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mercoledì 20 settembre 2017

Io, Daniel Blake delle Bicocche





Io, Daniel Blake
Regia: Ken Loach
Cast: Dave Johns, Hayley Squires, Dylan McKiernan, Kema Sikazwe, Briana Shann, Micky McGregor, Sharon Percy


Eroe (Storia di Daniel Blake delle Bicocche)

Questa che vado a raccontarvi è la vera storia di Daniel Blake delle Bicocche,
vera o se non altro proposta nello stile neorealista tipico del regista Ken Loach,
eroe contemporaneo a cui noi tutti dobbiamo la nostra libertà


martedì 29 novembre 2016

The Crown, la Corona non perdona





The Crown
(serie tv, stagione 1)
Rete: Netflix
Creata da: Peter Morgan
Cast: Claire Foy, Matt Smith, Vanessa Kirby, John Lithgow, Jared Harris, Ben Miles, Jeremy Northam, Victoria Hamilton, Nicholas Rowe, James Hillier
Genere: regale
Se ti piace guarda anche: Una notte con la regina, The Queen - La regina, The Royals, The Young Pope


Good morning Ladies & Gentlemen,

oggi mi rivolgo a voi popolo italiano, che come tutti sappiamo è inferiore a quello britannico, of course.
Per quanto voi siate inferiori, stupid Italians, non ho niente contro di voi. Anzi, devo dire che mi state abbastanza simpatici. E ho detto abbastanza. Non capisco il vostro senso dell'umorismo caciarone, io comprendo solo lo humour britannico che a voi non fa ridere per nulla, però diciamo che non vi sterminerei dalla faccia della terra.
Anyways, oggi mi rivolgo a voi per suggerirvi...
no, per consigliarvi...
no, per ordinarvi di guardare The Crown!


lunedì 11 aprile 2016

Una notte con la Regina Elisabetta non è così un pain in the ass come si può pensare





Bu...bu...bu...buongiorno ca...ca...cari radiohead...radiologi...radioascoltatori...
O forse si dice solo ascoltatori e basta?
Diciamo buongiorno a tutti e a tutte, che così va meglio.
Sono il vostro caro Re Gio...gion...Jon Bon Jovi...no, ho sbagliato. Volevo dire Gio...Gio...Giorgio. Re Giorgio. Sì, quello famoso per Il discorso del re. Que...que...quello che ogni tanto si impomp...si impappina un po'. Però adesso sono migliorato. Sono stato in cura da un logopedof...ehm, un logopediat...intendevo dire un logopedista e ora la mia dizione come potete sentire è una bomba!

No, non intendevo una bomba vera! Sono qui per il motivo opposto. Sono qui oggi a fare questa fa...fa...fa...fuckin' trasmissione radio, anche se io odio parlare in pubblico, perché ho un importante annuncio da fare. O meglio, un doppio importante annuncio.
Il primo annuncio è: la guerra è finita.

domenica 20 settembre 2015

What We Did on Our Holiday - Un tranquillo weekend di sepoltura





What We Did on Our Holiday
(UK 2014)
Regia: Andy Hamilton, Guy Jenkin
Sceneggiatura: Andy Hamilton, Guy Jenkin
Cast: David Tennant, Rosamund Pike, Ben Miller, Billy Connolly, Emilia Jones, Amelia Bullmore, Bobby Smalldridge, Ron Donachie
Genere: vacanziero
Se ti piace guarda anche: Wish I Was Here, Come ti spaccio la famiglia

Cosabbiamo fatto cuestestate?
Boh. Non melo ricordo +...

A gia, siamo andati al mare!
Credo...

Sì sì sì. Siamo andati al mare. Abbiamo giocato in spiaggia e abbiamo fatto il bagno. Sono diventato bravo a nuotare. O cuasi. Non o + manco usato i braccioli dei Minions. O cuasi.
E stata una vacanza divertente e tutto, pero non e stata una cosa memorabile come cuella di cuel film ke mi a fatto vedere mio zio.
Mio zio di cinema non ne capisce niente! Non a mai visto per intero Cars. E, incredibile ma vero, non gli e piaciuto Gli Incredibili, ke e tipo il mio film preferito di sempre. Eppure cià un blog di cinema, cià.
Visto ke gli piace fare cuello ke propone sempre film strani, anke se cuesto dice ke gliela consigliato il suo amico Massimo, mi a fatto vedere cuesto film mai sentito dal titolo inglese ke non mi ricordo + bene comera. Cuestanno o imparato un po dinglese ma solo cose tipo: yes, no (ke è uguale allitaglano), hello, gudbai e robe del genere. Il titolo di sto film invece e + complicato. Tradotto initaglano cmq significa “Quel ke abbiamo fatto nella nostra vacanza” o cualcosa di simile e mi e piaciukkiato abbastanza. Mio zio a detto ke a tratti e un film un po stile Giffoni e non o capito bene cosa vuol dire. Cosè un Giffoni? E come parla mio zio?
Secondo me e una parolaccia, ma non me lo vuole mica dire, perke dice ke sono troppo piccolo per le parolacce, ma non e mica vero ke sono piccolo. Di intelletto sono + grande di lui! Non ke ci vada molto...

sabato 11 luglio 2015

My Last Fat Diary





My Mad Fat Diary
(serie tv UK, 2013-2015)
Rete britannica: E4
Rete italiana: non ancora arrivata
Creata da: Tom Bidwell, Georga Kay
Basata sul romanzo: My Fat, Mad Teenage Diary di Rae Earl
Cast: Sharon Rooney, Nico Mirallegro, Jodie Comer, Ian Hart, Claire Rushbrook, Dan Cohen, Jordan Murphy, Ciara Baxendale, Darren Evans, Faye Marsay
Genere: piatto ricco mi ci ficco
Se ti piace guarda anche: Skins, Some Girls, Spike Island

Caro pazzo grasso diario,
oggi ti devo raccontare una cosa triste. Non una cosa triste-brutta. Una cosa triste-bella. La serie britannica My Mad Fat Diary è finita. Finita per sempre e io non me l'aspettavo. Non lo sapevo che la terza e conclusiva stagione avrebbe avuto appena 3 episodi. A dirla tutta, non sapevo nemmeno che sarebbe stata la stagione conclusiva.
Un presunto esperto di serie tv come me che non lo sapeva?

lunedì 15 giugno 2015

KINGSMAN - SECRET BLOGGER





Sono ufficialmente aperte le selezioni per diventare un blogger Kingsman.
Non sapete chi sono i blogger Kingsman?
Te credo. Il loro compito è proprio quello di agire in segreto. La loro missione è quella di salvare il mondo un post dietro l'altro, senza che nessuno lo sappia. Io però adesso vi svelo non solo la loro esistenza, ma anche che sono stato invitato a entrare nel loro esclusivo gruppo, di cui vi anticipo solo che fanno parte Beppe Grillo, Andrea Scanzi e Selvaggia Lucarelli. Prima di poter diventare uno di loro, devo però superare una prova: scrivere una recensione del film Kingsman - Secret Service senza menzionare una sola volta 007, o James Bond, o la spia al servizio di Sua Maestà, o come diavolo volete chiamarlo, da qui in poi.
Ce la farò?

