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sabato 29 marzo 2014

IL PARADISO DEGLI ORCHI, OVVERO I GRANDI MAGAZZINI




Il paradiso degli orchi
(Francia 2013)
Titolo originale: Au bonheur des ogres
Regia: Nicholas Bary
Sceneggiatura: Nicholas Bary, Jérôme Fansten, Serge Frydman
Tratto dal romanzo: Il paradiso degli orchi di Daniel Pennac
Cast: Raphaël Personnaz, Bérénice Bejo, Guillaume de Tonquedec, Emir Kusturica, Thierry Neuvic, Alice Pol, Mélanie Bernier, Dean Constantin, Youssef Hajdi, Ludovic Berthillot, Isabelle Huppert
Genere: comedy-thriller
Se ti piace guarda anche: Mood Indigo - La schiuma dei giorni, Shameless, Veronica Mars

PIANO TERRA – GRANDI MAGAZZINI
Grandi magazzini, per grandi e per piccini.
Prendi al volo l’occasione, porta a casa l’affarone.



Lo so che questa canzone è del tutto idiota, ma ogni volta che la sento mi fa scendere giù una lacrimuccia malinconica, perché mi ricorda di quand’ero bambino. E poi a me i grandi magazzini, o se preferite i supermarket/centri commerciali, fanno un effetto contrastante. Come un po’ tutti i simboli del capitalismo, da una parte ne sono affascinato, dall’altra ne sono schifato. Da piccolo adoravo quando i miei mi portavano al Continente, il primo mega ipermercato della mia zona. Un luogo immenso in cui perdersi, ancor di più agli occhi di un bambino. Crescendo è però cresciuto anche il mio fastidio nei confronti di questi non-luoghi disumanizzanti, soprattutto nel periodo in cui c’ho lavorato.

Tutto questo per dire che il film Il paradiso degli orchi è ambientato prevalentemente all’interno di un centro commerciale. Se vi aspettate qualcosa nello stile del sopracitato Grandi magazzini di Castellano e Pipolo, meglio se andate in un altro supermercato. Meglio se andate al Conad. Il paradiso degli orchi è sì una commedia, ma è una commedia radical-chic prettamente francese. Non a caso io l’ho A-DO-VA-TA.
La pellicola è tratta dall’omonimo romanzo di Daniel Pennac, il primo della serie dedicata alla famiglia Malaussène, che io sento già come una seconda famiglia e, allora, dopo il piano terra dedicato ai Grandi magazzini, saliamo al primo piano, quello dedicato allo scrittore Daniel Pennac.

"Fabio Fazio, la smetta di farmi domande idiote, tipo se le posso prestare una pennac, per favore."

PRIMO PIANO – DANIEL PENNAC
Non ho mai letto niente di Daniel Pennac.
Fine della visita a questo piano.

No, dai, il piano non è finito qui. Non l’ho mai letto, è vero, ma avrei sempre voluto farlo. Mi è anche stato consigliato, eppure non mi sono mai cimentato con una delle sue opere. Perché? Non so perché. Lo stile ironico e folle che emerge da questa pellicola mi sembra proprio di quelli che potrei lvvare in maniera incondizionata, quindi prometto di impegnarmi a recuperare qualche suo libro al più presto. Magari i volumi successivi a Il paradiso degli orchi delle avventure dei Malaussène, che adesso mi sono preso bene e voglio vedere cos'altro combinano.
Chi sono i Malaussène?
Sono una famiglia parigina molto particolare, in cui il padre non si sa chi sia, la madre è assente ed è sempre da qualche parte innamorata e incinta, la sorella maggiore è pure lei incinta, la sorella minore è una teenager hipster, il fratello minore è un teppistello sboccato e, a portare a casa lo stipendio in questa disastrata famiglia non troppo distante dai Gallagher di Shameless, ci pensa allora unicamente il fratello maggiore Benjamin, il protagonista principale della pellicola.


