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venerdì 20 novembre 2015

Oh issa Farmiga





C'è chi vede la gente morta, io invece vedo Taissa Farmiga ovunque: film, serie tv, persino nei miei sogni...
Ok, quest'ultima cosa forse potevo anche tenerla per me.

Taissa Farmiga dopo aver letto il titolo di questo post.

sabato 31 ottobre 2015

It's the final countdown... ehm no, it's The Final Girls





The Final Girls
(USA 2015)
Regia: Todd Strauss-Schulson
Sceneggiatura: M.A. Fortin, Joshua John Miller
Cast: Taissa Farmiga, Malin Akerman, Nina Dobrev, Alexander Ludwig, Alia Shawkat, Thomas Middleditch, Adam DeVine, Chloe Bridges, Angela Trimbur, Tory N. Thompson
Genere: nonsolohorror
Se ti piace guarda anche: Pleasantville, Ritorno al futuro, Scream, Quella casa nel bosco, Jumanji

Avete mai sognato di entrare dentro a un film?
Io sì. Ad esempio Spring Breakers, ma di questo credo di averne già parlato...
Non mi è però mai capitato di desiderare di entrare dentro a un film horror. Ho troppa paura di cose tipo i serial killer, i mostri o... la morte.

domenica 27 luglio 2014

JAMESY BOY, LETTERA DALLA PRIGIONE




Cari lettori, buon giorno. Che poi si dice buongiorno tutto attaccato oppure buon giorno staccato?
Va beh. Cari lettori, ciao. Così va meglio. Almeno spero per voi. A me invece le cose non vanno troppo bene. Il luogo da cui vi scrivo questa lettera è buio, triste, solitario. No, non è la mia cameretta, è la mia cella. Sono finito in prigione. Mi hanno sbattuto dentro. Prima o poi doveva succedere. Con tutte le cazzate che scrivo sul blog qualcuno doveva pur denunciarmi, anche se non mi aspettavo sarebbe stato il mio amico Darren Aronofsky che non ha molto gradito il mio post dedicato al suo ultimo film Noah.
Forse dovrei riferirmi a lui come al mio ex amico Darren Aronofsky, visto che è stato lui a sbattermi dietro le sbarre, però sono un inguaribile ottimista e conto su un nostro riappacificamento quando ci rivedremo faccia a faccia, più o meno tra quattro anni, quando avrò finito di scontare la mia pena.

Vi starete chiedendo come me la cavo qua dentro e devo dire che è dura. Ci sono tutte questa saponette che scivolano e farsi la doccia è davvero un problema. Con gli altri detenuti poi non vado molto d’accordo. Mi prendono tutti per il culo. O forse sarebbe più corretto dire che mi prendono il culo?
L’unico con cui vado d’accordo è un ragazzino penso minorenne. Anche a lui prendono sempre il culo e in cambio gli danno delle sigarette. Tanto in Italia la prostituzione minorile non è reato, l’hanno stabilito di recente dei magistrati, giusto?
James, questo è il nome del ragazzetto, mi racconta spesso la sua storia. Dice che dalla sua vita è stato persino tratto un film, Jamesy Boy. Io non ci credo. Sono qui dentro da appena qualche settimana e stanno già uscendo delle pellicole che non ho mai sentito nominare? Non è possibile.

La sua vicenda comunque è piuttosto particolare. Di altri film su storie simili ne hanno fatti diversi, come Alpha Dog, Black & White, Bully, se vogliamo anche Spring Breakers. Quei film in cui ci sono dei ragazzini bianchi che si comportano come dei gangsta di colore e non sempre ne sono all’altezza. Un po’ come i registi di queste pellicole non sempre sono all’altezza di Larry Clark o Harmony Korine e l’autore di Jamesy Boy, almeno stando a sentire quanto racconta James, è l’esordiente totale Trevor White e non so se è al loro livello. Non credo. Ce ne sono pochi di registi ganzi come loro in circolazione. Così come ce n’erano pochi di blogger cinematografici ganzi come me, modestamente, quando ero libero. Qui dentro di film ormai non riesco a guardarne quasi più, se non quelli che ci fanno vedere tutti insieme nella sala comune. Peccato siano sempre gli stessi: Le ali della libertà, Il miglio verde, Cesare deve morire o Bronson. Ultimamente hanno cominciato a farci vedere pure una serie tv, Orange Is the New Black. Bella eh, però non sarebbe male se ogni tanto ci proponessero anche qualcosa che non sia ambientato in prigione.
Vista la limitatezza delle proposte cinematografiche e televisive, di musica non parliamone – in filodiffusione passa solo “Prison Song” dei System of a Down 24 ore su 24, anche di notte! – sto meditando di chiudere Pensieri Cannibali e di aprire un nuovo blog che vorrebbe essere una versione 2.0 de Le mie prigioni. Devo prima vedere se riesco a collegarmi a Blogger. Qui dentro ci fanno usare Internet per pochi minuti e solo dietro richiesta e la maggior parte dei siti non sono nemmeno accessibili. Possiamo andare giusto su YouPrisoner e Guardiecarcerarie.com, mentre l’unico sito porno visitabile è Undertheshower.org, che è meno sexy di quanto si potrebbe immaginare dal titolo.

