Nuovo fine settimana, che ormai inizia sempre prima, e nuovo appuntamento con la rubrica che potete leggere sia su Pensieri Cannibali che sul WhiteRussian del mio rivale Mr. James Ford. Anche se da lui in genere la trovate in ritardo. Molto in ritardo.
L'ospite della puntata di oggi è Carlo Cerofolini, autore del blog I cinemaniaci. Si rivelerà più cinemaniaco di Me e di Ford?
Più maniaco di lui, non credo. Scopriamo comunque subito i commenti ai film in arrivo nelle sale.
La casa di Jack
"Sta zitta! Non è vero che me la prendo solo con le donne. Anche a quel Ford ad esempio farei volentieri del male."
Cast: Valerio Mastandrea, Sabrina Ferilli, Marco Giallini, Alba Rohrwacher, Vittoria Puccini, Rocco Papaleo, Silvio Muccino, Silvia D'Amico, Vinicio Marchioni, Alessandro Borghi, Giulia Lazzarini
C'è una tavola calda che si chiama The Place in cui è possibile trovare qualcosa che non si trova in qualunque bar, o ristorante, o locale. Il gelato Winner Taco della Algida?
No, intendo qualcosa di più raro ancora. Un uomo misterioso che realizza i desideri delle persone. Una specie di genio della lampada, solo senza lampada, con un colorito meno Avatar e in grado di realizzare un solo desiderio alla volta, non tre. Inoltre, lui ti chiede qualcosa in cambio. È come una specie di patto col diavolo. Quid pro quo, Clarice. Spinto dalla curiosità e dal mio spirito da reporter, ho trovato questo locale e ho incontrato questo fantomatico uomo. Ecco cos'è successo.
Ho visto Perfetti sconosciuti e ho deciso di fare un po' la stessa cosa dei protagonisti. Nel film, un gruppo di amici di lunga data si ritrova per una cena e una di loro, Kasia Smutniak, ha la brillante idea di proporre un giochino innocuo: per dimostrare che nessuno di loro ha segreti, o qualcosa da nascondere, o che sta facendo le corna al compagno, nel corso della serata tutti renderanno noto ciò che gli arriva sullo smart phone, che siano messaggi, telefonate o notifiche dai social e dalle app.
Io invece, per trasparenza nei confronti di voi miei amati lettori, renderò noto tutto quello che mi arriva sul computer e sul cellulare mentre preparo la recensione della pellicola.
Perfetti sconosciuti
(Italia 2016)
Regia: Paolo Genovese
Sceneggiatura: Paolo Genovese, Rolando Ravello, Filippo Bologna, Paolo Costella, Paola Mammini
Cast: Giuseppe Battiston, Anna Foglietta, Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Kasia Smutniak
Genere: (quasi) perfetto
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Perfetti sconosciuti?
Perfetti sconosciuti un cavolo! Questi ormai sono ovunque, peggio di Belen dei tempi peggiori... volevo dire dei tempi migliori. Il film di Paolo Genovese sta conquistando qualsiasi premio nazionale immaginabile: David di Donatello, Ciak d'oro, Globi d'oro, in attesa dei Nastri d'argento e dei Pensieri Cannibali Awards. E non solo in Italia. Persino al Tribeca Film Festival di New York City, e non ho mica detto San Germano Vercellese, si è portato a casa un riconoscimento per la sceneggiatura.