Kingsman - Secret Service
(UK 2014)
Titolo originale: Kingsman: The Secret Service
Regia: Matthew Vaughn
Sceneggiatura: Matthew Vaughn, Jane Goldman
Ispirato alla serie a fumetti: The Secret Service di Mark Millar e Dave Gibbons
Cast: Colin Firth, Taron Egerton, Samuel L. Jackson, Mark Strong, Michael Caine, Sophie Cookson, Sofia Boutella, Edward Holcroft, Jack Davenport, Mark Hamill, Hanna Alström
Genere: spione
Se ti piace guarda anche: La regola del sospetto, Kick-Ass, Men in Black, Matrix, Utopia, Barely Lethal

sabato 2 maggio 2015

NORTHERN SOUL, LA MUSICA PRIMA DI SHAZAM





Northern Soul
(UK 2014)
Regia: Elaine Constantine
Sceneggiatura: Elaine Constantine
Cast: Elliot James Langridge, Josh Whitehouse, Antonia Thomas, Steve Coogan, Jack Gordon, Christian McKay, Lisa Stansfield
Se ti piace guarda anche: Quadrophenia, Spike Island, 24 Hour Party People

È curioso notare come nel mondo le cose sembrino cambiare tanto, ma alla fine invece no. Il succo è sempre lo stesso.
Prendiamo Northern Soul, un film ambientato nel 1974. I protagonisti sono due ragazzi più o meno disadattati delle periferie inglesi. D'altra parte non credo di aver mai visto film o una serie tv ambientati nelle periferie inglesi senza ragazzi disadattati. I due amici hanno una grande passione per la musica northern soul. Cos'è la musica northern soul?

"Kledi Kadiu, ballo meglio di te!"

martedì 24 marzo 2015

#ScrivimiAncora #CheFilmPuccioso





#ScrivimiAncora
(UK, Germania 2014)
Titolo originale: Love, Rosie
Regia: Christian Ditter
Sceneggiatura: Juliette Towhidi
Tratto dal romanzo: Scrivimi ancora di Cecelia Ahern
Cast: Lily Collins, Sam Claflin, Jaime Winstone, Suki Waterhouse, Christian Cooke, Tamsin Egerton, Lily Laight, Lorcan Cranitch, Ger Ryan
Genere: #romcom
Se ti piace guarda anche: Questione di tempo, Boyhood, Juno, The First Time, One Day


venerdì 27 febbraio 2015

IL RAGAZZO (MORTO) DELLA VIA GLUE





Glue
(serie tv UK, stagione 1)
Rete britannica: E4
Rete italiana: non ancora arrivata
Ideatore: Jack Thorne
Cast: Charlotte Spencer, Yasmin Paige, Billy Howle, Jordan Stephens, Jessie Cave, Callum Turner, Tommy Knight, Faye Marsay, Tommy McDonnell, Christine Tremarco, Dean-Charles Chapman, Steve Oram
Genere: country thriller
Se ti piace guarda anche: Broadchurch, Southcliffe, Skins, This Is England, Utopia, The Fades, The Missing

Leggendo rapidamente le premesse della nuova serie tv Glue, mi aspettavo un telefilm adolescenziale britannico alla Skins in cui ci scappa il morto, come in Pretty Little Liars.
Così è, ma sopratutto così non è.
Con le serie teen americane in stile PLL Glue ha davvero ben poco a che fare e, a ben vedere, pure con Skins i legami sono piuttosto generici. I protagonisti sono dei ragazzini giovanissimi, certo, eppure la direzione intrapresa da questa nuova serie made in UK non sembra tanto quella del ritratto generazionale, quanto quella del ritratto sociale. Glue è ambientato all'interno di una piccola comunità di campagna composta da ragazzi rom e inglesi che vivono in cascine e roulotte, con genitori pressoché assenti o ben poco presenti. In più, c'è una affascinante componente thriller che riporta alla mente prodotti recenti del piccolo grande schermo britannico come Broadchurch, Southcliffe e The Missing.
Non sembra quindi la classica roba teen consigliata qui su Pensieri Cannibali. Fidatevi. Questa è una serie che può tranquillamente essere seguita anche da un pubblico adulto. Lo so che non ci credete, però eddai, fidatevi.

domenica 30 novembre 2014

GOD HELP THE GIRL, E GOD HELP YOU SE NON GUARDATE QUESTO FILM





God Help the Girl
(UK 2014)
Regia: Stuart Murdoch
Sceneggiatura: Stuart Murdoch
Cast: Emily Browning, Olly Alexander, Hannah Murray, Pierre Boulanger
Genere: indie-pop
Se ti piace guarda anche: Tutto può cambiare, Frank, Skins, Submarine

God Help the Girl è la pellicola d'esordio come regista e sceneggiatore di Stuart Murdoch, il cantante e leader dei Belle and Sebastian. Se li conoscete, saprete già a grandi linee cosa aspettarvi da questo film, che in pratica è la versione cinematografica della loro musica. Provoca la stessa identica sensazione di leggerezza.
Se non li conoscete, smettetela subito di ascoltare quella merda di Vasco, che quando lo mettete su il lettore mp3 vi avvisa che danneggia l'udito, e cominciate a sentire della musica decente, per God!

domenica 5 ottobre 2014

STILL LIFE, LA RECENSIONE SERMONE





Care sorelle e care fratelli,
ci troviamo qui riuniti in questa Santa Sede per dare l'estremo saluto a un nostro caro estinto, Cannibal Kid...

Cannibal Kid???
Ma che razza di nome è? Sarà mica stato un satanista, questo?
Ormai comunque ce lo siamo levati di mezzo, quindi bene così. Un figlio di Satana in meno. In questa Santa Sede vogliamo in ogni caso celebrare il suo ricordo. Cosa ci lascia, questo Cannibal Kid?
Un blog che mi dicono per un certo periodo ha riscosso un discreto successo, un certo Pensieri Cannibali. Personalmente io non ci sono mai stato. Gli unici siti che visito regolarmente sono quello di Famiglia Cristiana e Suoreporche.com.
Da quanto mi hanno riferito, Pensieri Cannibali era un sito che si occupava di intrattenimento e di cinema. È curioso notare come Cannibal Kid sia venuto a mancare proprio guardando un film. Un bel modo per andarsene, per un patito di cinema. Mi hanno detto anche che l'ultima pellicola che stava vedendo era Still Life. Che sia morto di noia guardandola?


