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lunedì 26 gennaio 2015

JOHN WICK – UN FILM RECITATO DA KANI... PARDON, DA KEANU





John Wick
(USA, Canada, Cina 2014)
Regia: Chad Stahelski e David Leitch
Sceneggiatura: Derek Kolstad
Cast: Keanu Reeves, Michael Nyqvist, Alfie Allen, Adrianne Palicki, Willem Dafoe, Bridget Moynahan, John Leguizamo, Lance Reddick, Bridget Regan, Ian McShane
Genere: cagnesco
Se ti piace guarda anche: Io vi troverò, Taken - La vendetta, The Equalizer - Il vendicatore

Per sopravvivere in questo mondo bisogna tenere a mente delle regole basilari. Girare al largo da apocalissi zombie, ad esempio. Oppure mai fare sesso non protetto con Sara Tommasi. O ancora evitare di aiutare la gente all'estero, perché rischi soltanto di venire rapito. Si deve cercare anche di evitare di fare vignette o usare un umorismo troppo scomodo. Meglio fare una satira come quella di Striscia la notizia che non fa del male a nessuno e semmai ottiene l'effetto di far sembrare più simpatici gli uomini di potere.
La regola numero 1 se si vuole restare in vita è comunque un'altra: mai uccidere il cane a Keanu Reeves. Questa è una lezione che andrebbe insegnata alle elementari e ai corsi di primo soccorso. Cosa succede a uccidere il cane a Keanu Reeves?
Meglio per voi non saperlo. Se proprio volete scoprirlo, c'hanno persino fatto un film sopra. La pellicola di cui vi parlo quest'oggi parla di un gruppo di sprovveduti criminali russi che un giorno decide di rubare l'auto a un tizio. Per farlo non è che gli prendono l'auto e scappano via. No, sarebbe troppo semplice. Gli entrano in casa, lo picchiano a sangue e gli ammazzano il cane. Perché?
Perché uccidere un cane è la cosa più crudele e ad effetto che possa essere mostrata al cinema. Persino più della morte di un bambino.

domenica 12 gennaio 2014

I SAW I SAW THE DEVIL




I Saw the Devil
(Corea del Sud 2010)
Titolo originale: Akmareul boadta
Regia: Kim Jee-Woon
Sceneggiatura: Hoon-jung Park
Cast: Byung-hun Lee, Min-sik Choi, In-seo Kim, San-ha Oh, Deok-jae Jo
Genere: vendetta
Se ti piace guarda anche: Oldboy, Kill Bill, V per Vendetta, Confessions

Ho visto il diavolo, ommioddio mioddio!!!
No, non sono finito all’inferno. Forse mi sono espresso male. Volevo dire che ho visto il film Ho visto il diavolo, I Saw the Devil, anche noto con il titolo Akmareul boatda…
WHAAAAAT?
Meglio se lo chiamiamo I Saw the Devil, va'.
Se non ho visto il diavolo in persona, come era capitato tra l’altro con Post Tenebras Lux, perché allora sto strillando come una ragazzina che ha appena avuto un incontro ravvicinato del terzo tipo con il ciuffo ribelle di Harry Styles dei One Direction?
Perché questo film è una bomba di quelle che porcalamiserialadra non capita mica tutti i giorni di vedere. Un po’ come il diavolo. A meno che non siate delle cattive persone e allora lo vedete tutte le mattine allo specchio. O a meno che non siate come Star, la 25enne che vuole sposare Charles Manson e che presto potrebbe vederlo ogni giorno finché morte non li separi. Che culo!

