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sabato 1 marzo 2014

MARIA DE PHILOMENA




Qualche settimana fa mi era capitato di guardare C’è posta per te. Non il film con Meg Ryan e Tom Hanks, che già ci sarebbe un pochino di che vergognarsi, mi riferisco proprio al programma con Maria de Filippi.
AAAHAHAHAH RISATE

Premetto che non l’ho visto di mia spontanea volontà. Non ero a casa mia e mi hanno costretto legandomi a una sedia. Tralasciando i dettagli da splatter-revenge movie di come sia finito a vederlo, a C'è posta per te c’era ospite Gabriel Garko – ovvio – ed era lì per presentare una delle mille fiction che interpreta a raffica manco fosse l’unico attore in Italia, e tra l'altro non ho ben capito cosa avesse a che fare Garko con la storia di turno. Storia di turno che raccontava di una tragedia con nonne malate terminali poi miracolosamente guarite e poi di nuovo malate terminali e a un certo punto mi sono perso perché era tutto troppo complesso per la mia debole mente.
La gente che guarda regolarmente questo tipo di programmi riesce a seguire tutti i passaggi di una vicenda così incasinata e poi se gli presenti davanti un film di Lynch o Kubrick o Malick non lo capisce. Cazzo, ma se riuscite a seguire ‘ste intricatissime storie dovreste minimo riuscire a conseguire una laurea al MIT a occhi chiusi, e poi non riuscite a capire un film di Kubrick? Davvero strano il mondo...
Nella prima vicenda della puntata c’era in pratica questa fiabetta sulla nipote e la nonna, con la nipote che aveva 30 anni e passa ma veniva trattata come una bimba di 6 circondata dai pupazzi quando lei avrebbe preferito essere circondata da un’altra cosa che fa rima con pupazzi. Nipote e nonna che si vogliono tanto tanto bene e non potrebbero vivere l’una senza altra, anche se io vorrei vedere poi dietro le quinte ciò che è successo per davvero. Secondo me la nipote ha campato la cara nonnina in fin di vita giù dalle scale ed è andata in bagno a farsi una sveltina e una striscia di coca con Garko, ma queste sono solo mie supposizioni.

Nella seconda vicenda di questa bellissima e appassionantissima puntata di C’è posta per te c’è stato posto per un melodrammone ancora più strappalacrime. La storia di un uomo che doveva essere talmente un pezzo di pane che tutte le sue mogli a un certo punto sono scappate via senza dirgli dove andavano, chissà perché? Una di queste numerose mogli ha portato via con sé anche il figlio, e l’uomo per decenni se n’è fregato di cercarlo. Fino a che un giorno, malato terminale in fin di vita – ovvio – ha scoperto l’esistenza del programma di Maria de Filippi e ha deciso di contattarli per rintracciare il figlio perduto, senza dover manco pagare un detective privato. Così Santa Maria, insieme ai suoi piccoli aiutanti, ha ritrovato il bambino, trasferitosi negli USA, scoprendo che oramai è diventato un omaccione italoamericano che sembra uscito dai Soprano. Alla fine, padre e figlio carramba! che sorpresa si sono ritrovati per la prima volta insieme, tra gli applausi e le lacrime del pubblico.

Perché diavolo vi ho raccontato tutto ciò?
Innanzitutto per rendervi complici di questa mia esperienza traumatica e farvi soffrire un po' quanto ho sofferto io, e poi perché la visione di Philomena mi ha riportato alla mente tutto ciò.

Philomena
(UK, USA, Francia 2013)
Regia: Stephen Frears
Sceneggiatura: Steve Coogan, Jeff Pope
Ispirato al libro: The Lost Child of Philomena Lee di Martin Sixsmith
Cast: Judi Dench, Steve Coogan, Mare Winningham, Sophie Kennedy Clark, Barbara Jefford, Anna Maxwell Martin, Michelle Fairley
Genere: tv cinema del dolore
Se ti piace guarda anche: Una canzone per Marion, Saving Mr. Banks, Parto con mamma, Nebraska

La storia raccontata dal film, ispirata a un fatto realmente successo raccontato non da Maria de Filippi bensì da Martin Sixsmith nel suo bestseller The Lost Child of Philomena Lee, è abbastanza simile a quella di C'è posta per te. Una donna irlandese mega bigotta ha avuto un figlio da giovanissima e il bimbo è stato affidato a un convento di suore malefiche che l’hanno vendut… pardon dato in adozione negli Stati Uniti. 50 lunghi anni dopo la donna, Philomena, una Judi Dench che a me non è sembrata per nulla da Oscar, vuole ritrovarlo e in suo soccorso arriva un giornalista che fino ad allora non si era mai occupato di questo genere di storie di vita vissuta perché, ve lo dico con le sue parole:

Storie di vita vissuta è un eufemismo per articoli su persone stupide, vulnerabili e ignoranti con cui riempire giornali letti da persone ignoranti, stupide e vulnerabili.