Beh, in effetti la prima ora è parecchio sonnacchiosa, però poi si riprende e ha un finale che dire magnifico è ancora limitativo. Io non guardo molti film, però quelli a tematica più o meno religiosa non me li faccio mancare e questo Still Life devo dire che mi ha ricordato Lourdes. Se non l'avete visto vi ricordo che è un film su una suora e i film sulle suore di solito mi fanno venire du palle... eh lasciatemelo dire!
Scusate sorelle, ma come soggetto cinematografico non siete proprio il massimo della vita. Così come non è il massimo della vita il personaggio interpretato dall'efficace caratterista britannico Eddie Marsan, quello con la faccia da tasso, o da topo a seconda dei punti di vista. Uno con la faccia animalesca, in ogni caso. In Still Life il suo ruolo è quello di un impiegato comunale il cui compito è quello di andare a scovare parenti, conoscenti e amici di persone appena decedute che non hanno molti parenti, conoscenti e amici. Un lavoro di una tristezza infinita che svolge da 22 anni fino a che – grazie a Dio e in questa Santa Sede consentitemi di nominarlo invano – viene licenziato e può finalmente pensare di trovarsi un altro impiego.
Il becchino no eh, tutti i lavori tranne quello.

La trama non è quindi il massimo dell'allegria e i ritmi sono parecchio lenti. Questo per quanto riguarda la prima ora di film, quella in cui credo il povero Cannibal Kid abbia lasciato il nostro mondo per andare in un posto migliore. Forse migliore. Io credo che quello, con quel nome lì, sia finito nel peggiore tra i gironi infernali, ma questa è una decisione che solo al Signore spetta.
È un peccato che il nostro amabile resto Cannibal Kid sia schiattato così, perché poi, con molta calma, il film comincia a carburare. Il merito a mio parere è della comparsa in scena di una gran bella fregn... volevo dire di una gran bella donna, Joanne Froggatt, già vista in quella menata di Downton Abbey di cui le amiche suore non si perdono una puntata. La sua apparizione ha risvegliato in me certi istinti sessuali che credevo di aver represso ormai da tanto tempo e invece no, sono ritornati prepotentemente.


Lasciando da parte le riflessioni riguardanti questo gran bel pezzo di donna, Still Life riesce a evitare il solito banale happy-ending, verso cui a un certo punto pareva indirizzarsi, per regalarci una conclusione davvero da applausi. Credo che Cannibal avrebbe apprezzato un finale del genere, peccato abbia lasciato le penne prima. Questi giovani o pseudo giovani d'oggi d'altra parte sono fatti così. Non riescono ad apprezzare un film che si prende il suo tempo, che non spara tutte le sue cartucce subito e lascia il meglio per la chiusura.
Patientiam forti et virtute. La pazienza è la virtù dei forti. Evidentemente Cannibal Kid non era forte abbastanza. E con queste parole su cui meditare a lungo vi lascio, care sorelle e cari fratelli. L'appuntamento è per domenica prossima, solito posto e solita ora, con un mio nuovo sermone. Quanto al povero Cannibal, prematuramente scomparso ma nemmeno troppo prematuramente visto che ormai non era più tanto un ragazzino, lo saluto con un affettuosissimo: ci vediamo all'Inferno!


Still Life
(UK, Italia 2013)
Regia: Uberto Pasolini
Sceneggiatura: Uberto Pasolini
Cast: Eddie Marsan, Joanne Froggatt, Andrew Buchan, Paul Anderson, Tim Potter
Genere: funereo
Se ti piace guarda anche: Departures, Six Feet Under
(voto 6,5/10)

domenica 14 settembre 2014

WALKING ON SUNSHINE, LA STRONCATURA CANTERINA





Walking on Sunshine
(UK 2014)
Regia: Max Giwa, Dania Pasquini
Sceneggiatura: Joshua St Johnston
Cast: Hannah Arterton, Giulio Berruti, Annabel Scholey, Leona Lewis, Katy Brand, Greg Wise, Giulio Corso, Danny Kirrane
Genere: musicarello
Se ti piace guarda anche: Mamma Mia!, Grease, Glee



Il mio rapporto con i musical è storicamente complicato. Non ho mai retto granché quei film, soprattutto quelli della Disney come Mary Poppins ma non solo, in cui la gente all’improvviso si mette a cantare. Perché lo fa? Perché?
WHYYYYYY?
WHYYYYYY?
Tell me
WHYYYYYY?
WHYYYYYYY?



Non so perché si mettono a cantare. So solo che è una cosa che io non sopporto. Negli ultimi tempi però le cose erano cambiate. Tutto per merito di Moulin Rouge!, una pellicola in grado di rileggere in chiave post-moderna il genere, utilizzando dei classici della musica pop degli ultimi decenni, utilizzati all’interno di un’ambientazione di fine Ottocento.
Da lì in poi il musical non è più stato lo stesso e anche sul piccolo schermo il genere è stato riattualizzato in maniera interessante nelle primissime stagioni di Glee, che poi vabbè è svaccato alla grande, ma nei primi tempi era un prodotto originale.
Walking on Sunshine cancella invece i progressi fatti dal musical negli ultimi anni e torna a riproporlo in maniera vecchia e stanca. Come un Grease molto ma molto più imbruttito. O come una replica anonima di Mamma Mia!
L’operazione di ricontestualizzazione delle canzoni è poi fallimentare. Se in Moulin Rouge! l’uso di pezzi moderni inseriti in un contesto antico è geniale, qui il revival 80s è realizzato in maniera molto stereotipata e superficiale. D’altra parte…
Se la mia pelle è nel 2000
e la tua è ancora anni '80
non sai che non si esce vivi dagli anni '80
non si esce vivi dagli anni '80…