Non vedo l’ora di uscire da qui per poter scoprire se il film Jamesy Boy esiste per davvero. Prima di vederlo magari mi recupero qualche pellicola non ambientata dietro le sbarre, ma poi sono curioso di guardarlo. Chissà se è valido come dice James e come dice anche Rumplestils Kin. Sembra abbia un bel cast in cui svettano il promettente giovanissimo Spencer Lofranco, la solita cucciolosa Taissa Farmiga, la solita MILFosa Mary-Louise Parker, Taboo dei Black Eyes Peas ebbene sì, e pure dei ritrovati James Woods e Ving Rhames. Da come ne parla lui sembra una versione teen di American History X, Hurricane o del citato Orange Is the New Black, però non dev’essere la solita minchiatina adolescenziale, quanto un’opera in grado di raccontare le scelte sbagliate che possono portare un ragazzotto dritto in galera. Io ne so qualcosa. Mai parlare male di un film tratto dalla Bibbia. Adesso ho capito la lezione, caro Darren Aronofsky.
Un’altra cosa che ho imparato è godermi i piccoli piacere che si possono trovare in un posto come questo. Adesso ad esempio sono molto felice perché mi hanno detto che continuerò ad avere la “camera singola”. Doveva arrivare un detenuto nuovo, un certo Silvio, ma a quanto pare a sorpresa l’hanno assolto e quindi la cella per ora resta tutta mia. Evvai. Finalmente una bella notizia.

Per il momento è tutto.
Saluti dal carcere.

Cannibal Kid



Jamesy Boy
(USA 2014)
Regia: Trevor White
Sceneggiatura: Lane Shadgett, Trevor White
Cast: Spencer Lofranco, Mary-Louise Parker, Rosa Salazar, Taissa Farmiga, James Woods, Ving Rhames, Ben Rosenfield, Taboo
Genere: teen carcerario
Se ti piace guarda anche: Alpha Dog, Black & White, Bully, Orange Is the New Black, American History X, Boy A
(voto 6,5/10)

"I Black Eyed Peas fanno cagare!"
"Ripetilo, se hai il coraggio..."
"I Black Eyed Peas fanno cagare. Soprattutto le tue parti rappate, caro Taboo!"


sabato 1 febbraio 2014

AMERICAN HORROR STORY: IL COVEN DELLE STREGHEN




American Horror Story: Coven
(Serie tv, USA 2013-2014)
Rete americana: FX
Reti italiane: Fox, Deejay Tv
Creata da: Ryan Murphy, Brad Falchuk
Cast: Jessica Lange, Sarah Paulson, Taissa Farmiga, Emma Roberts, Gabourey Sidibe, Jamie Brewer, Lily Rabe, Kathy Bates, Denis O’Hare, Evan Peters, Angela Bassett, Danny Huston, Josh Hamilton, Patty LuPone, Lance Redick, Grey Damon, Alexandra Breckenridge, Stevie Nicks
Genere: stregonesco
Se ti piace guarda anche: The Secret Circle, Le streghe di Eastwick, Witches of East End, Streghe
(voto 7-/10)

Tremate, tremate, queste streghe sono delle figate.
American Horror Story: Coven è la versione perfida di Harry Potter, la versione figa de Le streghe di Salem, un The Secret Diaries + Streghe + Le streghe di Eastwick + Sabrina vita da strega + Willow di Buffy all’ennesima potenza. Una magia che vi fa rimanere incollati allo schermo chiedendone ancora! ancora!

Bene, questo è l’entusiasmo scatenato dalla visione del primo episodio. Il resto della stagione è stato invece via via sempre meno entusiasmante, per poi riprendersi con un finale che ha chiuso la vicenda delle streghette fighette in maniera magari non del tutto sorprendente ma comunque efficace e coerente.
Il problema di American Horror Story è sempre quello: parte a mille e finisce a mille, peccato che in mezzo inserisca di tutto e di più, finendo volentieri per perdersi in mezzo a tante idee e tanti personaggi. Se la prima stagione Murder House procedeva tra alti e bassi, la seconda Asylum era quella più equilibrata, con pochi episodi riempitivo (qualcuno però era comunque presente), e finora è anche quella che complessivamente possiamo considerare più riuscita. La terza stagione Coven è tornata a parlare il linguaggio della prima, con alcune puntate davvero esaltanti e divertenti, altre piuttosto inutili.
Insomma: c’è stato di che godere, nel corso della visione del Coven, ma allo stesso tempo resta addosso un pizzico di delusione perché non tutte le ottime premesse iniziali sono state portate a compimento da Ryan Murphy e dai suoi amichetti sceneggiatori della serie.
Tra alti e bassi, vediamo cosa ha funzionato di più e cosa di meno in questa American Horror Season con i miei personali Top e Flop.

