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sabato 5 marzo 2022

Kanye West Side Story





West Side Story

A chi non piacciono i musical in America?
Questo film è stato un flop in America
forse i musical non tirano più in America
ma a me piacciono ancora i musical fatti in America

lunedì 2 luglio 2018

Vamos a la Player, O-O-O-O-One





Ready Player One
Regia: Steven Spielberg
Cast: Tye Sheridan, Olivia Cooke, Mark Rylance, Ben Mendelsohn, Lena Waithe, T.J. Miller, Simon Pegg, Hannah John-Kamen


Anno 2045
Casale Monferrato

Siamo nell'anno 2045 e la vita fa schifo. La vita nel mondo in generale fa schifo?
No, a Los Angeles, a New York, a Londra, a Parigi e pure a Roma, nonostante ci siano ancora le buche, non è niente male. La vita fa schifo solo a Casale Monferrato e così noi casalesi, per evadere dalla miseria della nostra cittadina, ci rifugiamo dentro un luogo virtuale che si chiama OASIS. Questo posto si chiama così perché tutto il giorno tutti i giorni gli altroparlanti sparano la musica degli Oasis. Io sono sempre stato un grande fan dei fratelli Gallagher però, al tremilionesimo ascolto di maybeeeeeee, you're gonna be the one that saves meeeeee, and after aaaaaall, you're my wonderwaaaaall persino io comincio a pensare che Wonderwall sia una parola senza un fottuto senso.

giovedì 29 marzo 2018

Ready players for the movies?



Are you ready, players?
Nella settimana che ci conduce alla Pasqua, qualche film che promette bene c'è. E anche Io c'è.
Oltre a me, e al mio solito perfido blogger nemico Mr. James Ford, a fare da arbitro tra noi due c'è... Marco Grande Arbitro, chi meglio di lui?
Per chi non lo conoscesse, si tratta dell'autore del blog Gioco magazzino, un sito contenitore di vari argomenti, per lo più geek e di pop culture, dai fumetti ai cartoni animati, tra cui "giocano" un ruolo di rilievo anche film, giochi e videogiochi. Ovvero i temi principali dell'uscita forte settimanale...


Ready Player One
"Vuoi provare questo gioco?"
"Sì, ma solo se l'ha consigliato Gioco magazzino. Non mi fido di Pensieri Cannibali e White Russian."

venerdì 16 febbraio 2018

Questo sarebbe un filmone da Oscar? Ma voi non siete a Post






Steven Spielberg, giri un film intitolato The Post a tematica giornalistica?
E allora ti becchi un Post con una bella rassegna stampa di opinioni sul film.


The Post
Regia: Steven Spielberg
Cast: Tom Hanks, Meryl Streep, Bob Odenkirk, Tracy Letts, Sarah Paulson, Carrie Coon, Alison Brie, Matthew Rhys, Jesse Plemons, David Cross, Zach Woods, Pat Healy

giovedì 1 febbraio 2018

Un post su The Post e sugli altri film in uscita





Che film arrivano nei cinema?
Se vi state chiedendo questa cosa significa:

A) Che nella vita non avete proprio altro a cui pensare.
B) Siete nel posto giusto, perché questa è l'utilissima rubrica dedicate alle uscite cinematografiche condotta da me e dal mio blogger nemicamico nemico Mr. James Ford, insieme a un nuovo ospite.

Chi è l'ospite di questa settimana?
Se vi state chiedendo anche questa cosa significa:

A) Che nella vita non avete niente, ma zero proprio a cui pensare.
B) È Giuseppe Causarano, preparatissimo autore di Ieri, Oggi, Domani, ottimo sito che parla di cinema in generale, e di Christopher Nolan e Jennifer Lawrence in particolare.

E ora, via ai nostri tre piuttosto infuocati commenti!


The Post
"Tom, sai su cosa indagherei io adesso?"
"Sul rapporto tra Stato e Mafia?"
"No, sul rapporto tra blogger e sanità mentale."

domenica 17 gennaio 2016

Chi fa Il ponte delle spie non è figlio di Marie, non è figlio di Gesù, vadavialcù





Il ponte delle spie
(USA! USA! USA!, Germania, India 2015)
Regia: Steven Spielberg
Sceneggiatura: Matt Charman, Ethan Coen, Joel Coen
Cast: Tom Hanks, Mark Rylance, Alan Alda, Billy Magnussen, Amy Ryan, Eve Hewson, Jesse Plemons, Michael Gaston, Austin Stowell
Genere: spione
Se ti piace guarda anche: La talpa, La spia - A Most Wanted Man, The Americans

A volte può capitare di definire un film una “barba”. Cosa che non significa che sia letteralmente una barba. Anche se sarebbe un'immagine divertente. Provate a pensare a una pellicola con una barbona alla Babbo Natale...
E che da qui ai prossimi 11 mesi nessuno pronunci più la parola Natale.

lunedì 25 agosto 2014

O CAPITAN UNCINO, MIO CAPITAN UNCINO




"Con quelle orecchie a punta, sicuro di essere Peter Pan e non Spock di Star Trek?"
Hook – Capitan Uncino
(USA 1991)
Titolo originale: Hook
Regia: Steven Spielberg
Sceneggiatura: James V. Hart, Malia Scotch Marmo
Liberamente ispirato alle opere teatrali e ai libri di: James Matthew Barrie
Cast: Robin Williams, Dustin Hoffman, Julia Roberts, Bob Hoskins, Maggie Smith, Charlie Korsmo, Amber Scott, Dante Basco, Caroline Goodall, Arthur Malet, Phil Collins, Isaiah Robinson, Jasen Fisher, Kelly Rowan, Gwyneth Paltrow, Jake Hoffman, Glenn Close
Genere: fiabe 2.0
Se ti piace guarda anche: Once Upon a Time, Saving Mr. Banks, Alice in Wonderland

