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venerdì 13 giugno 2014

I MIEI MITI CALCISTICI





In occasione dell’inizio dei mondiali di Brasile 2014, anche Pensieri Cannibali scende in campo e lo fa a modo suo. Come?
Con una Top 10, ma to' guarda un po’ che sorpresa. La decina di oggi è allora dedicata ai miei più grandi miti calcistici di tutti i tempi, sia calciatori che allenatori. Una lista che, come vedrete, è molto discutibile ed è piena di grandissime teste di ca…
Ma no, che avete capito?
Teste di calcio.


10. Paul Gascoigne
Il classico caso di genio e sregolatezza di cui la mia decina è piena. Nel caso specifico dell’inglese Paul Gascoigne, i suoi lampi di genio calcistico sono stati notevoli, ma si è segnalato soprattutto per la sua sregolatezza. Più che sregolatezza, una vera e propria follia. Persino George Best al suo confronto era un tipo tranquillo.
Mai visto un giocatore tanto fuori di testa quanto lui. Come potrei allora non adorarlo?

Paul Gascoigne, sei davvero tu?

9. Zdenek Zeman
A Zeman non importa vincere. La cosa importante è attaccare.
Famoso per il suo 4-3-3, in realtà il suo schema di gioco preferito è lo 0-0-10. Rinvio lungo del portiere e tutti su, come al campetto di periferia.
Abbasso la difesa, viva il calcio spettacolo. È così che si gioca!

Zdenek Zeman, l'unico uomo al mondo che fuma più sigarette di Don Draper di Mad Men

8. Mario Balotelli
Uno degli sportivi più odiati di oggi, e anche di sempre. A me però gli antipatici, presenti in abbondanza in questa lista, stanno simpatici, non ci posso fare niente. Che Super Mario piaccia o meno, una cosa è innegabile. Il ragazzo possiede qualcosa che la maggior parte dei suoi colleghi di oggi si può solo sognare: ha carisma. Difficile spiegare il perché. O ce l’hai, o non ce l’hai, e lui ce l’ha. In quanto a carisma schiaccia come una pulce il pur fenomenale con i piedi ma privo di carattere Lionel Messi.
E poi smettetela di dire che è antipatico, che anche se ora è in Brasile vi viene a prendere a casa uno ad uno.

"Il Cannibale non mi ha messo al primo posto?
Ma questa classifica fa ridere!"

7. David Beckham
Il giocatore fighetto per eccellenza. Considerato da alcuni più che un calciatore un modello, inteso non come modello esistenziale ma proprio come top-model da passerella, per chi non lo sapesse David Beckham è stato anche un ottimo giocatore. È vero che è sempre stato molto curato nell’aspetto fisico, eppure io non ho mai visto una sua partita in cui ha dato meno del 100% o non ha combattuto su ogni pallone. Inoltre va aggiunto che come tirava le punizioni lui, ce n’erano pochi. Nonostante tutto ciò sarà sempre ricordato come lo Spice Boy del calcio, ma ci sta pure questo e non credo che gli dispiaccia più di tanto.

"Sì, scendevo in campo vestito così, ma per me il look non è la cosa più importante!"

6. Alessandro Del Piero
Se Roby Baggio, come si dirà poco più avanti, sarà la principale causa della mia juventitudine (intesa come malattia incurabile), il mio altro grande mito bianconero è stato Alex Del Piero. Il Pinturicchio, con le sue magie, è stata l’ultima bandiera di un team che poi con Moggiopoli avrebbe perso molto in credibilità. Io comunque ormai non posso cambiare squadra perché, parafrasando il film Il segreto dei suoi occhi, un uomo può cambiare donna, religione o persino il volto, ma non può cambiare la sua passione. E non può cambiare nemmeno la sua fede calcistica. A meno che non si sia dei ruffiani come Emilio Fede, passato dalla Juve al Milan solo per lecchinaggio selvaggio.
Grande simbolo bianconero, Del Piero, poi spedito dalla dirigenza via lontano, fino in Australia. Che squadra di ingrati! Però non c’è niente da fare. Per quanto me ne vergogni, sono destinato a restare juventino forever.

"Miley Cyrus, la lingua io la facevo molto prima di te. E pure il twerking!"