"Scommetto che ti stai annoiando, ammettilo..."
"Andare in giro per cimiteri con una vecchia bigotta scassapalle?
E perché mai dovrei annoiarmi?"
Lo dice nel film Martin Sixsmith, interpretato da uno Steve Coogan così così, mica io.
Si può raccontare una storia di questo tipo senza (s)cadere nel facile pietismo alla Maria de Filippi?
Sì, si può, un film come Quasi amici è la dimostrazione che si possono toccare certi argomenti delicati in una maniera ironica e priva dei soliti stereotipi. La domanda più importante per quanto riguarda questo post invece è: Philomena ci riesce?
Secondo la critica mondiale, secondo l’Academy che l’ha nominato addirittura tra i migliori film dell’anno, e secondo gran parte degli amici blogger di cui ho letto pareri per lo più entusiastici sì. Un gigantesco sì.
Per quanto mi riguarda invece è un gigantesco mah, tendente al no.

Philomena non gioca troppo le armi della lacrima facile, di questo gliene do’ atto. È un film che io ho trovato anzi molto freddo. Pure troppo. Sarà che ho provato un’antipatia istintiva e viscerale nei confronti di questa Philomena. Non ci posso fare niente. A parte qualche accennato momento di apertura mentale, bigotta era all’inizio del film, bigotta rimane fino alla fine. Ed è pure appassionata di libri stile Harmony, ce le ha davvero tutte!
Ho provato invece una forte empatia nei confronti di Martin Sixsmith, nonostante per l’attore che lo interpreta, Steve Coogan, abbia sempre provato un’antipatia istintiva e viscerale, non so bene perché, non chiedetemelo. Il suo personaggio è quello di un giornalista ateo che odia le “storie di vita vissuta” alla Maria de Filippi. Martin e Philomena sono quindi due persone del tutto differenti che si trovano a dover viaggiare insieme, lui per raccontare a modo suo un tipo di vicenda che tanto non sopporta e lei per scoprire che fine ha fatto suo figlio. Tra i due si instaura un rapporto quasi genitoriale già visto in un sacco di altri film, dagli on the road recenti stile Nebraska e Parto con mamma fino, tornando più indietro nel tempo, a pellicole come In viaggio con papà o Dutch è molto meglio di papà.

"Questo Cannibal sarà anche quello che noi giornalisti seri chiamiamo un
blogger da strapazzo, però su di te Philomena non ha mica tutti i torti..."
Cos’ha questo Philomena in più rispetto alle decine, forse centinaia di film simili, in grado di portarlo a correre per gli Oscar?
Ditemelo voi, io non l’ho capito. Ho apprezzato la critica alle suore e al convento, sebbene fatta con il freno a mano sempre inserito da Philomena. Per il resto i due protagonisti non mi hanno certo sconvolto, le musiche di Alexandre Desplat sono belle ma regalano una patina favolistica fuori luogo per questa storia vera, ci sono due o tre momenti divertenti ma niente di così clamoroso rispetto ai soliti standard britannici, la regia di Stephen Frears mi è parsa di un piatto totale e, soprattutto, la parte drammatica non l’ho trovata così emozionante.
Un drammone strappalacrime ti deve far commuovere, come ad esempio il recente sottovalutato Una canzone per Marion, se invece non ci riesce vuol dire che con te ha fallito. Come un horror che non fa paura. Il problema comunque con buona probabilità non è tanto del film quanto mio, visto che il resto del mondo pare aver adorato Philomena. Sarò una persona cattiva io, ma a me è sembrata giusto una storia alla Maria de Filippi, realizzata in maniera professionale, curata e tutto e con dentro un paio di riflessioni non male sulla religione e pure sul giornalismo, però pur sempre una storia – Dio mio! – alla Maria de Filippi.
(voto 5,5/10)