Tutti i bambini diventano adulti, tranne uno. O meglio, tranne due. Uno era Michael Jackson e se n'è andato una manciata di anni or sono. L'altro era Robin Williams e anche lui se n'è andato, appena pochi giorni fa.
Una volta c'aveva provato a crescere, a diventare adulto, e per una manciata d'anni era una cosa che gli era pure riuscita. Era diventato uno yuppie che preferiva il lavoro alla famiglia. Uno sempre troppo preso dagli affari per poter andare a vedere le partite di baseball del figlio. Uno che si era dimenticato di saper volare. Uno che aveva scordato di essere l'incredibile Peter Pan ed era diventato il moscio Peter Banning.
Lo stesso era capitato alla sua carriera di attore, passata da ruoli spumeggianti e memorabili in film notevoli come L'attimo fuggente, Will Hunting – Genio ribelle, La leggenda del re pescatore, One Hour Photo e Insomnia, così come in irresistibili blockbusteroni commerciali come Mrs. Doubtfire e Jumanji, a robette parecchio insulse come la serie tv The Crazy Ones e a comparsate in robe agghiaccianti come Big Wedding. Stesso discorso pure per Steven Spielberg, passato dalla fantasia al potere celebrata in E.T. e A.I. al ruolo di barboso professorone di Storia con Lincoln e War Horse.

"Quel maledetto di Harry Potter tra qualche anno mi fregherà il look. Che coraggio!"
Un film come Hook – Capitan Uncino fa dimenticare tutto questo. Cancella la mania delle persone di voler per forza crescere, dimostrare di essere grandi, di saper fare i seri e ci consegna sia Robin Williams che Steven Spielberg all'apice della loro peterpanosità. Correva l'anno 1991 e si vede. Nonostante sia arrivato a inizio 90s, il film è ancora intriso di una certa anniottantosità, ad esempio nel personaggio (almeno inizialmente) molto yuppie Peter Banning. Contemporaneamente, la pellicola possiede per fortuna pure quell'aura di magia tipica delle avventure 80s come I Goonies, La storia infinita o Explorers. Una dimensione incantata che, sarà per l'irreplicabile effetto nostalgia, in saghe fanciullesche odierne come quelle di Harry Potter, Percy Jackson o Le cronache di Narnia non ho trovato manco da lontano. Se con i film per bambini degli ultimi anni non sono mai riuscito a entrare davvero in sintonia, fatta eccezione giusto per Un ponte per Terabithia, rivedere Hook a parecchi, davvero parecchi anni dalla prima visione mi ha provocato un effetto straniante.Mi ha fatto capire che anch'io sono cresciuto. Una volta mi identificavo nel bambinetto Jack, mentre adesso in lui vedo diversi tratti di mio nipote, così come nella bimbetta Maggie intravedo alcune somiglianze con la mia nipotina. Inoltre alcuni passaggi avventurosi e fiabeschi che una ventina d'anni fa mi facevano gridare dalla meraviglia o mi provocavano stupore, oggi mi paiono parecchio prevedibili e persino evitabili. Sarà che nel frattempo l'idea di rileggere i personaggi delle storie per l'infanzia in chiave (più o meno) adulta e (più o meno) fantasiosa è diventata la consuetudine, si veda la serie Once Upon a Time, o Shrek, o la fallimentare Alice in Wonderland burtoniana, o la miriade di nuovi film su Biancaneve e favolistica compagnia assortita, o ancora il recente Saving Mr. Banks.

Il revival di fiabe, favole, storie o come diavolo preferite chiamarle – tutte riassunte dalla come al solito essenziale lingua inglese sotto il termine “story” – è partito da qui, da questo Hook. Un film che, ispirandosi al classico creato da James Matthew Barrie a inizio Novecento, lo rilegge, lo stravolge e lo risputa fuori con un atteggiamento post-moderno tipico degli anni Novanta, per diventare esso stesso un nuovo classico. Il film di Steven Spielberg guarda a Peter Pan come modello. Once Upon a Time e una gran parte dei film fantasy di oggi prendono Hook – Capitan Uncino come sommo esempio per confrontarsi con la tradizione fiabesca. Emma Swan di C'era una volta ad esempio è un po' come Peter Banning. Una persona concreta, che vive con i piedi ben piantati a terra e ride al solo pensiero dell'esistenza dei personaggi delle storie. Quando finirà a Storybrooke, così come Banning quando fa ritorno sull'Isola che non c'è, si rimetterà però in contatto con la sua parte più fanciullesca e comincerà a credere all'incredibile, oltre a riconnettersi con suo figlio.
La magia di un film come Hook sta in questo. Non nel farci ricordare di quando anche noi eravamo dei bambini, ma nel farci ritornare dei bambini. Nel farci vedere il mondo con occhi infantili, ancora una volta. Nel farci ricordare che “Bangarang” era un urlo di esaltazione di Rufio e dei bimbi sperduti, ancor prima che un pezzo (esaltante anch'esso) di Skrillex.



Once Upon a Time e Skrillex ci danno ulteriore dimostrazione di come questa pellicola sia ormai entrata nell'immaginario collettivo, di come la mia generazione, ma pure quella successiva, sia cresciuta con questa versione della fiaba ancor più che con l'originale di J.M. Barrie. Il merito va attribuito a una sceneggiatura che svecchia alla grande il mito dell'eterno ggiovane Peter Pan, così come a una regia di uno Spielberg in formissima che gioca con ombre, uncini, orologi e con gli altri simboli della storia e che, soprattutto, pare divertirsi un mondo come un fanciullo. Un'impressione invece del tutto assente nei suoi ultimi noiosi lavori “adulti”.

Quanto al cast, Julia Roberts era una Campanellino deliziosa, Bob Hoskins – pure lui recentemente scomparso – era uno Spugna perfetto, mentre Gwyneth Paltrow pur comparendo per pochi istanti nei panni di Wendy teenager era già odiosa, e Dustin Hoffman mi sembrava tanto ieri quanto mi pare ancora oggi ben poco in parte nel ruolo che dà il titolo al film. Come Capitan Uncino avrei visto molto meglio uno alla Jack Nicholson, che avrebbe potuto regalargli la giusta carica di follia.
Chi invece è insostituibile è lui, Robin Williams. Da bambino non riuscivo e ancora oggi non riesco a immaginare qualcuno più perfetto di lui per questa parte. Nonostante nella sua notevole e variegata carriera abbia anche dato varie prove di maturità e abbia interpretato persino stalker e serial killer, lui era nato per i ruoli fanciulleschi. In Hook, Robin Williams però non ha recitato o interpretato una parte. Robin Williams era Peter Pan.
(voto 7,5/10)

Questo post partecipa al toccante Robin Williams Tribute insieme ai seguenti favolosi bloggers.