SECONDO PIANO – IL FILM
Che mestiere fa, Benjamin Malaussène?
A livello ufficiale, è l'addetto alla manutenzione tecnica di un grosso centro commerciale parigino. In realtà fa il capro espiatorio, ovvero lo pagano per prendersi le colpe dei guasti davanti ai clienti danneggiati cosicché questi, impietositi nei suoi confronti, non chiedono al supermercato alcun risarcimento. Nonostante Pennac abbia scritto il romanzo negli anni Ottanta, questo sembra uno spunto ideale per i tempi di crisi di oggi. Quasi quasi vado a fare pure io il capro espiatorio. Tanto mi sputtano già pubblicamente qui su Pensieri Cannibali aggratis, tanto vale essere pagato per farlo.
All’interno dei grandi magazzini in cui lavora Benjamin, un giorno cominciano delle misteriose esplosioni, che sembrano collegate alla scomparsa di alcuni bambini avvenuta parecchi anni prima. Entra qui in movimento una trama thriller apparentemente leggera, eppure davvero ben sviluppata e in grado di offrire un livello di coinvolgimento maggiore della maggior parte dei thriller “seriosi” in circolazione. Il tutto condotto con un stile frizzante, leggero, da commedia. Si sorride, grazie allo stralunato protagonista combinaguai e alla sua ancora più stralunata famiglia, e allo stesso tempo si seguono con interesse gli sviluppi della componente gialla. Un thriller-comedy non lontanissimo dalle indagini di Veronica Mars, solo inserito in un contesto molto francese, con tanto di un gusto per il grottesco vagamente alla Mood Indigo - La schiuma dei giorni.

"Ah, che bel lavoro, fare il dicaprio espiatorio!"

TERZO PIANO – BÉRÉNICE BEJO E IL RESTO DEL CAST
Per non farsi mancare niente, oltre alla componente thriller e a quella comedy la pellicola ci regala anche un piccolo spazio sentimentale, grazie all’interesse amoroso del protagonista, la splendida Bérénice Bejo qui in versione rossa. Che dire, di questa fenomenale attrice francese nata in Argentina? L’ho vista in appena una manciata di pellicole, ma già mi sembra una delle interpreti più versatili del cinema mondiale attuale e forse di sempre. Starò mica esagerando? In ogni caso, dai toni comedy di questo film e di Tutti pazzi per Rose a quelli drammatici de Il passato, passando per la straordinaria prova “muta” di The Artist, se la cava sempre in maniera formidable. Per quanto riguarda il resto del cast, ispira un’enorme simpatia il protagonista, Raphaël Personnaz, e in un paio di ruoli minori si segnalano pure il regista Emir Kusturica e Thierry Neuvic, visto in Hereafter e nella mini-serie italiana Le cose che restano.
E ora con l'ascensore scendiamo giù, a tirare le somme della visita a questo centro commerciale.

"Va bene, mi arrendo!
Ammetto di essere bella e brava. E soprattutto modesta."
"E c'ho pure due belle tette, tiè!"

PIANO SOTTERRANEO – CONCLUSIONI
Che bella commedia, Il paradiso degli orchi! Una delle più piacevoli viste negli ultimi tempi.
E che bel thriller, Il paradiso degli orchi! Nonostante i toni grotteschi e nonostante non si prenda mai troppo sul serio, la parte gialla funziona che è un piacere. Qualcosa in comune con Grandi magazzini allora questo film ce l’ha: funziona su più piani e la sua visione è consigliata a grandi e piccini.

Grandi magazzini, per grandi e per piccini.
Prendi al volo l’occasione, porta a casa l’affarone.

E voi, portatevi a casa questo film.
(voto 7+/10)

martedì 1 marzo 2011

Hereafter di Clint Night Shyamalan

Hereafter
(USA 2010)
Regia: Clint Eastwood
Cast: Matt Damon, Cécile De France, George McLaren, Frankie McLaren, Bryce Dallas Howard, Thierry Neuvic, Jay Mohr, Richard Kind
Genere: soprannaturale ma non troppo
Se ti piace guarda anche: Babel, Il sesto senso, Unbreakable, Ghost Whisperer

Trama semiseria
Tre storie:
1) Una giornalista francese sopravvive per miracolo allo tsunami nell’Oceano Indiano del 2004, ma quando torna non è la stessa e non riesce più a condurre il TG. Fossimo in Italia le farebbero fare Cotto e mangiato, in Francia invece le fanno scrivere la biografia di Mitterrand.
2) Due gemellini inquietanti vivono le loro vite come se fossero usciti da un film di M. Night Shyamalan quindi, considerando anche come questo sia un film in cui il tema è la morte, non affezionatevi troppo a uno dei due.
3) Matt Damon parla con i morti. Poco credibile? Beh, dopo averlo visto in azione lo sembra ancora meno.