TOP

Emma Roberts
È stata lei la streghetta più stronzetta della stagione, superando persino la Suprema Jessica Lange. Bitch witch.


Jessica Lange
Per quanto si sia fatta bagnare il naso dalla novellina Emma Roberts, pure lei c’ha regalato dei bei momenti. Meglio ancora: dei momenti supremi.


Il primo episodio
L’inizio di stagione è stato una bomba totale. Peccato solo che poi l’intera stagione non si sia mantenuta sugli stessi livelli…

L’ultimo episodio
Dopo l'ottimo pilot, il livello è caduto sempre più giù fino all’ultimo episodio che invece si è ripreso grazie alle sfide “Seven Wonders”, una versione stregonesca e in stile talent-show delle 12 fatiche di Asterix Ercole, e una degna, degnissima chiusura del cerchio per tutti i protagonisti della stagione o quasi.

Gabourey Sidibe e Jamie Brewer
Partite un po’ in sordina, le loro Queenie e Nan si sono rivelate delle witches oltre che singolari anche molto cazzute. Brave.


Balenciaga
Se si prende il titolo della serie alla lettera, American Horror Story può rivelarsi una delusione. Di horror nel senso di pauroso non è che ci sia molto. Il primo episodio della prima stagione era parecchio teso, per il resto non è che la faccia fare sotto dalla paura. American Horror Story è più una serie divertente che spaventosa e le battute e i riferimenti alla pop culture, così come alla moda (vedi alla voce Balenciaga), sono il tocco di classe in pieno stile Ryan Murphy che rendono ogni episodio, anche quelli più spenti, un bello spasso da vedere.



Stevie Nicks
Come in passato, anche quest’anno la colonna sonora di AHS ci ha regalato delle ottime cose. Stevie Nicks e i suoi Fleetwood Mac hanno monopolizzato forse un po’ troppo la soundtrack, però canzoni come “Seven Wonders”, “Rihannon” ed “Edge of Seventeen” sono suonate davvero perfette, così com’è stata spettacolare la metamorfosi dell’ottima Lily Rabe in sosia della Nicks da giovane.


E se invece le protagoniste del Coven fossero delle cantanti della scena pop attuale? Ecco qua un’immagine scovata in rete (grazie al sempre ottimo Baingiu), in cui viene suggerita qualche ipotesi. Sebbene io come Emma Roberts puttanpop della situazione avrei scelto Miley Cyrus.


Sarah Paulson
Dopo l’exploit nell’Asylum, questa stagione Sarah Paulson è apparsa a tratti sottotono e attapirata. Ma pure lei e il suo personaggio hanno saputo regalarsi e regalarci delle soddisfazioni e alla fine non posso fare a meno di inserirla tra le top witches.




FLOP

Taissa Farmiga ed Evan Peters
I loro personaggi sono la rappresentazione perfetta di cosa è andato storto in questa stagione. Partiti alla grandissima, con una storia che sembrava una versione strega + zombie di Romeo + Giulietta, si sono persi per strada e, da protagonisti quali parevano essere, sono passati a ricoprire un ruolo da comprimari piuttosto dimenticabili.


Kathy Bates
Kathy Bates nelle vesti della perfida razzista Delphine LaLaurie è stata parecchio inquietante, soprattutto nelle prime puntate. Poi il suo personaggio si è anch'esso ammosciato parecchio, così come il tema della schiavitù non è stato approfondito più di tanto.

Angela Bassett
La sua Marie Laveau sembrava dovesse spaccare il mondo e invece è rimasta sempre piuttosto in ombra e persino la supersfida tra le due congreghe di streghe black VS white si è trasformata in una bella delusione.


Episodi riempitivo
Troppi, troppi, troppi questa stagione. Troppi.

Denis O’Hare
Spalding poteva essere il personaggio cult della stagione. Invece è rimasto solo la copia poco divertente del maggiordomo di Scary Movie 2. Involontariamente ridicolo.