Bollalmanacco - Al di là dei sogni
Montecristo - Il mondo secondo Garp
Non c'è paragone - Good Morning Vietnam
Combinazione casuale - Jumanji
Director's Cult - Toys 
Pietro - Flubber
Recensioni Ribelli - L'attimo fuggente
La fabbrica dei sogni - One Hour Photo
Viaggiando (Meno) - The Angriest Man in Brooklyn
In Central Perk - Will Hunting - Genio ribelle 


mercoledì 18 dicembre 2013

STEVEN SPIELBERG PER SEMPRE? NO, GRAZIE




Quest'uomo sarebbe uno dei più grandi registi del mondo?
Always – Per sempre
(USA 1989)
Titolo originale: Always
Regia: Steven Spielberg
Cast: Richard Dreyfuss, Holly Hunter, Brad Johnson, John Goodman, Audrey Hepburn, Keith David, Marg Helgenberger
Genere: sdolcinato
Se ti piace guarda anche: Ghost, 4 fantasmi per un sogno, La casa sul lago del tempo, Segui il tuo cuore, Sospesi nel tempo

Steven Spielberg è proprio un tenerone. Lo sapevo già, ma con Always – Per sempre ne ho avuto la conferma definitiva, che non se ne andrà più via da me. Per sempre.
Che poi, a dirla tutta, come al solito i titolisti italiani hanno fatto la loro cacchiata. Always significa infatti “sempre”. Forever sta per “per sempre”. Traduzione cannata, o licenza poetica? Ai posteri e soprattutto ai poster l’ardua sentenza. Anche se credo che il poster di Always non fosse appeso alle pareti della camera manco del fan numero 1 di Spielberg, ovvero Dawson Leery.
Always è un film che andrebbe cancellato per sempre dalla filmografia del regista. Per carità, il troppo celebrato regista americano ha girato delle pellicole persino peggiori, come l’orrido War Horse, però questo Always è un qualcosa di davvero estraneo al suo cinema, qualcosa per nulla nelle sue corde. Alcuni elementi del suo stile sono qui presenti, su tutti un’aurea di buonismo e un finale che più stucchevole non potrebbe immaginare manco la principessa delle fiabe protagonista del film Come d’incanto (di cui a breve mi occuperò). Per il resto, Always è un incontro ravvicinato del terzo tipo con un tipo di cinema che poco gli appartiene.

Una tenera immagine di Steven Spielberg con E.T., il suo primo boyfriend
Nella sua longeva carriera, Steven Spielberg ha girato poche commedie e ancor meno film romantici. C’è un motivo: non ne è capace. A far commedie, perché Spielby è troppo buonista e per far ridere bisogna essere cattivelli, almeno un po’. La dimostrazione l’abbiamo soprattutto nella prima parte di Always, che vorrebbe essere brillante e comica e invece non riesce a strappare manco un sorriso. Se non di derisione. Spielberg riesce persino ad annullare la comicità dell’altrimenti sempre simpatico John Goodman. Per non parlare dei siparietti pseudo comici dedicati alle imitazioni di John Wayne che fanno cascare le balle.
Oltre a essere uno scarpone delle comedy, il registone americano non è buono nemmeno a far pellicole romantiche. Questo probabilmente perché Spielby è un bambinone, è più bravo a raccontare storie fantastiche, fantascientifiche o avventurose (Jurassic Park, La guerra dei mondi e Indiana Jones), a raccontare fiabe (Hook – Capitan Uncino) e qualche volta ma non sempre pure a raccontare la Storia (Schindler’s List, Salvate il soldato Ryan). Se deve parlare d’amore, è più l’amore di un figlio per una madre, come in A.I., o di un bimbo per un alieno, come in E.T..

"Che giallo intenso... chissà cosa stiamo bevendo?"
Steven Spielberg non è bravo invece a raccontare la passione. I suoi film sono l’antitesi del sexy, sono un po’ l’equivalente cinematografico della musica dei Coldplay. Nelle sue pellicole sono rare le scene di sesso, persino in un film con protagonista un latin lover come il Leonardo DiCaprio di Prova a prendermi l’argomento è affrontato in maniera molto misurata. Spielberg è un pudico ed è anche un regista molto freddo e razionale. La passione e le grandi storie d’amore dunque non gli si addicono. Nei suoi film, alcuni più disneyani degli stessi film Disney, spesso il sesso è del tutto epurato. Anche gli attori dei suoi film sono in genere ben poco sexy, a parte il citato Prova a prendermi che infatti Spielberg non avrebbe dovuto dirigere, ma soltanto produrre. Basti ricordare che il suo attore feticcio è Tom Hanks. Cosa c’è di meno sexy di Tom Hanks?

In Always non c’è Tom Hanks, che sarebbe diventato il suo pupillo soltanto qualche anno più tardi, e allora il ruolo da protagonista tocca al suo precedente prediletto, un altro attore che non mi è mai piaciuto ovvero Richard Dreyfuss, già in Incontri ravvicinati del terzo tipo e Lo squalo. Al suo fianco, una Holly Hunter nelle vesti di bomba sexy della pellicola. Peccato solo che sia sexy quanto… Tom Hanks. Suvvia, faccio il gentiluomo, e dico che è un pochino più sexy di Tom Hanks.

