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lunedì 16 giugno 2014

NON BUTTIAMOCI GIÙ, BUTTIAMO GIÙ ‘STO FILM





Mi sto per buttare giù.

No, non provate nemmeno a fermarmi, ormai ho deciso.




Hey?

Heeey?

Non c’è proprio nessuno che vuole fermarmi?

Manco un lettore che dice che non devo farlo?

Nessuno che senza Pensieri Cannibali si sentirebbe più triste e vuoto?

Heeey?

Nessuno, eh?

Vah beh, allora io mi butto. Prima però vi racconto perché ho deciso di compiere questo gesto estremo. La ragione non è perché il mio sito ha avuto un improvviso calo di visite. Quello è normale. Inizia la bella stagione, tutti escono, tutti vanno a prendere il sole e nessuno resta più davanti allo schermo del computer a leggere i poveri, desolati, abbandonati blog estivi.
Non è nemmeno perché ho realizzato che Pensieri Cannibali non ce la farà mai a scalzare il perfido Cineblog dalla prima posizione dei blog di cinema più influenti d’Italia stilata da eBuzzing.
Il motivo non è perché sono stato al centro di uno scandalo di sesso con minorenni come Silvio Berlusconi Pierce Brosnan nel film Non buttiamoci giù, o perché ho una situazione famigliare complicata come Toni Collette, o bisogno di stare al centro delle attenzioni come Imogen Poots, o un cancro (ma sarà davvero così?) come Aaron Paul sempre nel sopra nominato film.
Niente di tutto questo.


La ragione è che la sopra nominata pellicola è stata davvero una delusione. Una delusione così cocente da farmi venire voglia di farla finita, talmente alte erano le mie aspettative nei confronti di Non buttiamoci giù. Per prima cosa per via della tematica suicida che, si veda lo stupendo Il giardino delle vergini suicide, può offrire degli spunti parecchio notevoli. I protagonisti sono infatti 4 tipi che la notte di Capodanno si trovano in cima a un palazzo. Il palazzo preferito dai londinesi per togliersi la vita. Una volta lì, si fanno forza l’uno con l’altro e decidono di fare un patto, un patto suicida: nessuno di loro deve ammazzarsi per almeno sei settimane. Ce la faranno?
Oltre a questo curioso spunto iniziale e alla tematica affrontata, le aspettative elevate che avevo erano dovute anche al cast sopra citato. A parte il solito pessimo insopportabile Pierce Brosnan che interpreta il solito pessimo ruolo da insopportabile sbruffone, gli altri sono degli ottimi attori. Aaron Paul è il mitico Jesse Pinkman della mitica Breaking Bad, un ruolo che purtroppo per lui non so se riuscirà mai a scrollarsi di dosso. Qui ha una parte da mezzo ribelle ex cantante di una grunge band che sembra una versione moscia, ma mooolto moscia del suddetto Pinkman. Più convincente la giovane in fortissima ascesa Imogen Poots, di recente vista anche in Fright Night, Una fragile armonia, Il lercio, That Awkward Moment e in Need for Speed sempre al fianco di Aaron Paul, una che qui ha il ruolo dell’unica davvero fuori di testa tra i 4 promessi suicidi. Poi c’è Toni Collette, attrice spesso grandiosa che qui invece appare più spenta che mai e ripete in tono minore il ruolo da maniaco depressiva che aveva pure in About a Boy – Un ragazzo, altro adattamento da Nick Hornby.


E qui giungiamo al terzo e più importante punto di forza, almeno potenzialmente, della pellicola. Non buttiamoci giù è tratto dall’omonimo romanzo di Nick Hornby, autore di due miei cult assoluti, sia letterari che cinematografici, come Alta fedeltà e il citato About a Boy – Un ragazzo. È vero che negli ultimi tempi c’erano stati alcuni segnali preoccupanti, riguardo agli adattamenti delle sue opere. La serie tv About a Boy è una robina poco divertente, ma si tratta di una sitcom americana, quindi non è che ci si potesse attendere più di tanto. Poi c’era stato il caso di È nata una star, ma in quel caso si trattava di un abominevole adattamento italiano con Luciana Littizzetto e Rocco Papaleo di un suo racconto, quindi pure in quell’occasione il fallimento lo si poteva tenere in conto. Con Non buttiamoci giù il caso è diverso. È una produzione inglese della BBC Films, diretta dal regista francese Pascal Chaumeil del grazioso Il truffacuori, sceneggiato da Jack Thorne, ovvero il creatore dell’ottima serie teen fantasy inglese The Fades, e in più lo stesso Nick Hornby figura tra i produttori.


