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lunedì 18 novembre 2019

Midsommar - Il dannato film che vi farà passare la voglia di andare in Svezia




Midsommar - Il villaggio dei dannati
Regia: Ari Aster
Cast: Florence Pugh, Jack Reynor, William Jackson Harper, Will Poulter, Vilhelm Blomgren, Isabelle Grill


Un gruppo di amici decide di andare a fare le vacanze estive in Svezia. Per chi non lo sapesse, la patria suprema della Figa. Raccontato così sembra lo spunto ideale per una commedia goliardica leggera leggera. Un misto tra Sapore di mare ed EuroTrip. Invece il trip, perché di trip più che di film si tratta, finisce dalle parti di Hostel. E anche peggio. Roba che i protagonisti di Midsommar a un certo punto credo rimpiangano di non essere i protagonisti di Hostel.

mercoledì 15 agosto 2018

Un ponte per le vacanze





Il ponte Morandi per me era il simbolo dell'inizio delle vacanze. Una volta passato, tiravo un sospiro di sollievo e sapevo di essere in ferie. Un sospiro di sollievo perché un po' avevo finito per temerlo, quel tratto. Colpa di mia sorella, che lo considerava a rischio già da tempo, e colpa del mio migliore amico, che ne era letteralmente terrorizzato. Una volta mentre lo passavamo era stato quasi colpito da un attacco di tachicardia e io lo prendevo in giro per questo. Alla fine però ha avuto ragione lui, purtroppo.

mercoledì 3 luglio 2013

SPRING BREAKERS E LA FAFFANCULO GENERATION





Spring Breakers - Una vacanza da sballo

(USA 2012)
Titolo originale: Spring Breakers
Regia: Harmony Korine
Sceneggiatura: Harmony Korine
Cast: Ashley Benson, Vanessa Hudgens, Selena Gomez, Rachel Korine, James Franco, Gucci Mane, Heather Morris, Sidney Sewell, Thurman Sewell
Genere: vacanziero esistenzialista
Se ti piace guarda anche: Kids, Bully, Elephant, Trainspotting, Kaboom, Doom Generation, Ecstasy Generation, Le regole dell’attrazione, The Tree of Life

Spring Breakers è la storia di quattro fanciulle che hanno un sogno. Un sognone della Madonna. Andare allo Spring Break, le vacanze primaverili, in Florida. Questo sì che si chiama avere obiettivi importanti nella vita. Per questo e per altri motivi, Spring Breakers è il manifesto perfetto della Faffanculo Generation di oggi.
Cos’è la Faffanculo Generation?
Non lo sapete? Sfigati! Comunque è normale non sapere cos’è perché me lo sono inventato or ora sul momento. La Faffanculo Generation per come l'ho pensata io adesso è la degna erede della Yuppie Generation degli anni ’80, quella ritratta nei libri di Bret Easton Ellis, e della Generazione X, quella nichilista, grunge, apatica e autodistruttiva degli anni ’90, così come della Doom Generation e della Ectasy Generation raccontate negli omonimi film di Gregg Araki, e pure dei kids di Kids e Gummo. E qui arriviamo all’Autore di Spring Breakers, l’uomo il genio il mito Harmony Korine, sceneggiatore proprio di Kids e regista/sceneggiatore di Gummo, due film che hanno ridefinito l’estetica e le tematiche del cinema alternativo americano e non solo dei 90s, così come inventato lo stile indie ancora prima che lo stile indie esistesse. Dopo aver continuato a sguazzare con piacere in quel tipo di cinema con le sue successive pellicole Julien Donkey-Boy, Mister Lonely e Trash Humpers, Harmony Korine è ora emerso con un film più pop nella fattura esteriore, ma con al suo interno un koricino che continua a battere per l'alternative, trovando il punto di congiunzione perfetto tra arte e commercio, forma e contenuto, pop e indie. E faffanculo se il pubblico alternativo storcerà il naso di fronte a una pellicola con le reginette Disney Selena Gomez e Vanessa Hudgens tra le protagoniste. E faffanculo se il pubblico di massa che sperava di trovarsi di fronte a una spensierata commedia goliardica e/o sentimentale invece si ritrova per le mani e per gli occhi un’Opera arty esistenzialista.
E faffanculo pure la Faffanculo Generation.

Ammazza, manco le Pretty Little Liars avrebbero il coraggio di vestirsi così!
Ma che cos’è, allora, questa Faffanculo Generation, che prima ho divagato come al solito?
È la generazione di oggi, senza valori e senza ideali, il cui unico credo sono tette + soldi a palate, il cui unico scopo è divertirsi e sballarsi per il puro piacere del divertirsi e dello sballarsi. Da non confondere con la Vaffanculo Generation dei grillini e dei movimenti di piazza. La Faffanculo Generation è parte del sistema, non protesta contro qualcosa, non ha nemmeno la forza di gridare: "Vaffanculo!", al massimo uno scazzato: "Faffanculo". È la generazione che cerca di colmare il proprio vuoto esistenziale con un party perenne, come già capitava in un altro trattato filosofico su questa epoca, Project X. Non si può manco dare la colpa alle droghe. Quelle c’erano pure negli anni ’60/’70, insieme però all’impegno sociale e all’attivismo politico, così come nei 90s, quando pur venendo meno i valori politici rimpiazzati dal nichilismo vi era ancora spazio per cultura, arte, ricerca della bellezza. La Faffanculo Generation sembra invece più che altro riprendere i non-valori degli yuppie paninari anni ’80, con la decadenza new-wave sostituita da un vago stile gangsta.
Spring Breakers non rappresenta TUTTI i giovani d’oggi, questo è ovvio, però è un ritratto generazionale di quelli come negli ultimi anni se ne sono visti sempre meno. Perché la Faffanculo Generation è talmente fancazzista da non avere nemmeno voglia di autorappresentarsi su pellicola. La Faffanculo Generation è oltre il cinema e preferisce postare video idioti su YouTube, come questo "#Sbatti"...



Scegliendo di rappresentare questa generazione vuota, non significa che il film di Harmony Korine sia automaticamente vuoto. Tutt’altro. Così come già capitava a un’altra pellicola iperpatinata come Magic Mike di Steven Soderbergh, bisogna guardare oltre all’appariscente e scintillante superficie, oltre muscoli e bocce, per trovare una pellicola che non si limita a riflettere la generazione mostrata. Spring Breakers riflette piuttosto la decadenza dell’intera civiltà occidentale, a cui manca persino il citazionismo cazzaro degli anni ’90 degli eroinomani di Trainspotting. Le protagoniste di Spring Breakers non parlano di niente, vanno all’università e mentre il docente spiega le rivolte sociali degli anni ’60 loro disegnano dei cazzi, l’unica attività di tipo culturale in cui le si vede impegnate è la visione di un cartone animato per bambini su internet. Per il resto niente. Il nulla assoluto. Amano ballare, ma non amano in modo particolare la musica, a parte Britney Spears, icona e simbolo di questa generazione tanto quanto poteva esserlo Kurt Cobain per quella grunge dei 90s. Harmony Korine sceglie in maniera molto intelligente di far diventare Britney una protagonista aggiunta della pellicola, con la sua hit “…Baby One More Time” cantata in coro dalle spring breakers e soprattutto con la scena grandiosa in cui James Franco, (pseudo) gangsta-rapper con cui fanno amicizia le girls, intona al piano una delicata versione di “Everytime”. Si può dire quel che si vuole su Britney e la sua musica, ma “Everytime” è una delle canzoni di pop commerciale più belle mai incise nella storia del pop commerciale.