"Audrey, è l'alba. Andiamo a fare colazione da Tiffany?"
"Ahahah, che ridere. Chi te l'ha scritta 'sta battutona, Spielberg o Cannibal?"
Al di là di questa accoppiata/scoppiata Dreyfuss/Hunter, raccontare una storia che ha per protagonista un pilota di aerei antincendio non è proprio il massimo della vita. Always è il remake di Joe il pilota (A Guy Named Joe) di Victor Fleming, il regista di Via col vento, e la cosa non stupisce. Il film infatti ha l’odore, ma più che altro la puzza, non tanto di vecchia Hollywood, quanto proprio di vecchio. Parte come una commedia incredibilmente poco divertente e poi si trasforma in un melodramma strappalacrime sovrannaturale alla Ghost che anziché strappare lacrime strappa solo sospiri di pena. Persino Audrey Hepburn, qui alla sua ultima apparizione su grande schermo, non riesce in versione angelica a trascinare la visione dall’inferno al paradiso cinematografico.
A differenza di film come i citati Via col vento e Ghost, Always non affascina e non fa sognare, come il Grande Cinema d’Amore dovrebbe fare. Colpa della male assortita coppia formata da Richard Dreyfuss e Holly Hunter, ma colpa anche e soprattutto di Steven Spielberg. Questo non è proprio il suo genere e spero che di film romantici non ne faccia altri. Per sempre.
(voto 4/10)


sabato 31 agosto 2013

LO SQUALO O DI COME SPIELBERG SVUOTO’ LE SPIAGGE




Lo squalo
(USA 1975)
Titolo originale: Jaws
Regia: Steven Spielberg
Sceneggiatura: Peter Benchley, Carl Gottlieb
Ispirato al libro: Lo squalo di Peter Benchley
Cast: Roy Scheider, Robert Shaw, Richard Dreyfuss, Lorraine Gary, Murray Hamilton, Carl Gottlieb
Genere: squalesco
Se ti piace guarda anche: Duel, Psyco, Sharknado

Ci sono dei registi che sono dei gran bastardi. Ci mettono di fronte a delle situazioni comuni e tranquille e le fanno diventare spaventose. Il primo, il Maestro di codesti bastardi è naturalmente Alfred Hitchcock, che ci ha fatto guardare con diffidenza gli uccelli e ha cercato di tenerci a distanza di sicurezza dalle docce. Un altro che ci voleva sporchi, che ci voleva lontani dall’acqua era Steven Spielberg. Steven Spielberg quello cattivo dei primi tempi, quello che già ci aveva fatto aver paura dei camioni con Duel, quello che non era ancora diventato il re dei registi buonisti degli ultimi tempi. Ai tempi, correva l’anno 1975, non era l’uomo che sussurrava ai cavalli del terribile War Horse o il regista istituzionale del barboso Lincoln. Allora era un sadico pezzo di merda che voleva farci strizzare in qualunque occasione. Anche quelle in cui non avremmo mai pensato di essere terrorizzati.

Siete in spiaggia, fa un caldo micidiale e tutto quello che volete fare è buttarvi in acqua.
Bene, fatto!

Siete in spiaggia, fa un caldo micidiale e tutto quello che volete fare è buttarvi in acqua. Fatelo dopo aver visto Lo squalo…

"Qualcuno ha fatto la popò in acqua."
"Presto, scappiamo!"
Beh, com’è che siete ancora stesi sullo sdraio? Non avete più tutto questo caldo? Non sentite più il bisogno di farvi un bel bagno rinfrescante? Cos’è, temete che una pinna nera possa spuntare all’improvviso in mezzo alle onde quiete di un tranquillo pomeriggio estivo?
Gli squali sono predatori, animali terrificanti, semplice spaventare le persone con delle bestie del genere. Il colpo da maestro dell’allora giovine Spielberg è stato quello di inserirli in un contesto in cui di norma non ci si immaginerebbe di trovarli. In una località di villeggiatura per famiglie, non in mare aperto, ma vicino alla riva, dove chiunque un momento può farsi un bel bagno e l’attimo dopo ritrovarsi sbranato dai denti aguzzi di uno squalo che passava di lì per farsi anche lui le sue meritate vacanze estive.

È stato così, con quella scena memorabile e leggendaria dell’attacco squalesco in pieno giorno, che Mr. Spielberg è entrato nella Storia del Cinema ed è stato così che noi tutti abbiamo cominciato ad andarci piano con i “tranquilli” bagni in mare.
Erano parecchi anni che non rivedevo Lo squalo e devo dire che lì per lì la visione non mi ha messo tutta questa paura. Mai parlare troppo presto. L’indomani, mentre ero lì lì per buttarmi in acqua per fare un bagnetto rinfrescante, mi è un po’ presa l’angoscia. Lo so che nel Mar Ligure è alquanto improbabile imbattersi in uno squalo, soprattutto dove l’acqua non è profonda, soprattutto dove persino i bimbetti toccano ancora, però è proprio ciò che capita nella pellicola, su una spiaggia turistica dell’isola di Amity, in cui l’evento più traumatico fino ad allora era stato l’avvento del rock’n’roll qualche anno prima.



"Ah, non c'è niente di più tranquillo di una bella gita in barca."
Questa è una delle scene cinematografiche più spaventose mai girate, insieme a quella della doccia di Psyco, e ancora oggi è capace di creare traumi e turbamenti. Il resto del film però com’è?
Lo squalo resta un grande classico, ha generato un sacco di seguiti, epigoni e imitatori, il più delle volte pessimi (Shark 3D, Shark Night 3D), altre volte pessimi però almeno divertenti (lo scult dell’estate 2013 Sharknado), è insomma una pietra miliare eccetera, non lo metto in dubbio, eppure non è una pellicola del tutto esente da difetti.

