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venerdì 10 agosto 2018

L'isola dei cani è bella, ma non ci vivrei





L'isola dei cani
Titolo originale: Isle of Dogs
Regia: Wes Anderson


Bau bau bauuu, au auuuuu...

Traduzione: L'isola dei cani è un bel film, ma...

Il resto della recensione l'ho pensato nel linguaggio dei cani, ma preferisco scriverlo in italiano, o se non altro nella mia personale versione della lingua italiana, seguendo la linea scelta dal regista della pellicola Wes Anderson con l'inglese. Altrimenti risulterebbe troppo un casino. Bau bau bauuu!

giovedì 3 maggio 2018

Indovina quale film guardare stasera?





Dopo le uscite forti della scorsa settimana, tra supereroi e supercattivi, i cinema italiani sono già pronti ad andare in vacanza?
No no, perché anche in questa qualche roba interessante sembra esserci. Andiamo a scoprire che roba, con i commenti miei, del mio rivale Mr. James Ford e di un nuovo interessante ospite, che questa volta è...
Caden Cotard, l'autore de Il buio in sala, un blog cinematografico molto ben scritto e parecchio competente. La domanda quindi è: cosa ci fa in una rubrica insieme a noi due, che siamo quelli che i francesi chiaman les incompétents?


GAME NIGHT - INDOVINA CHI MUORE STASERA?
"Ford, vieni a giocare con me, Cannibal e Caden Cotard a commentare le uscite cinematografiche settimanali?"

"Devi già partecipare a un incontro di wrestling???"

lunedì 9 giugno 2014

GRAND BUDAPEST MATRIOSKA




Correva l’anno 2014. Sì, lo ricordo bene. Era appena uscito il mio ultimo film, Grand Budapest Hotel. Ne ero molto fiero perché rappresentava bene tutto il mio cinema, il mio intero stile racchiuso in un’opera sola. Con un po’ di timore, all’epoca andai a cercare alcuni commenti in rete. Tra di essi ve n’erano molti positivi, alcuni entusiastici, ma ce n’era uno che mi lasciò piuttosto perplesso. Il sito lo ricordo perché aveva un nome molto particolare, si chiamava Pensieri Cannibali. Cannibal Thoughts. WTF? All’epoca uscivo con una studentessa universitaria italiana e, per migliorare la mia conoscenza della lingua, cercavo recensioni delle mie pellicole scritte in quello strano idioma. Non capivo ogni singola parola, però comprendevo il senso generale. Nella sua recensione l’autore del blog, un certo Cannibal Kid, apprezzava il mio Grand Budapest Hotel, ma allo stesso tempo lo considerava un lavoro incompiuto. Ricordo che commentai il post scrivendo: “Non dire stronzate, ragazzo cannibale. Questo è il mio film più bellissimo!”.
Lui rispose: “Ma impara l’italiano, Wes Anderson!”
E io contro ribattei dicendo: “Un giorno lo farò, stronzetto, un giorno lo farò!”
In quel periodo mi trasferii in Italia, cominciai a girare lì i miei film, abbandonai i miei soliti affezionati attori feticcio come Bill Murray, Adrien Brody, Tilda Swinton, Jason Schwartzman, Owen Wilson e gli altri e scoprii nuovi straordinari attori locali come Gabriel Garko, Francesco Arca, Elisabetta Canalis. Mi misi anche a collaborare con grandi intellettuali italiani come i fratelli Vanzina ma, chissà perché, da allora la critica internazionale mi voltò le spalle. Tutti, tranne Cannibal Kid. Dopo quel nostro acceso primo scontro verbale, diventammo grandi amici e lo siamo tutt'ora. Adesso allora mi è venuta la curiosità di andare a recuperare la sua vecchia recensione su Pensieri Cannibali del mio Grand Budapest Hotel. Chissà, magari non aveva poi tutti i torti...