Sceneggiatura che poi è il punto di forza principale della pellicola, ed è questa la cosa che sorprende di più. Il cinema italiano di oggi vanta una serie di grandi registi: Sorrentino, Guadagnino, Garrone, etc., ma il problema di molte pellicole nostrane sta nel fatto che non sempre a una grande direzione corrisponde un grande script. Per Perfetti sconosciuti vale un po' il contrario. È girato in maniera diligente e impeccabile, per carità, però non è che spicchi tanto da un punto di vista estetico. Colpisce più che altro per la sua brillante scrittura. A cominciare dal paragone tra uomini e donne e PC e Mac, si parte per una lunga serie di dialoghi irresistibili e di trovate che tengono con il fiato sospeso, come se ci trovassimo di fronte a un thriller serrato, anziché a una commedia all'italiana. In effetti, più che alla solita nostra commediola, sembra essere di fronte a un Carnage, solo più accessibile e nazional-popolare rispetto al lavoro radical-chic di Roman Polanski. Oppure sembra di trovarsi di fronte alla pellicola (anti)romantica su relazioni e tradimenti perfetta per i nostri tempi, un po' come lo era Closer una decina d'anni fa...
Aspettate. M'è arrivata una notifica su Facebook.
Mi ha mandato qualcosa Porcellina99. Non l'ho mai incontrata nella vita reale e non l'ho mai vista in faccia, però ha un gran corpo e inoltre non potevo mica rifiutare la richiesta d'amicizia da una con un nome del genere. E poi tanto è maggiorenne, no?
2016 – 1999 = non sono bravo con i numeri, però a 18 anni ci arriva, vero?
Cast: Valerio Mastandrea, Hadas Yaron, Giuseppe Battiston, Filippo De Carli, Camilla Martini, Domenico Diele, Maurizio Donadoni, Teco Celio, Daniele De Angelis
Genere: felice
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Il mio rapporto con il cinema italiano è un sistema complesso. È un sistema di tipo amoreodio. Con le cose italiane in generale è così. Siamo nemiciamici come Susan Sarandon e Julia Roberts. Con la musica italiana devo dire che la relazione pende più dalla parte dell'odio. Il fatto è che il pop e il rock poco si adattano alla nostra lingua. È una questione di fonetica. L'italiano va molto meglio ad esempio con la lirica. Il problema è che io ooodio la lirica. Ciò nonostante, quando le parole riescono a trovare un loro posto nella musica, può succedere qualcosa di magico e alcune canzoni italiane possono arrivarmi persino più di quelle in inglese. O quasi. Lo stesso vale per le persone e per la cultura italiana nel loro complesso. Da una parte sto dalla loro parte, faccio il tifo per loro, grido: “Forza Italia!”... anzi no, quello mai. Dall'altra invece sono ipercritico nei loro confronti. A volte attraverso periodi di vero e proprio ripudio verso di loro. E adesso?
"Anche fare le bolle di sapone è un sistema complesso."
Ispirato al libro: Angel Face di Barbie Latza Nadeau
Cast: Daniel Brühl, Kate Beckinsale, Cara Delevingne, Valerio Mastandrea, Genevieve Gaunt, Sai Bennett, Rosie Fellner
Genere: imprevisto
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Si può dire quello che si vuole, sulla Giustizia italiana, ma non che sia noiosa o prevedibile. Si può infatti essere giudicati colpevoli, quindi assolti, poi di nuovo colpevoli però se all'ultimo livello batti il mostro finale vieni considerato innocente per sempre e nessuno ti può più dire niente.
È quanto capitato nel processo per l'omicidio di Meredith Kercher, la studentessa inglese uccisa la notte di Halloween del 2007, ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Condannati nel 2009, quindi assolti e scarcerati nel 2011, poi di nuovo giudicati colpevoli nel 2014 e quindi assolti in via definitiva lo scorso 27 marzo 2015 dalla quinta sezione penale della Suprema Corte di Cassazione.
Ora Amanda è tornata nella sua Seattle, dove se vuole può fondare una grunge band. Fossi in lei comunque starei lontano dal Seattle Grace Hospital. Lì entri che sei sano come un pesce e va a finire che ti trovano una qualche malattia assurda, peggio che dal Dr. House.