"Ma guardatemi, a chi credete che possa fare del male?"
In questa (poco Santa) sede non mi riferisco al demonio. Intendo che non è una cosa che si vede tutti i giorni da un punto di vista cinematografico, visto che il regista Kim Jee-Woon gira in maniera magistrale e spettacolare allo stesso tempo, roba mica da tutti, e anche da un punto di vista dei contenuti, molto estremi, violenti e splatter. Nonostante il sangue versato e il titolo, questo non è un horror, non propriamente. Nella prima parte è più che altro un crime thriller. Una fanciulla resta bloccata in auto nella neve con una ruota bucata e a “soccorrerla” arriva un losco figuro il quale, forse perché si rende conto di non essere in grado di cambiare la ruota, decide di massacrarla brutalmente. La fanciulla, non la ruota. Fanciulla che tra l’altro era la tipa di un agente di polizia. Non è però che solo una tra le vittime di questo psicopatico killer che continua a macinare morte e distruzione dietro e pure davanti a sé.

Spunto da thriller tradizionale, esatto?
Sì, fino a un certo punto. La prima parte è da thriller tradizionale, con echi di pellicole americane come Mystic River (ad esempio per la scena del padre che scopre il cadavere della figlia) o Seven, per le atmosfere dark e la fotografia à la David Fincher. In questa parte la tensione è davvero palpabile, in alcune scene si fa quasi incontenibile. Non è però che l’inizio. Più in là il film si trasforma…
ATTENZIONE SPOILER
…in un revenge movie. La cosa non stupisce più di tanto. La tematica della vendetta fa un po’, un po’ tanto, parte del DNA del cinema orientale. Non stupisce allora nemmeno vedere nel cast uno strepitoso Min-sik Choi, già protagonista di Oldboy, quello originale, qui nei panni del più bastardo psicopatico pezzo di merda figlio di puttana serial killer mai visto sullo schermo. Uno che non ha la classe di un Hannibal Lecter, ma è semplicemente uno stronzo che uccide uccide uccide. Scopa e uccide uccide uccide.

"Mi hanno detto che somiglio a Gianni Morandi. Ueeeeee"
Il confronto tra il protagonista “positivo” Byung-hun Lee (che in una scena in particolare somiglia a Gianni Morandi) e quello “negativo”, il citato Min-sik Choi, è qualcosa di eclatante. Una sfida infinita che a un certo punto diventa quasi un gioco. Se all’inizio il film è parecchio angosciante, un vero pugno allo stomaco, più in là le cose cambiano ancora. I Saw the Devil non ha una trama di quelle rivoluzionarie o mai viste, eppure sa stupire per come si evolve. I Saw the Devil è cinema che muta, che non sta fermo, come i due protagonisti. Al punto che d’un tratto passa dall’essere quasi insostenibile per inquietudine e violenza all’essere quasi divertente. Sarà che il regista Kim Jee-Woon inizialmente mette addosso una tensione pazzesca e poi se la spassa pure lui, con una serie di scene splatter devastanti quanto godibili da vedere, su tutte quella pazzesca del massacro in auto con camera rotante. Come il cattivone Min-sik Choi, anche noi spettatori cominciamo a divertirci con questa caccia al cacciatore. Almeno, questo è ciò che ho provato io. Sarei curioso di sapere che impressione ha fatto a Quentin Tarantino. Secondo me anche lui si è divertito un mondo. La sorpresa del film è questa: una prima ora che ti trascina all’inferno e poi, una volta che sei lì, cominci a divertirti. È proprio vero che ci si abitua a tutto, anche all’inferno. Anche al diavolo.
“Non puoi diventare un mostro, per combattere i mostri,” dice uno dei personaggi del film al protagonista. Eppure è proprio questo l’effetto che provoca la visione. Fa diventare dei mostri.
Guardatevi il film, per favore.
Non obbligatemi a costringervi come questa povera fanciulla...

Revenge e Dexter sono le vostre serie preferite?
La trilogia della vendetta è la trilogia che più fa battere il vostro cuoricino?
V per vendetta per voi non è il titolo di un fumetto, né di un film, ma la vostra filosofia di Vita?
Pensate che la frase “Porgi l’altra guancia” sia la più grande cacchiata presente nel bestseller La Bibbia?
Allora questo è il film che fa per voi. Non un semplice revenge movie, bensì l’apoteosi del revenge movie.

