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domenica 11 agosto 2013

CHASING MAVERICKS, UN’ALTRA VOLTA UN’ALTRA ONDA




Chasing Mavericks
(USA 2012)
Regia: Curtis Hanson, Michael Apted
Sceneggiatura: Kario Salem
Cast: Jonny Weston, Gerard Butler, Leven Rambin, Abigail Spencer, Elisabeth Shue, Devin Crittenden, Taylor Handley
Genere: surfaro
Se ti piace guarda anche: Soul Surfer, Blue Crush, Point Break

Le storie sul surf mi affascinano sempre. Non so perché. Sarà per quel sapore di libertà e di ribellione che fanno assaporare. Ho anche scritto un racconto su un ragazzino fissato con questo sport, che potete scaricare gratis nella mia raccolta L’ultima estate di Joan e altri racconti. Fine spazio promozionale.
Point Break, Un mercoledì da leoni, Lords of Dogtown, ma anche robette più innocue come Blue Crush. Se c’è un film sul surf, non me lo posso perdere. Oddio, adesso nelle sale italiane è arrivato Drift – Cavalca l’onda con Sam Worthington, one of the worst actors in the world, e quella è anche un’onda su cui potrei non salire.
All’interno del fantastico sottogenere delle pellicole dedicate alla tavola, il Chasing Mavericks su cui surferò oggi si colloca decisamente tra le pellicole minori. Peccato, perché racconta la storia di un gran bel personaggio ma, tanto per dire una banalità, una bella storia non sempre significa automaticamente un bel film, si veda il caso del pessimo Il discorso del re. Chasing Mavericks si destreggia con maggiore abilità rispetto al soporifero sopravvalutatissimo film premio Oscar di Tom Hooper, ma purtroppo non riesce a incidere del tutto.

"Ragazzo, la prossima volta che mi ricordi che ho fatto un film con Muccino,
sai già la tavola dove te la infilo, vero?"
La storia è quella romanzata della vera vita di Jay Moriarty, giovane fenomeno del surf a cavallo tra la fine degli anni ’90 e i primi Anni Zero. A chiamare a narrare le sue gesta non uno, bensì 2 registi: Curtis Hanson e Michael Apted. Riguardo al secondo, ho visto una manciata di sue pellicole come il valido Occhi nelle tenebre con Madelaine Stowe e Via dall’incubo, film da incubo con Jennifer Lopez, e mi sembra quindi molto discontinuo. Riguardo a Curtis Hanson, non si tratta del padre degli Hanson, quelli di MMMBop, bensì dell’autore di una serie di pellicole notevoli come 8 Mile, L.A. Confidential e Wonder Boys. Non avete mai visto Wonder Boys? Male. Rimediate subito!
Regista molto variegato nella scelta delle storie da narrare, Hanson appariva l’uomo giusto per poter realizzare una specie di 8 Mile del surf. Impresa non riuscita. Laddove 8 Mile era una fotografia perfetta della scena rap anni ’90 in quel di Detroit, ti faceva sentire l’odore delle strade e dei proiettili della Motor City oggi ormai in crisi nera, questo Chasing Mavericks vorrebbe fare lo stesso. Anche qui anni ’90, anche qui pellicola ispirata ai primi passi di un personaggione reale, ma l’immersione nel mondo del surf non scende altrettanto in profondità.

"Ragazzo, usciamo dall'acqua e annamo a fare una partita a pallone,
che mi sento più a mio agio..."
Chasing Mavericks si concentra sulla prima grande sfida di Jay Moriarty, ai tempi 15enne surfista alle prime armi ma già dotato di un enorme talento. Il suo obiettivo è quello di riuscire a dominare l’onda più grande del mondo, El Nino, che non ha niente a che fare con Fernando Torres. Per farlo ha bisogno di un aiuto, quello dell’esperto Frosty (come fa uno a chiamarsi Frosty?) interpretato da Gerard Butler. Dopo essere stato uno spartano alla guida dei 300, dopo aver fatto il calciatore nel modestistissimo Quello che so sull’amore mucciniano, dopo aver girato dei film che manco lui si ricorda, il Butler ora si reinventa come espertone di surf.
Risultato?
A me Gerard Butler sta anche simpatico, però come attore è davvero modesto e, se come calciatore britannico in crisi ci poteva ancora stare, come surfista non si rivela certo un degno erede del Bodhi di Point Break reso immortale da Patrick Swayze. I loro personaggi si somigliano, puru lui è un guru della tavola che cerca di vederne anche gli aspetti più spirituali e insegnarli al suo giovane allievo Moriarty, eppure il Butler è troppo british e poco surfer oh yeah per risultare credibile nella parte.

