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giovedì 13 marzo 2014

LE LUCI ALLA FINE DELLA CENTRALE ELETTRICA




Le luci della centrale elettrica “Costellazioni”
Meno male che è arrivato “Costellazioni”, il nuovo disco de Le luci della centrale elettrica, lo pseudonimo dietro cui si celano le parole sempre efficaci, insieme alla voce ormai inconfondibile, di Vasco Brondi. Il Vasco de ‘noantri, noi “diversi”, noi popolo indie.

Meno male che è arrivato così almeno l’Italia avrà altro di che (s)parlare all’infuori de La grande bellezza. Più che l’Italia, noi piccolo popolo indie dello Stivale, mentre il resto del paese continuerà a scannarsi tra grande bellezza sì e grande bellezza no o, peggio, tra Renzi sì e Renzi no.

Meno male che è arrivato perché il Vasco B, il Vasco per me davvero di serie A, è sempre un piacere risentirlo. Piaccia o meno, il suo stile così immediatamente riconoscibile è una delle poche cose originali e affascinanti capitate alla musica italiana negli ultimi anni. E poi altroché Vasco. Il Brondi è il nuovo Rino Gaetano, e diciamolo.

Meno male che è arrivato perché i dischi precedenti de Le luci li abbiamo consumati e mandati a memoria, ma ormai hanno fatto il loro tempo e avevamo bisogno di parole nuove, adatte a questi tempi di crisi sempre più in crisi. Vasco B risponde presente con una serie di testi ancora una volta spettacolari, fotografie perfette delle nostre vite, liriche rap cantate con stile da cantautore, poesie moderne che come le scrive lui, non c’è nessun altro in circolazione. Non dalle nostre parti. Non ai nostri tempi.

Meno male che è arrivato perché, insieme a dei nuovi notevolissimi testi, il Brondi è in continua crescita anche a livello musicale. Senti un suo pezzo e capisci subito che è lui, che sono loro, Le luci della centrale elettrica. Ciò nonostante, questa volta sono stati aggiunti ulteriori colori alla tavolozza sonora, capaci di andare oltre l'irreplicabile urgenza espressiva dell’esordio "Canzoni da spiaggia deturpata" e del già maggiormente variegato “Per ora noi la chiameremo felicità”. Dentro “Costellazioni” c’è un gusto più vicino al pop, come nel ritornello da tormentone indie del primo singolo “I destini generali”, con quel “pa pappa papapa” da stadio che riecheggia il “po poppo popopo” dei White Stripes featuring Tifosi italiani ai Mondiali 2006. C’è l’electro-funk sculettante “Ti vendi bene”, che nei locali più hipster quest’estate si potrebbe addirittura ballare, gridando “Dai tutti sul dancefloor con Le luci!”. C’è la quasi allegra e quasi hip-hoppara stile Beck di una volta “Questo scontro tranquillo”. C’è spazio per un assalto rock come “Firmamento”. C’è la sorprendente e toccante ballatona al piano “I Sonic Youth”, il pezzo con cui può sventolare gli accendini al vento senza vergogna chi è cresciuto con Sonic Youth e Smiths, anziché Venditti e Baglioni.

Meno male che è arrivato perché “Costellazioni” è un disco divertente. A suo modo. Nonostante i prevalenti toni solenni e le musiche tendenti a dir poco al melodrammatico, i testi riescono a regalare anche un sorriso ironico, come nella preghiera indie “Padre nostro dei satelliti”, per cui Vasco B meriterebbe di essere fatto Santo Subito.

Meno male che è arrivato “Costellazioni” perché è un disco in cui, aldilà del suo apparente pessimismo cosmico, Vasco Brondi fa intravedere delle luci alla fine del tunnel esistenziale in cui stiamo viaggiando.

Meno male è arrivato il nuovo disco de Le luci della centrale elettrica, perché è un bel disco. Un gran bel disco.
(voto 7,5/10)

sabato 11 dicembre 2010

Man of the year 2010 - n. 16 Vasco Brondi

Vasco Brondi
Genere: cantautore indie
Provenienza: Ferrara, Italia
Età: 26
Nel 2010 sentito con: “Per ora noi la chiameremo felicità”
Perché è in classifica: con le parole è il migliore in circolazione, e non solo in Italia

Oh, ecco Vasco in classifica. Hey, un momento: ma non è Vasco Rossi! E chi calè ‘stò Vasco Brondi? Il cantante delle Luci della centrale elettrica? Eeeeh?
Che Vasco Brondi sia entrato nell’immaginario collettivo è un dato di fatto, lo testimonia la presenza di parodie, come Lucio della centrale elettrica, o generatori di frasi automatiche sul suo stile. Certo, per il momento è presente solo nell’immaginario collettivo indie, visto che il mondo culturale italiano istituzionale accoglie le novità con lo stessa rapidità con cui una legge passa in Parlamento (eccezion fatta per le leggi ad personam, naturalmentem), però diamo il tempo al tempo e intorno al 2020 circa il Vasco Brondi potrebbe finalmente diventare più famoso di Vasco Rossi e magari anche di Gesù e quando succederà avremo gli occhi lucidi come le Mercedes.