"Il paragone con le storie di C'è posta per te dovrebbe essere un insulto?
Ma io adoro quel programma!"

giovedì 20 giugno 2013

QUEL CHE SUCCEDE A LAS VEGAS NON SEMPRE RESTA A LAS VEGAS, PURTROPPO


Una ragazza a Las Vegas
(USA, UK 2012)
Titolo originale: Lay the Favorite
Regia: Stephen Frears
Sceneggiatura: D.V. DeVincentisB
Tratto dalla biografia: Lay the Favorite di Beth Raymer
Cast: Rebecca Hall, Bruce Willis, Catherine Zeta-Jones, Laura Prepon, Frank Grillo, Joel Murray, Joshua Jackson, Vince Vaughn
Genere: commedia che non fa ridere
Se ti piace guarda anche: 21, Luck

Commedie che non fanno ridere. Potrei passare ore a elencarle, se solo mi ricordassi i loro titoli. Se c’è una cosa che il cinema americano non ci fa mai mancare è una buona dose di filmetti pseudo brillanti e pseudo comici che oh, facessero ridere un solo momento uno in tutta la visione. Invece niente. Una ragazza a Las Vegas è una di queste commedie, commedie che non fanno ridere. Ma mai. Ci fosse una scena simpatica ci sarebbe da festeggiare. Ma no, sorry. Nada de nada. Manco un sorrisino.
In compenso però la storia è originale…
Questa era una battuta. Non so se faceva ridere, probabilmente no, però ci potete scommettere che era più divertente dei momenti divertenti del film.
Quali momenti divertenti?
Anche questa era una battutona. Lo dico nel caso non si fosse capito.
Non si era capito, vero?
Oddio, questo post è stato contagiato dalla mancanza di umorismo della pellicola. Noooooooo!

"Mi sento una versione scema (ma figa) del protagonista di A Beautiful Mind."
La storia originalissima presentata dalla pellicola è quella di una bella ragazza che di professione fa la private dancer, la stripper a domicilio come quella cantata da Tina Turner, e che però si sente intrappolata nella sua sciatta vita di provincia e allora vuole andare a tentare la fortuna a Las Vegas. Che fantasia! Che storia mai sentita!
A interpretare questa ragazza a Las Vegas troviamo Rebecca Hall. Buona attrice, Rebecca, vista in film come The Town, Vicky Cristina Barcelona, The Prestige e Iron Man 3, peccato sia del tutto fuori parte. Come ragazza superficiale e ingenua non se la cava per niente. Ci sarebbe stata meglio una dotata di un maggiore senso dell’umorismo, una come una Anna Faris. Rebecca Hall, che per carità per l’occasione sfoggia anche un bel physique du role, è troppo sofisticata, la vedo meglio in un film in costume. Costume ottocentesco, non costume da bagno.

"Azz! Ormai sono più rifatta di Liberace!"
A Las Vegas, la ragazza non va per passare dalla vita dentro una roulotte a quella tra le roulette, bensì per fare la barista. Una volta arrivata nella città del peccato, che in questa pellicola appare in una maniera molto edulcorata e ben poco peccaminosa, trova invece un altro lavoro. No, non torna a fare la spogliarellista, no, non si mette a fare la escort, bensì diventa la segretaria tuttofare di un noto gambler locale. Cos’è un gambler?
È uno scommettitore, un giocatore d’azzardo professionista. A interpretare questo grande gambler vi è Bruce Willis. Bruce che ormai accetta qualunque parte, tra un po’ lo vedremo anche in un cinepanettone, se ancora i cinepanettoni vengono sfornati e spero di no. Bruce gigionissimo ma anche svogliatissimo e non c’è solo lui. Il cast è di quelli quasi da grandi occasioni, con una plasticosa Catherine Zeta-Jones che pure lei ormai per $100 dollari la fate venire alla prima comunione di vostro nipote, l’ex Pacey di Dawson’s Creek Joshua Jackson, l’ex That ’70s Show Laura Prepon, più un Vince Vaughn mai così fuori forma.