Al di là della componente più prettamente pop, la colonna sonora del film va giù soprattutto di hip-hop, con una distorta “Moment 4 Life” di Nicki Minaj e Drake ad accompagnare il magnifico mini piano sequenza da manuale della rapina, e di musica dubstep, con Skrillex a farla da gran padrone. Anche in questo caso, i soliti snob storceranno i loro nasini, ma una scelta più indicata per una pellicola del genere non poteva essere fatta. A dare una mano a quel tamarro di Skrillex ci pensa poi Cliff Martinez, l’autore delle musiche di Drive e Solo Dio perdona di Refn, che offre il suo contributo nei momenti più soft e riflessivi.

Selena Gomez in gita con la sua classe, la Terza A.
Terza delle scuole medie, ovviamente.
Harmony Korine disegna una pellicola visivamente impressionante, con le immagini che si fondono in un tutt’uno con la musica e in pratica non sbaglia un colpo, bang, compresa una scelta di casting tra le più geniali e spiazzanti dai tempi del capolavoro Le regole dell’attrazione, in cui i santarellini James Van Der Beek di Dawson’s Creek e Jessica Biel di Settimo Cielo venivano trasformati in diavoletti. Qui ad essere rapite dal loro habitat naturale sono un paio di stelline della Disney: Selena Gomez, bang, cantante di pop ultra commerciale e star della serie tv per tweens I maghi di Waverly, nonché nota soprattutto per i suoi tiraemolla sentimentali con Justin Bieber, e una strepitosa Vanessa Hudgens, bang, starlette di High School Musical, pure lei conosciuta dalle cronache gossip per la sua love story con Zac Efron, oltre che per i suoi scatti osè finiti in rete.


Altra good girl rapidamente gone bad è una sorprendente Ashley Benson, bang, una delle protagoniste della (geniale) serie teen Pretty Little Liars che qui va a comporre un nuovo quartetto di mean girls, completato da Rachel Korine, bang, la quale, come suggerisce il cognome, è la mogliettina del regista Harmony Korine, che si è innamorato delle sue capacità recitative… Mmm, no. Si è innamorato delle sue tette. La sua è un’interpretazione molto fisica e al suo personaggio non è che venga dato poi chissà quale costruzione psicologica. Più che altro, viene trascinata negli eventi dalle amiche.

L’unica delle quattro girls ad avere un appiglio che la possa allontanare dal baratro è Faith/Selena Gomez, quella come suggerisce il nome più religiosa. Quella anche più cagabimbominkia. Appena prova a ribellarsi, a cercare una via d’uscita a questo vuoto esistenziale in cui le amiche sono piombate, viene fatta fuori dal film. Dopo capiterà anche a Cotty/Rachel Korine. Questo proprio quando il film rischiava di imboccare la strada dell’amicizia e dei buoni sentimenti, ma era solo un’illusione. Pur sempre in un film di Harmony Korine ci troviamo. Le 4 girls sono BFF, best friends 4ever, sì, eppure c’è qualcosa che va al di là di questo, e non è un ragazzo, non è il duro di plastica James Franco, è il divertimento in sé. Il vivere al di là di ogni limite per il gusto di farlo, per sfuggire alla noia. Questa è la cosa più importante. Sfuggire da una esistenza ordinaria.
Spring Breakers è anche un film femminista, a modo tutto suo. Si muove in un contesto macho fatto di tette e culi, gangster più finti che veri, ma nessuno può mettere baby in un angolo. Le 4 protagoniste poco anima e korine non si fanno intimorire da niente, sarà perché non gliene frega niente di niente. Scopano, si drogano e rapinano come ragazzi, meglio (o dovremmo dire peggio?) dei ragazzi, sono loro le vere dure del film. Altroché divette Disney. Tocca a James Franco fare i pompini, mica a loro.


"Signorina Gomez, lei è libera di andare.
E' stata con Justin Bieber, ha già sofferto abbastanza."
Se il film a livello visivo è qualcosa di fenomenale, si può allora accusare Harmony Korine di avere scritto una sceneggiatura troppo semplice. Forse è così, perché il regista sembra voler ricalcare la struttura e la cattiveria dei videogiochi e soprattutto dei reality e dei talent-show di oggi. Quando un personaggio dà un minimo segno di debolezza, viene tagliato fuori dal branco, fatto uscire dal programma in maniera secca. Altro riflesso di questi tempi malati. D’altra parte fiction, reality e realtà nel mondo in cui viviamo sono ormai intrecciate indissolubilmente le une con le altre e non si riesce più a distinguerle. Per le protagoniste, la vita è solo una gigantesca recita. “Fate finta di essere in un video gioco. Fate come se foste in un film o qualcosa del genere.” Per trovare se stesse, indossano una maschera. Una contraddizione? No, perché oggi si può essere se stessi soltanto fingendo.
D’altra parte, il contesto in cui è ambientato il film è del tutto irrealistico. I personaggi non hanno nomi e cognomi veri e propri, ma solo nickname: Candy, Brit, Faith, Cotty, Alien. Gli adulti sono del tutto assenti. Anche quando le ragazze parlano con i famigliari al telefono, sentiamo solo la loro voce, dall’altro capo non c’è nessuno. L’unica figura che si avvicina a un adulto è il rapper Alien/James Franco, che però ha il cervello di un bimbominkia 12enne cresciuto a Playstation e gangsta-rap.

Le protagoniste vanno in vacanza, ma nessuno le cerca. Non è come se fossero sparite. È come se fossero morte. È come se Candy/Vanessa Hudgens e Brit/Ashley Benson siano state fatte fuori durante la rapina al fast-food con le pistole ad acqua e siano poi finite nel loro Paradiso personale. Good girls go to Heaven, bad girls go to Spring Break. “Siete appena stati ipnotizzati e teletrasportati in un altro regno. E durerà per sempre.” Alien/James Franco le traghetta in un Paradiso infernale che sembra un programma di Mtv senza censure o il video “Windowlicker” di Aphex Twin, dove si sta sempre, SEMPRE, in costume da bagno, anche in aula di tribunale, e dove persino la prigione non è un posto così male. Le ragazze finiscono infatti in cella tutte e quattro insieme e alla fine vengono salvate da un angelo custode con le sembianze di James Franco. In questo Paradiso ci sono ancora le loro due migliori amiche, Faith e Conny, ma presto o tardi loro due dovranno tornare alla vita, alla vita normale. E mentre le amiche ritornano alla routine, alla scuola, alla Chiesa, alla noia, loro rimangono allo Spring Break, sempre e per sempre.