Non si conosce bene il motivo per cui i protagonisti del film d’un tratto di mettano a cantare, però le scelte non sarebbe neanche malaccio, a livello musicale. Certo, si tratta di brani stra famosi e non ci si è sbattuti manco un minimo per cercare qualche chicca meno nota del decennio, ma in ogni caso è sempre un piacere riascoltare brani come “Don’t You Want Me” degli Human League, “White Wedding” di Billy Idol, “Holiday” di Madonna, “Girls Just Wanna Have Fun” di Cyndi Lauper, “The Wild Boys” dei Duran Duran o la frizzante title track “Walking on Sunshine” di Katrina and the Waves.
Peccato che le riletture qui proposte siano degne di Amici di Maria de Filippi mentre la banalissima sceneggiatura e i terrificanti dialoghi hanno lo stesso spessore di un’esterna a Uomini e donne, tanto per restare in tema. L’uso dei brani inoltre è eccessivamente didascalico e letterale. Non c’è spazio per una rielaborazione creativa o un minimo di fantasia. Tutto è troppo scontato e prevedibile, un po’ come se io chiudessi questo post citando l’artista più popolare degli 80s, Michael Jackson.
Se la recitazione è a livelli di poracittudine totale, a livello vocale le cose non vanno molto meglio e l’unica a segnalarsi è la popstar Leona Lewis. Come cantante non mi fa impazzire. A livello sessuale però è una libidine e vederla con indosso la t-shirt “Italians do it better” è uno dei pochi – o dovrei dire l’unico? – motivo per sorbirsi questa porcheria. Peccato che non la facciano cantare
Boys, boys, boys
I'm looking for the good time
Boys, boys, boys
I'm ready for your love



Ah no, mi correggo: Leona non è l’unica cosa degna di nota. Anche le ambientazioni del Salento non sono niente male. Solo che per il resto di italiano c’è davvero poco o nulla. Conteso tra la porcella Annabel Scholey e la seriosa Hannah Arterton (sorella di Gemma Arterton), l’unico nostro connazionale presente nel cast insieme a Giulio Corso è il protagonista maschile Giulio Berruti. Bellissimo ragazzo, eh, come modello sono sicuro che funzioni alla grande, però come attore e pure cantante proprio non ci siamo. Per il resto, il “merito” di una schifezza del genere va tutto agli inglesi, in grado per una volta di realizzare un filmetto capace di far rimpiangere, e alla grande, Panarea e vanzinate nostrane varie. Non sarebbe stato male allora se qui dentro ci fosse stata più Italia, perché io sono un italiano, un italiano vero e allora…
Lasciatemi cantare, con la chitarra in mano
Lasciatemi cantare una canzone piano piano
Lasciatemi cantare, perché ne sono fiero
Sono un italiano, un italiano vero.



Se da un punto di vista musicale Walking on Sunshine fa venire voglia di riascoltarsi i pezzi degli anni Ottanta sì, però nelle versioni originali e non in queste riproposizioni da musicarello, da un punto di vista cinematografico fa venire una gran voglia di cambiare del tutto genere. Piuttosto che vedermi un altro schifo di musical come questo, mi faccio una serata thriller…
Thriller night
And no one's gonna save you
From the beast about to strike
You know it's thriller!
Thriller night...
You're fighting for your life
Inside a killer
Thriller tonight, yeah.
(voto 4/10)

martedì 22 luglio 2014

BOY A TA?




Boy A
(UK 2007)
Regia: John Crowley
Sceneggiatura: Mark O’Rowe
Ispirato al romanzo: Boy A di Jonathan Trigell
Cast: Andrew Garfield, Peter Mullan, Katie Lyons, Shaun Evans, Anthony Lewis, Jeremy Swift, Siobhan Finneran, Taylor Doherty, Josef Altin, Skye Bennett
Genere: giustizialista
Se ti piace guarda anche: Rectify, Orange Is the New Black, Jamesy Boy

Le persone meritano una seconda possibilità?
Con persone non intendo un bambino che fa una innocua marachella, un ragazzo fidanzato il cui pene finisce incidentalmente dentro la vagina di una ragazza che non è la sua ragazza, oppure un blogger che definisce sopravvalutata la serie tv Orphan Black salvo poi ricredersi clamorosamente.
Intendo persone come Erika & Omar, o come Amanda Knox, Raffaele Sollecito e Rudy Guede.
Boy A ci presenta un protagonista del genere. Un ragazzo appena scarcerato che anni prima, da bambino, aveva commesso un misterioso crimine. Il suo nome era Eric Wilson ma, una volta fuori di prigione, per mantenere il suo anonimato e permettergli di rifarsi una vita gli vengono affidate una nuova identità e un nuovo nome, Jack Burridge. È giusto permettere a un criminale di rifarsi una vita?

Boy A non si assume la responsabilità o la pretesa di rispondere a una domanda del genere, lasciando la libertà di giudicare allo spettatore. Il film si limita a presentarci la nuova vita di Eric… intendevo di Jack. Si fa un lavoro, si fa una ragazza grassottella soprannominata “balena bianca” perché è un po’ in carne ma nel complesso non è niente male, e si fa degli amici. Esce, beve, si fa di ecstasy, va sulle giostre, balla sulle note di “Drop the Pressure” di Mylo. La vita normale di un ragazzo qualunque di oggi, a parte il fatto che non siamo più nei primi Anni Zero e oggi si balla e ci si sballa sulle note di Skrillex, Calvin Harris o Avicii e non di Mylo. Attraverso dei flashback molto “lostiani”, o se preferite “orangeisthenewblackiani”, riviviamo inoltre il suo passato, quanto era accaduto anni prima quando era un bambino. Tra passato e presente il film, tratto dall'omonimo romanzo di Jonathan Trigell a sua volta ispirato a un vero fatto di cronaca, sa raccontare molto bene la sua storia, senza cedere a patetismi di sorta e senza scadere nello stile morboso da tv del dolore. Lo stile del regista John Crowley è ancora acerbo in alcuni momenti, come nella scena dell’ecstasy in cui si sarebbe potuto lasciare andare di più, ma la pellicola, inizialmente concepita per la televisione e poi presentata in vari festival cinematografici, si innalza grazie soprattutto alla costruzione della psicologia del protagonista realizzata da un giovane eppure già grande attore.

Un interprete noto soprattutto per una saga supereroistica merita una seconda possibilità?
Se se la meritano degli assassini anziché finire dal boia, non vedo perché no. Andrew Garfield è oggi conosciuto principalmente per The Amazing Spider-Man 1 e 2 (e presto 3) eppure, per quanto nei panni di Peter Parker se la cavi bene, sono altre le sue interpretazioni più memorabili. Il giovane Gatto Garfield ha lasciato il segno dei suoi artigli in ruoli da comprimario in The Social Network, Leoni per agnelli, Parnassus e Non lasciarmi, però la sua prima parte cinematografica, e a oggi la sua prova recitativa più intensa è sofferta, è questa qua in Boy A. Sebbene se la giochi anche con il suo recente ruolo da travestito (questa volta non da Uomo Ragno) nell’ultimo video degli Arcade Fire “We Exist”.



