Visualizzazione post con etichetta stephen graham. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta stephen graham. Mostra tutti i post

martedì 2 luglio 2013

BLOOD, IL SANGUE CHE NON MACCHIA



Blood

(UK 2012)
Regia: Nick Murphy
Sceneggiatura: Bill Gallagher
Ispirato alla serie tv: Conviction
Cast: Paul Bettany, Stephen Graham, Brian Cox, Mark Strong, Ben Crompton, Zoë Tapper, Patrick Hurd-Wood, Lucy Lowe, Natasha Little, Naomi Battrick
Genere: murder story
Se ti piace guarda anche: The Fall, Broadchurch

Ah, quante ragazze assassinate ho visto, nella mia vita!
Non intendo viste live, cioè morte dal vivo, per quanto qualcuno possa essere morto dal vivo. Non essendo né un agente della omicidi, né un serial killer, non mi è capitato. Intendo che le ho viste in film e soprattutto telefilm.
Laura Palmer, do you know?
Rosie Larsen, quella di The Killing, avete presente?
Alison DiLaurentis delle Pretty Little Liars...
Le vittime di Buffalo Bill de Il silenzio degli innocenti...

"Paghi tu, papi? Tanto c'hai l'Alzheimer e domani manco ti ricordi."
Questo giusto per citarne alcune, ma la lista potrebbe andare avanti per post e post interi. Sarebbe però una cosa troppo macabra, quindi fermiamoci qui, ma rimaniamo nello spettrale ambito del macabro.
Blood comincia infatti proprio con il ritrovamento in una (più o meno) tranquilla cittadina inglese del cadavere di una ragazzina, una dodicenne brutalmente uccisa. Da chi? Come? Perché?
A provare a dare una risposta a tali spinose domande ci pensano i detective Paul Bettany e il suo fratello (cinematografico) Stephen Graham. Passano appena poche ore all’interno della pellicola, giusto pochi minuti nella vita dello spettatore, e il caso viene risolto. L’assassino catturato. Assicurato alla giustizia.
Ehm, forse…

Se fosse tutto così semplice, il film sarebbe finito qui e ciao, si spengano le luci in sala e tutti a casa. Invece non è altro che l’inizio di questo thriller ben realizzato, piuttosto avvincente, con una analisi nella psicologia dei personaggi abbastanza approfondita, con delle interpretazioni valide da parte di tutto il cast, che oltre al discontinuo Paul Bettany (molto meno convincente rispetto ai tempi di A Beautiful Mind e Dogville) e al sempre cazzuto Stephen Graham vanta anche gli ottimi Mark Strong e Brian Cox, il padre con l'Alzheimer dei due fratelli protagonisti. Insomma, bene così.
Ehm, forse…

"Ma questa recensione è scandalosa!
Esigo un mandato di cattura internazionale per l'autore, immediatamente."
Per quanto cerchi di prendere le distanze dalla murder story classica, andando a scavare all’interno della vita dei protagonisti e tessendo una tela di complesse relazioni famigliari, la sensazione di già visto non va comunque via. Certo, se Blood l’avessero realizzato in Italia, probabilmente gli avrebbero fatto vincere 42 David di Donatello, 27 Ciak d’Oro, 6 Telegatti e una notte con Ruby Rubacuori. Ogni riferimento a La migliore offerta è puramente voluto. Per gli standard dei thriller inglesi, invece, negli ultimi tempi si è visto di meglio. Soprattutto in tv, grazie a serie come la splendida Broadchurch o alla tesa, molto tesa The Fall. Anche Blood parte proprio da un’ispirazione televisiva; è infatti tratto dalla serie tv, British anch’essa of course, Conviction, creata dallo stesso sceneggiatore della pellicola Bill Gallagher, autore poi anche di altre mini serie come Blackout e The Paradise.
Tutto ben scritto, tutto ben recitato, tutto ben fatto con il marchio di qualità BBC Films, tutto allo stesso tempo talmente perfettino da risultare una visione estiva decente, però niente più di questo. Una volta terminato, Blood non lascia grandi macchie. Basta un po’ di sapone e vanno subito via.
(voto 6-/10)