Nonostante tutte queste ottime premesse, che avevano innalzato in me aspettative troppo elevate, il film è una ciofeca colossale. Non funziona per niente. Una storia come questa sulla carta mixa uno spunto drammatico con un tocco leggero da commedia, ma non convince su nessuno dei due fronti. Come dramma è troppo superficiale per emozionare, commuovere o far riflettere. Come comedy non riesce a far ridere. Non ci prova nemmeno più di tanto a farlo. È un film ibrido che non sa quale direzione prendere e l’unica strada che riesce a imboccare è quella del buonismo. Non ho letto il libro da cui la pellicola è tratta, però dentro questo film non c’ho trovato quasi niente dello stile ironico, cattivo, incisivo cui Hornby mi aveva abituato. C’ho visto solo una versione annacquata e deprimente dello stile di Hornby. Ok che è un film sul suicidio, però non dovrebbe far venire voglia allo spettatore di togliersi la vita. Invece è quanto successo a me. Mi trovo qua in cima all’edificio più alto di Londra Casale Monferrato (che non è poi molto alto) e mi sto per buttare giù.
Non provate a fermarmi!


Heeey?


Manco un’anima pia?


Proprio nessuno che cerca di farmi cambiare idea?

Ma non vi mancherò?

Non vi mancherà Pensieri Cannibali?

No, vero?


Non buttiamoci giù
(UK, Germania 2014)
Titolo originale: A Long Way Down
Regia: Pascal Chaumeil
Sceneggiatura: Jack Thorne
Ispirato al romanzo: Non buttiamoci giù di Nick Hornby
Cast: Pierce Brosnan, Toni Collette, Imogen Poots, Aaron Paul, Tuppence Middleton, Rosamund Pike, Sam Neill, Joe Cole
Genere: suicida
Se ti piace guarda anche: Hotell, Ma che colpa abbiamo noi, 50 e 50
(voto 5/10)

"Una dichiarazione su questo post, Scarlett!"
"Non sono Scarlett e comunque questo post mi ha fatto venire voglia di suicidarmi!"

domenica 27 aprile 2014

MISS VIUULEEENZA




Addio, mondo crudele.
Ho deciso di buttarmi giù dal balcone con gli occhi pieni di malinconia. Perché?
Non ve lo dico. Non è perché sono cattiva. Non ve lo dico perché preferisco che vi guardiate Miss Violence, il film a me dedicato. O meglio, il film dedicato a quanto succede dopo che mi sarò lanciata giù. Prometto che, prima della fine, avrete capito il motivo del mio gesto. Fidatevi, non è uno di quei misteri tipo Lost che dovete vedervi 6 stagioni per arrivare alla conclusione con l’impressione di non averci comunque capito nulla. Qui saprete tutto. O quasi. Lo giuro sulla vita di mio papà, volevo dire di mio nonno.

All’inizio non sarà facile capire perché l’ho fatto. La mia era una famiglia perfetta. Vivevo con le mie due sorelle, con i miei due nipotini figli della mia sorella maggiore e con i nostri genitori, volevo dire i nostri nonni che ci volevano tanto bene. Il regista Alexandros Avranas vi accompagnerà a scoprire poco a poco che dietro a questa impeccabile facciata c’è dell’altro. Lo farà nascondendovi le cose dietro alle porte, utilizzando un sacco di riprese fisse, mostrandovi solo alcune cose, usando uno stile vicino a quello di Kynodontas, recente capolavoro greco di Giorgos Lanthimos cui Avranas guarda come modello di riferimento, insieme ai lavori di Michael Haneke, soprattutto Caché – Niente da nascondere. Il suo è uno stile un po’ derivativo, lo capisco pure io che sono una vergine suicida di 11 anni, e lo splendido trailer sulle note di “Dance Me to the End of Love” di Leonard Cohen è forse la cosa migliore della pellicola, anche perché è l’unico momento in cui – modestamente – ci sono io. L’altra grande scena del film è quella in cui la mia sorellina, volevo dire la nipotina schiaffeggia il mio fratellino, volevo dire il mio nipotino e poi ci sono alcune sequenze, soprattutto i balletti, che ricordano proprio… sì, Kynodontas sempre, mentre per il resto non tutto il film procede in maniera altrettanto efficace.
Ciò nondimeno la storia che vuole raccontare, la mia storia, è potente e merita di essere rivelata. Come un buon padre di famiglia, il regista Avranas proverà a proteggervi, vi terrà la manina, vi darà da mangiare del gelato, vi farà sentire delle canzoncine innocue come quel pezzo là, quello che tutti nel vostro paese conoscerete bene, “L’italiano” di Toto Cutugno. Le proverà tutte per addolcire la realtà, fino a che la verità non verrà fuori con prepotenza. Allora saprete perché mi sto per buttare e la smetterete di pensare che sono una bimbaminkia emo viziata che lo fa solo per attirare l’attenzione, o per diventare popolare sui social network. Capirete che a volte nella vita non c’è altra via d’uscita.
Adesso vado, c’è un balcone che mi aspetta.