Questo Boy A, recuperato sotto minaccia dietro consiglio di Mr. Ink che ringrazio, merita quindi di essere visto per la splendida prova di Andrew Garfield e poi perché fa riflettere. Le persone meritano una seconda possibilità?
E io, io la merito una seconda possibilità, nonostante tempo fa abbia preso una cantonata clamorosa sulla serie Orphan Black?
(voto 7+/10)



Piccolo spazio (auto)promozionale
Questa sera mi raccomando non perdetevi la Notte Horror.
Dalle ore 21:00 qui su Pensieri Cannibali.

domenica 29 giugno 2014

IL DOPPIO VOLTO DI THE DOUBLE




The Double?
E che è?
Quel thrillerazzo con Richard Gere di un paio di anni fa?
No? C’è un altro film che si chiama The Double? Cos’è, uno scherzo? Una pellicola che si chiama The Double ha un doppio?
Ah sì, ora ricordo. L’ho pure visto e non c’entra niente con quell’altro The Double. Questo me l’ha consigliato quello scimunito di Kid. Lui si commuove sempre per questi film stramboidi pseudo autoriali intellettuali del cazzo girati da qualche sconosciuto autore emergente britannico. Per lui The Double è stata una visione magnifica, originale, toccante…
Ma va a cagher, Kid! Vattelo a pigliare in quel posto, una buona volta!
The Double è il filmetto di un regista che si fa le seghe con le videocassette di David Lynch e David Cronenberg, senza però possedere la visionarietà del primo, né la crudezza carnale del secondo. È solo la storiella di Simon, un nerd sfigato stalker con la faccia del coglione che ha inventato Facebook, innamorato della Vaginoska, che ovviamente non riuscirà mai e poi mai a scoparsi. Chi riesce a farsela, e alla grande, è invece il suo doppio figo, ovvero James. Lui sì che è l’idolo del film, quello che mi ha fatto destare dal coma in cui ero caduto nella prima parte. Grazie al suo arrivo, la pellicola assume contorni da thriller avvincente. Non al livello del capolavoro dallo stesso titolo con il grande Richard Gere, ma se non altro sono riuscito ad arrivare a fine visione. Sveglio.
La prossima volta però ci penso bene prima di guardarmi un film sponsorizzato da quello sfigato di Kid. L’ultima pellicola decente che ha consigliato è stata Piranha 3D dove più che piranha c’era un sacco di patata. Un altro thriller-dramma kafkiano tratto da Dostoevskij invece col cazzo che me lo guardo!
Cannibal
(voto di Cannibal 5/10)


Vi chiedo scusa fin da subito se ruberò qualche minuto del vostro prezioso tempo, ma oggi vorrei portare alla vostra gentile attenzione un film che mi ha molto colpito. The Double è l’opera seconda di Richard Ayoade, attore della serie The IT Crowd che aveva debuttato come regista con il folgorante Submarine, uno degli esordi più sorprendenti del cinema britannico e non solo degli ultimi anni. Scordatevi però le atmosfere hipster da Wes Anderson inglese di quella splendida pellicola, perché qui abbiamo tutto un altro mood. Qui siamo dalle parti di un incubo a occhi aperti, un incrocio tra il mondo malato di David Lynch e quello perverso di David Cronenberg, riletto però in una chiave più leggera, non troppo distante dalla visione di un Michel Gondry o di uno Spike Jonze. Senza dimenticarsi pure di aggiungere all'insieme un certo tocco alla Terry Gilliam e una punta di cignesco Darren Aronofsky. Qual è però la vera fonte di ispirazione principale del film?
The Double è liberamente tratto dal romanzo ottocentesco Il sosia di Fëdor Dostoevskij perché, ebbene sì, forse dal titolo potevate già averne il sospetto, viene qui affrontato l’eterno tema del doppio. Una vicenda grottesca dai contorni kafkiani da cui, nonostante tutti i confronti con i nomoni cinematografici e letterari finora menzionati, il giovane regista Ayoade, anche grazie al fratello di Harmony Korine Avi Korine che ha partecipato come co-sceneggiatore, ha tirato fuori una pellicola che si smarca da simili paragoni. I richiami importanti sono molti, questo è certo, eppure lui è riuscito a creare una dimensione sua, un universo parallelo dotato di una sua coerenza. E dotato di una sua bellezza.
In un cast in cui in vari ruoli minori troviamo molti attori del suo precedente Submarine, più il musicista J. Mascis dell’alternative-rock band Dinosaur Jr., a spiccare è soprattutto la splendida (doppia) prova recitativa del protagonista Jesse Eisenberg, proprio il Mark Zuckerberg di The Social Network, che riesce a caratterizzare bene due personaggi tanto identici a livello fisico tanto opposti in quanto a comportamento. Se nella parte del perfido cattivone James è convincente, a toccare le corde dell’anima è soprattutto la sua interpretazione di Simon, il povero Simon di cui nessuno si ricorda mai e che passa inosservato sotto lo sguardo dell’assurdo, folle mondo in cui vive. Il povero Simon che si sente come Pinocchio: solo un burattino e non una persona vera. Il suo amore per Mia Wasikowska, come sempre affascinante nel suo magnetico misterioso modo, è straziante. La sua vita è straziante. Se a livello visivo la pellicola è splendida ma non ancora al livello di un Lynch o di un Cronenberg dei tempi d’oro, il suo punto di forza sta in una grande, profonda umanità. Non importa allora che la tematica del doppio non sia così di primo pelo, The Double non parla soltanto al cervello, non conquista solo gli occhi, ma si rivolge soprattutto al cuore. Se non vi emozionerà almeno un pochino, mi scuso con voi ma ve lo devo dire: siete proprio delle persone malvagie.
Kid
(voto di Kid 9/10)


The Double
(UK 2013)
Regia: Richard Ayoade
Sceneggiatura: Richard Ayoade, Avi Korine
Ispirato al romanzo: Il sosia di Fëdor Dostoevskij
Cast: Jesse Eisenberg, Jesse Eisenberg, Mia Wasikowska, Wallace Shawn, Sally Hawkins, Paddy Considine, Chris O’Dowd, Craig Roberts, Noah Taylor, Cathy Moriarty, Phyllis Somerville, Yasmin Paige, James Fox, J. Mascis
Genere: grottesco
Se ti piace guarda anche: Mood Indigo – La schiuma dei sogni, Brazil, Inseparabili, eXistenZ, Il cigno nero
(voto di Cannibal Kid 7/10)

sabato 3 maggio 2014

GUIDA GALATTICA ALLA MUSICA BRITPOP




Indovinello: qual è quell’animale che cento ne pensa e cento ne fa?
Esatto, il Cannibale. Un animale strano, selvatico, che non pago di aver creato già classifiche e liste assortite di tutti i tipi, come la serie della vergogna e quella della crescita, adesso ha ideato un modo nuovo per propinarvi le sue Top 10.
Questa volta la scusa è di fare delle Top Dieci dedicate ad alcuni generi e sottogeneri musicali, rivisti sempre attraverso l’ottica cannibale, ovvio. Ad aprire le danze ci pensa un genere con cui l’animale Cannibale è stato allevato: il Britpop.