Raffaele invece ha appena pubblicato un libro, Un passo fuori dalla notte, uscito il 6 ottobre, in cui racconta le sue verità. Tra queste non vi è la rivelazione che lui è il vero Harry Potter, come sembrava dalle foto ai tempi dell'assassinio, che lui e Amanda comunque non hanno commesso, almeno per la Legge italiana. Meglio ribadirlo, perché se no arrivano le querele.
Cast: Valerio Mastandrea, Pierfrancesco Favino, Fabrizio Gifuni, Michela Cescon, Laura Chiatti, Denis Fasolo, Giorgio Colangeli, Luigi Lo Cascio, Omero Antonutti, Thomas Trabacchi, Giorgio Tirabassi, Fausto Russo Alesi, Giorgio Marchesi, Andreapietro Anselmi, Stefano Scandaletti, Francesco Salvi, Luca Zingaretti
Genere: storia d’Italia
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Romanzo di una strage è un gran bel romanzo. Racconta in maniera dettagliata e impeccabile una delle pagine più misteriose della storia recente d’Italia: l’attentato di Piazza Fontana a Milano nel 1969.
Un attentato terroristico le cui responsabilità, ancora tutte da verificare e accertare, rimarranno probabilmente per sempre con un grande punto interrogativo, nonostante la pellicola riesca a far luce almeno su alcuni punti. Il grande merito del film del Marco Tullio Giordana è quello di presentarci tutti i fatti, tutti i protagonisti, da diverse angolazioni. Ne esce una storia dannatamente articolata, ricca di personaggi e sottotrame (non tutte ben sviluppate). Una vicenda molto complessa che ricorda, anche per le atmosfere 70s e per una fotografia simile, La talpa.
Io ho odiato La talpa. O meglio: io mi sono addormentato con La talpa, una delle visioni più noiose degli ultimi tempi. E forse di sempre.
Se ricordare La talpa è dunque un punto che qualcuno troverà a favore, mentre io di sicuro lo considero a sfavore, preciso però subito che il film dell’M.T. Giordana è parecchio più coinvolgente. Sarà perché anche uno sbadiglio è più coinvolgente de La talpa. O sarà perché la vicenda riguarda in maniera diretta il nostro paese. Non solo il passato, non solo gli anni ’70 del terrorismo e della strategia della tensione, ma riesce anche a parlare del e a far riflettere sul presente.
"Mr. Ford che tiene una lezione di cinema??? Io me ne vado!"
Oggi viviamo in un’Italia radicalmente cambiata. In mezzo ci sono stati “solo” Berlusconi e il berlusconismo. Eppure negli ultimi tempi si è ritornati a parlare, spesso a sproposito, di attentati terroristici alla democrazia e di clima ostile alla politica.
Riguardo all’odio nei confronti della politica e dei politici, non v’è dubbio. Solo che oggi all’ideologia si è sostituita l’apatia. Gli anni ’70 erano tutta un’altra storia, ma alcuni punti di contatto si possono comunque intravedere.
Ad esempio l’Aldo Moro interpretato da Fabrizio Gifuni ricorda per certi versi Mario Monti. Un riflesso di certo non voluto, visto che le riprese del film credo siano finite prima del suo insediamento come Chicken Premier.
Così come si possono vedere linee di similitudine tra i movimenti anarchici 70s e quelli No Tav di oggi.
La strage di Piazza Fontana, ciò che è successo prima e ciò che succede dopo, sono indagati molto bene da questa pellicola, una visione assolutamente consigliata perché in grado di porre interrogativi spinosi. Un ottimo esempio di pellicola impegnata, e ciò non spaventi i potenziali spettatori. È chiaro che se volete passare una serata all’insegna del cazzeggio è meglio dedicarsi a Tre uomini e una pecora, mentre se volete staccare del tutto il cervello potete godervi Ghost Rider 2. Però ogni tanto fa bene anche far girare in testa quei 2 neuroni pigri e pensare a questo paese. A come vanno le cose. A chi ci governa. A dove eravamo, a dove siamo e a dove stiamo andando.