Danny Huston
Altro personaggio buttato via piuttosto che no: Axeman, il jazzista serial killer che sembrava dovesse affettare l’intera stagione e che invece si è rivelato solo di una noia mortale. Una noia che un certo altro personaggio dovrà sopportare solo per l’eternità...
Quanto alla quarta stagione di AHS, cambierà di nuovo tutto e sembra sarà ambientata negli anni '50. Si preannuncia un ritorno alle atmosfere retrò dell'Asylum?

mercoledì 4 dicembre 2013

COTTA ADOLESCENZIALE 2013 – N. 16 TAISSA E VERA FARMIGA



Taissa Farmiga
(USA 1994)
Genere: streghetta fighetta
Il suo 2013: il film Bling Ring di Sofia Coppola, la serie American Horror Story: Coven
Se ti piace lei, ti potrebbero piacere anche: Vera Farmiga, Emma Roberts
È in classifica: per quella sua aria da ragazzetta innocente che la rende inconsapevolmente sexy.




Vera Farmiga
(USA 1973)
Genere: creepy
Il suo 2013: il film horror L'evocazione - The Conjuring, la serie Bates Motel
Se ti piace lei, ti potrebbero piacere anche: Patricia Arquette, Rosanna Arquette, Claire Forlani, Kristen Wiig
È in classifica: per quel suo fascino che a un che di inquietante e pericoloso
Il loro discorso di ringraziamento: "Mollami il premio, sorellina."
"No, mollamelo tu, Vera. Altrimenti ti faccio un incantesimo e ti faccio finire sul set di Distretto di polizia!"
"Nooo, Distretto di polizia nooo!"



Dicono di loro su
Tetter

Tizio morto in American Horror Story: Coven @DeadBoy95
Io c'ho fatto sesso, con @TaissaFarmiga e devo dire che non la consiglio tanto in giro... #VaginaMortale


Acqua Vera @LaVeraAcquaVera
Vera...mente figa. #VeraFarfiga



lunedì 30 settembre 2013

THE LORD OF THE BLING RING




Bling Ring
(USA, UK Francia, Germania, Giappone 2013)
Titolo originale: The Bling Ring
Regia: Sofia Coppola
Sceneggiatura: Sofia Coppola
Ispirato all’articolo: The Suspects Wore Louboutins di Nancy Jo Sales e basato su eventi reali
Cast: Katie Chang, Israel Broussard, Emma Watson, Claire Julien, Taissa Farmiga, Leslie Mann, Gavin Rossdale, Georgia Rock, Annie Fitzgerald, Erin Daniels, Kirsten Dunst, Paris Hilton
Genere: celebre
Se ti piace guarda anche: Bully, Spring Breakers, Le belve


"Chi è Audrina Patridge?
Ah già, sono io!"
PREMESSA 1 – CHI E’ AUDRINA PATRIDGE?
Il mondo è cambiato. Lo sento nell'acqua. Lo sento nella terra. Lo avverto nell'aria. Molto di ciò che era si è perduto, perché ora non vive nessuno che lo ricorda. Tutto ebbe inizio con la forgiatura dei grandi Anelli.
Stop! Un momento: quali anelli? Quelli di Tolkien?
No, qui gli anelli e tutti gli altri gioielli, vestiti stilosi, oggetti di lusso sono quelli di Paris Hilton, Lindsay Lohan, Audrina Patridge. Che poi Paris e Lindsay le conoscono tutti. La prima è famosa per essere famosa, la seconda era famosa per essere un’attrice promettente e adesso lo è più che altro perché combina un casino dietro l’altro. Se non conoscete loro due, guarderete questo Bling Ring con gli occhi sbarrati, non sapendo di cosa si parla. Se non conoscete Audrina Patridge tranquilli, è normale, però significa che potreste non essere del tutto preparati per un film del genere. Intendo a livello (s)culturale. Io ad esempio mi sento impreparato quando vedo un film come A Serious Man, o un qualsiasi altro dei fratelli Coen, che impregnano le loro pellicole di riferimenti alla Bibbia. Io quel best-seller ai tempi della sua uscita me lo sono perso e ai tempi del catechismo ero distratto, quindi la maggior parte delle loro citazioni bibliche mi sfuggono.
Riguardo al mondo raccontato in Bling Ring, quello delle celebrità di Hollywood, sono invece ferratissimo, e voi? Nel film vengono menzionate le già menzionate Lindsay e Paris, più Orlando Bloom, sua moglie Miranda Kerr, Megan Fox, Rachel Bilson e Audrina Patridge. Ecco, Audrina Patridge. Se non avete idea di chi è, potrebbe non essere il film che fa per voi. Prima di disperare, cercherò di spiegarvelo io, come se parlassi con un bambino piccolo o con un golden retriever [Margin Call cit.].