"Pronto, tesoro, ti posso richiamare? Al momento sono nel mezzo di qualcosa....
No, non sono con un'altra donna!"
Per essere il primo blockbusterone estivo nella storia del cinema americano, offre sì un solido intrattenimento, ma anche qualche momento di stanca. Dopo una prima ottima parte, in cui entra in gioco pure la tematica politica, con la figura del sindaco senza scrupoli che si rifiuta di chiudere le spiagge per non danneggiare il turismo nella cittadina, la seconda parte qualche sbadiglio lo causa. Quando lo sboccato lupo di mare Quint (Robert Shaw) va in mezzo al mare in compagnia dello sbirro Martin Brody (Roy Scheider) e dell’esperto squalesco Matt Hooper (Richard Dreyfuss) per uccidere il pericoloso squalo, la loro missione di caccia, pardon di pesca è bella noiosetta. Va bene la quiete prima della tempesta, va bene far salire lentamente la tensione, però rappresenta una parte deboluccia del film, prima di arrivare al gran finale, quello di nuovo magistrale.
Se Spielberg è in formissima a livello registico, la sceneggiatura non è invece impeccabile, anche perché i personaggi non è che siano costruiti poi così alla grande e non è che provochino tutta questa empatia. Il protagonista assoluto e il vero personaggione della pellicola e inoltre – diciamolo – l’attore migliore del lotto è allora lui, lo squalo. Al punto che io quasi quasi alla fine sono arrivato a fare il tifo per lui. Per lui e per la cattiveria di Spielberg, quando era ancora uno con le palle, quando era ancora uno con le mascelle (jaws) pronte ad azzannare lo spettatore. Dov’è finito adesso quel regista? È stato sbranato da uno squalo?
(voto 7,5/10)


Post pubblicato anche su Wait! Cinema, nuovo sito da me curato che vi consiglio, anzi che DOVETE seguire e pure su L'OraBlù, con i rinnovati appuntamenti insieme ai minimal poster realizzati da Indie Brett/C[h]erotto.


domenica 30 giugno 2013

UNDER THE DOME, SOTTO ER CUPOLONE




Saluti da Chester's Mill
Under the Dome
(serie tv, stagione 1, episodio 1)
Rete americana: CBS
Rete italiana: Rai 2, dal 14 luglio
Creata da: Brian K. Vaughan
Ispirata al romanzo: The Dome di Stephen King
Cast: Mike Vogel, Britt Robertson, Rachelle Lefevre, Jeff Fahey, Dean Norris, Natalie Martinez, Alexander Koch, Colin Ford, Nicholas Strong, Jolene Purdy, Aisha Hinds, Dale Raoul, Mackenzie Lintz
Genere: 80s sci-fi
Se ti piace guarda anche: Invasion, La guerra dei mondi, FlashForward, The Event, Falling Skies

"Batti batti le manine, che son belle e assai piccine.
Assai piccine come te, uno, due e tre."
Niente di nuovo sotto il sole. O meglio, niente di nuovo sotto la cupola, under the dome. D’altra parte cosa aspettarsi da una produzione Stephen King + Steven Spielberg? Se i due veterani le idee originali le hanno esaurite ormai anni, forse decenni fa, dalla super accoppiata è lecito attendersi solo quello che sanno fare meglio: delle sane e robuste americanate vecchio stile. In tal senso, l’episodio pilota di Under the Dome funziona a sufficienza. Sì, insomma dai, oggi voglio essere buono.
La serie si basa sul romanzo di Stephen King The Dome, con cui non farò un confronto perché non l’ho letto. Quello che so è che a questa storia lo Stephen Burger King aveva già cominciato a lavorare da ragazzino e all’epoca l’aveva intitolata The Cannibals. Un titolo che dalle parti di questo blog sarebbe stato molto più apprezzato del banale Under the Dome. Banale perché svela troppo della trama principale: Chester’s Mill, una tipica cittadina americana, finisce sotto una cupola trasparente. Chi l’ha messa? Il governo degli Stati Uniti non ne sa niente, quindi saranno stati gli alieni? O i terroristi? O i zingari? O terroristi alieni zingari?
In attesa di scoprirlo, chissà se in una stagione sola o in mille, la storia potrebbe rivelare dei risvolti inquietanti, suggeriti dal titolo originale dell’opera cui Stephen King stava lavorando, The Cannibals appena.
Come spiega a un certo punto la bella del paese Britt Robertson:

“È come se fossimo intrappolati in una boccia per pesci gigante. Una volta, li avevo dei pesci, dei pesci rossi. Ma poi uno dei due si ammalò e l'altro... e l'altro se lo mangiò.”

"Guardate, so scrivere! Anche se mi chiamano Barbie, non sono così scemo!"
È quanto capiterà anche ai protagonisti della serie? Finiranno per sbranarsi a vicenda, o a farsi fuori uno con l’altro, come capita in quel gran Far West di The Walking Dead?
Le risposte, forse, arriveranno nel corso di questa serie mystery post-Lost, che almeno all’inizio suscita una certa curiosità, così come capitava anche con FlashForward o The Event. Il vero grande mistero è se con le prossime puntate l’attenzione scemerà e con essa pure la trama diventerà sempre più scema, oppure si manterrà su livelli di intrattenimento estivo decenti. L’episodio pilota è per fortuna di qualità superiore rispetto ad altre spielbergate recenti come Falling Skies e Terra Nova; siamo più dalle parti di Invasion, serie passata qualche estate fa che non era niente di memorabile ma si lasciava guardare.

La vicenda narrata in Under the Dome non rappresenta certo una novità. Qualcuno ha ipotizzato persino dei collegamenti con il film dei Simpson, in cui Springfield finiva in maniera analoga sotto a una cupola. Si può anche trovare qualche link storico con il muro di Berlino, per via della divisione tra chi è rimasto intrappolato nella cittadina sfigata e quelli al di fuori, nel mondo libero.
Se la componente sci-fi non si segnala per originalità, a fare la differenza saranno i personaggi, per ora anch’essi non troppo rivoluzionari. È così che funzionano le cose. Si continua a seguire una serie se ci si affeziona ai personaggi, se si vuole vedere cosa capiterà loro, per sapere se finiranno brutalmente massacrati dagli alieni, se si sbraneranno tra loro come cannibali, se riusciranno prima o poi a uscire dalla cupola? O chissà che la cupola non si riveli per loro una protezione, mentre il resto del mondo va in malora?