Se da buoni babbani non sapete cos’è, vi dico brevemente che è stata quella scena musicale sviluppatasi in Gran Bretagna – dal nome l’avreste mai detto? – nel corso degli anni ’90. Le radici del genere si possono trovare nei 60s, con band fondamentali come Beatles, Rolling Stones e Kinks, così come nel glam-rock 70s di David Bowie, ma un’influenza enorme l’hanno giocata anche gruppi successivi come Smiths e Stone Roses.
Da queste basi, nel corso degli anni ’90 e a partire dal 1993-94 circa, in tutto il Regno (Unito) c’è stato un enorme fermento musicale e sono salite alla ribalta un sacco di band dal suono pop-rock, che oggi potremmo definire indie-rock, ma che allora chiamavamo Britpop. Tra i primi a ottenere una grande notorietà ci sono stati gli Suede con il loro look androgino e il loro sound glam, ma l’apice della popolarità il genere l’ha toccato con la rivalità epica tra Blur e Oasis, alimentata da sfide a colpi di grandi canzoni e di battibecchi verbali, puntualmente riportati dalle riviste inglesi più cool del periodo, NME e Melody Maker.
Da lì in poi la scena si è ingigantita, sono nate un sacco di band cloni, non solo in Gran Bretagna ma ovunque, persino in Italia, dove c’erano i Lunapop che prendevano in prestito pezzi dagli Ocean Colour Scene, i Super B che scimmiottavano i Blur, Daniele Groff che imitava (malamente) gli Oasis. Qualcuno se li ricorda?
Verso la fine degli anni ’90 l’interesse nei confronti della scena, come per tutte le scene, è scemato, e il Britpop è passato di moda ma ora, a 20 anni di distanza, è tempo di revival. Per fare un tuffo in quel periodo potete dare un’occhiata alla serie My Mad Fat Diary e dare un ascolto alla mia playlist su Spotify, nonché alla mia immancabile Top 10 qui sotto.



Top 10 canzoni Britpop (secondo Pensieri Cannibali)

10. Charlatans “One to Another”



9. Elastica “Connection”



8. Supergrass “Alright”



7. Bluetones “Slight Return”



6. Mansun “Wide Open Space”



5. The Verve “Bittersweet Symphony”



4. Oasis “Live Forever”



3. Pulp “Disco 2000”



2. Blur “The Universal”



1. Suede “Beautiful Ones”

domenica 13 aprile 2014

SPIKE ISLAND, ALLA RICERCA DEGLI STONE ROSES E DELLA… KHALEESI




Spike Island
(UK 2012)
Regia: Mat Whitecross
Sceneggiatura: Chris Coghill
Cast: Elliott Tittensor, Nico Mirallegro, Jordan Murphy, Adam Long, Oliver Heald, Emilia Clarke, Chris Coghill, Matthew McNulty, Michael Socha, Lesley Manville, Antonia Thomas, Paul Popplewell, Ciara Baxendale, Kaya Scodelario
Genere: musicale
Se ti piace guarda anche: My Mad Fat Diary, Not Fade Away, Quasi famosi, The Inbetweeners

Ci sono eventi musicali che segnano una generazione. Woodstock è il primo che mi viene in mente. Oggi ci sono un sacco di festival più fighetti e hipster, come il Coachella attualmente in corso, il South by Southwest o il Bonnaroo, anche se in quanto a notorietà e a impatto culturale niente di paragonabile con il festivalone simbolo degli anni ’60 e della cultura hippie. L’unico che per importanza si è forse avvicinato un pochino è stato negli anni ‘90 il Lollapalooza, l’evento alternative rock diventato pure protagonista dell’episodio dei Simpson Homerpalooza.
Per qualcuno un “pochino” più sfigato, l’eventone musicale pubblico della vita è stato la registrazione di una puntata del Karaoke con Fiorello nella piazza della propria città, mentre per i giovani dei primissimi anni ‘90 delle periferie delle città inglesi, e di Manchester in particolare, l’apice è stato Spike Island. What the fuck is Spike Island?


Spike Island è un’isola. Sorpresi? Per entrare più nello specifico, si tratta di una isoletta nel nord ovest dell’Inghilterra, una zonaccia piena di industrie abbandonate. È in questo luogo simbolo della decadenza post-industriale che gli Stone Roses hanno deciso di tenere un loro mega concerto storico. Who the fuck are The Stone Roses?

Gli Stone Roses
Gli Stone Roses sono stati una delle più grandi band britanniche di tutti i tempi, giusto per non esagerare, sebbene qui in Italia non siano mai stati popolarissimi, ancor meno degli Smiths. Gli Smiths sono stati tra i gruppi più importanti di sempre, eppure se chiedi a qualcuno in strada se li conosce, la maggior parte della gente ancora ti guarda male, mentre tutti, ma proprio tutti, conoscono Vasco, e a molti piace pure. Perché vivo ancora in Italia?

Comunque… Gli Stone Roses sono stati una band fondamentale che avrebbe poi ispirato gran parte del Britpop giunto qualche anno dopo, i concittadini Oasis in particolare, oltre ad aver contribuito a cavallo tra fine 80s e inizio 90s alla nascita della cosiddetta scena di Madchester. Un movimento di cui si è parlato anche nel film 24 Hour Party People e un tipo di musica riecheggiato di recente nella colonna sonora dell’ultimo episodio della Trilogia del Cornetto, La fine del mondo. Nonostante nella loro breve carriera abbiano pubblicato appena un paio di album, l’omonimo The Stone Roses, capolavoro e pietra miliare immediata della musica British, e il travagliato e criticato Second Coming, il segno che hanno lasciato è stato profondo. D’altra parte, anche altri gruppi fondamentali come Sex Pistols, Joy Division e Nirvana non hanno avuto bisogno di decine di lavori per restare impressi nella Storia. Se non conoscete gli Stone Roses dunque è un male, ma potete comunque recuperare guardandovi proprio questo film, Spike Island.

Spike Island racconta il tentativo di andare al concerto degli Stone Roses di un gruppo di 5 ragazzi di Manchester. Gruppo sia nel senso di gruppo di amici che di band musicale in erba. I 5 fanno parte degli Shadow Caster e, nel caso aveste dubbi in proposito, hanno un sound molto simile a quello dei loro idoli Stone Roses. Sono dei ragazzotti tipicamente inglesi, sbruffoni e strafottenti. Dei tipi alla Noel e Liam Gallagher, dei simpaticoni del genere. In quanto sprovveduti cazzari, i 5 si recano a Spike Island sprovvisti di biglietto e sperano di entrare al concerto in qualche modo truffaldino, all’italiana insomma. Ce la faranno?

