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domenica 26 aprile 2015

CANNIBAL MUSIC - I DISCHI DI APRILE 2015





Ecco una serie di dischi passati nelle ultime settimane nel mio stereo...
Stereo?
Sì, va beh, chi lo usa più lo stereo?
Ecco una serie di dischi ascoltati, scaricati, streammati, torrentati nel corso di questo mese, dallo stato del rap nel mio paese (e pure non nel mio paese) al revival degli anni '90, passando per un paio di sorprendenti album folk.
Anche se del vero disco di aprile (e forse dell'anno) parlerò poi soltanto nei prossimi giorni...

Fabri Fibra “Squallor”

martedì 12 novembre 2013

MA SEI SCEMINEM?




Eminem “The Marshall Mathers LP 2”
Eminem è un po’ il Beppe Grillo del rap. Si possono condividere o meno i suoi pensieri, alcune sue frasi e prese di posizione possono essere parecchio discutibili, però ogni volta che si fa sentire non si può ignorarlo. Entrambi sono poi partiti come comici, pure Eminem, che all’inizio era il rapper clown di pezzi ironici e strafottenti come “My Name Is” e “The Real Slim Shady”, e poi via via hanno sempre più voluto essere presi sul serio. Non ogni volta con risultati riusciti, in fondo la loro arma principale è quella dell’ironia, più feroce è meglio è, ma se non altro ci provano a essere qualcosa di più di semplici divertenti cazzari.
Entrambi inoltre sono ricchi, popolari e potenti e potrebbero ritirarsi a condurre una vita tranquilla-la-la e nessun avrebbe da dir loro niente. Perché non lo fanno?
Qualcuno dirà per diventare ancora più ricchi, popolari e potenti e magari un pochino è vero. Però c’è un’altra cosa che tutti e due possiedono e che continua a farli andare avanti: la rabbia.
Eminem è ancora arrabbiato, Dio sia lodato. L’ultimo disco di Jay-Z, per dire di un suo amico-collega rapper, suona ad esempio come il passatempo di lusso di un uomo che dalla vita ha ormai avuto di tutto e di più, persino una Beyoncé come moglie, e non ha più nulla da chiedere o da dimostrare. Buon per lui, meno per la sua musica. Per nostra fortuna, magari meno per la sua, di fortuna, Eminem invece non è un uomo pacificato. Continua ad aver voglia di dimostrare di essere il numero 1, di essere l’hottest MC in the game. Un sacco di artisti questa grinta nel corso degli anni la perdono, lui ce l’ha ancora.

Questa ritrovata forza, che si era andata un po’ a perdere nei suoi precedenti lavori, di cui alcuni come l’ultimo Recovery comunque niente male, emerge chiara nel primo pezzo del suo nuovo disco. “Bad Guy” è un inizio della Madonna. Qui Eminem si mette a nudo, confessa di odiare il fatto di essere sempre considerato il cattivo, il villain della situazione, riprende in maniera autoironica la sua hit storica “Stan”, si cimenta con un pezzone di quelli che sembrano usciti da un disco di qualcuno dei nuovi rapper più lanciati, come Tyler, the Creator e Kendrick Lamar, gioca sul loro stesso territorio e li batte, prendendo il volo in una suite degna di Frank Ocean, o di Justin Timberlake, o (quasi) persino di “Paranoid Android” dei Radiohead. “Bad Guy” è uno dei brani più good nell’intera carriera del rapper e, se tutto il resto del programma fosse a questo livello, adesso potremmo urlare al - Capolavorooo! - . Così purtroppo non è.

“The Marshall Mathers LP 2” fin dal titolo di preannuncia come un sequel del suo album più venduto. Un disco che viene citato a campionato qua e là, ma con cui in fin dei conti a livello musicale non ha nemmeno troppo a che vedere. Probabilmente perché si tratta solo di una mossa di marketing, come ammette lui stesso nella citata “Bad Guy”: “And hey, here's a sequel to my Mathers LP/Just to try to get people to buy/How's this for publicity stunt? This should be fun/Last album now cause after this you'll be officially done.