Per chiudere, mi tocca citare Diego Abatantuono, nonostante non lo sopporti, epperò il commento più appropriato per una pellicola come questa non può essere che:
“Viuuleeenza!”
(voto 8/10)



mercoledì 2 marzo 2011

Minkia ke bimbi

Confessions
(Giappone 2010)
Titolo originale: Kokuhaku
Regia: Tetsuya Nakashima
Cast: Takako Matsu, Masaki Okada, Yoshino Kimura, Yukito Nishii, Kaoru Fujiwara, Ai Hashimoto
Tratto dal romanzo di: Kanae Minato
Genere: V per vendetta
Se ti piace guarda anche: Old Boy, Rashōmon, Lady Vendetta, Battle Royale

Trama semiseria
In una classe delle scuole medie, un’insegnante racconta un tragico fatto di cronaca che vede coinvolti in prima persona alcuni di loro. In Giappone però la legge non può punire i ragazzini di 13 anni, neppure se colpevoli di omicidio. In Italia qualcuno sa dirmi se funziona allo stesso modo o se ad essere impuniti sono solo i presidenti del Consiglio?

Recensione cannibale
Confessions è un film terribile. No, aspettate: non intendevo in quel senso. È un film terribile nel senso di profondamente sconvolgente e inquietante, per quanto non si tratti di un horror. Di fronte ci troviamo infatti una pellicola con dentro una cattiveria esagerata e davvero bastarda, in cui trovare figure positive o role models è un’impresa impossibile. Se avete trovato difficoltà ad enfatizzare con i personaggi di The Social Network, qua avrete quindi vita ancora più dura.
Confessions era il film giapponese candidato quest’anno all’Oscar di miglior film straniero: incluso nella rosa dei 9 papabili, non è però riuscito a entrare in cinquina. Vista l’inclusione di un altro film spietato come il greco Dogtooth (Kynodontas), a quei bonaccioni dell’Academy dev’essere sembrato troppo inserire due pellicole, anzi due “cose” così perfide ed estreme, quindi purtroppo il giapponese è rimasto fuori.

I primi 30 minuti di Confessions sono da antologia del Cinema. In una classe delle scuole medie, un’insegnante parla ai suoi alunni distratti, tutti troppo presi da telefonini, videogame, iPod e aggeggi elettronici vari, tutti presi a parlare e a ridere tra loro. Un branco di bimbiminkia giapponesi casinisti, per rendere l’idea. Un rumore di fondo costante in grado di scoraggiare anche il professore meglio disposto. La giovane insegnante comincia però a raccontar loro una storia molto particolare e inquietante che riguarda in prima persona sia lei che i suoi studenti. Poco a poco il casino di fondo si abbassa e l’attenzione cresce, con una serie di rivelazioni, di confessions, davvero sconvolgenti in un crescendo mostruoso di tensione costruito in una maniera favolosa.

30 minuti eccelsi, ma comunque anche il resto del film non è da meno e riesce a mantenere l’interesse in maniera efficace, moltiplicando nelle parti successive i punti di vista della stessa storia, a mezza strada tra Rashōmon di Akira Kurosawa e la serie tv Lost. E la storia che sta al centro di tutto è una vicenda forte e davvero dura di bambini nichilisti e malvagi (roba che Samara di The Ring al confronto è una Santa) molto lontani dal Giappone stilizzato di Pokemon e Holly & Benji, nonostante qualche momento di comicità manga ogni tanto affiori persino qui.
Visivamente è tra le cose più belle e potenti osservate negli ultimi tempi, per merito di un montaggio iper-veloce, l’uso di ralenty, inserti visionari e qualche momento splatter. Dei film precedenti del regista Testuya Nakashima avevo già visto il divertente ma sconclusionato Kamikaze Girls, un luna park per gli occhi non supportato da una trama troppo coinvolgente; questa volta alle prese con una sceneggiatura di alto livello posso dire che è sicuramente tra gli uomini di maggior talento al mondo con una macchina da presa in mano (mica come il neo premio Oscar Tom Hooper). In più la colonna sonora veleggia ispirata, ispiratissima tra musiche giapponesi e occidentali delle più varie con XX, Boris, “That’s the way (I like it)” e Johann Sebastian Bach, fino a raggiungere il vertice assoluto con “Last Flowers” dei Radiohead.