Una cosa che NON ci mancherà degli anni '90: il taglio a scodella.
Questo è un quesito che ci si pone ma, non essendo un thriller, non è certo una domanda fondamentale. L’importante non è tanto quello, quanto il viaggio, il vivere quest’avventura insieme, come amici, come gruppo. Spike Island è un film fortemente musicale, che ha il suo punto forte nel far respirare l’atmosfera di quegli anni. A livello di colonna sonora è, com’è facile immaginare, un inno d’amore nei confronti degli Stone Roses. Se non sapete chi sono, imparerete ad amarli. Se invece già li conoscete, dopo la visione di questo film sentirete le loro canzoni con ancora maggiore trasporto emotivo. Sotto questo punto di vista, è una pellicola perfetta. Laddove Spike Island non riesce a fare il salto di qualità per diventare un cult cinematografico sta in una sceneggiatura troppo prevedibile. Ognuno dei ragazzi della band porta con sé al concerto il suo bagaglio di vita vissuta complicata, c’è chi viene picchiato dal padre e chi invece ha il papà in ospedale in fin di vita, così come tra un paio di membri della band nascerà un conflitto. I membri della band coinvolti sono naturalmente il cantante da una parte e il chitarrista/autore principale delle canzoni dall'altra. Un classico. Un altro classico è il loro essere in conflitto non solo e non tanto per la leadership del gruppo, quanto per una ragazza. E chi è questa ragazza sfasciaband?
Emilia Clarke.
Scusate se è poco.

"Ma quanto sono pucciosa?"

"Khaleesi, sguinzaglia i tuoi draghi e facci entrare al concerto!"
Ecco, se non ve ne frega un cazzo della musica inglese, un più che valido motivo per recuperare questo film è la presenza della Khaleesi, o se preferite ormai Mhysa, sebbene sia qui presente con un ruolo e in abiti del tutto differenti da quelli vestiti e svestiti in Game of Thrones.
Se invece non siete patiti di musica inglese e manco di Game of Thrones, potreste essere interessati a questa pellicola se siete fan delle serie British. Troviamo infatti qui le basi della gang di Rae in My Mad Fat Diary, il bello Nico Mirallegro, qui alle prese con un ruolo più da sfigato, lo scemo Jordan Murphy, che pure qui ha la parte dello scemo di turno, e in una minuscola parte pure la rossa Ciara Baxendale. Inoltre rispondono presente all’appello Elliott Tittensor che è stato per anni interprete del bulletto Carl Gallagher in Shameless UK e inoltre nella vita reale è il fortunello boyfriend di Kaya Scodelario, che pure compare in un cameo. Nel cast della pellicola ci sono quindi anche Antonia Thomas, l’attizzapiselli di Misfits, e Michael Socha, l’amichetto di Alice in Once Upon a Time in Wonderland.

Fan degli Stone Roses, fan di Game of Thrones, fan di My Mad Fat Diary e fan di ciò che è made in UK in generale, ho quindi dato a tutti voi almeno un buon motivo per andare a cercare questo piccolo film inglese. Una pellicola dal forte gusto musicale che, sebbene non possieda lo stesso sapore di un Quasi famosi e sia privo di personaggi, battute o una storia particolarmente originali o memorabili, si lascia guardare con grande piacere e fa venire voglia di scoprire qualcosa di più di quel periodo, i primissimi anni ’90. E, soprattutto, fa venire una gran voglia di mettere su quel primo fenomenale omonimo album degli Stone Roses.
(voto 6,5/10)

martedì 18 marzo 2014

IL LERCIO. E NIENTE, IL TITOLO È GIÀ BELLO COSÌ




"Benvenuti su Pensieri Cannibali!"
Filth - Il lercio
(UK 2013)
Titolo originale: Filth
Regia: Jon S. Baird
Sceneggiatura: Jon S. Baird
Tratto dal romanzo: Il lercio di Irvine Welsh
Cast: James McAvoy, Shauna Macdonald, Eddie Marsan, Shirley Henderson, Imogen Poots, Jamie Bell, Joanne Froggatt, Kate Dickie, Iain De Caestecker, Pollyanna McIntosh, Natasha O’Keeffe
Genere: sporco
Se ti piace guarda anche: Trainspotting, Un poliziotto da happy hour, In Bruges, The Acid House, American Psycho, The Wolf of Wall Street

Irvine Welsh. Sono cresciuto con Irvine Welsh. Non è che siamo andati a scuola insieme o altro. Sono cresciuto con lui nel senso che il suo Trainspotting è stata una lettura per me fondamentale. Un po’ come la Bibbia per un cristiano. Per me è un Libro Sacro che ha influenzato il mio modo di scrivere e anche di vedere il mondo. Ma no, non mi ha inizato all’eroina.
Ho frequentato altri libri di Welsh, di recente mi sono ri-innamorato del suo stile grazie a Porno, il sequel proprio di quel fenomenale Trainspotting, mentre invece non ho letto Il lercio. Per colmare questa lacuna arriva in mio soccorso ora la sua versione cinematografica, quarto adattamento per il grande schermo di un lavoro welshiano dopo il cult tossico Trainspotting girato da Danny Boyle, il non troppo riuscito The Acid House e l’inedito dalle nostre parti Irvine Welsh’s Ecstasy.
Nonostante sia diretto dall’ancora un po’ acerbo Jon S. Baird, Il lercio è un film in qualche modo debitore dello stile di Danny Boyle, il Boyle dei tempi migliori e non quello bollito del recente fallimentare In Trance. Un Boyle richiamato attraverso un montaggio adrenalinico e un ritmo sfrenato, oltre a un bell’uso della colonna sonora. Soprattutto è una pellicola debitrice dello stile di Welsh, per quanto riguarda dialoghi espliciti, personaggi più stronzi inside che buoni outside e situazioni al confine tra grottesco e farsesco.

Di cosa parla, Il lercio?
Ve lo dico anche, di cosa parla, però non prestateci troppa attenzione. Come spesso accade, non è tanto importante cosa si racconta ma come la si racconta.
La trama sa di già sentito. Ci troviamo di fronte a un caso di omicidio abbastanza banale. Un ragazzo viene ucciso in un sottopassaggio da una gang di teppisti davanti agli occhi di una testimone. Sull’assassinio indaga un team di investigatori che comprende Bruce Robertson, il lercio del titolo, interpretato da un James McAvoy finalmente brutto, sporco e cattivo. Brutto per quanto McAvoy possa esserlo, ma sporco e cattivo, quello sì. Bruce è un pezzo di merda. È sposato e ha una figlia, ma scopa in giro, beve e si droga, maltratta tutti quelli che gli capitano sotto il naso e il suo unico scopo nella vita pare quello di avere la promozione a ispettore capo.