Grand Budapest Hotel
(USA, Germania 2014)
Titolo originale: The Grand Budapest Hotel
Regia: Wes Anderson
Sceneggiatura: Wes Anderson
Ispirato ai lavori di: Stefan Zweig
Cast: Ralph Fiennes, Tony Revolori, Saoirse Ronan, Tom Wilkinson, Jude Law, F. Murray Abraham, Adrien Brody, Willem Dafoe, Mathieu Amalric, Tilda Swinton, Harvey Keitel, Jeff Goldblum, Léa Seydoux, Jason Schwartzman, Owen Wilson, Bob Balaman, Fisher Stevens, Giselda Volodi
Genere: wesandersoniano
Se ti piace guarda anche: Fantastic Mr. Fox, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, I Tenenbaum

Grand figlio di buona donna, Wes Anderson. I suoi film sono sempre dei dolcetti deliziosi, ma dal gusto spesso dolceamaro. Dei dolcetti che vanno scartati con cura, come nel caso di Grand Budapest Hotel, un film stratificato, costruito con una cura mostruosa, con un’attenzione a ogni più piccolo dettaglio pazzesca. Riguardo a quest’ultima pellicola, ho sentito soprattutto due tipi di pareri: i primi sono quelli degli hipster del tutto esaltati come questa.


E poi ci sono quelli più tiepidi, che parlano invece di sterile esercizio di stile. A me le vie di mezzo non piacciono, però per una volta devo schierarmi nel partito dei dannati moderati. La verità, almeno in questo caso, forse sta davvero nel mezzo.
Da una parte, Grand Budapest Hotel è un film diretto alla grande. Wes Anderson raggiunge qui una fluidità di movimenti della macchina da presa, e anche della narrazione, come mai prima d’ora. A livello estetico, il soggiorno in questo hotel è davvero un piacere per gli occhi. Un incanto continuo, ricco di trovate registiche come l'alternarsi del formato in 16:9 con quello in 4:3. Anche in quanto a sceneggiatura, Wes Anderson tira fuori dei lampi di genio, delle chicche notevoli, dei momenti spassosi. Grand Budapest Hotel è un inno alla narrazione, a partire dalla sua struttura a scatole cinesi, ma vista l’ambientazione esteuropea è meglio dire in stile matrioska, di racconto nel racconto nel racconto nel racconto.

Dall’altra parte Grand Budapest Hotel è un film volutamente monco, diviso in 5 capitoli che sarebbero dovuti essere 6. Manca quello dedicato ad Agatha, il personaggio di Saoirse Ronan. Il narratore, il Lobby Boy dell'hotel ormai cresciuto, decide di troncare quasi del tutto quella parte del racconto, una pagina ancora troppo dolorosa della sua vita. Si ha così la sensazione che manchi qualcosa, qualcosa di fondamentale, che sarebbe stato capace di trasformare la pellicola da splendida esperienza estetica, a visione anche davvero emozionante. Grand Budapest Hotel è un film matrioska che rivela poco a poco i suoi strati, ma alla fine decide di non mostrarci l’ultimo. Il cuore.

Grazie al suo senso dell’umorismo particolare, e qui più incisivo e nero del solito, Wes Anderson ci regala un’ottima macchina da intrattenimento a metà strada tra commedia e thriller. L’impressione è però quella di un film che parla più al cervello che al cuore. Impressione confermata dai molti riferimenti più o meno ricercati, dalle comedy slapstick de ‘na vorta al cinema muto, dalle vaghe implicazioni politiche fino alla dedica finale a Stefan Zweig, come viene ben spiegato in questo post del blog La balena bianca:

A sciogliere i nostri dubbi, ecco che giunge la dedica finale: a Stefan Zweig.
Tutto all’improvviso si fa chiaro, semplice, quasi commovente. Un’opera così cesellata, dalla finezza e dalle atmosfere mitteleuropee, non poteva che rifarsi a questo romanziere di inizio novecento, troppo rapidamente dimenticato dopo la sua tragica morte. Caso eccezionale quello dello scrittore austriaco, autore prolifico e dal successo mondiale (le sue opere vennero tradotte in cinquanta lingue), egli può essere considerato il primo autore di bestseller dell’età contemporanea, le avventure da lui descritte spaziavano dai viaggi in terre esotiche ai drammi più sottilmente psicologici, e i suoi protagonisti, come ci ricorda Silvia Montis nell’introduzione a una delle sue raccolte, erano “eroi involontari a confronto con un interrogativo epocale, sui quali si è abbattuto il pesante sigillo della Storia”, proprio come i due protagonisti di Grand Budapest Hotel, semplici inservienti nella bufera dei mutamenti geopolitici. Ma la vicinanza di Anderson allo scrittore austriaco è ben più profonda, di natura stilistica; assistiamo infatti a un evento sensazionale: la traduzione perfetta di un linguaggio letterario nel suo omologo cinematografico. Perché se i film di Anderson appaiono come giochi dal meccanismo perfetto, essenziali e impreziositi dalla cura del dettaglio, sempre la Montis ci ricorda che Zweig era “un cultore della rinuncia, dell’editing a levare anziché a irrobustire, del dettaglio fatale nascosto in un umile aggettivo anziché esplorato in un passaggio auto compiaciuto. Distillava, tagliava, asciugava: il movimento era sempre mirato. Il racconto, un congegno a orologeria”.
Wes Anderson, dunque, con questa dedica, svela molto più di quanto si possa pensare. L’opera di Zweig non è una semplice ispirazione, ma un modello di poetica e di intenti, quasi il regista americano volesse seguire persino la stessa sorte dell’autore austriaco, spazzato via dalla storia della letteratura contemporanea, colpevole di intransigenza formale.

Quanto a me, come detto sto nel mezzo. Lunga da me accusare Wes Anderson di intransigenza formale, devo ammettere che nel caso di Grand Budapest Hotel è la forma ad avermi colpito di più rispetto ai contenuti. Sarà perché io in generale sono un fan della forma (e soprattutto delle forme).
Nonostante qualche lampo di umanità, i personaggi che popolano il Grand Budapest Hotel e i suoi dintorni non riescono a trasformarsi del tutto in persone in carne e ossa, come invece capitava nel precedente stupendo e quello sì davvero toccante film del regista Moonrise Kingdom. Ma probabilmente è solo colpa mia. Avrei voluto meno Ralph Fiennes, attore che continuo a non sopportare, e più Saoirse Ronan! È quasi come se Wes Anderson in fase di montaggio avesse fatto il Terrence Malick della situazione e avesse sforbiciato di brutto il suo personaggio. Quello che avrebbe potuto regalare più emozioni a un film che invece resta una visione molto da Est Europa. Un’affascinante quanto fredda matrioska.
(voto 7,5/10)

Questo era quanto diceva Cannibal Kid su Pensieri Cannibali nell’ormai lontano 2014. Ora che parlo perfettamente l’italiano, ho capito fino in fondo l’intero contenuto del post. La mia impressione rispetto ad allora però non è cambiata e la ribadisco ancora una volta: “Non dire stronzate, ragazzo cannibale. Questo è il mio film più bellissimo!”.
Wes Anderson

venerdì 29 marzo 2013

MARO’, CHE BELLO VIAGGIARE IN INDIA


Celo celo, manca.
Spulciando nella filmografia di Wes Anderson, mi sono reso conto che mi mancavano ancora 2 film: l’esordio assoluto Un colpo da dilettanti e Il treno per il Darjeeling. Il primo vedrò di vederlo vedere prossimamente, il secondo me lo sono recuperato ora, anche perché ho sentito pareri che lo mettevano addirittura al primo posto nella classifica dei film wesandersoniani. I soliti esagerati!
Ma il primo vagone di questo post-treno, tutto di prima classe, è dedicato al cortometraggio che anticipa la pellicola…
Salite a bordo e buon viaggio.

VAGONE 1
Hotel Chevalier
(cortometraggio, USA, Francia 2007)
Regia: Wes Anderson
Sceneggiatura: Wes Anderson
Cast: Jason Schwartzman, Natalie Portman

