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giovedì 2 febbraio 2012

The Innkeepers e il nuovo Dio dell’horror

Come ben saprete se frequentate questo blog da un pochino di tempo, io non sono uno che tende a fare paragoni esagerati. È vero, ho accostato Terrence Malick, Quentin Tarantino, Kanye West e persino me stesso a Dio, però a parte questo tendo ad andarci piuttosto slow con i confronti importanti.
In ambito horror c’è un nome nuovo che negli ultimi tempi sta diventando sempre più un punto di riferimento, più nel giro dei blog dove è esaltatissimo che nei circuiti ufficiali, dove rimane piuttosto off ed è parecchio sottovalutato. Un nome non da rapper bensì da doppio rapper (T.I. + Kanye West, sì ancora lui).
Sto parlando di Ti West.


Ti West parte 1
Se non lo conoscete meritate una tiratina d’orecchie, ma non troppo forte. Non è nemmeno colpa vostra, ma del solito menomato sistema distributivo italiano, che fa arrivare da noi anche i peggio horror mai realizzati, ma le vere pietre miliari del genere manco sa che esistano. Se i film di Ti West non sono mai arrivati dalle nostre parti nei cinema, grazie a quella rete Internet che l’F.B.I. e il governo degli Stati Uniti stanno cercando di imbrigliare in tutti i modi, dimenticandosi che …oops sono stati loro stessi a crearla, il culto di Ti West si è diffuso sempre più. Dopo i primi film The Roost e Trigger Man, il culto per questo regista tamarro classe 1980 è scoppiato con il fenomenale The House of the Devil, uno degli horror più goduriosi degli ultimi 10 anni almeno, una chicca che non sembra un omaggio al cinema anni ‘70/’80. Sembra proprio uscito dritto da una videoteca di quel periodo.
Ti West (in versione sobria) parte 2
A quel piccolo grande capolavoro è seguito un sequel “alimentare”, Cabin Fever 2: Spring Fever, un film girato più che altro per soldi (almeno credo), non eccezionale ma comunque non privo di un paio di momenti interessanti.
Adesso però è arrivato il momento di tornare a fare sul serio con il suo nuovo progetto tutto suo, scritto, diretto e montato da Ti West in persona. The Innkeepers, una pellicola già parecchio esaltata. Dove? Da chi? Dalla critica ufficiale? Certo che no, ma dalla blogosfera che gli ha dedicato più recensioni entusiasti di un The Artist o di un The Tree of Life.
Per tornare ai paragoni un “attimino” esagerati di cui parlavo in apertura, allora, con questo nuovo film a chi potremmo paregonare l’enfant prodige West?
A John Carpenter?
A George A. Romero?
A Dario Argento?
A Wes Craven?
No, io azzardo: Roman Polanski. Anzi no, deppiù: Alfred Hitchcock.
Ok, l’ho sparata troppo grossa? Allora facciamo il solito, meno impegnativo paragone: Ti West è il nuovo Dio. Della tensione horror, almeno.

The Innkeepers
(USA 2011)
Regia: Ti West
Cast: Sara Paxton, Pat Healy, Kelly McGillis, Alison Bartlett, Jake Ryan, Lena Dunham, George Riddle
Genere: albergo infestato
Se ti piace guarda anche: The House of the Devil, Gli invasati, Shining, The Ward, Drag Me to Hell, American Horror Story, Rosemary’s Baby

Cosa fa di un film un buon horror?
La presenza nel cast di Steven Seagal?
Anche, ma non necessariamente. L’elemento fondamentale è la tensione. Bastardi senza gloria di Tarantino ad esempio ha delle scene di mostruosa tensione tra le più fenomenali degli ultimi anni. Pure la serie tv Breaking Bad, soprattutto nella quarta stagione, presenta delle sequenze di vertiginosa tensione. Ma ciò non basta per renderli degli horror.
E allora qual è, questo elemento imprescindibile?
Sincerità?
No, quella era una canzone di Arisa ed era un elemento imprescindibile per una relazione stabile, che punti all’eternità, che punti all’eternitààààààààà oooooooh yeah

Scusate, mi sono fatto prendere da un momento musical alla Glee. Serie che, non so se avete visto gli ultimi agghiaccianti episodi, ma sta diventando sempre più (involontariamente?) horror.
Arrivando al punto: l’elemento fondamentale per la riuscita di un buon horror è, rullo di tamburi… la paura.
Ma vaaa?
Però come si fa a creare la paura?
The Innkeepers è proprio una splendida riflessione su di questo: sulla paura, sul cinema horror, sui meccanismi che fanno rizzare i peli sulle nostre braccia. Esemplare in tal senso una delle primissime scene, quelle in cui il nerd albergatore mostra alla sua collega fighetta albergatrice una terrorizzante scena presa da Internet. Guardate questa scena da vicino, alzando il volume delle casse del vostro PC…


"Tom, vuoi ancora fare sesso con me? Per sempre... per sempre... per sempre..."
Ecco, questa è la via più facile per ottenere un facile sussulto. È l’equivalente in chiave horror dell’assolo di chitarra nell’ambito della musica rock. Il più semplice degli espedienti per avere il massimo risultato con il minimo sforzo a livello creativo.
Il film di Ti West non è così. Non è quel genere di horror. Se quello è ciò che volete, se quello è ciò che cercate, meglio che cambiate albergo, perché il giovane regista americano gioca su un registro diverso e queste tecniche le usa soltanto in chiave ironica.
The Innkeepers è infatti un film profondamente divertente. Credo sia l’horror (e poi definirlo solo un horror mi sembra molto limitativo) che mi ha divertito di più dai tempi di Scream, pellicola con cui per il resto non ha molti altri punti in comune. Però The Innkeepers mi ha fatto ridere. Spaventare e ridere. Così come l’ottimo film dramedy 50/50 mi ha fatto commuovere e ridere, questo mi ha fatto cacare adosso dalla paura e fatto pisciare addosso dal ridere.
Ti West, grazie a te adesso puzzo da far schifo. Grazie tante!