"Davvero piacevole la tua musica! Quasi quanto quella di Antonella Ruggiero..."
Questa è la trama a grosse linee, non è un granché, ve l’ho detto, ma alla pellicola non interessa raccontare tanto le indagini o il caso da risolvere in sé, come la maggior parte delle pellicole thriller banali farebbero. Qui si racconta più che altro la discesa negli inferi personali del protagonista, nella sua vita dissoluta, passando attraverso i suoi demoni interiori, i suoi intrallazzi, le sue deliranti (dis)avventure, le sue visioni lerce. Siamo dalle parti del Jordan Belfort di The Wolf of Wall Street, solo in versione scozzese, economicamente più modesta e con un’ambientazione poliziesca anziché nell’alta finanza… sì, in pratica i due film non c’entrano una mazza l’uno con l’altro, se non per lo sprofondare nel delirio esistenziale dei loro protagonisti e soprattutto per l’effetto tossico che provocano. Entrambe le visioni fanno l’effetto di una droga. Stai attaccato tutto il tempo a vederli, con un misto di euforia e disgusto, eccitazione e repulsione. Il lercio non riesce a raggiungere gli stessi vertici cinematografici e dopanti del recente capolavoro di Scorsese, questo no, eppure riesce a creare un effetto parecchio travolgente. Inoltre, com’è tradizione con le pellicole made in Britain, sono garantiti i soliti elevati standard recitativi, grazie a un validissimo cast che, oltre a un McAvoy imbastardito, sfoggia il caratterista fuoriclasse Eddie Marsan, più Jamie Bell ex Billy Elliot e prossima Cosa dei Fantastici 4, la simil-Scarlett Johansson Imogen Poots, la trainspottinghiana Shirley Henderson, l’affascinante Joanne Froggatt prelevata da quella menata di Downton Abbey, il giovane Iain De Caestecker (The Fades e Agents of S.H.I.E.L.D.) e il sempre bravo Martin Compston (Sweet Sixteen, La scomparsa di Alice Creed, Sister, etc).
Se cercate un classico thriller, non è questa la scelta ideale. Se invece siete alla ricerca di qualcosa di zozzo, malato, deviato, qualcosa di lercio insomma, non lasciatevelo sfuggire. È folle, alcuni passaggi non sono del tutto azzeccati, il finale può lasciare piuttosto spiazzati, ma è una bella botta.
(voto 7+/10)

P.S. Come al solito il film si trova in lingua originale con sottotitoli, mentre non vi sono ancora notizie riguardo a una sua eventuale distribuzione italiana.


"Arrivederci da Pensieri Cannibali!"

martedì 29 ottobre 2013

TRUTH OR DARE, OBBLIGO O VERITA’?




Truth or Dare
(UK 2012)
Regia: Robert Heath
Sceneggiatura: Matthew McGuchan
Cast: Liam Boyle, Jennie Jacques, Florence Hall, Tom Kane, Jack Gordon, Alexander Vlahos, David Oakes, David Sterne, Jason Maza
Genere: giochi malati
Se ti piace guarda anche: The Loved Ones, Quella casa nel bosco, Mother’s Day, Skins

Obbligo o verità?
Non vi potete tirare indietro, siete obbligati a giocare. Avete paura?
Va bene, allora inizio io.

Verità: Cannibal Kid non è il mio vero nome. Proprio così, l’avreste mai detto? All’anagrafe sono registrato come Marco Goi. Cannibal Kid sarebbe risultato un po’ troppo strano, pensate un po’ in che paese viviamo.

"La volete una bottiglia di vino del Monferrato?"

Ora è il vostro turno.
Scegliete obbligo?
Bene, vi obbligo a trovare un teen horror movie recente migliore di questo Truth or Dare. Non che sia un capolavoro, non che sia qualcosa di così originale o mai visto prima nella storia del mondo, eppure è una pellicola ben costruita, tesa il giusto, con un livello di cattiveria parecchio alto che mi ha ricordato l’australiano The Loved Ones, forse perché anche in questo film britannico viene messa in scena una storia di vendetta malata e perversa. Esagerata? Sì. Assurda? Certo. In qualche modo, Truth or Dare riesce però a schivare i rischi di precipitare nel ridicolo, come capita a molti thriller e horrorini in circolazione e, nonostante qualche forzatura, riesce a regalare il ritratto di una gioventù brutale, più che bruciata. Senza nemmeno eccedere con lo splatter, cosa che per qualcuno rappresenterà un difetto, per me no, perché che palle lo splatter, diciamolo. Quanti filmetti splatteroni vogliono nascondere dietro il sangue la mancanza totale di idee?
Ho per caso menzionato il remake de La casa?
No, e allora non rompete.

"Il Trivial Pursuit non si trovava da nessuna parte e così ci siamo dovuti arrangiare diversamente..."

Verità: Truth or Dare è uno degli horror che mi sono piaciuti di più negli ultimi tempi. Il fatto che non sia poi tutta 'sta gran cosa la dice lunga sullo stato del cinema di paura attuale, che quest’anno ci ha regalato più schifezze che visioni degne di nota, ma tant’è.
Truth or Dare è ben diretto, mantiene un buon ritmo dall’inizio alla fine, è accompagnato da una buona colonna sonora (gli inglesi in questo non si smentiscono mai), ha una trama consueta, che gioca con il solito stereotipo del gruppo di ragazzi in una cabin in the woods e, pur non proponendo trovate sorprendenti come Quella casa nel bosco, si lascia guardare senza annoiare. Si può dire che i personaggi siano tagliati un po’ con l’accetta, tanto per usare un’espressione horror, e non escano granché dalle consuetudini degli archetipi teen: c’è la super bitch (la notevole Jennie Jacques), la bambolina viziata (la caruccia Florence Hall), il bravo ragazzo (Liam Boyle, che appare cattivissimo invece nell’episodio finale di Skins), lo spacciatore (Alexander Vlahos), lo spaccone (Jack Gordon), il nerd (Tom Kane) e lo psycopatico (David Oakes visto in The White Queen). Nonostante ciò, i giovani attori si comportano bene e riescono a dare vita a un gioco, a una vicenda e a un film sufficientemente malati.

"No, non è un costume di Halloween. Mi sono volontariamente truccata così. Problemi?"

Obbligo o verità?
Scegliete obbligo?
Bene, allora vi obbligo a vedere questo film.

Verità: non ve ne pentirete.
(voto 6,5/10)

Altra verità: dopo quello su Dark Skies - Oscure presenze, anche questo post fa parte della Special Cannibal Halloween Week.




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