Audrina Patridge è stata la star di un reality-show, The Hills. Fino a qui, tutto semplice. Solo che The Hills non è un reality di quelli tipici alla Grande Fratello. È un po’ più complicato di così.
Facciamo un passo indietro. The Hills nasce come spinoff di Laguna Beach. Laguna Beach era una serie reality di Mtv che ci proponeva la “vera” vita dei ragazzi di Orange County, in California, solo che per farlo usava anche uno stile e degli espedienti di sceneggiatura tipici delle fiction. Un mix di realtà e finzione in cui non si capiva più se i personaggi della serie erano persone reali o solo dei personaggi.
Un gran casino, che continuava poi nella serie spinoff nata dopo, The Hills appunto, in cui Lauren Conrad, una delle protagoniste di Laguna Beach e gran gnocca, si trasferiva a L.A., frequentava una prestigiosa scuola di moda (ebbene sì, la ragazza era ed è tutt'ora un’intellettuale) e faceva uno stage presso la rivista Teen Vogue. Tra le sue amiche c’erano la rifattissima Heidi, l’inutile Whitney e poi la bella Audrina.
Grazie a quel programma, Audrina Patridge è diventata una starlette paparazzatissima sui red carpet e ha pure sfoggiato qualche velleità artistica che l’ha portata a recitare, o più che altro a comparire, in filmoni come Patto di sangue, Honey 2 e Scary Movie V. Audrina è però più che altro stata, per un breve periodo, un’icona di stile e oggi fondamentalmente è finita nel dimenticatoio o quasi.

Bene. Tutto chiaro?
Nel caso la risposta sia sì, adesso siete pronti per avventurarvi nella visione di Bling Ring. Nel caso la risposta sia no, lasciate ogni speranza o voi ch’entrate.

"Preferivamo i cuscini di Cannibal Kid, ma sono andati tutti esauriti..."
PREMESSA 2 – IL CINEMA DI SOFIA COPPOLA
Fermi! Un momento ancora. Prima di addentrarci in Bling Ring, è necessaria un’altra premessa, questa volta sulla regista.
Tutti i film di Sofia Coppola parlano in qualche modo della popolarità. Della popolarità e della solitudine che essa porta. Le (più o meno) vergini del suo primo film Il giardino delle vergini suicide erano le ragazze più note e spiate del loro liceo, delle piccole celebrità locali che tutti i ragazzi sognavano. Lost in Translation ci regalava invece un malinconico Bill Murray in versione star depressa e in declino, come effettivamente era anche nella realtà prima del rilancio con il film della Coppola, tanto per proseguire il mix tra reality e fiction che è una costante non solo nel The Hills di cui parlavamo sopra, ma del cinema della regista americana in generale. Cosa d’altra parte inevitabile, per una cresciuta all’interno della famiglia Coppola, la più larga dinastia cinematografica di Hollywood che oltre a Sofia e al padre Francis Ford comprende, tra cugini e parenti, anche i registi in erba Roman e Gia e gli attori Jason Schwarztman e Nicolas Cage. Sì, Nicolas Cage è un attore. Più o meno.
Terzo film, genere completamente diverso. La Coppola jr. si dedica a una pellicola storica in costume, però chi sceglie di raccontarci? La teen Marie Antoinette, pronta più a fare la reginetta di bellezza che non la regina di Francia e di Navarra. Così come anche per le vergini suicide, recluse dagli autoritari genitori, e il Bill Murray che vaga solitario da una camera d’albergo all’altra, anche la sua è una vita lontana dalla gente “vera”.
Che poi cos’è, la gente vera?
Forse quella che sogna di diventare gente finta, gente famosa che vaga solitaria per gli hotel. Proprio come Bill Murray e proprio come lo Stephen Dorff di Somewhere, ultimo passo coppoliano all’interno della vita delle celebrità. Fino a Bling Ring.

FINE DELLE PREMESSE

BLING RING
Eccoci, eccoci. Dopo non una, bensì due premesse, ci siamo. Bling Ring, il nuovo film di Sofia. Oh Sofia, quanto ti voglio bene.
Questa volta, i protagonisti le cui vite ha scelto di narrarci non sono delle celebrità. Sono dei celebrity wannabes, peraltro realmente esistiti, anzi tutt’oggi esistenti. Il confine tra realtà e finzione nel cinema della Coppola è ormai del tutto abbattuto e qui ci racconta una storia basata su fatti reali e ispirata a un articolo di Vanity Fair dal geniale titolo "The Suspects Wore Louboutins". Sono dei ragazzini che roteano intorno all’ambiente losangelino/hollywoodiano delle star, sono figli di producers o di gente in qualche modo comunque ricca e potente, ma vorrebbero qualcosa di più. Andare oltre. Entrare letteralmente dentro la vita dei VIP.
È così che inizia la loro avventura. Sono talmente fissati con le star da fare incidenti e avere guai con la legge come le celebrità. E sono fissati al punto da arrivare a introdursi nelle loro case. All’inizio soltanto per farsi un giro, poi saccheggiandole e portandosi via, via via sempre più roba. Un’escalation criminale che li porterà a diventare discussi sul popolare sito di gossip TMZ e su network alla E! Entertainment, proprio come i divi che derubano e che sono le citate Lindsay, Paris, Megan, Audrina, etc.
È un’estremizzazione della celebrità ai tempi dei social network. Tutto viene condiviso, compreso ogni pensiero subito postato su Twitter e ogni foto pubblicata su Facebook o Instagram, e in cui ogni spostamento viene monitorato dai siti di gossip. Tutto viene condiviso, e allora perché non condividere anche i beni fisici dei propri VIP preferiti? Che poi c’è da discutere su quanto le vittime siano vere vittime. Se Paris Hilton è così idiota da lasciare le chiavi sotto lo zerbino di casa, a un certo punto sono cavoli suoi se viene derubata. Come quelli che sono stati truffati da Vanna Marchi. Sono più vittime, o più scemi?
Tornando al film, questi ragazzi sono allora dei social Robin Hood moderni. Rubano ai ricchissimi, per dare a quelli un po’ meno ricchi, cioè loro. Ed è così che a loro volta diventano famosi come la banda del Bling Ring.
Ma chi sono?
Vediamoli nel dettaglio.