Piaccia o meno, Spring Breakers è la pellicola che meglio di ogni altra riesce a raccontare il presente, è un film generazionale che va a raccogliere il testimone di pellicole come Trainspotting, Kids ma anche American Graffiti, Il laureato e Gioventù bruciata. È un Elephant più pop ma non meno cattivo. È il film che Terrence Malick girerebbe se solo fosse in fissa con la musica dubstep anziché la classica. È una pellicola che trasforma il vuoto della Faffanculo Generation in una poesia per immagini. Non è un racconto sulla fine del sogno americano, perché quel sogno in realtà non è mai esistito. È una visione destinata a rimanere impressa per sempre come una fotografia, come l’hic et nunc - cooosa? - il qui e ora del cinema e dei giovani d’oggi. Spring break forever, bitches.
(voto 9+/10)



venerdì 21 giugno 2013

AFTERSHOCK, IL CILEPANETTONE


Aftershock
(USA, Cile 2012)
Regia: Nicolás López
Sceneggiatura: Guillermo Amoedo, Nicolás López, Eli Roth
Cast: Eli Roth, Andrea Osvárt, Lorenza Izzo, Natasha Yarovenko, Nicolás Martínez, Ariel Levy, Selena Gomez
Genere: terremotato
Se ti piace guarda anche: Chernobyl Diaries - La mutazione, Hostel, L’ora nera

Aftershock è un film diviso in due parti nettamente distinte.
Siete shockati da queste rivelazione?
No?
E allora dico che è diviso in mille parti!

"Eli, possibile che tutte le vacanze con te vadano a finire così?"
Shockati adesso, vero? Peccato che non sia vero. È diviso solo in due parti, come avviene per altro in molte pellicole. La prima metà è un Cilepanettone, ovvero sembra di essere in un cinepanettone ambientato in Cile. Abbiamo una storiella vacanziera tipica: un turista americano interpretato da Eli Roth se ne va in Cile a trovare un amico, il classico tipo ancora ossessionato dalla sua ex, e i due figuri se ne vanno in giro insieme a un terzo compare chiamato Pollo, figlio di Apollo fece una palla di pelle di pollo. No, ho sbagliato. Cancellate quest’ultima frase.
Pollo è un figlio di papà vestito però da no global. Eli Roth, il suo amico e Pollo sono tre personaggi in pratica sull’antipatico andante, con vertice nell’odioso Pollo (che però poi avrà modo di tirare fuori le palle di pelle). Tra party notturni e visite turistiche di giorno, i tre mattacchioni vanno in giro ovviamente in cerca di patate. Che poi credo sia il motivo che ha spinto Eli Roth a realizzare questo film in veste di attore e di co-sceneggiatore.
Ma Eli Roth chi è?
Per i meno patiti di horror, ricordo che Eli Roth è l’autore di Hostel, film splatter controverso, non un capolavoro ma nemmeno privo di spunti di interesse, nonché di quel gioiellino di esordio che risponde al nome di Cabin Fever.

Cabin Fever, a tavola. È ora di cena!
Sì, arrivo.

Vedete? Risponde proprio a questo nome.

In più, Eli ha girato il pilot della notevole nuova serie appena confermata per una seconda stagione Hemlock Grove, molto twinpeaksosa, d’altra parte anche Cabin Fever evocava evidenti spettri lynchiani, e poi è pure un amichetto personale di Quentin Tarantino. Un membro della Quentin’s creek apparso in Bastardi senza gloria. Fine della breve biografia sul Roth il quale, nonostante il cognome, non è parente della iena Tim Roth, altro membro onorario della Quentin’s creek.

"Hey Selena, ho saputo che ti sei mollata con Justin Bieber. Esci con me?"
"Ahahah, hai davvero un gran senso dell'umorismo, nonnetto."
Nella prima parte della pellicola, i tre protagonisti maschili sono dunque impegnati nella ricerca di patate e la scena in cui Eli Roth, durante un improvviso attacco di pedofilia acuta, si becca un sonoro 2 di picche da  Selena Gomez vale da sola il prezzo del biglietto (si fa per dire, visto che il film si trova in rete e non è ancora prevista un’uscita nelle sale italiane).

Dopo il no! secco di Selena Gomez, Eli & friends trovano delle altre patate. Questa volta più vicine alla loro età. La migliore delle tre è Andrea Osvárt, attrice ungherese spesso e volentieri di casa in Italia, mentre le altre due, la caliente Lorenza Izzo e la russa Natasha Yarovenko, sembrano più modelle che attrici vere e proprie. Vedete voi se prenderla come una cosa positiva o negativa.
Nonostante in questa parte la pellicola sembri dirigersi sui sentieri della commedia goliardica e vagamente sentimentale, sono presenti alcuni segnali che ci indicano come le cose potrebbero presto prendere un’altra direzione. Il primo segnale è la presenza di Eli Roth, che visto così sembra un tranquillo ragazzone americano qualunque ma che in realtà, come abbiamo visto sopra, ha una passione sfrenata per lo splatter. Un altro segnale di pericolo arriva con un aneddoto inquietante sulle grotte di Valparaiso, in Cile. E poi avviene anche uno strano incidente su una specie di ascensore/funivia…

"Selena Gomez e Justin Bieber si sono lasciati? Ma questa è una tragedia!"
Tutti piccoli segnali che se ne stanno lì a sedimentare, per poi esplodere con una scossa. È qui che il film cambia del tutto registro. La commedia vacanziera cazzara che era stata fino ad allora viene totalmente demolita e la pellicola si trasforma in una ricostruzione thriller/horror del vero terremoto che nel 2010 ha sconvolto il Cile. Il contrasto tra le due parti è stridente, più che inaspettato. La cosa che più colpisce di questa seconda metà del film è la presenza di un orrore per nulla paranormale. A creare il panico è una calamità naturale e a far ancora più spavento è la brutalità delle persone. Perché una tragedia sa tirare fuori il meglio, ma anche il peggio da ognuno di noi.
Se a questo punto siete spaventati che il film prenda la piega del drammone sociale, non è così. Aftershock non si rivela la versione meno pretenziosa e più splatter del deludente The Impossible. Piuttosto, può essere visto come un Hostel latino-americano, perché Aftershock vira sì nel drama, però mantiene comunque la sua componente di intrattenimento leggero, e leggermente teso. Si limita a essere un film che scorre veloce, senza intoppi, senza nemmeno rimanere molto impresso, ideale per una visione estiva disimpegnata e un filino splatterosa.
Un Cilepanettone si potrà mai rivelare un capolavoro? Certo che no, ma se non altro è più fresco e gustoso del cinepanettone vero e proprio. E allora prendete e bevetene tutti, questo è il calice del sangue di Eli Roth versato per voi.
(voto 6/10)


giovedì 12 luglio 2012

Una vacanza a Chernobyl? Certo Bill, vai avanti tu!