Si potrebbe scrivere una tesi di laurea o un trattato filosofico su questo cortometraggio. Per evitare di tediarvi, fate prima a vedervelo che dura appena 13 minuti, titoli di coda compresi. Non dovete nemmeno sbattervi troppo che ve lo sbatto qua sotto. In versione sottotitolata in italiano, cosa pretendete di più? Fare sesso con Natalie Portman?
Eh, ciao belli, per adesso potete accontentarvi di vederla ignuda nel suddetto cortometraggio. Ma no, non mostra la patatina, brutti pervertiti.
Riguardo al corto, evito tesi e trattati dicendo che è una breve introduzione all’apatico personaggio interpretato da Jason Schwartzman ne Il treno per il Darjeeling ed è una piccola scheggia di raffinato wesandersonismo, con tanto di dialoghi ironici, musica che puzza di 60s, atmosfere parigine e… Natalie Portman ignuda, l’ho già detto?
(voto 6,5/10)



VAGONE 2
Il treno per il Darjeeling
(USA 2007)
Titolo originale: The Darjeeling Limited
Regia: Wes Anderson
Sceneggiatura: Wes Anderson, Roman Coppola, Jason Schwartzman
Cast: Owen Wilson, Jason Schwartzman, Adrien Brody, Wallace Wolodarsky, Amara Karan, Waris Ahluwalia, Bill Murray, Anjelica Huston, Barbet Schroeder, Irrfan Khan, Camilla Rutherford, Natalie Portman
Genere: on the road on the rotaia
Se ti piace guarda anche: Little Miss Sunshine, I Tenenbaum, Sideways, Un biglietto in due

"Ti prego Cannibal, promuovi il nostro film!"
Biglietti!
Biglietti, prego!
Siete saliti sulla carrozza di questo post a vagoni solo per vedere Natalie Portman come mammeta l’ha fatta?
Bravi, però adesso potete rimanere seduti che Il treno per il Darjeeling è un viaggio piacevole assai. Questo è il pregio forse maggiore del cinema di Wes Anderson, almeno quando è riuscito, cioè sempre tranne nel caso del soporifero Le avventure acquatiche di Steve Zissou. Wes Anderson possiede il dono raro di riuscire a essere leggero senza apparire stupido, e di dire cose profonde in maniera delicata.
L’altro grande pregio di Wes Anderson, che qualcuno può trovare un difetto ma cavoli suoi, è che è un hipster totale. Possiamo dire che è il regista hipster per eccellenza. Sull’arte di essere un hipster avevo già dedicato un post a parte, ma senza stare a rivangare cose già vangate, possiamo dire brevemente che all’interno del suo cinema sono ravvisabili le tendenze principali dell’hipster modello: innanzitutto è indie. Non sei indie? Allora non sei hipster e se non sei hipster non sei indie e se ti credi di essere hipster non sei hipster ma forse sei comunque indie.
Inoltre, da bravo hipster, Wes Anderson e i suoi personaggi sfoggiano un gusto raffinato e allo stesso tempo stralunato. Perché se sei normale non sei hipster.
Infine, per essere un hipster degno di questo nome, è necessaria anche una passione per le cose vintage e retrò. E chi meglio di Wes Anderson, fissato com’è con gli anni Sessanta? Nonostante il suo unico film effettivamente ambientato in quel decennio sia l’ultimo stupendo Moonrise Kingdom,(I Tenenbaum invece viaggia fino ai 70s), anche gli altri sono immersi in un’atmosfera molto 60s per stile, abiti e musiche. Qui infatti non mancano brani 60s indiani, una spruzzata di Kinks, “Les Champs Élysées” di Joe Dassin che un tocco francese fa ancora più chic, e il momento emotivamente più emotivo sulle note di “Play With Fire” dei Rolling Stones.

"Anche voi state cominciando a rimpiangere Trenitalia?"
Il treno per il Darjeeling è quindi un’altra corsa sul treno del cinema di Wes Anderson, con le sue canzoni, il suo stile, i suoi attori feticcio e che riprende qui la tematica famigliare come ne I Tenenbaum e Fantastic Mr. Fox. Owen Wilson, tutto fatto su perché ha avuto un incidente, ha deciso di organizzare un viaggio in India insieme ai due fratelli con cui non aveva più parlato dopo il funerale del padre. Un viaggio per riallacciare i rapporti con loro ma anche un viaggio, almeno nelle intenzioni, spirituale. Ovviamente, i tre fratelli sono uno più strambo e particolare dell’altro: il playboy sui generis interpretato da Jason Schwartzman, già idolo incontrastato di Rushmore così come della serie Bored to Death, Adrien Brody in crisi esistenziale perché sta per diventare papà e poi l’incidentato già citato Owen Wilson.