Il resto del disco non sarà ai livelli dell’apertura ma è comunque ricco di spunti stimolanti, a dimostrazione di un rapper che continua a essere vivo e vitale. A livello produttivo lo zampino di Dr. Dre si sente sempre meno (giusto in “So Much Better” che ricorda “Guilty Conscience”), mentre la parte del leone la fa Rick Rubin, che ci mette dentro il suo tocco rock, più un respiro da hip-hop old-school alla Beastie Boys, omaggiati più che esplicitamente nel cazzutissimo singolone “Berzerk”, una bomba con cui Marshall prende le distanze dai suoi passati successi e si lancia in qualcosa di retrò eppure nuovo.



Il tocco vintage viene fuori anche nei campionamenti, come quello della 70s “Life’s Been Good” di Joe Walsh nell’auto-retrospettiva “So Far…”, o come quello dell’inno anni Sessanta “Time of the Season” dei mitici The Zombies, trasfigurato da Eminem in “Rhyme or Reason”, una delle sue solite filastrocche cantilenanti che ai reduci del Vietnam potrebbe far storcere il naso ma che in realtà funziona alla grande.
Altri bei momenti arrivano con “Legacy”, che fa scattare invece il momento malinconia e suona come una possibile erede di “Stan”, mentre in “Rap God” Eminem va a ruota libera, con un quasi freestyle degno di una rap battle di 8 Mile.
Non tutto è oro colato, va detto; la rockeggiante “Survival” ad esempio appare buona come soundtrack di un videogame (infatti è presente in Call of Duty: Ghosts), meno in un album, e qualche pezzo non del tutto esaltante viene fuori soprattutto nella seconda parte. Non mancano inoltre le concessioni commerciali, dopo tutto la casa discografica di Eminem questo disco deve pur venderlo, ma sono giusto un paio: “The Monster”, nuovo duetto con Rihanna, tra l’altro spakka, mentre convince un po’ meno “Headlights” con Nate Ruess, il cantante dei fun., una canzone piuttosto lagnosa che ben poco ha a che fare con il resto del programma.



Nel complesso, Eminem se n’è tornato con un album convincente assai, con pochi momenti deboli e molti punti forti. Al di là delle singole canzoni, o del fatto che a livello musicale non si tratti certo di un lavoro rivoluzionario, ciò che emerge con maggiore prepotenza è un’altra cosa: Marshall Mathers ha una gran voglia di dimostrare di essere ancora il migliore della scena rap. Probabilmente non lo è. Kanye West a livello sonoro sta troppo oltre, Drake come songwriter ha una classe superiore, Tyler the Creator e Kendrick Lamar possiedono una freschezza da novellini irreplicabile, 2 Chainz è il più tamarro su piazza e A$AP Rocky oggi come oggi è troppo il più cool. Ma non importa che l’impresa di essere il numero 1 assoluto non gli sia riuscita. Mentre gli altri nomi sul grande campo dell’hip-hop cambiano, lui c’è sempre e probabilmente ci resterà ancora a lungo. Fino a che almeno non verrà a mancargli una cosa: la rabbia.
(voto 7/10)

giovedì 22 agosto 2013

HIP-HOP/ELECTRO RECORDS




Mini-rassegna cannibale di dischi ascoltati nelle ultime settimane/mesi da queste parti.
In attesa del post dedicato agli album pop e a quelli rock, in arrivo a breve, oggi si parte con sonorità electro e hip-hop.
Check it out, yo.

"Beyoncé, fatti in là. Quando ballo sono più sexy di te!
Forse..."
Jay-Z “Magna Carta Holy Grail”
Dopo il disco in collaborazione con Dio Kanye West "Watch the Throne", le aspettative nei confronti del nuovo album di Jay-Z si erano fatte un filino troppo elevate, soprattutto all’indomani dell’uscita di una bomba come “Yeezus” del compare. La verità è che Jay-Z, nonostante una manciata di buoni lavori come The Black Album e The Blueprint, è più uno da singoli che non da album. E in questo suo “Magna Carta Holy Grail” di singoloni pazzeschi non ce ne sono, fatta eccezione per il notevole brano d’apertura Holy Grail, in cui a spiccare sono soprattutto la voce di Justin Timberlake, che offre una delle interpretazioni migliori della sua carriera, e una riuscita citazione di “Smells Like Teen Spirit” dei Nirvana.
Il resto del lavoro si adagia su sentieri più di routine. È come se Jay-Z, tra miliardi guadagnati a vagonate e un felice matrimonio con la neo bionda Beyoncé, si fosse messo l’anima in pace e non avesse più niente da dimostrare e da dire. Se le sue rime più infuocate sono rivolte contro la bimbominkia Miley Cyrus, d’altronde, i tempi delle faide tra 2Pac e Notorious B.I.G. sembrano davvero lontani nel rap mainstream di oggi. Quello che ha tirato fuori è allora un album da pantofolaio, che non si prende rischi come l’amichetto Kanye, ma suona come il solito disco di Jay Zeta. Tutto ben prodotto, tutto ben rappato, ma il sacro Graal dell’hip-hop si trova ben lontano da qui.
(voto 6-/10)