giovedì 8 marzo 2012

Jessica Chastain Film Festival

Oggi è la giornata della donna. Ve ne eravate scordati? Tranquilli, siete ancora in tempo prima che le donne della vostra vita smettano di rivolgervi la parola perché non avete regalato loro manco una mimosa. E tutto questo grazie a Pensieri Cannibali, che funziona meglio dei promemoria sul cellulare.
In occasione dell’8 marzo, per prima cosa da buon ruffiano faccio gli auguri a tutte le donne! e poi dedico il mio post mimosa in particolare alla donna dell’anno.
Eva del duo Adamo ed Eva?
Nuh, vabbè che quest’anno va di moda l’effetto nostalgia, però è davvero troppo retrò.
La Maria Vergine?
Nuh, troppo Santa.
La Belen Rodriguez?
Nuh, troppo Zoccola.
E allora non resta che lei, la sola e unica Jessica Chastain. Una donna in grado di recitare nell’ultima annata non in 1, non in 2, non in 3, non in 4, bensì in 5 film interessanti.
Dopo aver osannato il capolavoro The Tree of Life, lo splendido Take Shelter e l’ottimo The Help, adesso è il turno di due suoi film minori, ma comunque degni di attenzione. Se non altro per la sua fenomenale presenza.
Al via or dunque la Jessica Chastain mini-rassegna.

Texas Killing Fields
(USA 2011)
Regia: Ami Canaan Mann
Cast: Sam Wothington, Jeffrey Dean Morgan, Chloe Moretz, Jessica Chastain, Sheryl Lee, Annabeth Gish, Stephen Graham
Genere: ragazze scomparse
Se ti piace guarda anche: The Killing, Friday Night Lights, Twin Peaks

La partenza del film, con il classico ritrovamento del cadavere di una ragazza, non può che far venire subito in mente Twin Peaks e allo stesso tempo non si può che rimanere a seguire la vicenda. Nonostante sia una storia raccontata più e più volte, per chi è cresciuto con la serie di David Lynch non si può fare a meno di essere attratti da una vicenda che si apre in tal modo.
Texas Killing Fields ricorda quindi il telefilm per eccellenza, Twin Peaks, ma allo stesso tempo riporta alla mente pure le atmosfere inquiete del recente The Killing, caratterizzato però da un’ambientazione texana che fa molto Friday Night Lights (non a caso la regista ne ha diretto un episodio). I riferimenti televisivi non sono così casuali, visto che questo più che un film per il cinema finisce per assomigliare alla puntata pilota di una potenziale serie tv. Un difetto, visto che la pellicola rimane incompiuta e i suoi personaggi sospesi, come se meritassero un ulteriore approfondimento in puntate successive che mai vedremo. Ma nemmeno un difetto così grave, visto che Texas Killing Fields sarebbe un pilot di livello piuttosto buono. Peccato solo non sia un pilot, bensì un film.

A curare la regia della pellicola è Ami Canaan Mann. Un nome che non vi dirà niente, visto che è una esordiente assoluta, ma un cognome che invece potrebbe farvi scattare un campanello in testa.
Mann? Sì, non è una coincidenza: si tratta proprio della figlia di Michael Mann, il regista di Heat, Collateral, Manhunter, L’ultimo dei Mohicani, Miami Vice, Nemico Pubblico, Alì, Insider…
Una figlia raccomandata, or dunque, e alla mente vengono subito due nomi di figlie d’arte di altri grandi registi. Ai limiti, se vogliamo, opposti. Da una parte Sofia Coppola, autrice strepitosa di una serie di pellicole con cui è riuscita a definire una poetica e un linguaggio del tutto personali, ben lontani dall’ombra ingombrante di paparino Francis Ford. Dall’altro lato troviamo invece Jennifer Lynch, la figlia di quel David il cui nome abbiamo già incontrato e che menzioneremo ancora. Jennifer che ha girato tre film, tra cui l’esordio Boxing Helena. Una pellicola che aveva fatto discutere parecchio per la morbosità del tema trattato e per via di una causa legale con Kim Basinger, che sarebbe dovuta esserne la protagonista, ma che alla prova del grande schermo si è rivelata un notevole flop nonché il tentativo della figlia di imitare (senza successo) le atmosfere angoscianti e visionarie del padre. Uno scult totale a suo modo entrato nella storia del cinema.
E la Ami Canaan Mann dove si pone, tra queste due figlie d’arte?