TRA REALTA’ E FINZIONE
C’è Rachel Lee, la tipa orientaleggiante che è anche la leader della band.


Nel film, il suo personaggio si chiama Rebecca ed è interpretata dall’algida rivelazione Katie Chang.


C’è Nick Prugo, il ragazzotto mezzo sfigato che insieme alle sue amichette ladrelle si trasforma in un figo della Madonna. Nella pellicola, si chiama Marc ed è interpretato dall’attore promettente Israel Broussard.


Poi c’è la idola, Alexis Neiers. La superficialona di turno in un gruppo che già di per sé non si distingue certo per un’enorme profondità. Roba che al confronto le tipe di Spring Breakers sono delle ragazze impegnate e con dei valori. Più o meno.


Nella versione fiction, il suo nome è diventato Nicki e il suo volto e il suo corpo sono diventati quelli di una sempre più splendida Emma Watson, che in questo film fa scomparire con una magia ogni ricordo di Hermione e raggiunge nuovi vertici di figosità. Una vera topa d’appartamento.
(aperta parentesi: Emma Watson che tira fuori la lingua batte Miley Cyrus 10 a 0 sul suo stesso campo)


Poi c’è Courtney Ames, nel film Chloe, che da mora è diventata bionda con le splendide sembianze della giovane e pure lei promettentissima attrice Claire Julien.


Quindi c’è Diana Tamayo, una ragazza messicana probabilmente considerata poco glamour, e quindi il suo personaggio è stato tagliato fuori.


Al suo posto, Sofia Coppola ha (giustamente) preferito concentrarsi su un personaggio più cool, Tess Taylor, sorella adottiva di Alexis, diventata poi protagonista di un reality nonché playmate, eletta persino Cyber Girl del 2010 da Playboy. Roba mica da poco.


A portarla sullo schermo è la sempre più brava Taissa Farmiga di American Horror Story, sorellina non adottiva di Vera Farmiga di Bates Motel e L’evocazione – The Conjuring.


Nel grande mix tra realtà e finzione che è questa opera pop firmata dalla figlia di papà più talentuosa del mondo, è poi straniante veder comparire Kirsten Dunst.


Kirsten Dunst nella parte di se stessa in un film di Sofia Coppola?
Anche se lo sapevi già, è come avere la conferma che Babbo Natale non esiste. Cioè, lo sospettavi che si trattasse di finzione, ma non ne sei certo al 100% finché non vedi tuo padre vestito da Santa Claus (non che mio padre l’abbia mai fatto, per la cronaca). Lo stesso lo fa qui la regista. Sofia con questo film butta giù definitivamente la quarta parete, già scalfita con le sue pellicole precedenti. Con Bling Ring, non c’è più una realtà distinta dal cinema, non c’è più una reality separata dalla fiction, c’è solo un tutt’uno confuso che è poi il mondo social-internet-twitteriano in cui viviamo. A meno che non viviate su un albero e cioè, abbelli, ‘ndo state?

LA COLONNA SONORA
Sofia Coppola riflette su queste tematiche con un film leggero, il più leggero e divertito della sua carriera. La regista dirige sempre con il suo curatissimo stile indie, solo questa volta maggiormente contaminato da influenze pop e hip-hop, tanto nei look, quanto nel ritmo cinematografico, quanto naturalmente nella scelta delle musiche.
Quella di Bling Ring sarebbe senza dubbio la colonna sonora più figa dell’anno, di qualunque anno, tranne questo, in cui dovrà vedersela contro un’altra soundtrack enorme come quella di Spring Breakers. Chi la spunterà? La risposta soltanto a fine anno con gli attesissimi (no, eh?) Cannibal Movie Awards 2013.
Per ora, c’è solo di che godere. Da una parte, una selezione hip-hop electro esaltante che comprende Kanye West (fichissimi i protagonisti che camminano sulle note di “Power” quasi fossero gli 88 folli di Kill Bill), Azealia Banks, M.I.A., Rye Rye, 2 Chainz, Rick Ross, Deadmau5, etc. Dall’altra parte Sofia non rinnega le sue radici indie e ci infila dentro pure roba più alternative come Sleigh Bells, Can, Oneohtrix Point Never, Klaus Schulze e naturalmente i Phoenix del suo maritino Thomas Mars.
Ciliegina sulla torta musicale: Gavin Rossdale, il cantante dei Bush, nel film ha una parte come attore. E se la cava. Più o meno.