Nel cast non mancano le apparizioni di altri volti tipici del cinema wesandersoniano come Bill Murray e Anjelica Huston, mentre a livello registico Wes gioca con le zoommate alla Sergio Leone e i ralenty, che regalano alla pellicola una precisa cifra stilistica. La sceneggiatura è molto semplice, ma all’interno di questo particolare on the road movie che procede dritto per dritto (o quasi) sulle rotaie, Anderson riesce a infilare anche valori famigliari e spirituali con il suo tipico tono delicato e ironico.
A funzionare sono però soprattutto i tre strepitosi protagonisti, tanto che si vorrebbe viaggiare ancora con loro, da qualche altra parte. Si vorrebbe sapere qualcosa in più su questi personaggi e il cortometraggio iniziale, così come il flashback ambientato il giorno del funerale del padre, non bastano. No.
Propongo allora a Wes Anderson di realizzare un cinepanettone hipster ogni anno: dopo Vacanze in Darjeeling, voglio vedere questi tre anche a Cortina, Miami e sul Nilo!
(voto 7,5/10)

P.S. No, non ho fatto battute su un film indie ambientato in India, e allora?

VAGONE 3
Prada Candy
(spot, 2013)
Regia: Wes Anderson e Roman Coppola
Cast: Léa Seydoux, Peter Gadiot, Rodolphe Pauly


Abbiamo aperto con un corto ambientato a Parigi e chiudiamo con un corto ambientato a Parigi. Come non detto: con 3 corti, sponsored by nientepopodimeno che Prada, mica pizza e fichi.
Si tratta di 3 pubblicità dirette da Wes Anderson insieme al fido Roman Coppola (da solo non ce la poteva fare) del nuovo profumo Prada Candy L'Eau con protagonista la seducente Léa Seydoux.
No, non sono stato pagato da Prada per questa marketta, ma se volessero farlo a me andrebbe très bien.






sabato 8 dicembre 2012

MAN OF THE YEAR 2012 - N. 14 WES ANDERSON

Wes Anderson
Genere: radical-hipster
Provenienza: Houston, Texas, USA
Età: 43
Il passato: Un colpo da dilettanti, Rushmore, I Tenenbaum, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Il treno per il Darjeeling, Fantastic Mr. Fox
Il suo 2012: Moonrise Kingdom - Una fuga d’amore
Il futuro: The Grand Budapest Hotel con Saoirse Ronan
Ti potrebbero piacere anche: Roman Coppola, Noah Baumbach, Jason Schwartzman, Jonathan Ames
Perché è in classifica: perché finalmente ha girato il suo Capolavoro

Attendevo Wes Anderson al varco.
Con una mazza chiodata per fargli del male?
Ma no! Dopo averlo visto alle prese con una serie di film quasi sempre buoni (no, Steve Zissou no), ma sempre in qualche modo fermi a un passo dall’eccellenza, aspettavo che facesse il suo vero capolavoro personale e ora, con Moonrise Kingdom, l’ha fatto. Wes Anderson ce l’ha fatta. È riuscito a infilare dentro una pellicola sola tutto il suo cinema, tutta la sua visione del mondo, tutto il suo umorismo talmente sottile e intellettuale da essere a volte ai limiti del comprensibile (e forse alle volte pure ai limiti dell’umorismo stesso), tutto il suo gusto retrò, tutta quella sua certa attitudine infantile, tutta la stralunatezza dei suoi personaggi, tutta la sua cura maniacale per inquadrature, costumi, musiche e scenografie. Moonrise Kingdom è un’opera formalmente perfetta, esteticamente magnifica, ma la cosa più importante è che sotto vi batte forte un cuoricino. Un film bello, e con l’anima. Wes Anderson ce l’ha fatta.
E ora, cos’altro combinerà? C’è chi ha persino immaginato una sua personale rivisitazione di Star Wars. La Disney sarà d’accordo?



Vorrei vivere in un film di Wes Anderson,
vederti in rallenty quando scendi dal treno.
Coi personaggi dei film di Wes Anderson:
idiosincratici, più simpatici di me.