Se volete vedere un gioiellino orientale lontano anni luce dai prodotti in serie hollywoodiani, ma soprattutto se siete pronti per una storia davvero perfida questa è la mia confessione: Confessions (Kokuhaku) è uno dei film più bastardi che io abbia mai visto. E come resistere a un po’ di sana cattiveria del genere, soprattutto quando è girata così da Dio?
Anzi, vi dirò di più: avete presente Amore 14? 3MSC? Bene, questo non è il film anti-Moccia. Questo è il film ammazza-Moccia.
(voto 9)

Canzone cult: Radiohead “Last Flowers”
Scena cult: i primi 30 minuti, una vera lezione di Cinema

mercoledì 13 ottobre 2010

Candy Shop

Hard Candy
(USA 2005)
Regia: David Slade
Cast: Ellen Page, Patrick Wilson, Sandra Oh
Links: imdb, mymovies
Genere: thriller, revenge movie
Se ti piace guarda anche: Dexter (serie tv), Little Children, One Hour Photo, The Tracey Fragments, Uomini che odiano le donne

Hard Candy è un film estremamente sgradevole. Fin dalla prima scena, dal suono fastidioso delle dita che pigiano sulla tastiera.
Hard Candy è anche un film che qualcuno troverà liberatorio. Giustizialista, probabilmente. Ma liberatorio.
Una ragazzina di 14anni interpretata da una Ellen Page incattivita si fa infatti portavoce di tutte le vittime di abusi sessuali e se la prende con un pedofilo. Se la prende TANTO con un pedofilo.

Dimenticate la mammina teen indie di Juno, dimenticate l’Arianna architetta dei sogni di Inception, dimenticate la Bliss Cavendar rollergirl di Whip It. Non fatevi nemmeno ingannare da quel suo vestitino da tenera e innocente novella Cappuccetto rosso. In Hard Candy Ellen Page è un’autentica macchina da guerra, una spietata e sadica torturatrice vendicatrice che piacerebbe a Dexter, alla Lisbeth Salander di Uomini che odiano le donne, ma anche a Quentin Tarantino, sebbene al film manchi del tutto l’ironia dei film alla Kill Bill. Qui si fa tutto dannatamente sul serio e l’aria che si respira è talmente pesante da risultare la caratteristica fondamentale, ma alla lunga anche il limite principale, della pellicola.

La violenza e il sangue non sono comunque mai esibiti. La regia di David Slade (che poi dirigerà 30 giorni di buio ed Eclipse) rimane lucida e fredda. Glaciale. La tensione è quindi giocata soprattutto sul contrasto psicologico tra vittima e carnefice (ma chi è chi?), la glorious basterd Ellen Page e l’ottimo Patrick Wilson, come se ci trovassimo in un episodio della serie tv psicologica In Treatment andato a male. O a una puntata di quel programma di candid-camera di Mtv, Disaster Date, in cui non c’è mica tanto da ridere per il protagonista pedofilo che va felice come uno scolaretto a un appuntamento con una ragazzina conosciuta su internet e poi si ritrova legato a una sedia. E questo solo per cominciare.

Il giudizio sul comportamento della protagonista lo lascio a voi, anche perché non voglio addentrarmi in un tema come quello della giustizia fai da te mai come ora così scottante. Certo che alcune persone se vedessero questo film poi forse ci penserebbero su due volte prima di fare certe cose…
(voto 6,5)

Sì, incredibilmente questo film è anche disponibile in italiano!

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