Chernobyl Diaries - La mutazione
(USA 2012)
Regia: Bradley Parker
Cast: Jesse McCartney, Jonathan Sadowski, Olivia Dudley, Devin Kelley, Nathan Phillips, Ingrid Bolsø Berdal, Dimitri Diatchenko
Genere: vacanze finite male
Se ti piace guarda anche: Hostel, Rovine, Cabin Fever, And Soon the Darkness, L’ora nera

Chernobyl Diaries è il classico film che quando arrivi alla fine, se ci arrivi, esclami: “Ma che str**zata!”.
Esatto, un capolavoro del cinema di quelli proprio da non perdere, si poteva già immaginarlo preventivamente. Però è estate, un horror un po’ sciocco su un gruppo di ragazzi che se ne vanno in vacanza ci sta e allora ci caschi sempre. Ne hai già visti a decine, di film del genere, ma uno ogni tanto si salva, vuoi per l’originalità dello sviluppo (Rovine), vuoi per un paio di protagoniste fuoriserie (And Soon the Darkness), vuoi per la goduria di veder soffrire dei tizi che se la sono proprio andata a cercare infilandosi in situazioni assurde (Frozen).

Qualcosa mi dice che questa allegra brigata farà una brutta fine...
Chernobyl Diaries appartiene poi a un ulteriore sottogenere del sottogenere vacanze estreme del genere horror: il sotto-sotto genere degli americani idioti che vanno a ficcarsi in qualche guaio nell’Est d’Europa. Tutto ha avuto inizio, credo, con il successo del non eccezionale ma vedibile Hostel, ambientato a Bratislava, in Slovacchia, e il sotto-sotto filone è poi proseguito con l’insuccesso del pessimo L’ora nera. Chernobyl Diaries si pone a metà strada tra i due per riuscita. Una mezza porcheria, anziché una porcheria totale come L’ora nera, ma pur sempre una porcheria.
A salvarlo, parzialmente, c’è l’ambientazione. Unica cosa particolare e affascinante. Affascinante nel senso horror del termine, non affascinante nel senso che è un posto dove porteresti una ragazza per un weekend romantico o i figli come meta alternativa a Disneyland.

Chernobyl è una signora ambientazione per un horror.
Riuscite a immaginare qualcosa di più inquietante?
Un campo di concentramento, forse.
Lo studio di Porta a Porta, ancora più probabilmente.
Comunque diciamo che Chernobyl è una ottima scelta inquietante. Onore del merito di aver avuto un’idea del genere a Oren Peli, autore del soggetto per il film. Oren Peli che è quell’omino che sta dietro a Paranormal Activity, horror cinematograficamente poverissimo ma, per quanto mi riguarda, un’esperienza davvero traumatica. Il problema di Oren Peli è che la sua idea di cinema sembra essere nata a partire da The Blair Witch Project e poi non si è più sviluppata. Il che non è una cosa molto positiva. L’idea di realizzare un horror mockumentary in maniera finto-amatoriale con Paranormal Activity si rivelava efficace, almeno se si stava al gioco, perché sembrava in tutto e per tutto un filmino uscito da YouTube e invece poi accadevano delle cose inquietanti.
Spunto buono per un film, poi basta. Purtroppo invece il non particolarmente peloso Peli, di cui vediamo una diapositiva


Una bambola! Oh mio Dio, che paura!
sembra voler continuare il giochino all’infinito. Prima con la serie da lui ideata The River, guardabile ma davvero modesta e a tratti parecchio ridicola, e ora con questo nuovo filmino.
Chernobyl Diaries non è un mockumentary in senso stretto, però un po’ del mockumentary ce l’ha, fin dall’inizio con l’ex teen idol Jesse McCartney a spasso per l’Europa con la prosperosa fiancée e una meno prosperosa amica. L’allegro trio raggiunge quindi a Kiev il fratello di Jesse McCartney. Che, sorpresa sorpresa, non è Paul McCartney!
La capitale dell’Ucraina, noi italiani ultimamente ce ne siamo resi conto “grazie” alla finale degli Europei, non è una città fortunata, e così il gruppetto finisce nei guai. Se Jesse McCartney è un tipo tutto precisino, il fratello è invece uno spericolato e organizza per la compagnia un viaggetto in una località a sorpresa: Chernobyl!

Come potrete già immaginarvi, la vacanza si trasformerà in un incubo e nel solito massacro di stupidi turisti americani che si avventurano dove non dovrebbero. A non aiutare il prevedibile sviluppo della trama vi sono anche i personaggi: se quelli femminili sono davvero anonimi, sia fisicamente che a livello di personalità, le cose più interessanti dovrebbero arrivare dai due fratelli diversi. Solo che il conflitto tra loro due è appena accennato e avrebbe meritato di essere sviluppato meglio. Tanto per tirar fuori qualcosa di diverso, e di meglio, rispetto al solito horrorino vacanzifero. E invece niente. Così come non arriva nemmeno una dose di piacevole ironia dal personaggio del no-global fattone pure lui in cerca di avventure estreme e radioattive insieme alla tipa.

"Justin Bieber è considerato il mio erede? Che culo!"
La prima mezzoretta del film riesce comunque a essere ancora decente (non ho detto bella, ho detto decente), grazie alla citata interessante ambientazione. Poi, il nulla. O forse il nulla sarebbe stato meglio, visto che invece ci ritroviamo con la solita dose di urla, rumori, orsi (Lost ha fatto scuola), mostri mutanti vedo/non vedo, ma più che altro non vedo, i soliti facili effetti che vorrebbero far sobbalzare lo spettatore dalla poltrona, invece fanno solo venir voglia alla spettatore di scaraventare la poltrona contro lo schermo.
E adesso basta. Questo film mi ha rotto. Vado a scrivere sul mio diario di quanto Jesse McCartney fosse più simpatico ai tempi della serie tv Summerland, quella sì molto estiva, e di come ormai sia stato superato in popolarità, e di gran lunga, da Justin Bieber. E quasi quasi scrivo la sceneggiatura per un film de paura con lui come protagonista: immaginate che bello, un horror con Justin Bieber che viene fatto a pezzi…
(voto 4,5/10)

sabato 28 gennaio 2012

A Lonely Place to Die: ma andare in vacanza a Ibiza vi fa schifo?

