacco di recensioni dei suoi film da parte dei miei colleghi blogger cinefili che partecipano alle celebrazioni:


"Pure la cartina ti devo leggere? Cosa non si fa per una chiavata..."
Nonostante nella sua carriera abbia fatto di meglio, Kate Winslet è comunque il grande punto di forza di un film che via via si sfilaccia, con i vari passaggi cronologici poco legati tra loro, e che fanno andare la pellicola dalle parti dello sceneggiato televisivo, e sul finale persino da quelle del drammone alla Nicholas Sparks. Una vera occasione mancata, perché con protagonista una nazi cougar pedofila sarebbe stato lecito aspettarsi una pellicola più forte, potente, cattiva. Così non è. D’altra parte il regista è lo specialista nelle pellicole ruffiano-buoniste Stephen Daldry, quello di Molto forte, incredibilmente vicino e Billy Elliot. L’unica arma che usa è la solita: il montaggio parallelo che a quanto pare è la sua sola risorsa stilistica. Se in un film come The Hours, la sua pellicola migliore, il giochino gli riusciva ancora discretamente, qui sembra invece di assistere a una fiction Rai un minimo più curata. Peccato per Kate, la protagonista di giornata che s’è dovuta beccare una stroncatura. D’altra parte qui si sta a celebrare l’attrice, ma mica si sta a fare all’amore con tutti i suoi film, come il suo personaggio qui fa con il primo ragazzetto che le capita a tiro.
(voto 5/10)


lunedì 28 maggio 2012

Molto debole, incredibilmente palloso

"Se ingrassi ancora un po', mi fai morire di mal di schiena, altroché 11 settembre..."
Molto forte, incredibilmente vicino
(USA 2012)
Titolo originale: Extremely Loud & Incredibly Close
Regia: Stephen Daldry
Cast: Thomas Horn, Tom Hanks, Sandra Bullock, Max Von Sydow, John Goodman, Viola Davis, Jeffrey Wright
Genere: post-11 settembre
Se ti piace guarda anche: Touch, Reign Over Me, Un sogno per domani, 11 settembre 2011, United 93, World Trade Center

Molto forte, incredibilmente vicino è il tema affrontato da questo film: l’11 settembre 2001.
Do you remember?
Un tema sì vicino, ma non più di stretta attualità. Allo stesso tempo è però una ferita ancora troppo aperta per poter essere oggetto di un’osservazione da un punto di vista storico davvero distante. Insomma, questo non sembra il momento migliore per riflettere sull’argomento.
La pellicola è tratta dal romanzo di Jonathan Safran Foer, tra i primi a toccare l’argomento degli Stati Uniti post-11 settembre. Buon per il libro, male per l’adattamento cinematografico che oggi appare arrivare in ritardo, con varie altre pellicole che hanno affrontato il tema in maniera simile e una serie tv come Touch, con Kiefer Sutherland, che pare anch’essa prendere parecchia ispirazione dal romanzo. Lì come qui abbiamo una storia di connessioni tra numeri e persone in qualche modo legate tra loro e lì come qui abbiamo un (insopportabile) bimbo protagonista ai limiti dell’autismo. Solo che se in Touch non parla, il protagonista di Molto forte incredibilmente vicino invece parla molto e incredibilmente per tutta la durata del film!
Uno dei limiti della pellicola è quello di non dire fondamentalmente niente di nuovo sull’argomento.
A costo di fare i cinici: tra documentari, servizi dei TG, film, serie tv e quant’altro sappiamo già tutto. Era quindi davvero necessario un altro film sull’11 settembre?

A non convincere di questo adattamento, oltre a un tempismo non proprio tempestivo, è il modo in cui è stato realizzato. Premetto che non ho letto il romanzo, quindi la mia è solo una supposizione, però non mi sembra si sia fatto un grande lavoro di trasposizione da un mezzo all’altro.
Il film, in pratica, suona incredibilmente letterario e molto poco cinematografico.
Tutta la prima parte è vissuta attraverso la voce del bambino narratore. All’inizio va anche bene, dopo qualche minuto comincia a darti sui nervi, dopo una mezzoretta cominci a rimpiangere di non esserci stato anche tu dentro le Twin Towers, quell’11 settembre.
Scherzo!
È ancora troppo presto per scherzarci su?