Boards of Canada “Tomorrow’s Harvest”
Sono tornati! Sono tornati! I due genietti della musica elettronica che non pubblicavano un album nuovo dal 2005 sono tornati!
Sì, ok, lo sanno già tutti, i Daft Punk sono tornati da parecchi mesi…
Ma io non sto parlando dei Daft Punk. Sto parlando dei Boards of Canada i quali, nonostante il nome, arrivano dalla Scozia. Specialisti nella musica ambient e chill-out strumentale e dalle sonorità molto cinematografiche, se ne sono usciti con un nuovo gioiellino confezionato con la loro tipica cura e classe. Musica da sottofondo, ma sia detto nel senso migliore del termine. Non è musica da ascensore. È musica che crea un ambiente sonoro, che ti avvolge in maniera delicata e ti porta nel suo mondo. Non un gruppo da singolone spacca classifiche, non un gruppo da dance club, non un gruppo immediato. Se darete loro un po’ di fiducia, però, non li abbandonerete più.
(voto 7,5/10)



Disclosure “Settle”
La figata. Questo disco è la figata.
Una volta c’erano Fatboy Slim, i Prodigy, i Chemical Brothers, i Groove Armada, i Basement Jaxx, ecc ecc. Per carità, ci sono ancora in circolazione, però si sentono sempre meno. A supplire alla loro (parziale) mancanza ci pensano allora i Disclosure, due giovincelli inglesi che propongono il suono più cool oggi in circolazione. Un misto di garage UK alla maniera degli Artful Dodger e di nuovi suoni dubstep, il tutto con un tocco di pop che non guasta. Dance ma non truzzi, electro ma potenzialmente adatti anche per un pubblico poco electro, i Disclosure rappresentano il qui e ora della musica e il loro album d’esordio “Settle” è il disco perfetto dell’estate 2013.
(voto 8/10)



Rudimental “Home”
…e se non vi bastano i Disclosure, ocio e soprattutto orecchio ai Rudimental. A dispetto del nome che si sono scelti, il sound di questo quartetto britannico è tutt’altro che rudimentale. Super produzioni in bilico tra drum’n’bass, electro, trip-hop e dubstep con ospiti vocali talenti emergenti come John Newman, Foxes, Syron, Alex Clare, Angel Haze ed Ella Eyre, oltre alla ormai superstar Emeli Sandé, per un album che più che come un album suona come una compilation (riuscita) dell’attuale scena elettronica UK.
(voto 7+/10)



Tricky “False Idols”
Tricky è Tricky. Vi devo anche stare a dire cosa ha fatto e chi si è fatto nel corso della sua carriera? Per riassumere brevemente, ha collaborato con i Massive Attack , realizzato una serie di album grandiosi e si è fatto Bjork, durante l’epoca d’oro del trip-hop negli anni ’90. Ma basta parlare del passato. Com’è il suo disco nuovo?
È un altro intrigante album di Tricky, come al solito. Anche i suoi lavori meno riusciti possiedono tutti il loro fascino e questo non fa eccezione. Non siamo al livello dei suoi primi folgoranti disconi, però è comunque un dischetto degno di nota e di ascolto. Tanto per usare qualche frase tipica che si usa in queste circostanze, potrei dire che è “L’album migliore di Tricky dai tempi di…” e qui aggiungete il titolo dell’ultimo lavoro di Tricky interessante a vostra scelta. La verità è che a me sembra il solito valido album di Tricky. Forse un filo meglio rispetto ai suoi ultimissimi, ma per una volta non c’ho voglia di stilare una classifica. Meglio o peggio di questo o quell’altro disco, Tricky continua a sfornare roba di buon livello perché, in mezzo a tanti false idols, lui è un idolo vero.
(voto 6,5/10)