E i cattivi non sono cattivi davvero.
E i nemici non sono nemici davvero.
Ma anche i buoni non sono buoni davvero,
proprio come me e te.

Vorrei vivere in un film di Wes Anderson:
inquadrature simmetriche e poi partono i Kinks.
Vorrei l'amore dei film di Wes Anderson,
tutto tenerezza e finali agrodolci.

E i cattivi non sono cattivi davvero.
E i fratelli non sono nemici davvero.
Ma anche i buoni non sono buoni davvero,
proprio come me e te.
I Cani (indie hipster band, naturalmente) “Wes Anderson”






mercoledì 24 ottobre 2012

Kanye Wes Anderson

Moonrise Kingdom
(USA 2012)
Regia: Wes Anderson
Sceneggiatura: Wes Anderson, Roman Coppola
Cast: Jared Gilman, Kara Hayward, Bruce Willis, Edward Norton, Bill Murray, Frances McDormand, Jason Schwartzman, Harvey Keitel, Tilda Swinton, Bob Balaban, Seamus Davey-Fitzpatrick, L.J. Foley, Jake Ryan
Genere: fanciullesco
Se ti piace guarda anche: Submarine, Stand By Me, I Goonies, Fantastic Mr. Fox, Rushmore
Uscita italiana: 6 dicembre 2012

Moonrise Kingdom è il film che avremmo voluto vedere da bambini, se da bambini fossimo stati degli indie.
Che poi fino ad ora tutti quelli di Wes Anderson sono stati film di stile, e naturalmente di stile indie, più che di altro. E forse pure questo. Uno stile impeccabile, fatto di un umorismo sottile, a volte ai limiti del comprensibile, altre volte troooppo radical-chic persino per me.
Protagonisti sempre una serie di personaggi stralunati e fuori dal tempo che sembrano usciti da qualche racconto del New Yorker, più che dalla realtà. Un regista intellettualoide, se vogliamo usare un’espressione tanto ma tanto odiosa. Per queste e per altre ragioni, prima di Moonrise Kingdom avevo apprezzato il Mr. Anderson, più che amato il Mr. Anderson.
Con Rushmore c’era anche andato vicino a farsi amare, grazie agli esilaranti scontri tra Jason Schwartzman e Bill Murray. E Fantastic Mr. Fox è una delle pellicole d’animazione più fantastiche degli ultimi anni. Il suo film probabilmente più celebre e cult, I Tenenbaum, mi è pure piaciucchiato, eppure non è riuscito a entrare nei miei cult personali. Le avventure acquatiche di Steve Zissou invece no. Quello proprio non mi è piaciuto. Anche quello superstiloso, per carità, però che due palle.
Fin dal suo delizioso trailer, il suo ultimo Moonrise Kingdom mi faceva pensare che questa volta sarebbe potuto scattare l’innamoramento totale. Sarà andata così?
Vediamo un po’…

Film dopo film dopo film dopo film, Wes Anderson sta disegnano sempre più non solo un cinema, ma un mondo suo. Come un David Lynch più fanciullesco e meno inquietante. Come un Quentin Tarantino senza sangue e con i personaggi più educati e raffinati. Come un Terrence Malick meno “divino” e più terreno. A proposito di Lynch, questo potrebbe essere il suo Cuore selvaggio. A proposito di Tarantino, questo potrebbe il suo Una vita al massimo (film sceneggiato da Quentin e diretto da Tony Scott). E a proposito di Malick, questo potrebbe essere il suo La rabbia giovane.
Al centro di tutto, come cuore della pellicola, batte infatti una folle fuga romantica. A compierla sono due ragazzini intorno ai 12 anni di età. Lui è Sam, il bambino più odiato del campo scout in cui passa l'estate poiché è un orfano ed è per questo considerato socialmente pericoloso e disturbato. Lei è Suzy, una che invece i genitori ce l’ha, ovviamente stralunatissimi e che sono interpretati dall’attore feticcio di Anderson Bill Murray e da Frances McDormand. Frances McDormand, fin da quel suo nome così letterario, non credo esista veramente. Non è una persona reale. Vive solo all’interno del cinema indie americano.