Esattamente a metà strada. Il suo film d’esordio non è infatti del tutto riuscito, ma nemmeno una porcata totale. Il suo sguardo è piuttosto personale, i riferimenti al padre non sono particolarmente inva-evidenti, eppure non riesce nemmeno a emergere con una visione del tutto sua. Perché il modello di riferimento, più che papà Michael, come detto sembra essere pure per lei il Lynch.
La storia di alcune ragazze scomparse negli acquitrini di una cittadina texana è un indizio al proposito. Ma l’impressione si fa certezza quando ti vedi comparire davanti Sheryl Lee, una Laura Palmer che non è morta ma è cresciuta, ed è ancora una mezza prostituta con una vita disastrata.
Sheryl Lee… fa sempre piacere rivederla, di recente è capitato anche in Un gelido inverno e nella serie One Tree Hill (era la madre di Peyton), ma allo stesso tempo è sempre uno shock. È come rivedere viva una persona che credevi morta. Perché non importa fosse fiction: quando la tua vita è stata segnata indelebilmente da Twin Peaks, per te lei non è un cadavere. Lei è IL cadavere e la scena del ritrovamento del suo corpo non te la potrai mai più scrollare dalla mente.

Il paragone con un Twin Peaks in versione texana aleggia dunque sulla pellicola ed è un paragone che la pellicola non riesce a reggere. Nessuno può. Anche perché la storia parte da ottime premesse, ma si evolve in maniera un po’ lenta e macchinosa, fino ad arrivare a un finale che pare campato via e che invece avrebbe potuto regalare ben altra tensione. La Mann si vada in proposito a rivedere il gran finale di quell’altro cult anni ’90 che è stato Il silenzio degli innocenti, per capire quanto la conclusione del suo film non sia altrettanto efficace.

"Cannibal, ce l'hai ancora con me per Avatar?
Parliamone amichevolmente..."
A rendere più convincente una storia che possiede fascino, ma non grande originalità, ci pensa comunque un cast di buon livello. Uno dei due agenti protagonisti dell’indagine è Jeffrey Dean Morgan, noto per il ruolo del malato terminale Denny Duquette in Grey’s Anatomy ma anche come padre dei fratelli Winchester di Supernatural e quindi sì, torniamo ancora una volta su sentieri molto televisivi. L’altro agente è invece Sam Worthington, il da me tanto odiato Sam “Avatar” Worthington, che però qui va detto come sia alla sua prima interpretazione convincente. O almeno diciamo decente. Il ragazzo per la prima volta in assoluto non sembra recitare con lo scazzo addosso ma si impegna. Sebbene non rimanga certo il massimo dell’espressività.