Ghostpoet “Some Say I So I Say Light”
…e se vi piace Tricky, io vi consiglio di dare un ascolto anche a Ghostpoet.
Ghostpoet è un poeta di strada, un rapper, ma più che un rappato duro e puro il suo è un rappato parlato, vicino appunto allo stile di Tricky. Dopo il folgorante esordio Peanut Butter Blues & Melancholy Jam del 2011, il suo nuovo album “Some Say I So I Say Light” è un’altra collezione di poemi in musica, brani spoken word distesi su tappeti sonori notturni e metropolitani. Roba da ascoltare rigorosamente con le cuffiette per estraniarsi dal mondo circostante. Roba da gente a cui piace Tricky.
(voto 6,5/10)



Tyler, the Creator “Wolf”
Attenti al lupo.
(voto 7/10)



Tomorrow’s World “Tomorrow’s World”
Cosa succede quando uno dei due Air, per la precisione Jean-Benoit Dunckel, quello più fighetto, lascia (spero solo provvisoriamente) gli Air e si dedica a un nuovo progetto musicale, questa volta in compagnia di Lou Hayter, cantante della indie pop band New Young Pony Club?
L’indovinello è presto risolto: ne esce un mix tra le due band. A volte il risultato di un’addizione non è dato dalla somma dei singoli addendi, in questo caso sì. Se avete presente il suono degli Air e quello dei New Young Pony Club e provate a unirli, ciò che ne verrà fuori sarà proprio il suono dei Tomorrow’s World. Va però notato purtroppo che, nonostante qualche brano non male, l’ispirazione non è altissima per tutto il lavoro e il risultato è lontano dai momenti migliori dei due gruppi di provenienza. Quindi provate a immaginare Air + New Young Pony Club, però in tono minore e avrete i Tomorrow’s World.
(voto 6-/10)



Moderat “II”
…e a proposito di gente che unisce le forze, la stessa cosa hanno fatto il musicista crucco Apparat + gli electro berlinesi Modeselektor. Il loro nuovo lavoro nel complesso è ottimo, davvero notevole, ma su tutto si erge il singolone “Bad Kingdom”, uno di quei pezzi per cui l’uomo deve aver coniato il termine “meraviglioso”.
(voto 7+/10)



Doldrums “Lesser Evil”
Se vi piacciono The Knife, Bjork, Crystal Castles e in generale l’elettronica più malata e inventiva, non perdetevi questo disco.
Una figata maligna.
(voto 8/10)



sabato 31 dicembre 2011

Musica cannibale 2011: Album n. 20 -11

Il blog Pensieri Cannibali chiude i battenti.
Tranquilli, solo per quanto riguarda il 2011, visto che nel 2012 - ovvero tra poche ore, oh cazzo! devo organizzarmi per la serata di Capodanno! - tornerà più forte che mai.
Buon anno nuovo a tutti, quindi, e nell’attesa del countdown per l’inizio del 2012 - 10, 9, 8... yeah auguri, che palle! - beccatevi un po’ di musica con quest’altro countdown, quello dei miei album preferiti del 2011 oramai morente. Dopo le posizioni dalla 40 alla 31 e dalla 30 alla 21, ecco i dischi appena fuori dalla Top 10.

n. 20 Lady Gaga “Born This Way”
Genere: new queen of pop (Madonna chiiiiiii?)
Provenienza: New York City, New York, USA
In classifica perché: dopo essersi fatta conoscere al mondo con una manciata di singoli e aver agguantato la Fame, con il secondo album la Stefani Joanne Angelina Germanotta ha partorito un album che è il più grande kaleidoscopio pop oggi concepibile. Un’orgia cartoon in cui si fondono le maschere dei Daft Punk con ritmi dance e chitarre trash rock, mentre lo spettro della Madonna anni ’80 si aggira qua e là. Entertainment ai massi livelli, ma dietro ai ritmi electro la Gaga dimostra anche di essere un’autrice di canzoni da non sottovalutare.
Se ti piace ascolta anche: Madonna, Gwen Stefani, Rihanna, Katy Perry, Jessie J, Sky Ferreira, Nicola Roberts, Natalia Kills, DEV, Cher Lloyd, Robyn, Daft Punk
Pezzi cult: Bad kids, Government hooker
Leggi la mia RECENSIONE