5. Hristo Stoichkov
Quando giocavo a calcetto con gli amici, da bambino, indossavo quasi sempre la mia maglietta del Barca con dietro la scritta Hristo. Almeno fino a quando non puzzava troppo. Me l’aveva comprata mia sorella quand’era andata in gita con la scuola a Barcellona e da lì in poi sarebbe rimasta l’unica maglietta originale di una squadra che avrei posseduto. Manco della Juve l’ho mai comprata.
Per chi non lo conoscesse, Hristo Stoichkov è stato il più grande calciatore nella storia della Bulgaria. Che uno dice: “Sì, va beh, sono capaci tutti,” e forse è vero, però non tutti sono riusciti a trascinare una nazione fino ad allora arrivata al massimo all’ultimo posto dei preliminari dei preliminari di un Europeo, tra le prime 4 del mondo a USA ’94. Un’impresa straordinaria, da vero Gesù Hristo del Calcio.

"Cannibal, non sono alla numero 1? E allora questo è per te."

4. Roberto Baggio
È tutta colpa sua. È colpa di Roby Baggio se sono juventino. A un certo punto, nella vita di un giovane uomo, arriva un momento in cui deve decidere per quale squadra fare il tifo. Un rito di passaggio fondamentale che influirà sulle sue future amicizie e inimicizie. Non avendo avuto pressioni particolari da parte di mio padre, che è del Milan ma non mi ha imposto la sua Fede come taluni genitori fanno, quando ho cominciato a giochicchiare e ad appassionarmi a calcio ho scelto la Juventus perché è lì che allora c'era quel fenomeno che riusciva a dribblare chiunque e che poi aveva quel divin codino, oggi inguardabile, ma all’epoca davvero stiloso e che anch’io da bambino replicai. I dribbling invece no, quelli non mi sono mai riusciti come a lui.
Roby Baggio, il mio primo amore calcistico. Un mito destinato a durare fino a quel rigore nella finale di USA ‘94, col pallone tirato sulla Luna e raccolto penso da Neil Armstrong. È stato allora che ho capito che tutti possono sbagliare e nessuno è perfetto.

"Ciao astronauti. Scusate, non volevo colpirvi..."

3. George Best
Non ho vissuto le sue gesta in “diretta” – scusate se sono troppo ggiovane, scusate! - ma ho scoperto questo straordinario personaggio solo successivamente, grazie al film Best, che l’ha fatto entrare subito di diritto tra i miei miti sportivi (e non solo sportivi) assoluti. George Best è stato il Beatle del calcio o, se preferite, un alcolista che il campo ha sottratto (giusto per qualche tempo) ai bar. In ogni caso, simply the Best.

"Ammazza Elton quanto sei hipster!"

2. José Mourinho
Lo Special One è il mio number two. Un fenomeno della comunicazione che volutamente attira su di sé tutte le attenzioni, e soprattutto le antipatie, dei media, in modo da diminuire la pressione sui suoi giocatori. Oltre a essere un fenomeno mediatico, José Mourinho è un allenatore fenomenale. Vi rendete conto che è riuscito a fare il triplete con l’Inter? Dico l’Inter, una squadra che, prima del suo arrivo, al massimo vinceva il Trofeo Birra Moretti ai calci di rigore, anzi no, agli shootout. E quando ciò succedeva la si poteva ancora considerare un’annata fortunata.

"Negli spogliatoi ho visto il pistolino di Cannibal. Ce l'ha lungo così..."

1. Zinédine Zidane
Per me, il più grande di tutti. Un campione con lampi di classe assoluta, enormi tanto quanto i suoi colpi di testa. Non è un modo di dire. È per quelli che passerà per sempre alla Storia del Calcio. Sia le inzuccate che hanno aperto la strada alla vittoria della Francia nella finale dei mondiali casalinghi del 1998, che quella ancora più memorabile data a Marco Materazzi nella finale del Mondiale 2006 vinto dall’Italia.
Zinédine Zidane. Un genio.
Un genio del Male.

"Questa coppa conta ben poco. Il riconoscimento più importante pour moi
è il primo posto nella lista Cannibale."

venerdì 11 giugno 2010

Una storia mondiale (parte prima)


Spagna 1982
Sono nato da appena una manciata di mesi e piango continuamente. Questa notte magica no. Meno male, anche perché se lo faccio probabilmente mio padre mi scaraventa giù dal balcone e quindi poi un giorno non sarò su un blog a scriverne grazie a quella cosa pazzesca che sarà Internet e che oggi non posso nemmeno immaginare, visto che nemmeno la Delorean è ancora stata inventata. No, niente pianti stasera, sento che è un momento troppo felice per rovinare tutto con le solite lagne da poppante rompicoglioni. Rossi, Tardelli e Altobelli e vadaviailcù crucchi. Ci rivediamo nel futuro e vi faremo di nuovo il cù.