Quindi troviamo anche una Chloe Moretz ragazzina sbandata e senza futuro, con un volto provato e sofferente che è l’esatto opposto della ragazzina tutta smorfie e faccette disneyane dell’Hugo Cabret scorsesiano. C'è pure un grandioso Stephen Graham (This is England, Boardwalk Empire) in versione psychopathico e poi arriviamo finalmente a lei, alla Jessica Chastain regina sovrana del nostro post. Ma Mann-aggia alla Mann che le ha dato un ruolo così piccolo.
La Chastain interpreta la terza agente coinvolta nelle indagini delle ragazze misteriosamente scomparse in ‘sti cazzo di inquietanti infiniti campi texani, ed è in più l’ex moglie dell’Avatar Worthington. Tra un battibecco con l’ex marito e la sua cazzutaggine quando entra in azione, Jessica riesce a rendere parecchio incisivo un personaggio che nella sceneggiatura non ricopre un enorme spazio. Una piccola grande interpretazione con cui conferma, se qualcuno - o folle - ne avesse ancora il dubbio, di come sia l’attrice più in forma del momento.
Se qualcuno vedendola in The Tree of Life e Take Shelter con due ruoli piuttosto simili aveva avanzato l’ipotesi che fosse capace a interpretare un solo tipo di parte, ovvero quello della moglie messa alla prova da disgrazie di varia natura, tra la bionda svampita (ma non troppo) di The Help e questa tosta poliziotta Walker Texas Killing Fields Ranger, dovrà ricredersi.
Quanto alla regista Mann, il suo esordio non convince in pieno però lascia intravedere ampi margini di miglioramento. Basta solo che riesca a ritagliarsi un posto al sole tutto suo. Lontana dall’ombra di papà Michael? No, lontana dall’ombra di David Lynch.
(voto 6,5/10)

"Ma perché continuano a farmi recitare con quell'Avatar? Peeeerché?"
Il debito
(USA 2010)
Titolo originale: The Debt
Regia: John Madden
Cast: Sam Worthington, Ciaran Hinds, Jessica Chastain, Helen Mirren, Tom Wilkinson, Marton Csosak, Jesper Christensen
Genere: il passato ritorna
Se ti piace guarda anche: La chiave di Sara, La donna che canta, Valzer con Bashir

Ancora dubbi sulle effettive capacità recitative di Jessica Chastain, anche dopo quanto vi ho detto qui sopra?
Volete essere banditi A VITA da questo blog?
Per convincervi del contrario io comunque mi gioco pure la carta de Il debito. Della cinquina di pellicole da lei intepretate in quest’ultima annata, è la meno convincente. Eppure lei, con una performance davvero strepitosa, riesce a tenere in piedi l’intero ambaradan e a renderla non dico una visione fondamentale, ma comunque decente. Considerando che alla regia c’è John Madden, il pessimo regista di pellicole come Shakespeare in Love e Il mandolino del capitano Corelli, non è roba da poco.
"Se mi liberi, io ti libero da Worthington una volta per tutte."
Se a ciò aggiungiamo il fatto che tra i protagonisti ritroviamo pure qui Sam “Avatar” Worthington, il rischio che la pellicola naufragasse era davvero alto. Altissimo. A proposito di Texas Killing Fields ho infatti detto che Worthington offre una prova recitativa finalmente accettabile, qui invece risulta parecchio meno credibile e convincente e ritorna subito sui suoi soliti bassissimi Avatar standards.
Certo che vedere due film due in cui Sam Worthington e Jessica Chastain recitano insieme è uno spettacolo davvero impietoso. Immaginate di leggere un racconto scritto a quattro mani da Moccia con Cormac McCarthy. Oppure Gigi D’Alessio duettare con… Adele. Sono cose che semplicemente NON dovrebbero accadere e invece in ben due pellicole capita di vedere uno degli attori più catatonici di sempre insieme alla più grande star che il cinema abbia partorito dai tempi di… Natalie Portman.
Dite che sono ancora questi i tempi di Natalie Portman?
Okay, allora diciamo dai tempi di… Nicole Kidman pre-botox.
Va bene, adesso?

A proposito del film Il debito, poco da dire: è la solita storia del presente che rivanga una vecchia vicenda del passato, in una maniera non troppo dissimile fatta dagli altrettanto recenti ma più riusciti La chiave di Sara e La donna che canta.
La vincenda in questo caso specifico è quella di tre agenti del Mossad, la CIA isrealiana, in missione negli anni ’60 per catturare un criminale nazista. Ci saranno riusciti? Non ci saranno riusciti? Cosa ha a che fare questa passata vicenda con il presente (la storia è ambientata nei 90s) dei protagonisti? E, soprattutto, a noi ce ne frega davvero qualche cosa?