A Lonely Place to Die
(UK 2011)
Regia: Julian Gilbey
Cast: Melissa George, Holly Boyd, Ed Speelers, Sean Harris, Eamonn Walker, Alec Newman, Karel Roden, Kate Magowan, Garry Sweeney
Genere: survival ma non troppo
Se ti piace guarda anche: Triangle, Eden Lake, Frozen, 127 ore, Shadow, Shrooms

A Lonely Place to Die è un film che parte già svantaggiato. Appartiene infatti a un filone di cui non sono per nulla appassionato. Quello delle pellicole che ci raccontano di tizi avventurosi che finiscono in situazioni estreme. Alla 127 ore o alla Frozen, per dirne due che nemmeno mi sono dispiaciuti.
"Sì, tranquilla, fai pure. Non so, vuoi farti anche una partita ad Angry Birds?"
È solo che io questo stile di vita proprio non lo condivido. Ben altro conto è la storia del protagonista di Into the Wild, con la sua fuga dalla società capitalista che appoggio, per quanto io in Alaska in mezzo agli orsi personalmente non ci terrei ad andare. In quel caso dietro c’è una filosofia differente. In questo caso la filosofia è quella di divertirsi a fare cose estreme come arrampicarsi sulle montagne.
Ma dico, non potete godervi una tranquilla vacanza al sole di Ibiza?
O una tranquilla crociera?
Uhm, esempio sbagliato…
Comunque, ognuno nella propria vita può fare il cazzo che gli pare, per quanto mi riguarda, però se ti cacci in certe situazioni, poi non puoi lamentarti più di tanto se ti capita qualche imprevisto tipo che ti rimane un braccio incastrato tra due rocce. E soprattutto: è proprio il caso di farci dei film sopra?

A Ibiza a quest'ora saresti abbracciata a una bottiglia di tequila. Per dire...
La partenza di questo A Lonely Place to Die con questo branco di scalatori tra le montagne della Scozia lascia quindi presagire il peggio, ma poi il film vira in un’altra direzione: quella del survival horror con la solita tematica dell’insensatezza della violenza. E il genere survival è un altro di quelli che non mi entusiasmano particolarmente.
Bene: siamo finiti dalla padella alla brace.
Però il film poi vira ancora, introducendo un nuovo personaggio a sorpresa, e poi vira ancora verso il criminal movie e insomma la sceneggiatura prende così tante pieghe inaspettate (o più o meno inaspettate) che si rischia di avere le vertigini come di fronte a un dirupo, però allo stesso tempo c’è anche la medesima scarica di adrenalina, omadonna che ficata.
Le mille direzioni prese rendono quindi A Lonely Place to Die una visione intensa, con una tensione leggera (non altissima, ma comunque presente) che accompagna dall’inizio alla fine. Di più preferisco non dirvi, perché se no vi tolgo il gusto della sorpresa.

"Tu, sì proprio tu. Se osi venire in vacanza tra i boschi, ce n'è anche per te!"
A impreziosire una sceneggiatura capace di sfuggire dalle trappole dei film di genere sopra citati, ci sono anche le affascinanti ambientazioni degli sterminati paesaggi collinari scozzesi, un regista dal buon talento visivo, come si può notare soprattutto nella parte finale, qualche eco di Lost che fa capolino qua e là nella costruzione del mistero. E qualche eco di Lost, seppur vago, non fa mai male. Fa non sto parlando della nuova serie Alcatraz.
Nel poco conosciuto cast, in mezzo a un gruppo di comprimari non troppo esaltante, in mezzo alle montagne svetta, è proprio il caso di dirlo, la protagonista Melissa George. Attrice notata già ai tempi di Dark City e in una particina piccola ma importante nel Mulholland Drive di David Lynch, stella sempre sul punto di esplodere e invece mai esplosa. Non so se adesso il non esplodere possa essere considerata una sfiga, però per fortuna la Melissa non è mai nemmeno implosa, si è tenuta in allenamento in varie serie tv, da Alias a Grey’s Anatomy, e negli ultimi tempi si è notata nell’interessante Triangle. Anche quello un film capace di scappare dai soliti stereotipi del genere survival-horror.

A Lonely Place to Die è quindi una bella roba. Non un “bella roba” di quelli detti in maniera ironica, ma un bella roba che significa che questo è un film che consiglio.
E se sono sopravvissuto io a un survival horror, potete farcela benissimo pure voi.
Sarà anche che questo alla fin fine del survival horror ha ben poco…
(voto 6,5/10)

domenica 4 settembre 2011

Ué smaramba, funghetti!

Tipico sguardo di chi ha preso troppi funghetti
Shrooms - Trip senza ritorno
(Irlanda, UK, Danimarca 2007)
Regia: Paddy Breathnach
Cast: Lindsey Haun, Jack Huston, Max Kasch, Maya Hazen, Alice Greczyn, Robert Hoffman, Jack Gleeson
Genere: vacanze allucinate
Se ti piace guarda anche: And soon the darkness, Frozen, Rovine, Tucker & Dale Vs. Evil

Applausi per prima cosa a chi ha avuto l’idea di dedicare un film interamente ai funghetti allucinogeni, fin dall’inizio il motore e il centro assoluto di questa pellicola pellicola. E poi in pratica gli applausi finiscono qui… Di già? Eh sì, di altre idee decenti questo film non è che ne presenti molte.

Tipico gruppo di attori di serie B che va incontro a un tipico massacro
Un gruppo di ragazzi e ragazze yankee se ne va in Irlanda non per visitare Dublino, non per andare a dare un coppino in testa a Bono degli U2, non per bersi tanta Guinness, non per visitare la tomba di George Best (anche perché agli americani che gliene frega del calcio?), bensì unicamente per andare a cercare funghetti in un bosco inquietante che al confronto quello di The Blair Witch Project è Disneyland, con tanto di campagnoli alla Tucker & Dale che sbucano fuori dal nulla.
Il potenziale per un bel cult di quelli estivi senza troppe pretese sembra quindi esserci tutto, e la prima parte parte anche bene.
I soliti giovani americani più o meno decerebrati se ne vanno incontro al loro destino già segnato: un massacro di quelli in fondo divertenti per le campagne irlandesi, e cosa chiedere di più a una visione disimpegnata di fine estate? Ci sono gli scambi di coppia, i rapporti di amicizia che si incrinano, qualche tensione all’interno del gruppo, e per accendere la miccia e scatenare la confusione ci sono tanti bei funghetti allucinogeni, che sembrano promettere di rendere la pellicola visionaria il giusto. In più c’è anche una storia inquietante raccontata dall’unico ragazzo locale irlandese che riguarda dei morti ammazzati proprio nel boschetto misterioso in cui sono andati a campeggiare.