Quest’anno è uscito il suo secondo album “Per ora noi la chiameremo felicità” e naturalmente si è scatenato il dibattito e il gioco al massacro da parte di un mondo indie che funziona all’incirca come la Sinistra italiana. È vero che il Vasco si è ripetuto con un disco che all’incirca è la copia del primo album, ma d’altra parte quando si inventa uno stile personale, come lui ha fatto, non è che si può tirarne subito fuori un altro. Come ho sentito dire da più parti, anche i primi 4 dischi di Bob Dylan erano tutti uguali e quindi teniamoci il nostro Vasco Dylan nazionale che per ora noi saremo felici così.


mercoledì 10 novembre 2010

Si accendano le luci

Le luci della centrale elettrica "Per ora noi la chiameremo felicità"
Le luci si accendono di nuovo. Atto secondo. Vasco, intendo il vero Vasco ovvero Vasco Brondi, è tornato a illuminare la scena indie italiana. Scena in cui per sua stessa ammissione si sente un estraneo e al “Mucchio” dichiara ad esempio di trovare più allettante la possibilità di essere tra un anno a Londra a tagliare insalata in un Mc Donald’s piuttosto che tornare alla routine concerto-promozione-aperitivo cool della sua odierna vita da musicista celebrato nei circoli indie milanesi. O magari finirà a lavorare in un call center

vedrai che scopriremo delle altre Americhe io e te
che licenzieranno altra gente dal call center
che ci fregano sempre
che ci fregano sempre
che ci fregano sempre
che ci fregano sempre…


In attesa dalla grande fuga, Vasco Brondi alias Le luci della centrale elettrica ci regala un nuovo album che di base prosegue senza grosse novità il discorso iniziato con il primo fenomenale “Canzoni da spiaggia deturpata”.
Un difetto in “Per ora noi la chiameremo felicità” quindi c’è: manca l’effetto sorpresa. Questo disco l’ho ascoltato e me lo ascolterò ancora parecchie volte, però è innegabile che stavolta non ci sia lo sconvolgimento rivoluzionario della prima volta. Un aspetto che era già da mettere in conto, cui sopperisce un’accresciuta capacità di giocare con le parole, raccontare la nostra vita (precaria) e scrivere (quasi)canzoni, a volte persino con (quasi)ritornelli, come nella splendida “Cara catastrofe”, probabilmente il pezzo di maggior impatto del suo intero repertorio. E ne “L’amore ai tempi dei licenziamenti dei metalmeccanici” affiora una inedita delicatezza “into the wild”.
Per il futuro sarebbe interessante vedere evoluzioni sonore, magari con un tocco di elettronica come hanno fatto Il teatro degli orrori collaborando con i Bloody Beetroots e lo stesso Vasco 2.0 afferma di voler provare direzioni diverse, visto che con il nuovo album ha ormai chiuso una trilogia composta dal suo esordio e dal libro “Cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero”.

In attesa di rivoluzioni o di una grande fuga, per ora questo disco mi dà la felicità (o quella che chiameremo felicità) con l’ironia nascosta nei suoi testi, mi fa commuovere, mi fa avere gli “occhi lucidi come le Mercedes” e mi fa ridere. Perché il nostro ridere fa male al Presidente.
(voto 7/8)

mercoledì 20 ottobre 2010

No Vasco, no Vasco

Per molti, diciamo per la maggioranza, Vasco è Vasco Rossi, autore di canzoni che qualcuno di voi avrà già sentito 1 o 2 volte come “Albachiara” e “Vita spericolata”.
Per qualcuno, diciamo i più storiografici e secchioni, Vasco è il navigatore ed esploratore portoghese Vasco da Gama.
Ma per me e per qualcun altro, diciamo il popolo di tutti gli indie kids chiusi nelle nostre camere separate a inchiodare stelle a dichiarare guerre a scrivere sui muri che ci fregano sempre, beh di Vasco ce n'è un altro. Il solo e unico Vasco: Vasco Brondi, il nome dietro Le luci della centrale elettrica.
Il suo “Canzoni da spiaggia deturpata” è per me la cosa migliore uscita dalla musica italiana nell’ultimo decennio e il 9 novembre arriva il suo nuovo attesissimo albo “Per ora noi la chiameremo felicità”. Questa figata qui sotto è il video del primo singolo “Cara catastrofe”.

No Vasco, no Vasco (Rossi) io non ci casco.
Sì Vasco, sì Vasco (Brondi) io mi sa ci casco.

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