"Bruce, ci sono i Vanzina in linea per te..."
"Uh, passameli. Non vedo l'ora di prendere sold... ehm girare un film con loro."
Al che io mi chiedo: ma su carta la sceneggiatura, ispirata per altro alla biografia di tale Beth Raymer, la vera ragazza a Las Vegas, era scritta tanto da Dio da convincere tutti questi attori? O Stephen Frears ha fatto davvero un così cattivo lavoro alla regia?
Che poi io Stephen Frears è un regista che non capisco. È uno che nella sua carriera ha fatto anche dei buoni film, su tutti Alta fedeltà, ed è uno passato senza problemi per pellicole completamente differenti tra loro, da Le relazioni pericolose e Eroe per caso, da Mary Reilly a Tamara Drewe, da La regina a questa Una ragazza a Las Vegas. Va bene cambiare, va bene la varietà, ma nella sua opera non ci vedo un filo comune. È un mestierante che prende ciò che gli capita, come purtroppo il Bruce Willis degli ultimi tempi. È un directeur ma non un metteur en scène.

Se non si era ancora capito, sconsiglio la visione di questa ragazzetta a Las Vegas. Non che sia una roba del tutto inguardabile, però è davvero ma davvero inutile. Pure io dovevo aspettarmelo. In generale i film sulle scommesse e sul gioco d’azzardo non mi piacciono e quindi ci avrei scommesso che nemmeno questo sarebbe stato un puledro da primo posto. Però avrei puntato se non altro su una pellicola da metà classifica, e invece questo è solo un film da ultima posizione.
Scommettiamo che non piacerà nemmeno a voi?
(voto 4/10)


venerdì 19 aprile 2013

ALTA FEDELTA’... ALLE CLASSIFICHE


Alta fedeltà
(UK, USA 2000)
Regia: Stephen Frears
Sceneggiatura: D.V. DeVincentis, Steve Pink, John Cusack, Scott Rosenberg
Tratto dal romanzo: Alta fedeltà di Nick Hornby
Cast: John Cusack, Iben Hjejle, Todd Louiso, Jack Black, Lisa Bonet, Catherine Zeta-Jones, Tim Robbins, Lily Taylor, Joan Cusack, Joelle Carter, Natasha Gregson Wagner, Drake Bell, Bruce Springsteen, Sara Gilbert
Genere: musicalesistenziale
Se ti piace guarda anche: About a Boy - Un ragazzo, L’amore in gioco, Non mi scaricare, School of Rock, Be Kind Rewind, Non per soldi… ma per amore

Dovete sapere che la creazione di una grande compilation richiede più fatica di quanto sembri. Devi iniziare alla grande, catturare l'attenzione! Allo stesso livello metti il secondo brano, e poi devi risparmiare cartucce inserendo brani di minore intensità. Eh... sono tante le regole.
Rob Gordon/John Cusack (Alta fedeltà)

La creazione di una recensione segue all’incirca le stesse regole di quelle di una compilation. L’attacco dev’essere qualcosa che attira subito l’attenzione, e cosa meglio di una bella citazione pronta e servita su un piatto d’argento?
Alta fedeltà è fatto apposta per essere citato. Il libro ancora più del film. Che poi va sempre così. Il libro è meglio del film e anche questo è il caso. Però, per quanto il romanzo originale di Nick Hornby sia ancora più mitico, la trasposizione cinematografica è davvero ottima e rimane anche a distanza di qualche annetto una delle commedie più scoppiettanti e divertenti del nuovo millennio. L’ambientazione è passata da Londra a Chicago, si è americanizzato il tutto, alcune cose sono state semplificate ma per me resta un buonissimo esempio di come adattare un romanzo cult in una pellicola cult allo stesso livello o quasi.

Top 5 delle trasposizioni cinematografiche da libri che ho letto
1) Le regole dell’attrazione da Bret Easton Ellis
2) Il giardino delle vergini suicide da Jeffrey Eugenides
3) Il silenzio degli innocenti da Thomas Harris
4) Fight Club da Chuck Palahniuk
5) Trainspotting da Irvine Welsh

Per il protagonista di Alta fedeltà, Rob Gordon nel film/Rob Fleming nel libro, una compilation deve riuscire a parlare di te stesso, sfruttando però l’arte creata da altri. Ed è anch’essa un’arte. Una cosa valida per le canzoni, così come pure per i film. Se dovessi fare una top 5 dei film che parlano in qualche modo di me, ci metterei sicuramente dentro Alta fedeltà per la passione musicale dei vari personaggi e per la mania maniacale del protagonista di fare liste. Ancora di più mi ritrovo però nel protagonista di un altro romanzo di Nick Hornby, About a Boy - Un ragazzo, anch’esso trasposto in una pellicola americanizzata ma comunque godibile, nonostante l’attualizzazione della vicenda agli Anni Zero abbia eliminato i riferimenti a Kurt Cobain che rendevano il romanzo ancora più memorabile.