Tipica inquadratura dall'alto solo per mostrare le tette della protagonista
Bello, bello. Tutto giusto e tutto bello e con le prime visioni si comincia a entrare in una folle spirale del delirio. Si comincia, ma poi non si prosegue. Il film, come si suol dire, non decolla, e proprio quando dovrebbe entrare nel vivo, finisce per diventare la solita sequela di morti ammazzati in modi non troppo fantasiosi e anche la visionarietà dei funghetti finisce ben presto per essere esaurire il suo effetto euforico e passa subito a provocare un senso di mal di testa e nausea.
Decente (o quasi) la regia e valide le musiche realizzate dal nostro vanto nazionale, il Dario Marianelli premio Oscar (per Espiazione) e classico esempio di come i talenti nostrani debbano espatriare all’estero per lavorare ed essere apprezzati. Certo, per un filmetto come questo è sprecato, ma pure lui deve provvedere alla famiglia…
Il cast non brilla particolarmente e per inerzia segnalo una Alice Greczyn che adesso è entrata nel cast della nuova serie teen The Lying Game e in un piccolo ruolo Jack Gleeson, il principino stronzetto biondo Joffrey Baratheon di Game of Thrones.
Alla fine la sensazione è comunque quella che regista e attori forse avrebbero dovuto prendere più funghetti allucinogeni e allora forse avrebbero fatto un film degno delle visioni di un Lynch. Così invece è solo un’occasione sprecata di realizzare un cult vacanziero coi fiocchi che finisce, grazie al prevedibile e cazzaro colpone di scena finale, per diventare il classico scult vaccanziero.
(voto 5,5/10)

domenica 28 agosto 2011

Il battito animale

Sarà forse perché l'avevo sentita al rientro da una vacanza studio in Inghilterra, a Brighton per la precisione, la mia prima holiday indipendente senza i genitori. Anzi, sarà sicuramente per quello, ma ormai associo sempre questa canzone al suono della fine delle vacanze e degli ultimi giorni d'estate, quindi eccola come canzone retrò cannibale della settimana. To', ciapa lì!

Cranberries "Animal Instinct"
Anno: 1999
Genere: ballad struggente
Provenienza: Limerick, Irlanda
Album: Bury the hatchet
Scritta da: Dolores O'Riordan e Noel Hogan
Canzone sentita anche in: Streghe
Nel mio jukebox perché: è la mia soundtrack ufficiale di fine vacanze

Testo liberamente tradotto
All'improvviso qualcosa mi è successo
mentre mi stavo bevendo la mia tazza di tè
all'improvviso mi sono sentito depresso
ero completamente totalmente stressato
lo sai che mi hai fatto piangere?
lo sai che mi hai fatto morire?
e la cosa che ho capito
è che tu non mi vedrai mai
e la cosa che mi manda di fuori
è che avrò sempre il dubbio
è una cosa bella che abbiamo,
è la cosa più bella che abbiamo,
è l'istinto animale

lunedì 8 agosto 2011

Ludivine... doppia Ludivine... Ludivine coi fiocchi

Swimming Pool
(Francia, UK 2003)
Regia: François Ozon
Cast: Charlotte Rampling, Ludivine Sagnier, Charles Dance, Jean-Marie Lamour, Marc Fayolle, Lauren Farrow
Genere: vacanze alternative
Se ti piace guarda anche: Crime d’amour, Shining, Paper Man, La piscina

Charlotte Rampling è una donna inglese di mezza età, autrice di best-sellers gialli con protagonista il solito detective. Un po’ una Camilleri al femminile. Stanca del personaggio e di scrivere sempre le stesse cose, va a starsene per qualche tempo in una villetta in Francia prestatale del suo editore/amante. Appena arriva in casa sistema le sue cose, vede un crocifisso appeso e lo toglie dalla parete. Solo per questo mi sta già simpatica. Peccato che per il resto sia una inglese vecchio stampo con un orrido gusto nel vestire e una “scopa piantata nel culo”.
Il film sembra procedere nella direzione di una commedia romantica in cui la protagonista è destinata a ritrovare il senso della vita e il piacere delle piccolo cose stile Sotto il sole della Toscana, solo che sarebbe sotto il sole della Francia, con la Rampling pronta a farsi montare da un qualche giovane stallone locale. Solo che i francesi, si sa, sono notoriamente frou frou e così no Raoul Bova, no party. Sorry, Charlotte.
In compenso però a sorpresa le piomba in casa la figlia del suo editore, una delle più grandi fighe (e attrici) della Francia e forse del mondo intero: Ludivine Sagnier. La giovine inevitabilmente le sconvolge la sua routine quotidiana, piantando casino al telefono, facendo il bagno nuda nella swimming pool e scopandosi ogni notte un qualche vecchiazzo rimorchiato giù in paese.
Pensieri Cannibali vi ricorda che l'uso di droghe & alcool è male. Forse...
Se all’inizio la donna rimarrà inorridita e sconvolta dal suo comportamento, con il passare del tempo si affezionerà a Ludivine e alle generosamente sue esibite tette da capolavoro botticelliano. Come in Crime d’amour, un altro rapporto/scontro tra donne, per una pellicola dai ritmi lenti, ma dal coinvolgente e sensuale fascino.
Firmato da François Ozon, uno dei più chic tra i molti registi chic francesi, un tuffo nei meandri della psiche femminile. O forse solo nella psiche femminile immaginata da una psiche maschile, ma è meglio se mi stoppo qui comincio a parlare come Alfonso Luigi Marra, famigerato autore de Il labirinto femminile. E ciò non è bene per la mia, di psiche.
(voto 7,5)


Crime d'amour
(Francia 2010)
Regia: Alain Corneau
Cast: Ludivine Sagnier, Kristin Scott Thomas, Patrick Mille, Guillaume Marquet, Gérald Laroche, Julien Rochefort, Olivier Rabourdin, Marie Guillard
Genere: donne contro
Se ti piace guarda anche: Swimming Pool, Uomini che odiano le donne, Kill Bill

Cat fight. Battaglia tra donne. In questo caso non ci troviamo di fronte a dei combattimenti veri e propri, come in Kill Bill o nel soft porno Bitch Slap, bensì in una sfida a un livello più sottilmente psicologico. È affascinante ed eccitante vedere un conflitto del genere quasi quanto guardare una battaglia nel fango. Se gli uomini infatti di solito si danno a gara per “chi ha il cazzo più lungo”, ovvero buttando la competizione su un piano di ostentazione superficiale su chi è più ricco, chi ha l’auto/l’aggeggio tecnologico più fico o chi tromba di più, qui la situazione si fa maggiormente complessa. Le donne, almeno quelle di queste due pellicole francesi, sembrano sfidarsi su terreni più sottili, se vogliamo più profondi, come chi è più felice o chi è più amata. Ma soprattutto: le donne tra di loro sanno essere davvero diaboliche.