Così così anche il resto del cast, con il protagonista Jonny Weston che appare ancora troppo acerbo, così come la giovane gnoccoletta della pellicola, la bionda Leven Rambin, di recente apparsa anche nel video “Stray Heart” dei Green Day. La migliore è allora Abigail Spencer, già grandiosa nella consigliatissima serie tv Rectify, e che qui veste i panni della moglie di Gerard Butler.

"Ci manca solo una pelliccia, e poi vestiti così siamo proprio dei tipi da spiaggia!"
Chasing Mavericks è un’occasione mancata per realizzare un nuovo cult sul surf che io bramavo. Allo stesso tempo, è una visione estiva che ci sta tutta. A livello cinematografico non si rivela minimamente degno di nota, e da uno come Curtis Hanson era lecito attendersi qualcosa di più, però ci racconta una bella storia. Lo fa con uno stile a metà strada tra quei docu-reality di Mtv alla Made o I Used to Be Fat, e le classiche pellicole sportive alla Rocky, con in più l’aggiunta di un rapporto allievo-maestro che ricorda Karate Kid, Million Dollar Baby così come anche Gran Torino, sempre per rimanere in area eastwoodiana, per via del confronto generazionale, anche se la forbice di anni di differenza qui è parecchio più ridotta.
Tutto già visto, tutto nella norma, compreso qualche drammone che fa tirare sul film quasi un vento da vicenda alla Nicholas Sparks, come già capitava con Soul Surfer, pellicola sulla campionessa di surf Bethany Hamilton, altrettanto guardabile quanto non riuscita in pieno.
Se non si tratta di un grande film, Chasing Mavericks è comunque una bella opportunità per scoprire un grande campione, un grande personaggio, un grande ometto come Jay Moriarty. E per scoprire se ce l’avrà fatta o meno a cavalcare l’onda più grande del mondo. Con un’istruttore come Gerard Butler, che sembra più un hooligan inglese che non un guru della tavola, la risposta non è così scontata…
(voto 6/10)



giovedì 3 maggio 2012

Best Coast to coast

Best Coast “The Only Place”
Genere: surf pop
Provenienza: Los Angeles, California, USA
Se ti piace ascolta anche: Go-Go’s, Dum Dum Girls, Cults, Summer Camp, Rilo Kiley, She & Him, Buddy Holly

Quando spunta fuori il sole che fai?
Vai in spiaggia?
Vai in piscina?
No, ma chissenefrega, io mi riferivo a livello musicale. A livello musicale che fai?
Getti in un angolo i dischi, o meglio i file, di folk depresso, di elettronica glaciale, di cantanti e band uggiose e tiri fuori… Danza Kuduro?
Ma va là.
Tiri fuori i Best Coast. Il loro seondo album è troppo californiano, fin dal titolo, "The Only Place", che indovinate un po’ a quale place degli Stati Uniti si può riferire?
Bethany Cosentino e il suo socio Bobb Bruno con dei cognomi così sembrano usciti da Jersey Shore, ma è un'impressione sbagliata. Loro infatti di tamarro hanno ben poco e propongono una musica a cavallo tra surf rock e melodie piacevolmente retrò.
All’appuntamento numero 2 dopo la magia dell’esordio “Crazy For You” si sono fatti produrre da Jon Brion, già al lavoro con Fiona Apple e Kanye West nonché autore di colonne sonore come quella di Magnolia. Il suo tocco si sente, senza alterare la premiata formula sonora Best Coast, giusto regalando un’ulteriore sfumatura alla loro tavolozza di colori e una maggiore profondità sonora. Anche se i punti forti sono rappresentati sempre dai super emozionali testi della Snooki indie (no, non è vero, cognome italiano a parte non c’entra un jersey con Snooki Polizzi!), dalle super nostalgiche melodie 50s e dalle super esaltanti musiche surfeggianti, questa volta con l'aggiunta persino di qualche venatura country.
Quando spunta fuori il sole che fai, a parte andare in spiaggia o in piscina o dove cavolo più ti pare?
Infili su i Ray-Ban e spari i Best Coast a tutto volume.
(voto 8/10)