"Sì, bello l'articolo di Vanity Fair, però ho preferito il post cannibale."
CONCLUSIONI
La storia dei rapinatori di celebrità del Bling Ring non sarebbe potuta essere raccontata in maniera migliore da altri che da lei, Sofia del clan, anzi della famigghia Coppola. Eppure va detto che non tutto funziona in maniera perfetta. La Coppola non sbaglia un colpo e realizza il suo quinto ottimo film di fila, è vero. Solo che qui siamo più sui livelli dell’ultimo Somewhere, rispetto alla grande reinvenzione post-moderna di Marie Antoinette, o ai due capolavori e due tra i miei cult esistenziali assoluti, ovvero Il giardino delle vergini suicide e Lost in Translation.
Rispetto a quelli, al termine della visione si ha la stessa sensazione di quando si viene derubati: è come se mancasse qualcosa. È come se mancasse il tuffo al cuore completo che quei due primi film sapevano provocare, nel loro gentile modo coppoliano. Ciò nonostante, resta un altro splendido tassello nella carriera della regista, per stile narrativo il più vicino alle vergini suicide, con quel suo alternarsi tra interviste e dichiarazioni rilasciate nel presente e il cuore della storia che vive nel passato.
La differenza principale è che questa volta la Coppolina sembra prendere più le distanze dai suoi protagonisti. In passato era stata lei stessa una delle sorelle Lisbon nei sobborghi americani anni ‘70, era stata Charlotte/Scarlett Johansson in viaggio in Giappone, era stata la giovane Marie Antoinette/Kirsten Dunst nella Francia di fine Settecento e la ancor più giovane Cleo/Elle Fanning allo Chateau Marmont di Los Angeles. Questa volta, Sofia entra dentro il Bling Ring, fa qualche giro insieme ai suoi membri, ma poi preferisce guardarli da lontano, come testimonia la scena dell’irruzione in casa di Audrina Patridge, sì ancora lei, osservata attraverso un campo lungo, lunghissimo.

Il vero problemino del film, che gli impedisce di essere un capolavoro ma non gli impedisce nella sua figosità di essere comunque uno dei cult movie dell’anno, è che Bling Ring sale sale e non fa male, ha un buon crescendo, però nel finale, quando dovrebbe colpire più a fondo, quando dovrebbe lì sì fare finalmente male, tira indietro la mano. Non va fino in fondo come il devastante Harmony Korine di Spring Breakers. Più che dell’impeccabile Sofia Coppola, la colpa sembra essere della storia raccontata. Una vicenda estrema, ma in qualche modo innocente. Un romanzo criminale di quelli con i banditi affascinanti alla Bonnie e Clyde, cui però manca una vera svolta drammatica, anche perché i protagonisti non sono dei veri cattivoni. Non sono dei veri ribelli. Sono solo degli storditi, proprio come i rapinati, e vogliono solo quello che (quasi) tutti vogliono: un pezzo di celebrità. Un pezzo della torta. Un pezzo della casa e dei cimeli dei loro idoli. Il loro tessssssssssssssssoro.
(voto 8/10)



lunedì 10 ottobre 2011

Ho paura di aver paura della paura

American Horror Story
(serie tv, stagione 1, puntata pilota)
Rete americana: FX
Rete italiana: su Fox dall'8 novembre
Creata da: Ryan Murphy, Brad Falchuk
Regia primo episodio: Ryan Murphy
Cast: Connie Britton, Dylan McDermott, Taissa Farmiga, Evan Peters, Jessica Lange, Denis O’Hare, Jamie Brewer, Shelby Young, Alexandra Breckenridge, Frances Conroy
Genere: paura
Se ti piace guarda anche: American Gothic, Masters of horror, Twin Peaks

“Di cosa hai paura?”
“Ultimamente? Di tutto. La vita tende a farti questo effetto.”