Protagonista di questa mini rassegna sul cinema francese, la cui visione è nata su assist dell’ottimo blog Chicken Broccoli, è Ludivine Sagnier: una meraviglia, bastano le immagini e i video più di mille parole. Una sorta di incrocio tra Blake Lively e Melanie Laurent, con un pizzico di Chloë Sevigny. E scusate se è poco. Ma a parte questo è anche un’attrice pazzesca che qui offre un’interpretazione a dir poco strepitosa.
"Davvero fico questo blog, com'è che si chiama? Ah, Pensieri Cannibali!"
Il suo personaggio è quello di una giovane donna in carriera che viene sfruttata dalla sua capa, una perfida Kristin Scott Thomas, che usa le sue idee per farsi figa e per di più la umilia pubblicamente. Una situazione che sconfina spesso e volentieri anche nel mobbing, però il rapporto tra le due è più complesso di quanto potrebbe sembrare. Tra loro c’è una certa attrazione, oltre alla rivalità. Sono due figure enigmatiche e in qualche modo simili, ma preferisco non svelare altro e suggerirvi piuttosto la visione del film, diviso nettamente in due parti: la prima percorsa da un teso crescendo psicologico in cui l’odore della vendetta si stende nell’aria, la seconda attraversata da una spinta da giallo più tradizionale. Se vogliamo la spiegazione del caso è un po’ troppo didascalica, ma il mistero vero è un altro e rimane avvolto nell’incertezza insieme al volto della protagonista fino all’ultimo fotogramma.

Un gran bel film, un thriller sottile tra i migliori visti quest’anno, con una colonna sonora usata con grande parsimonia ma in maniera ottima e una Kristin Scott Thomas che tiene testa a una Ludivine Sagnier superbe, tres bien, charmant e con questo direi che ho finito il mio francese e pure il post.
(voto 7/8)

domenica 30 gennaio 2011

And Soon the Darkness: Vedo la gnocca morta

Prendere il sole in costume può portare alla morte
And soon the darkness
(USA, Argentina, Francia 2010)
Regia: Marcos Efron
Cast: Amber Heard, Odette Yustman, Karl Urban, Gia Mantegna, Adriana Barraza, César Vianco
Genere: vacanze finite male
Se ti piace guarda anche: Rovine, Wrong Turn, Hostel
Uscita italiana: non ancora prevista

Trama semiseria
Due megagnocche americane se ne vanno in vacanza in bici in una zona remota dell’Argentina. Raccontata così sembra proprio che le due siano le vittime ideali per ogni pazzo maniaco della zona e, sorpresa…
in effetti va proprio così.

Recensione cannibale
And soon the darkness. Presto arriveranno le tenebre e presto arriverà pure un horror decente. A me piace parecchio il genere, mi diverte, però ci si imbatte anche in un sacco di film ciofeca e quindi ben venga una pellicola che, pur lungi dall’essere una pietra miliare, perlomeno riesce a costruire un ambiente e dei personaggi accettabili e a metterci pure una sana dose di tensione.

Bere alcolici può portare alla morte
Certo, esiste la possibilità che la mia percezione possa essere stata leggermente alterata dalla presenza delle due giovani attrici più sgnacchere del momento, ovvero la nuova Scarlett Johansson Amber Heard e la Megan Fox 2.0 Odette Yustman. Una più timidina e riservata, l’altra più puttanone. Una più riflessiva e posata, l’altra più puttanone, ribadisco. Lascio a voi il piacere di scoprire chi sia l’una e chi sia l’altra, perché comunque è una delle maggiori sorprese di questo film gradevole sì, ma che certo non ha l’originalità tra le sue armi principali. O meglio, potrebbe essere considerato originale se non fosse il remake dell'omonimo film inglese del 1970 e anche se non ci fossero già stati i vari Hostel, Rovine, Turistas, Piranha 3D e tutti gli altri horror eccetera ambientati in luoghi più o meno esotici eccetera e più o meno mortali eccetera eccetera eccetera.
Come in Shadow e 127 ore poi, le due protagoniste si muovono in bici e finiscono male: ci sarà per caso una cospirazione del cinema pro-Fiat e pro-giganti dell’auto per convincere che usare le bici, per quanto ecologista e salutare possa sembrare, in realtà è tremendamente pericoloso e ti porta in situazioni molto pericolose e persino alla morte? Può darsi, d’altra parte a me Marchionne mette più paura di molte creature horror, quindi non sarebbe una teoria nemmeno tanto campata per aria.

Andare in bici può portare alla morte
And soon the darkness si va dunque a inserire in un filone già parecchio trattato dal cinema horror di genere, quello di un gruppo di sciagurati ragazzi che invece di andare in vacanza, chessò, a Rimini dove alla peggio ti può succedere che un ubriaco sul pullman ti fotta il portafogli, oppure a Rapallo in Liguria dove la cosa più pericolosa che ti possa capitare di incontrare è il passaggio del trenino per i bimbi. Ché se non fate attenzione può essere un rischio pure quello, non credete.
La cosa più affascinante del film, oltre alle due topolone già citate, è comunque quello di riuscire a rendere in maniera efficace il senso di spaesamento che si prova in un paese straniero: in pratica lo stesso senso che provo io quotidianamente in Italia.
(voto 6/7)

martedì 24 agosto 2010

Visioni estive

Di solito non guardo i film in tv, per un paio di ragioni:
1) quando passano sono ormai già stravecchi e stravisti (cinema, dvd, internet, pay-tv…)
2) le pause di 7-8 minuti di pubblicità mettono alla prova la pazienza di un monaco tibetano, oltre a rompere totalmente l’atmosfera del cine (e pure le palle).
Però nelle notti maggiche di un’estate italiana (quest’anno per me vacanze inaspettatatamente e totalmente tricolori, tra Ostia, Roma e Rapallo, non per spirito nazionalistico o per far girare l’economia nostrana, ma solo per puro caso) insieme agli amici magari prima di uscire è capitato di vedere qualche filmazzo (non porno) regalatoci dalla programmazione Mediaset (che tra parentesi è meglio della programmazione invernale, visto che almeno danno spazio a qualche films vero anziché le solite ridicole fiction “interpretate” da Manuelona Arcuri o Ettore Bassi, “interpretate” nel senso che ci va un interprete per capire le intenzioni degli “attori”). Quindi ecco una manciata di queste visioni estive…