"Speriamo il figlio sia mio e non di Fabri Fibra..."
Capolavoro, dunque?
No, ho detto che è un grande romanzo. Peccato che, nonostante il titolo, non si tratti di romanzo bensì di cinema. Ed è da questo punto di vista che purtroppo mi tocca constatare un livello non eccelso. Lo dico con grande dispiacere, visto che il Giordana è l’autore di una perla come La meglio gioventù, senza dubbio una delle mie pellicole italiane preferite di sempre.
Se La meglio gioventù nasceva come mini-serie tv, quando in realtà sapeva diventare grande cinema, qui è il contrario: Romanzo di una strage nasce come film, quando forse sarebbe stato meglio come fiction tv. La regia non ha grandi guizzi o trovate, non ci sono invenzioni dal punto di vista visivo, la colonna sonora è a dir poco piatta, si viaggia su blandi ritmi da prima serata Rai (ma almeno di qualità, specifichiamo), la componente thriller poteva essere giocata molto meglio, alcune scene di dialogo sono tirate eccessivamente per le lunghe e la storia è narrata in una maniera troppo lineare e precisina. Una scelta consapevole, dettata molto probabilmente dal cercare di rendere giustizia a una vicenda che Giustizia non ha trovato.
"Politici italiani che perepè quà-qua quà-quà perepè"
"Oops, Valerio... mi sa che il figlio non è tuo..."
Non del tutto convincete anche il cast. Per i livelli italiani siamo sopra la media, ma guardando all’estero non ci siamo. Valerio Mastandrea in particolare come protagonista non funziona. Più che un agente detective, sembra un ultrà romanista capitato lì sul set per caso. Non aiuta la moglie Laura Chiatti, bella figa sì, ma brava attrice? Andiamo, siamo seri! Meglio Denis Fasolo, con la sua parlata veneta accentuata, odiosa e per questa azzeccata per un personaggio parecchio odioso, e soprattutto un ottimo Pierfrancesco Favino, attore che non ho mai considerato granché ma che qui mi ha sorpreso in positivo. Merito anche del personaggio umanamente meglio caratterizzato, l’anarchico Giuseppe Pinelli, mentre il ritratto degli altri personaggi è realizzato con tinte troppo fredde. E anche qui il paragone che ritorna alla mente, ahimé, è quello de La talpa.
Un cinema civile di cui in Italia abbiamo bisogno ora più che mai è dunque il benvenuto. Peccato solo che sulla forma ci sia ancora parecchio da lavorare. Paradossalmente il grande pregio del film di Giordana, quello di aver cercato la completezza nel raccontare la Storia, è anche il suo più grande difetto, poiché finisce per risultare troppo storico, troppo cronachistico e troppo poco cinematografico.
Ottimo come romanzo di una strage. Così così come film di una strage.
Cast: Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Stefania Sandrelli, Claudia Pandolfi, Sergio Albelli, Marco Messeri, Paolo Ruffini, Dario Ballantini
Genere: nazional-popolare
Se ti piace guarda anche: Big Fish, La meglio gioventù, Mine vaganti
Trama semiseria
Solita storia: una madre morente (in un film come Big Fish ad esempio è il padre, stavolta è la madre) è il pretesto narrativo ideale dei figli (e di Virzì) per ripercorrerne la vita in un amarcord di ricord. Niente di nuovo sotto il sole italiano, però diamine funziona e alla fine si ride e si piange e così è la vita, piena di prime cose belle.
Pregi: un bell’alternarsi di passato e presente, una bella Micaela Ramazzotti convincente protagonista, una bella colonna sonora nazionale; insomma, quest’anno è (almeno per me) la prima cosa bella del cinema italiano
Difetti: il cinema italiano non riesce proprio ad affrancarsi dal racconto famigliare, però fino a quando lo fa a questi livelli non ci si lamenta troppo
Personaggio cult: Valerio Mastandrea, professore di lettere scazzato e drogato
Canzone cult: “La prima cosa bella”, Nicola Di Bari
Cast: Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Stefania Sandrelli, Claudia Pandolfi, Sergio Albelli, Marco Messeri, Paolo Ruffini, Dario Ballantini
La prima cosa bella che ho avuto dalla vita è il tuo sorriso giovane, sei tu.