19. St. Vincent “Strange Mercy”
Genere: o famo strano
Provenienza: Dallas, Texas, USA
In classifica perché: Annie Clark è una sorta di sorellina stramba della già stramba Zooey Deschanel e possiede un modo tutto suo, stralunato, di fare pop music. Terzo grande album per lei (il precedente Actor era nella mia classifica 2009), però la sensazione è che possa fare persino di più…
Se ti piace ascolta anche: Fiona Apple, Bjork, Emiliana Torrini, tune-yards, Feist, My Brightest Diamond, Eleanor Friedberger, Dirty Projectors
Pezzo cult: Cruel


18. Bon Iver “Bon Iver, Bon Iver”
Genere: non solo folk
Provenienza: Eau Claire, Wisconsin, USA
In classifica perché: ha preso un genere con i suoi dogmi piuttosto rigidi come il folk e l’ha rivoltato come un calzino a sua immagine e somiglianza.
Se ti piace ascolta anche: Iron & Wine, The National, Band of Horses, The Talles Man on Earth, Beirut, Grizzly Bear, Bombay Bicycle Club, Noah and the Whale
Pezzi cult: Perth, Holocene
Leggi la mia RECENSIONE


17. Joan as Police Woman “The Deep Field”
Genere: soul woman
Provenienza: Biddeford, Maine, USA
In classifica perché: ha fatto un disco molto personale e soul, di quelli che avrebbero fatto fieri il suo ex Jeff Buckley, e poi sa sorprendere; un sacco di pezzi partono in un modo e si evolvono in un altro del tutto inaspettato. Joan si conferma quindi una poliziotta da cui mi farei più che volentieri arrestare.
Se ti piace ascolta anche: My Brightest Diamond, Feist, Anna Calvi, Jeff Buckley
Pezzi cult: The Magic, Human Condition
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16. James Blake “James Blake”
Genere: dubstep-soul
Provenienza: Londra, Inghilterra
In classifica perché: ci ha mostrato la sua versione del soul contaminandola con i suoni e i bassi del dubstep, offrendoci un disco tanto innovativo quanto sottilmente emozionante.
Se ti piace ascolta anche: Jamie Woon, Antony and the Johnsons, Bon Iver, Jamie XX, The XX, The Weeknd, Radiohead
Pezzo cult: Limit to your love


15. Radiohead “The King of Limbs”
Genere: dubstep-radiohead
Provenienza: Abingdon, Oxfordshire, Inghilterra
In classifica perché: hanno realizzato un progetto in evoluzione, più che un semplice album nella vecchia concezione del termine. A livello musicale non hanno magari sorpreso come in passato e questo non verrà ricordato come il loro massimo capolavoro, però segna un’ulteriore passo in avanti nella ricerca sonora di un gruppo sempre un passo avanti. A sorpresa, uno degli album più sottovalutati dell’anno, forse perché a qualcuno potrà essere suonato come un disco freddo. Sarà per questo che a me le note di Lotus Flower e Codex fanno sempre venire i brividi…
Se ti piace ascolta anche: James Blake, Burial, Four Tet, Modeselektor
Pezzo cult: Lotus Flower
Leggi la mia RECENSIONE


14. Anna Calvi “Anna Calvi”
Genere: cantantona
Provenienza: Londra, Inghilterra
In classifica perché: è un disco cresciuto esponenzialmente nelle mie quotazioni ascolto dopo ascolto. Diverse le perle nascoste tra le pieghe di questo notevole esordio, ma secondo me la giuovine Anna Calvi il suo capolavoro lo tiene ancora in serbo. Sarà il suo album numero 2?
Se ti piace ascolta anche: Anna Aaron, Jeff Buckley, PJ Harvey, Florence + the Machine, Charlotte Gainsbourg, Joan as Police Woman
Pezzo cult: First we kiss


13. Autori vari “Drive Soundtrack”
Genere: colonna sonora
Provenienza: ryangoslinglandia
In classifica perché: è la colonna sonora più esaltante e cool dell’anno, grazie alle efficaci musiche originali del compositore Cliff Martinez (per brevissimo tempo batterista dei Red Hot Chili Peppers), ma soprattutto per merito di una serie di favolose canzoni di electro-pop odierno, ma dal tanto sapore Ottanta.
Se ti piace ascolta anche: Kavinsky & Lovefoxxx , Desire, College, Electric Youth), Riz Ortolani, Chromatics, Cliff Martinez (ovvero gli artisti presenti nella soundtrack)
Pezzo cult: College feat. Electric Youth “A Real Hero”