Anziché utilizzare dei trucchi inverosimili come quelli pessimi di J. Edgar, qui per fortuna si è fatta una scelta differente per i protagonisti della pellicola: 3 attori giovani per il passato e 3 attori “vecchi” per il presente.
E così Sam Worthington, il pessimo - ripetiamolo una volta di più che male non fa - Sam Worthington diventa Ciaran Hinds (di recente visto anche nell’inutile The Woman in Black), Marton Csokas (come minchia ci pronuncia?) diventa quella faccia da antipatico di Tom Wilkinson e Jessica Chastain crescendo diventerà Helen Mirren.
E va bene che Helen Mirren è pure un premio Oscar, però tra tutti questi 6 attori a spiccare è lei e ancora lei e solo lei: Jessica Chastain. Il mio potrà anche essere un ragionamento da fan, visto che le ho persino dedicato questo post speciale, però per quanto il film sia parecchio scontato e puzzi di già visto, la sua interpretazione è davvero impressive, come direbbero gli americani.
Altri motivi per impiegare il vostro tempo a vedere una thriller spy story storica onesta ma poco eccezionale come Il debito? Nessuno, però direi che Jessica Chastain vale almeno come un milione di motivi in contanti.
(voto 6/10)


Jessica Chastain mora (!) in Mama.
Per il momento termina qui questa Jessica Chastain mini-rassegna, giusto un filo entusiastica nei suoi confronti, ma tranquilli che prossimamente ci regalerà nuove, di certo magnifiche, intepretazioni. La vedremo in Coriolanus, l’esordio dietro la macchina da presa di Ralph Fiennes, che mi auguro più capace come regista che come attore, in Wilde Salome di Al Pacino da Oscar Wilde, in Tar al fianco di James Franco e Mila Kunis (sbav!), nell’horror Mama, in Wettest County, nuovo film del regista di The Road John Hillcoat con tanto di super cast (Tom Hardy, Shia LaBeouf, Mia Wasikowska, Guy Pearce, Gary Oldman), nel prossimo misterioso film terroristico firmato da Kathryn Bigelow e naturalmente avrà una parte pure nel nuovo Terrence Malick. Davvero tanta roba!
Nei prossimi mesi l’invasione chastaniana proseguirà quindi sugli schermi cannibaleschi e mondiali. A presto, allora, con la seconda edizione del Jessica Chastain Film Festival...

martedì 17 gennaio 2012

La talpa, il film preferito dai ghiri

La talpa
(UK, Francia, Germania 2011)
Titolo originale: Tinker Tailor Soldier Spy
Regia: Tomas Alfredson
Cast: Gary Oldman, John Hurt, Mark Strong, Colin Firth, Tom Hardy, Toby Jones, Ciarán Hinds, Benedict Cumberbatch, Kathy Burke, Stephen Graham, Amanda Fairbank-Hynes
Genere: controspionistico
Se ti piace guarda anche: La conversazione, The Hour, qualche film a caso sulla Guerra Fredda

La talpa. Il titolo originale è Tinker Tailor Soldier Spy, che se in inglese suona come il nome di una band indie che cerca di apparire intrigante, tradotto da noi suona più o meno come “Stagnino, sarto, soldato, spia”. Non esattamente il massimo dell’appealing, diciamo… Quelli della distribuzione cinematografica italiana, dei tizi che mi immagino più oscuri e misteriosi delle spie al servizio del MI6, hanno allora optato per il più secco La talpa. Un titolo che riporta tristemente alla mente un atroce programma di Italia 1 condotto da Paola Perego. Davvero una gran bella idea! A questo punto era meglio “Stagnino, sarto, soldato, spia”.
Alla fine però devo riconoscere che a questo non è nemmeno tanto colpa loro: si sono infatti limitati a riutilizzare il titolo italiano del romanzo del 1974 di John le Carré da cui il film è tratto e che già negli anni Settanta aveva ispirato una serie BBC con Alec Guinness.
Certo che se lo intitolavano La talpa 3D potevano anche spacciarlo per un film stile Chipmunks invece di una pseudo pellicola d’autore.