"Contaci pure, Kelly!"
La trama del film è molto semplice: racconta gli eventi dell’ultimo weekend aperto al pubblico di un hotel ormai sul punto del fallimento a causa della crisi economica. L’hotel è un luogo da horror tipico, sarà che al suo interno si possono incrociare le vite di vari misteriosi personaggi di passaggio e nel poco frequentato Yankee Pedlar Inn in cui è ambientato The Innkeepers lavorano una fighetta bionda e un tizio nerd e appassionato blogger (non sto parlando di me stesso). Un hotel molto Overlook che pare sia infestato dallo spirito di una donna deceduta decenni addietro in circostanze molto misteriose. Come unici clienti vivi incontriamo una tizia sul punto del divorzio insieme al figlioletto e una ex diva del cinema che però è anche una specie di veggente.
Nella parte di quest’ultima troviamo Kelly McGillis. Mentre Tom Cruise sembra aver bevuto il siero dell’eterna giovinezza e 50 anni si arrampica ancora sui grattacieli, Kelly McGillis sembra aver preso alla lettera la canzone “Take my breathe away” e da bionda mozzafiato di Top Gun è talmente invecchiata (malissimo) che il respiro sembrano averglielo davvero tolto.


"Take my breathe awaaaaay..."
In formissima invece la protagonista Sara Paxton. Finora sembrava la solita biondina verginale cui andavano le parti da brava ragazza come nella Sirenetta versione tween di Aquamarine, o quelle sempre da brava ragazza in filmetti horror di basso livello come L’ultima casa a sinistra e Shark Night 3D (una pagliacciata che nulla ha a che fare con il divertissement di un Piranha 3D). La sua performance qui però è davvero sensazionale. Come già fatto nel precedente The House of the Devil con Jocelin Donahue e Greta Gerwig, Ti West sa valorizzare le sue attrici, costruendo dei personaggi complessi e a tutto tondo e non solo dei bei corpi da maciullare, come accade invece in una buona fetta degli horror. Sara Paxton qui a tratti sembra Cucciolo, quello di Biancaneve e i sette nani versione Disney, and that’s creepy, man, mentre in altre scene sa tirare fuori un coraggio inaspettato.
Grandiosa la protagonista, ma non da meno il comprimario nerdoso intepretato da Pat Healy, che da buon comprimario nerdoso è quello che ci fornisce il maggior numero di risate.

"Eh, magari il mio blog fosse figo quanto Pensieri Cannibali..."
Le aspettative enormi create da The House of the Devil sono state dunque ripagate? Evito di addentrarmi in ulteriori analisi del film, un po’ perché voglio lasciarvi tutto il piacere di scoprire una pellicola ricca di fascino e mistero come capita di rado, e un po’ perché in rete ci sono già un sacco di valide recensioni molto approfondite, tra cui segnalo quelle di psichetecne, Frank ed Elvezio Sciallis, ovvero l’uomo che con la sua recensione entusiastica di The House of the Devil mi aveva fatto conoscere questo nuovo fenomenale regista.
Comunque sì, l’attesa è stata ripagata con un film per certi versi simile e per certi versi persino superiore al precedente. Se The House of the Devil nella parte finale si concedeva in maniera persino eccessiva allo splatter, questo The Innkeepers dopo dei titoli di testa già da brividi, procede in maniera elettrizzante e piena di divertimento e prosegue attraverso un crescendo horror - è proprio il caso di dirlo - spaventoso.

Volete farvi un viaggetto? Alloggiate in un posto suggestivo e misterioso allo stesso tempo, si chiama Yankee Pedlar Inn. Ad accogliervi ci saranno un nerd e una fighetta bionda. Ah, e anche qualche spirito qua è là. Vi piscerete addosso dal ridere e, soprattutto, ve la farete sotto per la paura. Perché?
Perché Ti West is the best.
(voto 8,5/10)

giovedì 6 gennaio 2011

I miei film dell'anno 2010 - n. 19 The House of the Devil

The House of the Devil
(USA)
Regia: Ti West
Cast: Jocelin Donahue, Greta Gerwig, Tom Noonan, Mary Moronov, AJ Bowen, Dee Wallace Stone
Genere: horror retrò
Se ti piace guarda anche: Carrie – Sguardo di Satana, Babysitter wanted, Halloween, Gremlins
Il film non è ancora stato distribuito in Italia




Trama semiseria
Non sembra tanto un film ambientato negli anni Ottanta, quanto proprio una VHS uscita da un qualche archivio segreto di una vecchia videoteca. La storia è quella tipica di un horror come tanti: una studentessa universitaria cerca lavoro come babysitter per guadagnarsi due soldi, ma naturalmente troverà un impiego notturno in una casa alquanto inquietante, una vera house of the devil… Ok, la trama non rende un granché, ma è l’horror meglio girato che mi sia capitato di vedere da un sacco di tempo a questa parte. Forse da Shining?

Pregi: questo film praticamente sta all’horror anni Ottanta quanto la serie tv Mad Men sta al dramma americano anni Sessanta
Difetti: la parte finale sarà apprezzata più che altro dagli amanti degli splatteroni, tutti gli altri potrebbero rimanere un po’ spiazzati e angosciati

Personaggio cult: l’amica della protagonista interpretata da Greta Gerwig, una bionda che sarebbe una perfetta grindhouse girl di Tarantino
Canzone cult: “One thing lead leads to another” dei Fixx ballata dalla protagonista con il walkman (mitico!) nelle orecchie


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