Paura. Hai paura?
Io sì.
Perché?
Perché ho visto questa cazzo di serie che mi ha fatto strippare del tutto e adesso…
Adesso cosa?
No. Non posso dirtelo. È troppo pericoloso. Ci stanno ascoltando.
Ma chi?
sussurrato: Loro.
Loro chi?
Non lo so. Loro. Sono ovunque. Ci ascoltano. Ci osservano.
Oh, anche tu con ‘sta paranoia delle intercettazioni?
Sì.
Hai bisogno pure tu di un DDL?
No, ho solo visto American Horror Story con l’ADSL. E voglio vederlo ancora.
E che cos’è?
È una nuova serie tv. Il pilot è la cosa più pazzesca che abbia visto in tv (anche se poi in realtà l’ho vista sul portatile, ma non dirlo a nessuno) negli ultimi 20 anni. Su per giù dai tempi di Twin Peaks. Sì, Twin Peaks. Ho i brividi al solo nominarlo. O dai tempi di American Gothic, quella sì che era una serie spaventosa. La cosa più convincente di questo American Horror Story non è che ci racconti una storia del tutto nuova. È il modo di raccontarlo che è nuovo. Diverso. Una pugnalata allo stomaco del resto della programmazione televisiva omologata. Quella fatta da serie tutte uguali. Qui c’è un montaggio frenetico. Un montaggio scatt. Un montaggio scattoso. Uno stile veloce che ti fa accelerare i battiti del cuore. Ti spaventa. Ti stende. Sembra di essere in Shining però girato dal Gus Van Sant più indie però montato alla velocità della luce. No, non della luce. Dei neutrini. I neutrini sì che van veloci. Altoché Usain Bolt. This shit is dope as fuck. Dammit. Ci sono tagli di montaggio e tagli delle vene. C’è una scena iniziale che ricorda gli horror anni ’70 alla Halloween di John Carpenter e inquadrature sbilenche e apparizioni e omicidi e fantasmi e sesso sadomaso e poi. Una sigla che sembra fatta dai Portishead spaventati a morte. Forse minacciati con una pistola. Jessica Lange in un ruolo estremamente sgradevole. E ha una figlia down inquietante. Inquietante non perché è down, ma perché è inquietante punto. E a proposito di inquietante c’è Denis O’Hare, il Russell Edgington di True Blood, con mezzo volto sfigurato. E poi ci sono le musiche di Bernard Herrmann che spuntano fuori da Kill Bill e Vertigo. E poi…
Poi cosa?
È troppo rischioso. Secondo me ci stanno sentendo. Devo abbassare la voce: in American Horror Story la protagonista è Connie Britton, quella di Friday Night Lights, LA MILF per eccellenza della tv americana, che qui ha perso il bambino per aborto. Ma non è che l’ha perso per aborto e basta. L’ha partorito al settimo mese. Morto. È nato morto. Lei e il marito non hanno superato il trauma e così lui, un Dylan McDermott perennemente nudo o che si masturba o che si fa qualcuna, l’ha tradita con una sua studentessa. Perché lui sì è un professore. E pure uno psichiatra. Uno strizzacervelli. Ma è anche pazzo. Ha ovvi problemi mentali. E anche sessuali. Soprattutto sessuali. È un maniaco. E poi vede cose. Tipo la vecchia governante che è la madre di Six Feet Under per lui è una strafiga. Vede le cose diversamente dagli altri.
Gli altri chi?
I normali.
Chiii?
I normali.
Ne esistono ancora di persone normali?
Parla piano, che ci ascoltano. I normali sono i non pazzi. Succede che a volte la gente impazzisce e basta. Comunque Connie Britton LA MILF e il marito maniaco decidono di cambiare aria e trasferirsi sulla West Coast, sperando forse di poter vivere dentro un video di Snoop Dogg. Invece no. Invece si prendono una casa creepy da famiglia Addams e ci vanno a vivere con la figlia. Creepy pure lei. Però pure carina. Carina nel senso freak del termine. È Taissa Farmiga.
Chi?
È la sorellina di Vera Farmiga, l’attrice di Tra le nuvole e Source Code. Brava lei. E pure la sorellina. Di lei si invaghisce un paziente del padre. Un giovane pazzo. Uno visto in Kick-Ass. Uno che sogna di fare una strage Columbine style. Lei è una wristcutter, si diverte a tagliarsi le vene, lui è un potenziale killer serial. Bella coppia, vero? Ma attenzione!
Cosa c’è ancora?
Questa serie va vista rigorosamente di sera. Meglio ancora: di notte. Al buio. Da soli. Con un temporale in arrivo. O il vento fuori che ulula furioso.
Ma chi è che ha creato una cosa così spaventosa?
La firma al fondo della serie è quella di Ryan Murphy e Brad Falchuk, gli autori di Nip/Tuck e Glee.
Gleeeeee?
Sì, ma dimenticatelo: qui non si canta. Qui si urla dalla paura.
AAAAAAAAAAAAAAH
(voto 9/10)


Beccati i primi 5 minuti…

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