"Che faccio, rispondo? Nah, sia mai che in questo film succeda qualcosa..."
La talpa è un film decisamente incasinato e complesso da seguire. O in alternativa possiamo dire che non fornisce grandi motivi per farti venire voglia di seguirlo. La storia è infatti quella di un agente del MI6 che deve sgamare la “talpa”, sì quella del titolo italiano, ovvero un altro agente che in realtà è stato assoldato dai russi. Una trama poi non molto differente da quella del reality-show La talpa, appunto. Il tutto si svolge nel 1973, in piena Guerra Fredda per un film che più freddo di così si va dritti al Polo Nord, e che non ha nessun legame con l’attualità. Qualcuno proverà a dirvi che invece trattasi di una storia dannatamente attuale, però non credetegli. Sta mentendo e forse è pure lui una spia al servizio dei Russi.

Se mi stuzzicava l’idea di una pellicola lontana dai soliti stereotipi action della spie britanniche, ovvero il da me odiato James Bond zero zero tette, il risultato mi ha quasi atto pentire di non trovarmi di fronte a un film della sua serie. Per darvi idea di quanto la visione della Talpa mi abbia prosciugato. Anche perché a me, machemmefrega di sapere chi era la spia segreta russa all’interno dei servizi britannici nel 1973 tra stagnino, sarto, soldato e spia con tutti i problemi chec’abbiamo in Italia tipo essere stati declassati da Standard & Poor’s, un’agenzia che in economia ha lo stesso livello di credibilità di Gianni Morandi per quanto riguarda la musica? Me lo volete dire chemmefregaamme?

"Al prossimo che mi porta a vedere un film così gli spezzo tutte e 2 le gambe"
Ci sono dei film che, per quanto ben fatti, proprio non ti catturano. Cominci a guardarli, passano i minuti e ti dici: “Oh, adesso succederà qualcosa di intrigante e all’improvviso verrò catapultato dentro alla storia, dentro un mondo di finzione che mi assorbirà fino a distogliermi dal contesto reale e non ne uscirò più fino all’incedere lento dei titoli di coda.” Poi guardi l’orologio: 30 minuti… niente. Un’ora… niente. Un’ora e mezza… niente. L’unica scena non dico eclatante ma perlomeno di un minimo d’interesse è quella conclusiva, sulle note della bella canzone “La mer”. Un pezzo francese cantato da uno spagnolo che con un film britannico diretto da uno svedese non ci azzecca una mazza e forse proprio per questo risulta essere la cosa migliore di tutto il film. Peccato che sia troppo poco troppo tardi. Too little, too late, come dicono gli anglofoni.
Ebbene sì, una canzone cantata da Julio Iglesias (!) è la cosa migliore del film, ancora convinti si tratti di un capolavorone?