mercoledì 24 agosto 2011

Hey surf sister

Soul Surfer
(USA 2011)
Regia: Sean McNamara
Cast: AnnaSophia Robb, Dennis Quaid, Helen Hunt, Carrie Underwood, Kevin Sorbo, Lorraine Nicholson, Ross Thomas, Cody Gomes, Sonya Balmores
Genere: let’s go surfing
Se ti piace guarda anche: Clay Marzo – Just Add Water, Blue Crush, Lords of Dogtown, Point Break, Un mercoledì da leoni

Una bella storia non sempre fa un bel film: Il discorso del re ne è un esempio lampante. Che poi in quel caso avevamo un re viziato balbuziente che dopo anni di training riusciva a fare un discorso di 60 secondi davanti a un microfono, mentre qui, scusate se è poco, abbiamo una ragazzina di 13 anni che ha perso un braccio ma è riuscita a rimettersi in piedi sulla tavola e a diventare una campionessa di surf. Volete mettere?
Preparate dunque i fazzoletti se siete sensibili (non ho detto sensitivi) e ucci ucci tenerucci, d’altronde la protagonista del film è AnnaSophia Robb, ottima giovane attrice già vista ne Un ponte per Terabithia che, per la cronaca e per il mio sputtanamento personale, è una delle pellicole che più mi ha fatto piangere in tutta la mia vita. Non fatemici pensare che mi vengono ancora le lacrime agli occhi. Che magone quel film, che magone!
Ueeeeè
ueeeeeeeè

Ok, scusate lo sfogo. Riprendiamo…
Il regista di Soul Surfer si chiama Sean McNamara, come uno dei due chirurghi plastici di Nip/Tuck: sarà un semplice caso di omonimia (non ho detto omosessualità)? In ogni caso la qualità registica non è certo memorabile e quindi possiamo passare oltre…
Nel cast, oltre alla Robb c’è anche la cantante country Carrie Underwood, notevole sgnacchera parecchio nota negli States, una sorta di Taylor Swift però con più tette. Quindi ci sono anche Dennis Quaid, che ormai ha preso il patentino per i filmetti, e una Helen Hunt che sta invecchiando parecchio male. *_*
Nella modesta e stracommerciale colonna sonora invece c’è roba tipo Michael Franti con “The Sound of Sunshine”, in una versione per fortuna senza Jovanotti, probabilmente lasciato in riva al mare. E quindi avete già capito che pure la soundtrack è poca roba.

La vera Bethany Hamilton (a sinistra) con AnnaSophia Robb
Il film è tratto dalla storia vera di Bethany Hamilton, una ragazzina hawaiiana che ha sempre vissuto su una tavola da surf fin da bambinettissima (forse ha imparato prima e surfare che a camminare) e che all’età di 13 anni si è vista portare via un braccio da uno squalo. Per chi si chiede come possano capitare cose del genere, la risposta è da trovare nel fatto che qualcuno gliel’ha gufata pesantemente: quando la sua migliore amica Alana (non ho detto anal) a inizio film, felice della sua vita alla Hawaii tra surfare di mezzanotte e vita da spiaggia tira fuori la domanda retorica: “Ma quanto fortunate siamo, noi?” sappiamo già che porterà una sfiga micidiale. E infatti…
Il giorno dopo Bethany viene azzannata da uno squalo. E non è come essere morsi da una zanzara. O da un vampiro, cosa che, l’abbiamo imparato da film & serie tv, ti renderebbe solo molto più figo. La povera ragazza perde un braccio, ma riesce a sopravvivere grazie al tempestivo salvataggio del padre dell’amica, un certo Hercules alias Kevin Sorbo!
La cosa più impressionante e che pare non sia solo un’invenzione della fiction, ma una caratteristica della vera Bethany, è la sua notevole forza d’animo e il suo coraggio: nonostante la scena da film horror di cui è protagonista, non piange non strilla non si mette a frignare e a rompere i maroni, ma anzi reagisce al tragico evento con un comportamento stoico. Troppo per una ragazzina di 13 anni?