"Ragazzi, poteva andarci peggio di così: potevamo restare intrappolati in Chiesa!"
Quali sono, questi personaggi a cui King e Spielberg vorrebbero farci affezionare?
Innanzitutto questa serie ci dà l’opportunità di vedere la farfallina di Britt Robertson. Con ciò non intendo niente di sessuale. Intendo il tatuaggio che l’attrice svela su una spalla, non in altre parti del corpo come Belen Rodriguez. La Britt Robertson, ex protagonista delle sfortunate The Secret Circle (cancellata dopo una sola stagione) e Life Unexpected (cancellata dopo 2), nonché del delizioso indie movie The First Time, ora sembra aver trovato finalmente una hit. La prima puntata di Under the Dome negli USA ha infatti fatto registrare ascolti record per una serie estiva e le premesse per un successo ci sono tutte, anche in Italia, dove arriverà su Rai 2 dal 14 luglio. Che poi la qualità della serie tenga, è tutto un altro discorso. La zoccola bella del paese Britt sarà coinvolta in guai sentimentali con il suo boyfriend/ex-boyfriend Alexander Koch che con lei ha un rapporto, come dire? Morboso? Stalkeroso? A lei sembra interessato anche l’ex militare Mike Vogel (visto dove? Ve lo dico io: in Cloverfield, The Help, Pan Am e Bates Motel), che da tutti in città è conosciuto come Barbie (What the fuck?!). Lui però si potrebbe avvicinare pure alla giornalista rossa Rachelle Lefevre (avvistata ahilei nella saga di Twilight), che è sposata ma il suo marito è scomparso nel nulla, diciamo morto stecchito.

"Guardate quanto so' figo in 'sta foto. Me la data la parte del bello del paese?"
Oltre alla parte giovanile e sentimentaleggiante, su cui King + Spielberg a questo giro sembrano puntare molto, c’è anche un gioco di poteri e intrighi politici tra un tizio soprannominato Big Jim (Barbie non bastava?) interpretato dall’ottimo Dean Norris di Breaking Bad, e lo sceriffo locale Jeff Fahey, il pilota Frank Lapidus di Lost.
Questo giusto per dirne alcuni, di personaggi, ma poi c’è anche un DJ e la sua simpatica assistente, un’agente di polizia latino americana, il fratellino ancora più teen della teen Britt Robertson, una coppia di lesbiche hipster arrivate con la loro figlia teen e super hipster da L.A. a Chester’s Mill non si sa bene per quali motivi e credo a questo punto di averveli citati tutti.

Per adesso, io sono rimasto soddisfatto. Under the Dome è la classica serie da svacco estivo. Già vista, già stravista, ma che presa senza enormi aspettative fa il suo dovere di intrattenimento tipicamente americano. Scolleghiamo il cervello, colleghiamo la bocca ai popcorn e restiamo sotto il cupolone. Se la serie non diventa una porcata totale come Revolution, Falling Skies o Terra Nova, il trash sci-fi dell’estate 2013 è bello che servito in tavola da quei due vecchiazz… pardon, da quei due uomini maturi di Stephen King e Steven Spielberg. Non illudiamoci troppo, comunque, perché tanto sappiamo già tutti che tempo qualche puntata e si trasformerà in una porcata totale. Cupola o non cupola, non c’è riparo.
(voto 6,5/10)

Potete seguire Under the Dome anche sul sito Non solo serie tv e sulla pagina Facebook italiana della serie.



domenica 26 maggio 2013

C’EST LA VIE (D’ADELE)


Festival di Cannes 2013, ultimo atto.
Detto così, sembra che qui a Pensieri Cannibali si sia seguito l’evento cinematografico giorno per giorno, film dopo film. Non è esattamente così. Purtroppo non ero presente sulla Croisette, ma se il prossimo anno qualche giornale, rivista, sito e/o compagnia di catering volesse sponsorizzarmi la trasferta, mi offro ben volentieri! GRAZIE

Poco fa si è tenuta la cerimonia di chiusura della manifestazione, condotta dalla madrina Audrey Tautou, arrivata direttamente dal magico mondo del cinéma. Quali sono stati i verdetti della giuria, presieduta quest’anno dall’ormai bollito, almeno come regista, Steven Spielberg?
Le sue decisioni saranno state ai livelli del mediocre Lincoln o addirittura del tragico War Horse?
Scopriamolo subito…

Miglior attore
Bruce Dern per Nebraska di Alexander Payne.
Attore dalla carriera lunghissima visto anche ne Il grande Gatsby versione 1974, dove interpretava la parte di Tom Buchanan. In più, è pure il paparino di Laura Dern, la musa numero 1 del cinema di David Lynch. Sarà stato un premio meritato? Boh, di certo Alexander Payne, quello di Paradiso amaro e Sideways, è un regista che sa tirare fuori il meglio dai suoi attori.

Miglior attrice
Berenice Bejo per The Past di Asghar Farhadi (il regista iraniano di Una separazione). Pollice su, per la francesina rivelazione di The Artist.

A presentare il premio per la miglior sceneggiatura c’è Asia Argento, con un tono di voce da femme fatale dark che sembra stia per avere un orgasmo da un momento all’altro. E mentre la nostra Asia si distrae, l’award va a Thian zu Ding per la pellicola A Touch of Sin del cinese Jia Zhang-ke. Che tutti conosciamo, nevvero?

"Un saluto dall'Italia, Mr. Spielberg!"

Premio della Giuria
Like Father. Like Son, del giapponese Hirokazu Koreeda, regista noto per aver affrontato spesso nei suoi film il tema del lutto. Un allegrone, in pratica. Yatta!

Il Prix de la mise en scène per il miglior regista va… al messicano Amat Escalante per Heli.

Kim Novak, e dico la donna che visse due volte Kim Novak, consegna il Gran Premio della Giuria a Inside Llewyn Davis. Nonostante generalmente non sopporti un granché i fratelli Coen, questo film a tematica musicale con Oscar Isaac, Justin Timberlake e Carey Mulligan mi incuriosisce assai.




Palma d’Oro
La Dea Uma Thurman consegna il premio più ambito a…
Il favorito della vigilia: La vie d'Adele, pellicola francese firmata dal regista tunisino Abdellatif Kechiche. Non ho visto i film precedenti del regista, che ho lì lì da recuperare, però una pellicola con scene lesbo tra la splendida e bravissima Léa Seydoux e la rivelazione Adèle Exarchopoulos, entrambe molto commosse durante la premiazione, sulla fiducia la Palma d’Oro se la merita tutta.
Certe che al giorno d’oggi a chiamarsi Adele si vincono Grammy, Oscar, Mtv Awards e ora pure la Palma d’Oro.