"Il paziente inglese, Il discorso del re, questo...
dovrò mica trovare un agente come dire... più brillante?"
Dicevamo comunque dello svedesone dietro la macchina da presa del film: Tomas Alfredson, uno che al suo primo film c’aveva azzeccato subito. Alla grande. Lasciami entrare (Let the Right One In) è stata una delle pellicola, anzi La Pellicola dedicata ai vampiri più intima e sorprendente mai realizzata.
No, fan di Robert Pattinson in ascolto, non è Twilight la pellicola più intima e sorprendente sui vampiri! Quella è solo la più stracciamaroni.
Lasciami entrare è stato un piccolo cult che si è meritato un inutile remake-calco americano e ha catapultato subito Alfredson tra i registi più ricercati del mondo. Nonostante questo Tinker Tailor ecc. sia stato acclamato dalla critica d’oltremanica, d’oltreoceano e ora pure quella italiana, e abbia ricevuto varie nomination ai vari premi stagionali, per me il regista questa volta ha toppato. Altrettanto alla grande.
"Non si intravede qualcosa di interessante manco col binocolo!"
Se già qualcuno aveva accusato Lasciami entrare di essere un film noioso, dai ritmi lenti e sonnacchiosi, aspettate di vedere questo, cari miei! Là almeno c’erano dei bambini vampiri che ogni tanto qualcosa di eclatante la combinavano. Eccome. Qui invece non succede un bel niente. Calma piatta. Zero. Niente. Nada.
Certo, a meno che non siate patiti di soporiferi film di spionaggio in stile anni ’70. In questo caso vi ritroverete nel gruppo di quelli che osannano la pellicola fino a strapparsi i capelli dalla testa. A me invece è sembrata solo uno sterile esercizio di stile. Un ricalco di un cinema di una volta di cui io sinceramente non sentivo la mancanza e anche chi ne sentiva la mancanza potrebbe andarsi a recuperare gli originali invece di strapparsi i capelli per questo. Mi ha ricordato il film La conversazione di Francis Ford Coppola. Un'altra soporifera visione cui mi ero sottoposto a causa di una Blog War contro il mio blogger rivale Mr. James Ford. Ecco, se vi è piaciuto quello, probabilmente vi piacerà pure questo.
"Non dico un action, ma un film un filo
più movimentato non me lo trovi?"
A brevissimi tratti mi ha ricordato anche la serie inglese The Hour, che però per fortuna oltre alla trama spionistica, marginalmente presente, aggiunge altri e ben più interessanti elementi.
La talpa invece parla solo e unicamente di spionaggio. Non uno spionaggio figo e accattivante alla Alias o, chessò?, Austin Powers. Tutt’altro. Ho già nominato un paio di volte l’MI6 e se non avete idea di cosa sia, lasciate perdere l’idea di vedere questo film già in partenza. È infatti una storia che si addentra troppo nei meccanismi dei servizi segreti britannici, senza il minimo appiglio d’interesse per i “babbani” di turno.

Peccato, perché la confezione sarebbe anche ben curata. Se al suo precedente film la regia di Alfredson potevo definirla raffinata e dai gelidi tempi nordici, qui sarà anche curatissima ma è davvero lenta e macchinosa e basta. Punto. Non Fiat Punto. Punto e basta. Ma, a proposito, ‘sto Marchionne con la barba che vuol fare lo Steve Jobs dei poveri? E con Steve Jobs dei poveri intendo pur sempre un mega-multimilionario.
"A vederlo fino alla fine non ce la faccio. Basta: mi butto!"
E mentre Marchionne vorrebbe diventare il nuovo Jobs, il protagonista di questo film è un Gary Oldman in versione Toni Servillo. Molto Toni Servillo. Secondo me è proprio al nostro migliore (o unico decente?) attore che il “vecchio uomo” (Oldman in italiano, sorry) si è ispirato, con il suo vagare con quell’aria tra Il divo e Le conseguenze dell’amore.
Ottimo anche il cast di contorno, in cui si ritagliano spazio dei validi e assortiti Colin Firth, John Hurt, Toby Jones, Benedict “nuovo Sherlock” Cumberbatch, il sottoutilizzato Stephen Graham (This Is England), l’ottimo Mark Strong (Kick-Ass) e l’ancor più ottimo Tom Hardy. Un quasi irriconoscibile Tom Hardy in versione bionda! Però no, tranquilli: non sembra Lady Gaga.
Mmm… forse giusto un pochino.
Svelato il misterone del film: ecco chi è la talpa!
Un cast molto valido che però non basta comunque a risvegliare l’interesse per una storia che, almeno a livello personale, non ne ha suscitato il minimo. Neanche per un istante. Neanche per mezzo istante. Neanche per un fotogramma. Ma magari è solo che sono stato pagato dai russi per fare il doppiogioco e boicottare La talpa, che in realtà è il film più divertente, elettrizzante e appassionante mai visto.