Se la storia è carina e coinvolgente, peccato che su tutto il film pesi, pesante come un macigno, una forte morale cristiana a rovinare tutto. Però esistendo, fino a prova contraria, il libero arbitrio, l’interpretazione che ognuno può dare agli eventi può essere diversa. Se per il film, e anche per la vera Bethany Hamilton, ogni cosa succede per una ragione e la tragedia che le è capitata si è trasformata in qualcosa di positivo, visto che lei non solo è sopravvissuta, ma è anche riuscita a realizzare il suo sogno di diventare comunque una surfista professionista ed è diventata un modello di ispirazione per un sacco di persone con problemi fisici di varia natura.
Questa però è la sua personale interpretazione. La mia visione anti-religiosa mi porta invece a pensare a come Dio le abbia assestato un bel pugno secco allo stomaco, di quelli che ti tolgono il fiato, ma lei sia riuscita a reagire con determinazione. Non si è fatta mettere al tappeto, ha lottato e alla fine ha risposto con un bel calcio in culo e un gancio destro da K.O.
Per quanto mi riguarda quindi: Bethany batte Gesù bambino 2 a 1.
(voto 6-/10)

domenica 16 gennaio 2011

Jukebox 2010 - n. 6 Best Coast "When I'm with you"

Best Coast "When I'm with you"
Genere: surf pop
Se ti piace ascolta anche: April March "Chick Habit"

Il pezzo più tarantiniano dell’anno

testo liberamente tradotto
Il mondo è così tranquillo
ma tu ed io siamo semplicemente dei pazzi
quindi quando sono con te mi diverto
già, quando sono con te mi diverto

lunedì 27 dicembre 2010

Album 2010 - n. 26 Best Coast "Crazy for you"

Best Coast "Crazy for you"
Genere: surf
Provenienza: L.A., USA
In classifica perché: è una musica ipnotica che ti trasporta su una spiaggia californiana a cavallo tra gli anni '50 e i '60
Se ti piace ascolta anche: Connie Francis, Dum Dum Girls, Wavves, Summer Camp, Beach House
Pezzo cult: "When I'm with you"


lunedì 19 luglio 2010

Let's go surfing

Oh, mama
I wanna go surfing
Oh, mama
I don't care about nothing
The Drums, “Let’s go surfing”

Clay Marzo ha 21 anni, vive a Maui, fa surf, è un bel ragazzo alto biondo fisicato, naturalmente fa surf. Anzi, è un fenomeno del surf. Un vero Dio, quando sta in piedi su una tavola. Unico problema: ha la sindrome di Asperger. Se non volete wikipediarvi questa parola vi faccio la comodità di dirvi che è considerata un disordine pervasivo dello sviluppo imparentata con l'autismo. Gli individui portatori di questa sindrome sono caratterizzati da una persistente compromissione delle interazioni sociali, schemi di comportamento ripetitivi e stereotipati (Clay ad esempio si sfrega continuamente le mani), attività e interessi molto ristretti. Unico interesse di Clay: il surf, appunto, sport di cui potrebbe essere facilmente essere il numero 1 al mondo e habitat naturale: l'acqua. Persino il 9 volte campione del mondo Kelly Slater ha confessato che il ragazzo conosce cose del surf a lui ignote. Clay fa gare, è sponsorizzato da Quicksilver, di surf ci vive più che bene, ma a causa del suo disturbo viaggiare gli risulta difficile, non può partecipare a tutti i campionati internazionali e molto probabilmente non sarà mai il number one ufficiale nelle classifiche.
Tra le tanto sbandierate prestazioni e recuperi miracolosi del Dottore (ma de che?) Valentino Rossi, un vero miracolo sportivo è Clay Marzo. Basta vedere i numeri e le evoluzioni che fa girando e girando e girando su quella dannata favolosa tavola attaccata ai suoi piedi.
Clay Marzo non è un surfista. Clay Marzo è un ballerino.
Oh, mama
I wanna go surfing

(Se volete approfondire la conoscenza di questo idolo, trovate la sua storia sull’ultimo numero di Rolling Stone e potete scaricarvi su eMule il video documentario a lui dedicato (andato in onda in questi giorni anche su Deejay Tv: Clay Marzo Just Add Water, 40 minuti splendidamente girati, ottime musiche e soprattutto le acrobazie allucinanti di questo incredibile ragazzo)

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