La seconda cosa bella è l’Italia. La meglio Italia che viene fuori da questo film. Nazionalpopolare, con il comico remixato perfettamente al melodramma e l’inevitabile confronto tra un presente arido e un passato prezioso. Sono questi i prodotti culturali che uscivano fuori fino al disgregamento Fininvest del nostro belpaese partito dagli anni Ottanta e che oggi sono solo un’eccezione. "La meglio gioventù" è l'ultima che mi viene in mente.
La terza cosa bella è Micaela Ramazzotti (per fortuna, per grande fortuna, nulla a che fare con Eros). Il suo personaggio dice: “Comunque non credo di esserci portata, per il cinema.” Niente di meno vero per quanto riguarda l’amara Ramazzotti, una mammina premurosa e sexy allo stesso tempo. Con un accento toscano davvero piacevole (non come la parlata incomprensibile di una Martina Stella). Splendida. Fantastica. In una parola: bona.
La quarta cosa bella è Valerio Mastandrea. Nel suo personaggio ho ritrovato moltissimo di me o di quello che potrei essere tra un 15/20 anni. Ci ho ritrovato talmente tanto di me che fa quasi male.
La quinta cosa bella è Stefania Sandrelli. Nei panni della madre morente emoziona delicatamente, senza smancerie. In qualche modo, lei mi ha ricordato mia mamma.
La sesta cosa bella è Claudia Pandolfi. Il suo è il personaggio più indecifrabile del film. La Pandolfi sfuggendo dalle grinfie dei paparazzi malvagi che la perseguitano sempre è riuscita a darle un’umanità profonda.
La settima cosa bella è la musica. Devo dire che non sono un grande appassionato di canzoni italiane, epperò qui dentro ci sono delle perle meravigliose. Oltre al grandioso pezzo di Nicola Di Bari che dà il titolo a tutto il film (sui titoli di coda c’è anche la notevole versione di Malika Ayane, che a suo tempo avevo definito la prima cosa bella dell’ultimo Festival di Sanremo), ci sono l’immensa “L’immensità” di Don Backy e un paio di pezzi dei Camaleonti che sorprendentemente non mi sono dispiaciuti.
L’ottava cosa bella è Paolo Virzì. L’uomo che è in grado di far passare la Ferilli per, udite udite… sì, un’attrice. Se dopo Ovosodo aveva offerto prove altalenanti, adesso ha azzeccato con Tutta la vita davanti e questo La prima cosa bella un uno-due mostruoso. Roba d’altri tempi per la commedia italiana. Roba da farlo nominare erede unico di Dino Risi (peraltro qui omaggiato).
Se in molti film italiani si fa fatica a individuare una sola cosa bella, qui ce ne sono in abbondanza, l’ho appena dimostrato più o meno lucidamente e più o meno scientificamente. Un flusso di immagini che lo guardi con un groppo in gola e contemporaneamente con il sorriso sulle labbra. Come molti altri dei film migliori usciti negli ultimi mesi dal panorama internazionale (Amabili resti, Departures, Oltre le regole - The Messenger, Il segreto dei suoi occhi, Shutter Island, A Single Man) una pellicola che riesce ad affrontare splendidamente, in una maniera lieve ironica e divertente un tema notoriamente ostico come quello della perdita. Se molti l'hanno paragonato ad Amarcord di Fellini, io direi piuttosto che Virzì ha fatto il suo Big Fish.
La prima cosa bella. Uno dei miei film del cuore dell’anno e uno dei miei film italiani preferiti di sempre.