Naah, ma chi voglio prendere in giro? Questo film è una palla colossale. Una visione che fin da ora si candida ad autorevole candidato per l'ambito “Premio Valium” 2012. Mo’ adesso basta con ‘ste talpe. Vado a fare il ghiro che a vedere questo film chissà perché m’è venuto un gran sonno. Yaaaaaawn
(voto 5-/10)

domenica 10 aprile 2011

Cibo per donne

Doghouse
(UK 2009)
Regia: Jake West
Cast: Stephen Graham, Danny Dyer, Noel Clarke, Lee Ingleby, Emil Marwa, Keith-Lee Castle, Christina Cole, Neil Maskell
Genere: cannibali da ridere
Se ti piace guarda anche: L’alba dei morti dementi, Lesbian Vampire Killers, Un tuffo nel passato - Hot Tube Time Machine, Benvenuti a Zombieland, Dead Set

Trama semiseria
Un gruppo di cazzoni londinesi 30enni o poco più decide di passare un weekend in un paesino sperduto di campagna per aiutare un amico, in difficoltà dopo il divorzio. Uno spunto a metà tra Un tuffo nel passato - Hot Tube Time Machine e una versione Cockney de L’ultimo bacio: solo che le cose non filano lisce e il tranquillo paesino di campagna si scopre in realtà infestato da una marea di donne assatanate. Non di sesso, ma di carne maschile. Eppure, nonostante il tema horror, qui ci sono comunque meno persone che urlano e corrono rispetto al film di Muccino!

Recensione cannibale
Accingendosi a vedere un film horror demenziale le aspettative possono non essere molto alte. Sbagliato, perché quando ci si trova di fronte a una produzione inglese di questo tipo è lecito attendersi un nuovo gioiellino in stile L’alba dei morti dementi (Shaun of the Dead). Le premesse questo Doghouse ce l’ha anche tutte: umorismo british sbracalone (lo so che non è una vera parola, però rende bene l’idea), trama folle e deragliante al punto giusto, un cast UK di primo livello con Stephen Graham (This is England, Al Capone nella serie Boardwalk Empire), faccia da schiaffi Danny Dyer (Adulthood, Skins) e Noel Clarke (il regista di Adulthood). La partenza è ottima, con battutacce, ritmo serrato, un pezzo dei The Horrors in colonna sonora e una splendida atmosfera da pub, eppure…

Quand’ero già pronto a parlare allora di piccolo capolavoro, ecco che però il film prende le strade consuete del tipico zombie movie, sebbene in questo caso non è che ci siano proprio degli zombie quanto piuttosto delle donne cannibali che vogliono sbranare tutti gli uomini che capitano loro sotto tiro. Viene quindi fuori pure l’idea per una guerra tra sessi virata horror, ma l’aspetto non è che venga approfondito più di tanto, preferendo concentrarsi sulle parti umoristiche. Ed è qui che il film non decolla, essendo privo di spunti particolarmete geniali o esilaranti come invece accade più e più volte nel già citato L’alba dei morti dementi o nell’americano Benvenuti a Zombieland.

Un horror demenziale guardabile, a tratti divertenti, ma mi sembra più che altro un occasione mancata. Forse è solo che avevo aspettative troppo alte e da buon cannibale per un film con donne cannibali ero già pronto a gridare al cult movie. E invece grido e basta
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
Adesso basta gridare perché il film non è poi così deludente. È solo una mezza delus
(voto 6)

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. L'autore, inoltre, non ha alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti relativi ai post e si assume il diritto di eliminare o censurare quelli non rispondenti ai canoni del dialogo aperto e civile. Salvo diversa indicazione, le immagini e i prodotti multimediali pubblicati sono tratti direttamente dal Web. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d'autore si prega di Contattarmi per la loro immediata rimozione all'indirizzo marcogoi82@gmail.com