Quando meno te lo aspetti
Avevo già visto questo film, ma me lo sono risparato fondamentalmente perché ci sono in un sol colpo sia Kate Hudson che una giovane Hayden Panettiere. In maniera analoga a quanto succede nella serie tv Summerland, alla morte della desperate housewife Felicity Huffman i figli passano nelle poco esperte mani della sgarruppata Kate Hudson, una party girl che lavora nel settore della moda, sembra uscita da The Hills e all’improvviso si ritrova con tre figlioletti: la già citata Panettiere (chi non la vorrebbe come figlia?), un ragazzino grassottello che in un locale ordina un vodka e assenzio (idolo!) e una Abigail Breslin pre-little miss sunshine.
Il filmetto scivola carino tra commozione e qualche risata, ma la morale buonista presentata nel finale è piuttosto difficile da digerire: Kate Hudson smette di fumare, abbandona il suo stile di vita fashion e rock’n’roll e si mette con un noioso pastore degno di Settimo Cielo (attention please: non è un complimento)… ecchepalle!
(voto 6)

Quel nano infame
I fratelli Wayans sono stati interpreti e autori dei primi due scompisciosi Scary Movies, dopodiché non hanno fatto altro che scivolare giù giù nella pena più totale. Dopo la parodia ancora guardabile delle svampite alla Paris Hilton in White Chicks, ecco che tirano fuori un nano criminale che ruba un gioiello preziosissimo e poi per non farsi beccare lo infila nella borsa di una sgnacchera che passa di lì per caso. Per riprenderselo dovrà fingersi un neonato che verrà adottato dalla sgnacchera in questione e dal suo boyfriend fissato con la paternità. Tutto ciò crea una serie di situazioni più ridicole che divertenti, con tanto di nano che si slingua la bionda di Sweet Valley High e si ciula la “mammina” adottiva. Idee che solo Neri Parenti o i fratelli Vanzina potrebbero invidiare.
Filmetto davvero infame (e no, se ve lo stavate chiedendo il titolo non fa riferimento al presidente del consiglio italiano)
(voto 3)

Aquamarine
Una sirena finisce sulla terra ferma però non è Daryl Hannah. Per una ragione che adesso mi sono già dimenticato, ma sicuramente non è poi così importante, deve dimostrare a suo padre che l’amore esiste e ha un paio di giorni per farlo, con l’aiuto delle due amichette: la cantante Jojo ed Emma Roberts, nipote di Julia e tra le più promettenti attrici della nuova generazione. Ah ecco, nel frattempo mi sono ricordato della ragione: se non lo fa suo padre le organizza un matrimonio combinato con un suo simile… Filmino teen (o pre-teen?) senza pretese, quindi non pretendete di più nemmeno da questa breve rece.
(voto 4,5)

Un sogno per domani
Kevin Spacey in versione post American Beauty e Haley Joel Osment in versione post Sesto senso, più Helen Hunt in versione spogliarellista (ottima con la parrucca blu pre Katy Perry) e Jim Caviezel non ancora finito in croce. Cast notevole insomma per la bella storia di un’utopia lanciata da un ragazzino delle medie: passa il favore, cioè fai tre favori disimpegnati a tre persone e dì loro di ricambiare aiutando qualcun altro. Una rete social per creare un mondo migliore. Bella idea per un film che a tratti si perde e si dilunga, ma che tuttavia riesce a coinvolgere quel minimo che basta. E fa sognare un domani davvero migliore.
(voto 6+)

Panarea
A tratti esilarante, persino geniale (la ragazza schifata da tutto e tutti) a tratti solo scemo, in ogni caso un super classico estivo italiano. Con un grande Guido “cumenda” Nicheli, taaac.
(voto 6,5)

lunedì 23 agosto 2010

My summer song (I'm back)

Waka waka eh eh, ma che staiaddì, porcoddue?! Li mortacci tua.
Roma nun fa la stupida stasera. Na birra col calippo. Acqua cola bira. Alors on danse. Pappa l’americano-mericano-mericano-mericano-mericano-mericano.
Unico programma tv visto in loop: The Hills su Mtv.
Unico telegiornale visto: un’edizione di Studio Aperto e a mala pena ho retto i titoli di testa; le notizie fondamentalmente le stesse di prima che partissi: Berlusconi vs. Fini, fa caldo, Belen "Belin" Rodriguez pippa e fa una pippa a Borriello, no a Corona, no a Borriello, Cossiga è di nuovo morto (io ero convintissimo fosse già morto).
Ho visto un posto che non mi piace, si chiama mondo.
L’Ambrogio Rossi degli spot Tim: sparargli non è un crimine perseguibile per legge, anzi verrà premiato con l’intero montepremi del Superenalotto chi lo stanerà per primo.
Gli spot dei rosari di Maria: li mortacci di chi li compra.
Vacanze romane alcooliche e moderatamente devastanti che poi si sono trasformate in vacanze liguri a sorpresa forse ancora più alcooliche ma moderatamente tranquille.
Abbronzatura ok a Ostia, poi ko a Rapallo dove il sole è stato un optional a parte gli ultimi due giorni.
Guidare a Roma di notte.
Urlare (forse bestemmiare) ubriachi alle 4 a.m. sotto la Basilica di San Pietro.
Soprannominato un amico “Ometto speciale” perché non è tanto normale. È speciale.
California gurls & Ostia gurls.
Il B&B (rigorosamente prenotato appena 24 ore prima della partenza) in cui stavo era praticamente una villa fighissima con piscina + bungalow + dependance dalle parti della residenza estiva del Presidente della Repubblica. Li mortacci sua.
E poi sole ustionante, spiagge kilometrike, tipe abbronzate, tipe tettone abbronzate, MILF abbronzate, musica tamarra abbronzata (vabbè nel Sony Walkman avevo anche della musica decente)...
Tutto il resto –come dice il Califfo senza bira- è noia.

(Dopo 3 settimane in cui sono stato offline a disintossicarmi dal web le repliche sono finite, i Pensieri Cannibali da oggi tornano finalmente LIVE e con un sacco di post strepitosi in arrivo!*
Cercherò anche di rispondere in tempi brevi ai fantasmi dei commenti passati, perlomeno a quelli che richiedono una risposta)

* L’autore del blog non si assume alcuna responsabilità penale nel caso i post futuri non siano effettivamente strepitosi.

lunedì 2 agosto 2010

Holy-day

Vado in vacanza. Destinazione: Ostia e poi Liguria, ma on the road si potrebbe aggiungere anche qualche altra meta… Periodo: indefinito. Ma se io parto, i Pensieri Cannibali rimangono però sempre attivi. Grazie alla magica opzione di programmazione, ci saranno infatti nuovi post anche nei prossimi giorni, qualche racconto, più qualche replica del meglio (o del peggio?) degli scorsi mesi. Commentate pure i post, cercherò di rispondere al più presto e quindi, mentre io cercherò di disintossicarmi da internet, voi vedete di non disintossicarvi dai Pensieri Cannibali. Buona estate a tutti, ci vediamo nel futuro!

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