Messico 1986
Nessuna memoria personale, di quest’edizione.
Nessuna memoria personale. L’Italia campione del mondo rimedia la sua figura barbina e se ne torna a casa (andrà così anche quest’anno?). Diego Armando Maradona invece si spara qualche pista di coca, segna con la mano de dios, si dribbla il mondo e manda a casa l'Inghilterra. In finale, l'Argentina si laurea campione del mondo, contro la Germania (Ovest).

Italia 1990
Notti maggiche, inseguendo un gol. Ho otto anni e in me si risvegliano i primissimi ricordi calcistici, mentre impazza la mania per Totò Schillaci, poi ribattezzato El gran visir de tùch i terun. Semifinale tra Italia e Argentina: si va ai rigori. Il mio quasi omonimo Goycochea (io di cognome faccio Goi) ipnotizza i nostri giocatori. Al termine della lotteria dei rigori mio papà per la rabbia rischia di distruggere la seconda televisione che avevamo comprato in modo che si potesse vedere tutti i Mondiali in cucina in Santa Pace. Mia mamma riesce a fermarlo prima della tragedia. Io fondamentalmente ancora non capisco cos’è tutta ‘sta mania per il calcio e al San Paolo di Napoli vedo le lacrime dei tifosi azzurri e allo stesso tempo gli applausi per Diego Armando, che ringrazia sparandosi un'altra pista di coca. Nella rivincita della finale di quattro anni prima però la coca stavolta non basta e l’Argentina viene battuta dalla Germania (ancora Ovest, e basta! Ma il muro non è venuto giù?).


USA 1994
Ho 12 anni, l'età della ragione, calcisticamente parlando, e USA 94 è il primo Mondiale seguito veramente e anche quello vissuto più intensamente. Nonostante il fuso orario che mi impedisce di vedere le partite in notturna (allora noi ragazzini se non si era figli di Berlusconi mica si aveva il tv in camera) mi tengo aggiornato con sintesi e partite diurne. Seguo con ammirazione le imprese del mio Cristo: Hristo Stoichkov, un giocatore cattivo e antifighetto che in un'estate folle trascina uno stato finora assente dalla geografia calicistica (ma forse pure dalla geografia geografia). Con una sua punizione perfetta, la Bulgaria manda a casa i campioni del mondo crucchi e in quel momento mi sembra che da lì in poi tutto nella vita sarà possibile, finché Hristo è tra noi. Io, pieno di speranza, me ne vado in giro fiero indossando la maglietta di Stoichkov che mia sorella mi ha portato a casa dalla gita scolastica a Barcelona. Un giorno realizzerò che nella vita alcune cose sono possibili, qualche altra cosa è difficile e la maggior parte delle cose sono semplicemente impossibili. Ma questa è un'altra storia.
L'Italia intanto dopo un girone opaco affronta i mostri nigeriani che ci massacrano fisicamente. Quando sembra tutto finito e noi tutti siamo già con la testa sull'aereo di ritorno a Fiumicino, ecco che Baggio si sveglia, tira la palla contro il palo e poi lentamente questa si infila in rete come una palla da biliardo. Nei supplementari il Divin Codino segna ancora, stavolta su rigore e ci spedisce inaspettatamente avanti.
Con la Spagna Tassotti decide di uccidere con una gomitata il povero Luis Enrique. A parte questi dettagli di normale routine criminale, Signori serve un pallone d'oro al solito Baggio che dribbla Zubizarreta e ci manda in semifinale proprio contro la Bulgaria del mio Hristo. A questo punto sono combattuto, ma le cose vanno per il meglio: l'Italia vince e Stoichkov fa pure il suo golletto. Cosa chiedere di meglio?
La finale con il Brasile è invece un inferno. Non succede molto, l'Italia cacandosi addosso manda a puttane i buoni propositi di bel calcio di Sacchi e non supera la metà campo. Pagliuca tanto per animare la situazione smorta si inventa da solo un palo, che poi va a limonare. Mio papà sul divano si addormenta e si sveglia giusto in tempo per i rigori. Era meglio se continuava a dormire, sognando un finale con noi che si alzava la coppa. Baresi invece decide proprio quella fresca sera italiana (negli USA era invece un pomeriggio afosissimo) dimostra che la fisica è un'opinione e che si può tirare in verticale. Il pallone colpisce un'astronave. Solo recentemente si è scoperto che Baresi ha in realtà sventato una nuova invasione dei Visitors, ma allora il suo tiro aveva ben poco di eroico. Roby Baggio decide di imitarlo e con quel pallone volano fuori dal Rose Bowl di Pasadena anche tutti i nostri American Dreams. Mondiale comunque memorabile, dopo per me il calcio non avrà mai più lo stesso valore.

(Leggi la seconda parte...)
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