La Palma d’Oro alla gnoccaccine, premio consegnato in esclusiva da Pensieri Cannibali, va invece a…
Emma Watson

"Thank you, Cannibal!"

Riassunto dei premi del Festival di Cannes 2013 per chi non aveva voglia di leggersi tutto il post
Palma d'oro: “La Vie D'Adele” di Abdellatif Kechiche
Gran Prix: “Inside Llewyn Davis” di Ethan e Joel Coen
Premio alla regia: Amat Escalante per “Heli”
Premio della giuria: “Like Father, Like Son” di Kore-Eda Hirokazu
Miglior attore: Bruce Dern per “Nebraska” di Alexander Payne
Migliore attrice: Berenice Bejo per “Le Passé” di Asghar Farhadi
Miglior sceneggiatura: Jia Zhangke per Tian Zhu Ding (A Touch Of Sin)
Palma d'oro al miglior cortometraggio: Safe di Moom Byoung-gon
Menzione speciale al cortometraggio: Hvalfjordur (Whale Valley / Le Fjord des Baleines) di
Gudmundur Arnar Gudmundsson
Camera d'Or: Ilo Ilo di Anthony Chen (Quinzaine des Réalisateurs)

E Paolo Sorrentino? E Toni Sorvillo? E La grande bellezza? E i film di Ozon, Polanski, Soderbergh e Jim Jarmush? E il fischiato Solo Dio perdona di Refn?
Per loro niente. Potrà Dio perdonare Steven Spielberg?

giovedì 18 aprile 2013

I FILM CHE SI FANNO LE CANNES


Festival di Cannes 2013, è stato annunciato il (notevolissimo) programma.
Chi c’è nella kermesse che si terrà dal 15 al 26 maggio a Casale Monferratonnes?
I nomoni importanti non mancano certo. A contendersi l’ambita Palma d’Oro e gli altri premi ci sono alcuni pezzi grossi come il danese Refn con il suo atteso Only God Forgives ancora in team con Ryan Gosling. Sarà il nuovo Drive?



C’è un nome italiano: Paolo Sorrentino, con il suo misterioso La grande bellezza. Ce la farà a risollevare le sorti comatose del nostro cinema? E ce la farà Sabrina Ferilli ha conquistare il premio di miglior attrice? La vedo dura. Soprattutto per la Ferilli…



C’è anche un’italiana ma ormai naturalizzata francese: la super radical-chic Valeria Bruni Tedeschi, unica donna in Concorso.
L’esercito americano sbarca in Costa Azzurra con l’ennesimo film del prolifico Steven Soderbergh, con i fratelli Coen che propongono una pellicola ispirata alla vita del musicista folk Dave van Ronk, con il nuovo di Alexander Payne e con James Gray, già autore de I padroni della notte e Two Lovers e che nel cast del suo nuovo The Immigrant vanta Jeremy Renner, Joaquin Phoenix e Marion Cotillard.
Attenzione poi a un certo Roman Polanski e al suo promettente Venus in Furs, al giappo Takashi Miike, all’iraniano Asgar Farhadi che cerca la conferma dopo l’acclamazione mondiale ricevuta con il precedente Una separazione. Non manca nemmeno il cinema francese, con in prima linea Francois Ozon che con il recente Nella casa, attualmente nei cinema italiani, ha realizzato un filmone e che a Cannes 2013 propone il suo nuovo Jeune et Jolie.

Nella sezione parallela Un certain regard il menù non sarà da meno. Anzi. In pole position svetta The Bling Ring della mia idola Sofia Coppola con Emma Watson trasformatasi con una magia da Hermione a bomba sexy.



Nella sezione Un certain regard ci saranno anche i film da registi di James Franco e Valeria Golino, più il Il sospetto.
nuovo lavoro di Claire Denis. Direttore della giuria di questa categoria sarà Thomas Vinterberg, di recente tornato in gran forma con

La giuria del Concorso Ufficiale del Festival sarà invece presieduta dal cavallo da guerra Steven Spielberg, che se come regista è ormai bollito, come intenditore di cinema si spera se la cavi ancora. La madrina del Festival sarà Amelie Poulain, volevo dire Audrey Tautou, in quella che si preannuncia quindi un’edizione zuccherosissima, ma chissà che non ci riservi qualche sorpresa…

Occhio infine anche ai film fuori concorso, in cui si segnalano l’opera seconda di J.C. Chandor, che aveva esordito alla grande con Margin Call, e la nuova pellicola di Guillaume Canet, con un super cast formato dalla sua mogliettina Marion Cotillard, più Mila Kunis, Clive Owen e Matthias Schoenaerts.
Possibile reginetta del Festival? Oltre a Emma Watson e Marion Cotillard si candida allo scettro Carey Mulligan, presente nel film dei Coen e ne Il Grande Gatsby, che aprirà fuori concorso il Festival.



Ecco il programma completo del Festival di Cannes 2013.
Mizzega.

FILM D’APERTURA (Fuori concorso)
Il grande Gatsby di Baz Luhrmann

CONCORSO UFFICIALE
Behind The Candelabra di Steven Soderbergh
Borgman di Alex Van Warmerdam
Un Chateau En Italie di Valeria Bruni Tedeschi
La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino
Grisgris di Mahamat-Saleh Haroun
Heli di Amat Escalante
The Immigrant di James Gray
Inside Llewyn Davis di Joel & Ethan Coen
Jeune Et Jolie di Francois Ozon
Jimmy P di Arnaud Desplechin
Michael Kohlhaas di Arnaud des Pallières
Nebraska di Alexander Payne
Only God Forgives di Nicolas Winding Refn
The Past di Asghar Farhadi
Soshite Chichi Ni Naru di Hirokazu Kore-eda
Tian Zhu Ding di Zhangke Jia
Venus In Fur di Roman Polanski
La Vie D'Adele di Abdellatif Kechiche
Wara No Tate di Takashi Miike