12. Tyler, the Creator “Goblin”
Genere: hard-rap
Provenienza: Los Angeles, California, USA
In classifica perché: insieme al suo collettivo di rapper, produttori e artisti vari Odd Future, questo squilibrato folle geniale 20enne rappresenta l’esaltante e strambo futuro dell'hip-hop.
Se ti piace ascolta anche: Odd Future, Shabazz Palaces, Kanye West
Pezzi cult: Yonkers, Radicals
Leggi la mia RECENSIONE


11. The Horrors “Skying”
Genere: 80s dark-wave
Provenienza: Southend-On-Sea, Essex, Inghilterra
In classifica perché: nel 2009 con il loro precedente “Primary Colours” si erano guadagnati il titolo di mio album personale dell’anno, quest’anno non ripetono l’impresa ma si confermano comunque ampiamente tra le band più interessanti del panorama musicale. Il loro segreto? Cambiare sonorità a ogni disco e questa volta centrifugando alla grande i suoni anni ’80 di band come Simple Minds e Tears for Fears. Derivativi? Forse. Goduriosi? Certamente. Il cantante della band in questo 2011 ha tra l’altro pubblicato anche un bel dischetto con la sua band parallela, i consigliati Cat’s Eyes.
Se ti piace ascolta anche: Simple Minds,Psychedelic Furs, Joy Division, Tears for Fears, The Drums, S.C.U.M., Spector, Cat’s  Eyes
Pezzi cult: Still life, You said
Leggi la mia RECENSIONE


mercoledì 7 dicembre 2011

Tyler, the Creator: Man of the year 2011 n. 13

Tyler, the Creator (vero nome Tyler Okonma)
Genere: rapper incazzato
Provenienza: Los Angeles, California, USA
Età: 20
Il passato: il primo album Bastard
Il suo 2011: il secondo album Goblin, l'Mtv Award come Best New Artist
Il futuro: la conquista del mondo del rap (ma non solo quello) con il terzo album Wolf, in uscita a maggio 2012
Perché è in classifica: perché è un fuckin’ radical, motherfuckin’ radical
Ti potrebbero piacere anche: Kanye West, Lil Wayne, Odd Future, Waka Flocka Flame, T.I.

Tyler, the Creator vi odia. Voi non lo sapete, ma probabilmente in questo momento sta sputando rime avvelenate pure contro di voi. Ma forse la sua è tutta una finta. Il mondo dell’hip-hop è così. Un po’ come il mio blog. È fatto di provocazioni, alcune vanno a segno, altre meno, il punto è però tenere sempre alta l’attenzione, spostare l'asticella sempre più in alto, attaccare tutto e tutti.

Kill people, burn shit, fuck school
Fuck cops, I'm a fucking rock star
Rebellion and defiance makes my muthafuckin' cock hard
Fuck pigs, fuck guards, all some fucking retards
Fuck school, I'm a fuck up? Fuck Harvard
Fuck your traditions, fuck your positions
Fuck your religion, fuck your decisions

(giusto un assaggino tranquillo dal suo brano Radicals)

Potete considerarlo un bastardo, d’altra parte il suo primo album si chiamava proprio Bastard, oppure un malefico Goblin, il titolo della sua grandiosa opera seconda, potete considerarlo il futuro del rap insieme alla sua crew di genietti Odd Future, oppure potete ignorarlo perché tanto potrebbe non esserci nulla di vero in quello che dice, perché come afferma lui stesso:
I’m a fucking walking paradox.
No, I’m not.



lunedì 29 agosto 2011

M(ILF)Tv Awards 2011

Gli Mtv Video Music Awards 2011 sono stati una delusione? Alla fine se la cosa che ha fatto più notizia è stata l’annuncio di maternità di Beyoncé, in dolce attesa del primo pargolo con Jay-Z, si capisce già che la musica non ha svolto tutto ‘sto ruolo di primo piano.
D’altra parte il tanto atteso tributo ad Amy Winehouse, che avrebbe dovuto coinvolgere Adele e altri artisti, ha visto come unico protagonista il solo Bruno Mars. Che far fare un tributo ad Amy a Bruno Mars, per quanto ce l'abbia anche messa tutta, è un po’ come chiamare i Negramaro per un tributo ai Radiohead o i Negrita per i Rolling Stones…

Get More: MTV IT]]>


Jo Calderone aka Lady Gaga aka Jo Calderone
Poi c’era anche il vociferato tributo pure a Britney Spears, con qualcuno che alla vigilia si era chiesto “Ma perché dedicare un tributo a Britney Spears?” e che avrebbe dovuto vedere impegnato il gotha del nuovo pop commerciale americano e invece si è risolto in un velocissimo montaggio di suoi pezzi ballati da ballarine minorenni. ‘Na baracconata stile Arcore, insomma.