Cast: Valerio Mastandrea, Micaela Ramazzotti, Stefania Sandrelli, Claudia Pandolfi, Sergio Albelli, Marco Messeri, Paolo Ruffini, Dario Ballantini
La prima cosa bella che ho avuto dalla vita è il tuo sorriso giovane, sei tu.
La seconda cosa bella è l’Italia. La meglio Italia che viene fuori da questo film. Nazionalpopolare, con il comico remixato perfettamente al melodramma e l’inevitabile confronto tra un presente arido e un passato prezioso. Sono questi i prodotti culturali che uscivano fuori fino al disgregamento Fininvest del nostro belpaese partito dagli anni Ottanta e che oggi sono solo un’eccezione. "La meglio gioventù" è l'ultima che mi viene in mente.
La terza cosa bella è Micaela Ramazzotti (per fortuna, per grande fortuna, nulla a che fare con Eros). Il suo personaggio dice: “Comunque non credo di esserci portata, per il cinema.” Niente di meno vero per quanto riguarda l’amara Ramazzotti, una mammina premurosa e sexy allo stesso tempo. Con un accento toscano davvero piacevole (non come la parlata incomprensibile di una Martina Stella). Splendida. Fantastica. In una parola: bona.
La quarta cosa bella è Valerio Mastandrea. Nel suo personaggio ho ritrovato moltissimo di me o di quello che potrei essere tra un 15/20 anni. Ci ho ritrovato talmente tanto di me che fa quasi male.
La quinta cosa bella è Stefania Sandrelli. Nei panni della madre morente emoziona delicatamente, senza smancerie. In qualche modo, lei mi ha ricordato mia mamma.
La sesta cosa bella è Claudia Pandolfi. Il suo è il personaggio più indecifrabile del film. La Pandolfi sfuggendo dalle grinfie dei paparazzi malvagi che la perseguitano sempre è riuscita a darle un’umanità profonda.
La settima cosa bella è la musica. Devo dire che non sono un grande appassionato di canzoni italiane, epperò qui dentro ci sono delle perle meravigliose. Oltre al grandioso pezzo di Nicola Di Bari che dà il titolo a tutto il film (sui titoli di coda c’è anche la notevole versione di Malika Ayane, che a suo tempo avevo definito la prima cosa bella dell’ultimo Festival di Sanremo), ci sono l’immensa “L’immensità” di Don Backy e un paio di pezzi dei Camaleonti che sorprendentemente non mi sono dispiaciuti.
L’ottava cosa bella è Paolo Virzì. L’uomo che è in grado di far passare la Ferilli per, udite udite… sì, un’attrice. Se dopo Ovosodo aveva offerto prove altalenanti, adesso ha azzeccato con Tutta la vita davanti e questo La prima cosa bella un uno-due mostruoso. Roba d’altri tempi per la commedia italiana. Roba da farlo nominare erede unico di Dino Risi (peraltro qui omaggiato).
Se in molti film italiani si fa fatica a individuare una sola cosa bella, qui ce ne sono in abbondanza, l’ho appena dimostrato più o meno lucidamente e più o meno scientificamente. Un flusso di immagini che lo guardi con un groppo in gola e contemporaneamente con il sorriso sulle labbra. Come molti altri dei film migliori usciti negli ultimi mesi dal panorama internazionale (Amabili resti, Departures, Oltre le regole - The Messenger, Il segreto dei suoi occhi, Shutter Island, A Single Man) una pellicola che riesce ad affrontare splendidamente, in una maniera lieve ironica e divertente un tema notoriamente ostico come quello della perdita. Se molti l'hanno paragonato ad Amarcord di Fellini, io direi piuttosto che Virzì ha fatto il suo Big Fish.
La prima cosa bella. Uno dei miei film del cuore dell’anno e uno dei miei film italiani preferiti di sempre.
(voto 8++)
Potete vedere il film QUI o prendervelo in dvd, in ogni caso ne vale la pena
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