Top 5 dei film con cui in qualche modo mi identifico con i protagonisti
1) About a Boy
2) Alta fedeltà
3) (500) giorni insieme
4) Drive
5) Noi siamo infinito

"No, il nuovo dei One Direction non ce l'abbiamo. Ma sai dove puoi trovarlo?
Nella spazzatura, ecco dove."
Tornando fedeli ad Alta fedeltà, tra l’altro titolo geniale, è una pellicola ovviamente ad altissimo tasso di musicalità. Con dei personaggi del genere, d’altra parte, non poteva essere altrimenti. Per chi non lo sapesse, Rob/John Cusack è infatti un ex dj proprietario di un negozio di dischi, assistito da due altri geek musicali non da meno: il timido Todd Louiso, di recente riciclatosi come regista ma con risultati decisamente pessimi (vedi Un microfono per due), e lo scatenato Jack Black, il cui successivo School of Rock sembra quasi uno spinoff ritagliato sul suo personaggio in Alta fedeltà.

Top 5 interpretazioni di Jack Black
1) Alta fedeltà
2) School of Rock
3) Be Kind Rewind
4) Amore a prima svista
5) King Kong

Anche io da ragazzino sognavo di lavorare un giorno in un negozio di dischi. Poi sono arrivati Napster e la crisi dell’industria musicale e oggi aprire un negozio di dischi appare un’idea furba tanto quanto mettere su un Blockbuster. Tanto per dire, il proprietario del record store della mia cittadina in cui andavo a comprare i CD da teenager adesso s’è messo a fare il becchino, fatto che trovo particolarmente simbolico e ironic, come canterebbe Alanis Morissette. O, come canterebbe Bob Dylan, the times they are a-changin’…

"Ford, te lo devo proprio confessare: preferisco nettamente
Pensieri Cannibali a WhiteRussian!"
Top 5 dei miei lavori ideali
1) Marito mantenuto di Jennifer Lawrence
2) Selezionatore di musiche per spot pubblicitari
3) Fare il terzo Daft Punk
4) Assaggiatore di birra Guinness
5) Recensore cinematografico pagato profumatamente

Tre malati di musica le cui vite nel negozio di dischi e fuori sono accompagnate da una colonna sonora che passa da Marvin Gaye ai Belle and Sebastian, da Elton John a Bruce Springsteen (presente anche in un cameo che avrà fatto avere un attacco di cuore al mio blogger rivale Ford), passando per Joan Jett, Katrina & the Waves, Chemical Brothers, Goldie, Velvet Underground, Bob Dylan, Stereolab e un sacco di altri.

Top 5 canzoni del film
1) Jack Black nella cover di “Let’s Get It On” di Marvin Gaye
2) Beta Band “Dry the Rain”
3) Lisa Bonet nella cover di “Baby I Love Your Way” di Peter Frampton
4) Belle and Sebastian “Seymour Stain”
5) Stevie Wonder “I Believe (When I Fall in Love It Will Be Forever)”

Oltre a quei tre disgraziati dei personaggi maschili, sfilano anche la tipa presente e le ex di Rob/John Cusack. Una galleria di donne molto variegata in cui spiccano una Catherine Zeta Jones spumeggiante e una bona Lisa Bonet, mentre più in ombra resta la protagonista femminile vera e propria, l’impronunciabile danese Iben Hjejle, che dopo questa pellicola non stupisce sia tornata abbastanza nell’oblio.

Top 5 donne di Alta fedeltà
1) Catherine Zeta Jones
2) Lisa Bonet
3) Natasha Gregson Wagner (la giornalista musicale)
4) Iben Hjejle
5) Joelle Carter

Musica, donne, risate, qualche momento più introspettivo ma non troppo, una serie di personaggi fantastici… difficile chiedere di più a una commedia. Spiace averla tradita con altri film negli ultimi anni, ma a ritrovarla Alta fedeltà è ancora in splendida forma e una botta gliela si dà di nuovo più che volentieri. Anche più di una. Fino a che non capiterà di innamorarsi di nuovo.
(voto 8+/10)

Post pubblicato anche su L'OraBlù, con il nuovo minimal poster creato da C(h)erotto.


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