Comunque c’è anche stato del buono. Tra le perle da segnalare, Lady Gaga che è andata in scena per tutta la serata con il suo alter-ego maschile Jo Calderone, un picciotto italo americano con cui ha anche eseguito il nuovo singolo You and I.

Get More: MTV IT]]>

Justin Bieber in versione pseudo nerd
Momento brividi: Adele che ha cantato Someone like you.
Dopo averla sentita, Justin Bieber si è reso conto di NON essere un cantante. Ma neanche lontanamente. Né mai lo potrà diventare. Peccato che poi abbiano osato consegnare al Bieberon il premio per il Best Male video, quando al massimo avrebbero potuto dargli il Best Child video. Nel suo discorso, Bieber ha ringraziato Gesù, ma Gesù in quel momento, con tutti i problemi che ci sono nel mondo, era impegnato in ben altro: stava guardando le tette di Kim Kardashian che ha consegnato l’award.
Gesù, smettila di "guardare" Kim,
che ti vengono le occhiaie!

Get More: MTV IT]]>

Dove starà buttando lo sguardo Kanye, verso West?
Sorpresa della serata: Jonah Hill, il comico cicciobombo di Suxbad, ora è magro!
Altra sorpresa: il geniale rapper Tyler, the Creator, ha vinto come miglior nuovo artista dell’anno!!!
Tra le altre performance, niente male anche Jessie J, che era la performer in da house per tutta la serata, e Jay-Z con Kanye West (e ci mancherebbe ancora).

Premiati nel corso della sera anche Adele, Britney Spears, Foo Fighters, Nicki Minaj, Lady Gaga e Katy Perry, che si è aggiudata 3 premi (uno in collaborazione con Kanye West) tra cui quello di miglior video dell’anno per Firework. Per me adesso non è che fosse proprio il video migliore dell’anno, però lungi da me dire qualcosa di male contro Katy.
Ma la grande protagonista della serata alla fine è stata lei, la futura mamma MILF Beyoncè…

(Potete vedervi lo show online sul sito di Mtv Italia, oppure domani sera in replica sempre su Mtv, dove se no?)

Get More: MTV IT]]>

sabato 20 agosto 2011

Lo strano futuro del rap

Tyler, the Creator “Goblin”
Genere: rap
Provenienza: Los Angeles, California, USA
Se ti piace ascolta anche: Blueprint, Waka Flocka Flame, Kanye West, Hodgy Beats, Curren$y, Shabazz Palaces

Ho visto il futuro del rap e si chiama Tyler, the Creator o magari ero così strafatto che mi sembrava fosse il futuro del rap e invece era solo un ragazzino megalomane. Chi può dirlo?
Comunque fatto sta che le cose stanno pressappoco così: Tyler, the Creator ha 20 anni, è il leader nonché punta di diamante della crew di rapper/artisti/cazzari autodefinitosi OFWGKTA, ovvero Odd Future Wolf Gang Kill Them All, ma meglio conosciuti anche come Odd future e fatto sta che Tyler il Creatore dopo il debutto Bastard ha fatto appena uscire un secondo album che è la cosa rap più devastante dall’ultimo album di Kanye West. Fatto sta che anche questo è un viaggio allucinato dentro una mente malata, tra discutibili sparate che hanno già scatenato un mare di polemiche, frasi geniali (“I'm a fucking walking paradox, no I'm not” spiega, o non spiega, nel singolo Yonkers), un fuck per tutto e tutti (“Fuck your traditions, fuck your positions, fuck your religions, fuck your decisions. Kill people, burn shit, fuck school, I'm fuckin' radical, nigga” dice non proprio timidamente in Radicals), in un concentrato di basi essenziali e rime più velenose di un Black Mamba.


Ma non prendetelo troppo sul serio, okay?, perché tanto è tutta fiction.
Hey, don't do anything that I say in this song, okay? It's fuckin' fiction
If anything happens, don't fuckin' blame me, white America,” rappa Tyler.
Anzi no, è tutto vero.
Perché lui è un fottuto paradosso vivente.
Anzi no.
(voto 8+)

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