Recensione cannibale
Ho sentito e letto un sacco di pareri tra i più disparati sul conto di Hereafter, tra chi l’ha trovato mortale (nel senso di una noia mortale) e chi se n’è innamorato, tra chi lo giudica un Eastwood minore e chi c’ha letto dentro il senso della vita (e tra loro forse anche Paolo Bonolis). Visto che di interpretazioni ne ho trovate anche di assurde, e parecchio, pure la mia particolare visione di questo film non sarà da meno.
La chiave di lettura di questo lavoro eastwoodiano per me sta infatti nella storia della giornalista francese. Dopo aver avuto un’esperienza di quasi-morte ed essere sopravvisuta a uno tsunami, non riesce a tornare al suo normale lavoro e allora si prende una pausa per scrivere un libro: viene ingaggiata per realizzare una sorta di biografia di François Mitterrand ma lei invece se ne esce con un’opera sull’Aldilà, sull’Hereafter. Lo stesso mi sembra abbia fatto il vecchio Clint. La sceneggiatura della pellicola scritta da Trevor Morgan (autore di altri script impeccabili ma che non mi hanno sconvolto come Frost/Nixon o The Queen) all’inizio era stata offerta a M. Night Shyamalan che però l’ha rifiutata, probabilmente perché ne sarebbe uscito un film persino troppo nel suo stile e così il regista di origini indiane ha preferito dedicarsi all’agghiacciante L’ultimo dominatore dell’aria. Una gran mossa che lo ha fatto trionfare ai recenti Razzie Awards per i peggiori film dell’anno. La sceneggiatura è così è passata nelle mani di Steven Spielberg, questi l’ha mostrata al suo amico Clint e lui infine ha deciso di girarla. Un passa la patata bollente che ci fa intuire come questa sceneggiatura non è che fosse così sconvolgente.

Un thriller soprannaturale nelle mani di Eastwood? È un po’ come se Bruce Springsteen decidesse di registrare un disco di musica elettronica, ma poi, a un certo punto, si rendesse conto che quella non è la sua “cosa” e allora nel mezzo delle session decide di ritornare a suonare la chitarra. Qualcosa del genere mi sembra sia successo con questo Hereafter: la sceneggiatura sembrava prestarsi bene a diventare un thriller soprannaturale, però Clint ha deciso di trasformarla in qualcos’altro, un po’ come la giornalista che invece di parlare di Mitterand si è messa a fare qualcosa di completamente diverso. Di thriller infatti qui non ce n’è, manca la tensione, manca l’inquietudine, manca il “giallo”. Di soprannaturale anche se ne vede davvero poco, giusto qualche breve flash nell’aldilà, più i dialoghi tra il sensitivo Matt Damon e i suoi clienti che ricordano la serie tv Ghost Whisperer. In questi momenti si vede che però non è il campo ideale del regista, bravissimo altrove, però questa non è la sua “cosa”. È più una roba da M. Shyamalan dei vecchi tempi (non certo quello attuale); la sequenza tra M. Damon e il bambino non regge infatti i dialoghi tra Bruce Willis e Haley Joel Osment ne Il sesto senso e sembra uscito più che altro da un telefilm come il citato Ghost Whisperer, di cui presumo Clint sia diventato un grande fan negli ultimi tempi, visto che la parte con Damon è quasi un tributo a questa serie.

Ho apprezzato allora il tentativo di Clint di allontanarsi dai cliché e dalle trappole del solito thriller paranormale per realizzare qualcosa di più vicino alla sua sensibilità, una sorta di melodramma con riferimenti contemporanei (tsunami, attentati a Londra) ma più che altro uno sguardo rivolto al cinema vecchio stile, girato con una classe immancabile e innegabile, finendo anche in una direzione alla Inarritu (ma senza una sceneggiatura all’altezza di quelle di Guillermo Arriaga). La sensazione che ho avuto comunque è che il film non sappia bene che direzione imboccare, se rimanere nell’aldiqua o nell’aldilà.