Per sempre vostra,
Angeliki


Miss Violence
(Grecia 2013)
Regia: Alexandros Avranas
Sceneggiatura: Alexandros Avranas, Kostas Peroulis
Cast: Themis Panou, Rena Pittaki, Eleni Roussinou, Sissy Toumasi, Kalliopi Zontanou, Chloe Bolota, Contantinos Athanasiades, Maria Skoula
Genere: violento
Se ti piace guarda anche: Kynodontas, Il giardino delle vergini suicide, Alpeis
(voto 7-/10)

lunedì 1 novembre 2010

You're bruttiful, it's true

James Blunt “Some kind of trouble”
Il buon giorno si vede dal mattino. Quello cattivo si vede dalla notte. “Stay the night”, il primo singolo che apre il nuovo album di James Blunt, è un’imbarazzante copia di “Hey Soul Sister” dei Train, che a sua volta già era liberamente ispirata da “I’m yours” di Jason Mraz, la quale a sua volta forse plagiava qualcos altro. Una copia della copia della copia dal sapore estivo (anche nel video) di cui davvero non si sentiva il bisogno in questi giorni in cui penso non smetterà mai di piovere, checché ne dica Il Corvo.


Appurata tutta l’inutilità e il fastidio di questa prima canzone, vediamo se il resto del programma prevede qualcosa di più gradevole. Non dico una nuova “You’re beautiful”, ma almeno un pezzo decente.
La successiva “Dangerous” sembra una versione bluntiana di “She’s a maniac” del film Flashdance, con la differenza che dice “She is dangerous” invece di “She’s a maniac” e non ha un ritmo ballabile. Che James con tutte queste “ispirazioni” stia cercando di diventare lo Zucchero inglese? Comunque il pezzo non è malaccio (e una volta giunto alla fine direi che è di gran lunga la canzone migliore dell’album, fate vobis).
Quindi “Best laid plans” è il più classico dei lentoni strappalacrime di Blunt. Non uno dei suoi migliori, però certo uno dei più stracciaMaroni.
“So far gone” è un pezzone epico, pure questo poco riuscito. Finora questo album è un vero stress. Al quinto pezzo “No tears” penso già di abbandonare. E pensare che invece il suo esordio “Back to Bedlam” era un album davvero piacevole.
Stoicamente resisto e vado avanti, giusto per constatare quanto in basso sia caduto quest’uomo. “Superstar” ricorda sospettosamente “Times like these” dei Foo Fighters nella melodia, mentre il testo che vorrebbe forse essere una critica ai reality-show recita: “He says times like these I don’t want to be a superstar, Cause reality tv killed them all in America”. E senza vergogna ci ha messo pure “times like these” nel testo. Almeno Zucchero le parole fa lo sforzo di cambiarle...

James, mi spiace dirlo, ma questo disco è davvero una ciofeca. In passato ti è andata bene, hai scritto un’ottima canzone (“You’re beautiful”), ormai però non ne azzecchi più una che sia una (hai persino duettato con la Pausini, mannaggia a te!). Comincia allora a dare il buon esempio e ritirati, please. Sai mai che pure Silvio segua il tuo esempio.
Comunque un bel premio te lo meriti: disco da suicidio dell’anno 2010.
(voto 3)

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