SEZIONE UN CERTAIN REGARD
Anonymous di Mohammad Rasoulof
As I Lay Dying di James Franco
Bends di Flora Lau
The Bling Ring di Sofia Coppola
Death March di Adolfo Alix Jr
Fruitvale Station di Ryan Coogler
Grand Central di Rebecca Zlotowski
L'Image Manquante di Rithy Panh
L'Inconnu Du Lac di Alain Guiraudie
La Jaula De Oro di Diego Quemada
Miele di Valeria Golino
Norte, Hangganana Ng Kasaysayan di Lav Diaz
Omar Hany Abu-Assad
Les Salauds di Claire Denis
Sarah Prefere La Course di Chloe Robichaud

FUORI CONCORSO
All Is Lost di J.C Chandor
Blood Ties di Guillaume Canet

PROIEZIONI SPECIALI
Max Rose di Daniel Noah
Weekend Of A Champion di Roman Polanski
Muhammad Ali's Greatest Fight di Stephen Frears
Stop The Pounding Heart di Roberto Minervini
Seduced & Abandoned di James Toback
Otdat Konci di Taisia Igumentseva
Bombay Talkies di Anurag Kashyap, Dibakar Banerjee, Zoya Akhtar, Karan Johar

PROIEZIONI DI MEZZANOTTE
Blind Detective di Johnnie To
Monsoon Shootout di Amit Kumar

FILM DI CHIUSURA
Zulu di Jérôme Salle

lunedì 1 aprile 2013

CLOUD AVATAR 3D, IL FILM DEL SECOLO


Mr. Bean
Cloud Avatar 3D
(USA 2013)
Regia: Steven Spielberg
Sceneggiatura: Federico Moccia
Cast: Will Smith, Angelina Jolie, Sam Worthington, Liam Neeson, Alba Rohrwacher, Beppe Fiorello, Mr. Bean
Genere: apocalittico
Se ti piace guarda anche: Cloud Atlas, Avatar, 3MSC

Esce oggi in tutte le sale mondiali il film del secolo: Cloud Avatar 3D, che riesce nell’impresa di riunire tutti i miei professionisti del mondo cinematografico preferiti in una pellicola sola. Che bello.
Cloud Avatar 3D è una specie di sequel prequel remake di Cloud Atlas, ambientato però nel magico mondo di Pandoro Pandora come Avatar. Per la regia di questo progetto misterioso, la cui lavorazione è stata tenuta segreta dalla sua casa di produzione, la Disney, fino ad oggi, è stato chiamato un nome d’eccezione, il sempre più in forma Steven Spielberg.
La sceneggiatura è invece firmata da Federico Moccia, noto anche come… Federico Moccia.
Perché è stato chiamato il mitico Federico Moccia? Ovvio, per aggiungere al tutto un tocco di romanticismo maggiore e anche, massì diciamolo, una ventata di freschezza e di modernità, perché come parla il linguaggio dei ggiovani il Moccia, cioè cacchio raga nessuno mai.

Will Smith
Stellare anche il cast della pellicola. Seguendo l’idea del Cloud Atlas originale che in tempi di crisi economica ha riciclato i suoi attori in più parti, Inizialmente si era pensato di far interpretare tutti i ruoli, maschili, femminili e animali, ho detto animali non animati, al solo e unico Sam Worthington. Dopo averlo seguito con le telecamere un giorno per 24 ore intere, Steven Spielberg si è però reso conto che l’attore australiano non cambia espressione. Mai. No, nemmeno quando fa sesso o fa la cacca. Si è deciso allora di optare per una scelta più tradizionale e usare un cast variegato, prendendo gli altri attori più espressivi e talentuosi in circolazione: Will Smith, che vestirà i panni dell’eroe che sopravvive a 12 esplosioni, a due scontri armati con l’esercito iraniano e alla bomba atomica lanciata dalla Corea del Nord; Angelina Jolie nei panni della femme fatale che replicherà la scena di accavallamento delle gambe di Sharon Stone in Basic Instinct e per l’occasione non si sta radendo lì sotto da oltre 6 mesi; il già menzionato Sam Worthington interpreterà l’avatar di se stesso; nei panni del cattivone di turno avremo inoltre Liam Neeson, che ha annunciato di aver preparato un mix di cattiveria ispirandosi, parole sue, a: “Hitler, Mussolini, Berlusconi e Topo Gigio.”

Top-secret la trama del film, ma secondo le prime indiscrezioni saranno una serie di storie incrociate insieme in maniera apparentemente casuale, in realtà accomunate dalle tematiche di vita e morte, amore e odio, guerra e pace, tematiche insomma mai affrontate prima da nessuno. Pare inoltre che non mancheranno inseguimenti, esplosioni, Mr. Bean nella parte di Rowan Atkinson, un’inquietante apparizione di Alba Rohrwacher nuda, un’ancor più inquietante apparizione di Beppe Fiorello che canta sui titoli di testa, oltre a scoregge, battute che non fanno ridere e animali parlanti, il tutto per la durata di sole 5 ore e 40 minuti in cui sarà severamente vietato alzarsi per poter andare a prendere da mangiare o fare la pipì.
Il film, ma che dico film? dico Capolavoro annunciato, ha avuto critiche contrastanti dopo la presentazione in anteprima alla stampa:

Avatar Rohrwacher
Il film del secolo, se solo fosse uscito nell’Ottocento.
The New York Times

Vi divertirete di più con La corazzata Potemkin.
Entertainment Weekly

Era almeno da… ieri che non vedevo una pellicola tanto stupenda.
Vincenzo Mollica

A una visione superficiale può sembrare una stronzata.
A una visione più approfondita sono certo che risulterà una mega stronzata.
Paolo Mereghetti

I Maya avevano annunciato l’arrivo di questo film.
Studio Aperto

Papa Francesco I ha rivolta una preghiera agli sventurati che andranno a vederlo.
Famiglia Cristiana

Capo lavoro.
Intendo: "Capo, lavoro stasera piuttosto di andare a vedere 'sta roba."
Un passante

Io non ho ancora avuto modo di guardarlo, lo farò solo stasera insieme al resto del mondo, ma sulla fiducia preannuncio già il voto…
(voto 100/10)

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