La prima scena di Hereafter è molto coinvolgente, getta subito in mezzo all’avventura e al dramma; un momento alla Spielberg in cui Clint se la cava alla grande. Notevole anche l’inizio della storia dei due gemellini. La vicenda di Matt Damon, l’uomo che parlava con i morti, non ha invece un grande attacco ma si illumina con l’arrivo di Bryce Dallas Howard. La scena della degustazione fa molto commedia romantica con Julia Roberts. Niente di male in questo, ma Clint occhi di ghiaccio anche in questo caso non sembra muoversi nel suo campo d’elezione e credo che qualche fan hardcore di Eastwood sia trasalito a vedere una scena del genere. È un momento che comunque a me è piaciuto, rovinato purtroppo dall’uso del “Nessun dorma” interpretato da Pavarotti che fa precipitare il tutto nei soliti stereotipi sull’Italia e il mangiar bene, una caduta nel cliché (mancano solo pizza & mandolino) alla Mangia prega ama che da Eastwood proprio non ci si aspettava.
Anche i dialoghi sono un po’ così. Bryce Dallas Howard ad esempio chiede a Matt Damon: “Quello è un tuo antenato?” E lui replica: “No, è Charles Dickens.” Hello Bryce, ma in che mondo vivi? Sei nell’aldiqua o nell’aldilà? Insomma, per introdurre la presenza di Dickens (un altro riferimento del film, insieme a Shyamalan e Ghost Whisperer) si sarebbe potuto scegliere un espediente di sceneggiatura migliore di questo.

Quello che per me non funziona, oltre a tre storie troppo slegate tra loro e che partono bene ma si sviluppano male, è però soprattutto il cast. Matt Damon già di suo non è il massimo dell’espressività, qui però appare davvero impacciato, anonimo, fuori luogo e fuori parte. Mediocre anche il suo fratello cinematografico, un imbolsito Jay Mohr (attore di recente visto anche in Ghost Whisperer, ve l’ho detto che Clint si è fatto una full immersion in questa serie!). Cécile de France all’occasione della vita con Clint non riesce a sfruttarla a dovere e non lascia il segno, meglio il suo collega francese Thierry Neuvic che comunque mi aveva colpito di più nella fiction nostrana Le cose che restano. Anche i due gemellini protagonisti non entusiasmano e sembrano una brutta copia del bimbo di Magnolia. La migliore del lotto è allora Bryce Dallas Howard, attrice shyamaliana perfettamente a suo agio in questo genere di storie; il suo personaggio promette grandi cose, però proprio sul più bello sparisce. Perché?
Altro aspetto così così le musiche. Lontano dai temi struggenti di Million Dollar Baby e Mystic River, Clint questa volta ha composto un commento sonoro piatto e poco emozionante. Clint, a 80 anni forse è arrivato il momento di delegare alcune cose e per una volta avresti fatto meglio a ingaggiare un compositore esterno.

Una critica arrivata da diverse parti e che non mi sento invece di condividere è quella che si tratti di un film noioso. È vero, ha dei ritmi molto lenti, però le storie alternate si lasciano seguire con interesse, anche se per quanto mi riguarda la curiosità maggiore era di capire dove stessero cercando di arrivare. Le premesse erano buone, ma purtroppo si scivola in un intreccio delle 3 storie piuttosto (e dicendo piuttosto sono ancora stato buono) prevedibile, fino a un ultima scena che sarebbe anche potuta essere bella e profonda non fosse per un’alchimia tra Matt Damon e Cécile de France inesistente. I loro sguardi imbalsamati non sono riusciti a comunicarmi l’Epifania che Clint avrebbe voluto esprimere e che la sua pellicola avrebbe meritato.

Un film che rimarrà nel cuore di chi l’ha legittimamente (ma misteriosamente) amato, come il buon Mr. Ford (mi spiace, avrei davvero voluto parlare meglio di questo film, però regia a parte non mi ha proprio convinto, quindi aspetto le tue bottigliate stavolta ben poco virtuali!)
Tutti gli altri invece dubito lo ricorderanno tra i lavori più riusciti nella lunga carriera di Clint Eastwood.
(voto 6/7)

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