"Non so perché, ma su 'sta cartina Casale Monferrato non è mica segnato..."
I film che hanno dei bambini per protagonisti partono già con un problema serio da affrontare. I bambini nei film sono infatti spesso odiosi. A essere gentili. Il bimbetto protagonista di questo film all’inizio sta anche piuttosto simpatico. È strambo, particolare. È un pochino autistico, ma non del tutto. È originale. A forza di farlo parlare con la voce fuoricampo, poco a poco, ma nemmeno tanto poco a poco, comincia a diventare prima pesante e poi odioso ai livelli quasi della maggior parte degli altri bambini cinematografici. Detto questo, il giovane attore Thomas Horn più o meno se la cava, dai. La sua performance non è da exploit alla Haley Joel Osment (che fine ha fatto?) o alla Maculay Culkin (lui sappiamo che fine ha fatto, ‘sto drugà!), però è decente.
Cosa c’è comunque di più odioso dei bambini nei film?
Risposta corretta: Tom Hanks nei film.
La buona notizia è che Tom Hanks in questo film compare poco. Come mai?
Considerato che il tema è quello dell’11 settembre, fate voi 1+1…
E c’è pure Sandrona Bullock. A sorpresa mi era piaciuta parecchio in The Blind Side, per cui aveva vinto persino l’Oscar, però per il resto è una che per vederla recitare decentemente bisogna pregare Dei di diverse religioni.

"Falla pure tutta, figliolo. Hai la più completa privacy.
Non ti sto fissando, no no!"
A proposito di religione, ma neanche tanto, il film non affronta il tema dell’11 settembre da questo punto di vista. Né da un punto di vista politico o culturale. Niente. Affronta l’argomento da un punto di vista puramente umano. Andando a scavare nella vita delle persone, dei newyorkesi la cui vita è cambiata in qualche modo dopo gli attentati. Però più che scavare, gratta giusto in superficie e i personaggi di contorno rimangono un contorno molto poco gustoso. Abbiamo un parterre, ma che dico parterre? dico jean-pierre, di interpreti di primo livello come Viola Davis, John Goodman, Jeffrey Wright, ma i loro personaggi stanno sempre sullo sfondo.
Tutti i riflettori sono allora accesi sul bimbetto protagonista. La sua vicenda, triste, toccante, emozionante fin che si vuole, cattura l’interesse giusto nella prima mezz’ora, poi il film si perde incredibilmente per strada. In questo mi ha ricordato in maniera molto forte Un sogno per domani, film con il sopracitato Haley Joel Osment, che ha un buono spunto iniziale e poi scivola nella noia e nei buoni sentimenti.

Di aver girato questo film? Yes, you're sorry!
Quando sembra non saper più che pesci pigliare, la pellicola tira allora fuori il rapporto tra il bambino protagonista e un signore anziano che da anni non parla più, interpretato da un Max von Sydow nominato agli ultimi Oscar piuttosto inspiegabilmente, forse come omaggio alla carriera. La loro amicizia ricorda un po’ quelle di Gran Torino o de L’estate di Kikujiro però no, scordatevi subito che possa raggiungere gli stessi livelli. I livelli raggiunti sono più vicini a quelli di Reign Over Me, modesta e piuttosto scontata pellicola sul post 11 settembre con Adam Sandler.
Dietro la macchina da presa c’è Stephen Daldry, regista che non amo molto, che qui riassume un po’ tutto il suo cinema passato. C’è la vicenda storica legata a quella umana, come in The Reader, c’è il bimbetto odioso ma non troppo come in Billy Elliot, e c’è un tipo di costruzione narrativa simile a The Hours; come in quello, anche qui i ritmi sono parecchio lenti, per poi avere qualche accelerazione improvvisa. Scordatevi però il bel finale in crescendo di The Hours, perché qui il film raggiunge il suo climax con la “scenona” in cui il bambino parla a raffica con il vecchio muto. Una scena che forse vorrebbe essere cult come il monologo di Edward Norton in La 25ora, peccato finisca invece per risultare ridicola più che altro.

Alla fine della visione, l’idea che mi rimane in testa è quella di una pellicola molto debole, incredibilmente debitrice nei confronti del romanzo da cui è tratta. La risoluzione del mistero attorno a cui ruota la storia è poi parecchio deludente, per lo stesso protagonista quanto per noi spettatori.
Sembra che gli Stati Uniti non riescano a liberarsi dallo spettro dell’11 settembre. Un'ossessione che dà origine a vicende piuttosto prevedibili di riscatto personale, nonostante tutte le circostanze avverse, con vicende buoniste e tomhanksiane come le vite intrecciate di questa pellicola o del telefilm Touch. Io però preferisco quando l'America affronta questo fantasma con maggior coraggio, senza tralasciare gli aspetti politici, ideologici, culturali e religiosi della vicenda, certo non trascurabili. Proprio come fa Homeland, una serie tv, quella sì, molto forte e incredibilmente vicina all’America post September 11.
(voto 5/10)

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