"Niente male il nuovo romanzo di Zio Scriba..."
Comunque Suzy non è orfana, anche se vorrebbe esserlo: “Ho sempre desiderato essere un'orfana. Sono i miei personaggi preferiti. Penso che le vostre vite siano più speciali.”
E comunque Suzy, ragazzina alquanto turbolenta e con degli scatti improvvisi di violenza, è interpretata dall’esordiente Kara Hayward, una giovanissima attrice che se prosegue sulla buona strada potrebbe diventare – lo dico o non lo dico? certo che lo dico – la nuova Natalie Portman o la nuova Kirsten Dunst o la nuova Saoirse Ronan. Ok, l’ho detto. Mentre se prosegue sulla cattiva strada beh, può diventare la nuova Lindsay Lohan. Ok, ho detto pure questo.
E poi occhio pure all'altrettanto giovane e altrettanto esordiente protagonista maschile, Jared Gilman, uno che potrebbe diventare il nuovo idolo nerd per un'intera generazione.

"Stiamo cercando il blogger Cannnibal Kid, l'avete visto? Lui di solito
i film si diverte a massacrarli. Questo post non può averlo scritto lui..."
Contro i genitori, contro la giovane età, contro la polizia capitanata da un grande Bruce Willis, contro gli scout capitanati da un Edward Norton finalmente tornato al grande cinema, da cui mancava tipo da La 25a ora del 2002. Contro tutti, i due giovani innamorati scappano. E poi?
E poi scopritelo da soli, guardando questa meraviglia di film. Non vi dico cosa succede non perché questo sia un thriller, sebbene alcune scene siano costruite con grande tensione, mentre i giochi di sguardi ricordano addirittura i western di Sergio Leone, l'uso delle musiche è a dir poco spettacolare e ci sono alcune sequenze meravigliose. Non vi dico altro perché questa è un'avventura, una grande avventura, che è meglio non sentire raccontare ma vedere con i propri occhi. E, inoltre, è la più bella storia d’amore dell’anno.
Dopo una schifezza come il To Rome with Love firmato Allen, mi ci voleva proprio un film come Moonrise Kingdom. Una visione in grado di farmi ritrovare fiducia, se non nell’umanità tutta, almeno nel cinema. E allora questa volta l'innamoramento totale per una pellicola di Wes Anderson è scattato. Perché? Perché Moonrise Kingdom è il film che avremmo voluto vedere da bambini, se da bambini fossimo stati degli indie.
(voto 9/10)


venerdì 20 aprile 2012

Un gran can Can(nes)

È uscito il menu del Festival di Cannes 2012, che si terrà dal 16 al 27 maggio.
Ricco, abbondante, gustoso, godurioso… si preannuncia una bella abbuffata di gran cinema, anche se ripetere l’edizione dell’anno scorso sarà davvero dura. Nel 2011 sono passati in rassegna in pratica tutti i grandi film dell’annata, dalla meritata Palma d’Oro The Tree of Life al premio Oscar The Artist, dal cult Drive all’ottimo Polisse fino ad arrivare al controverso Melancholia, con tanto di Lars Von Trier show e cartellino rosso sventolatogli dall’organizzazione.
Quest’anno il Festival riuscirà a essere all’altezza di un’edizione così pazzesca?
Difficile, però gli spunti interessanti non mancheranno.
A partire dall’apertura con il nuovo di Wes AndersonMoonrise Kingdom, che fin dal trailer promette di essere un gioiellino.


Attesa enorme per il nuovo film del sempre sorprendente Michael Haneke dopo quel capolavoro de Il nastro bianco. Questa volta presenta Amour (Love). Che titolo scontato, penserà qualcuno. Considerando però il gran bastardo che è Haneke, difficilmente si rivelerà una pellicola tutta orsetti e cuoricini…

Visto il grande periodo di forma del cinema francese, attenzione a De rouille et d’os con Marion Cotillard, al nuovo del quasi 90enne Alain Resnais e a Holy Motors con Eva Mendes e Kylie Minogue (!).


Tra gli ammericani, quello su cui punto di più è Jeff Nichols, il regista del fantasmagorico Take Shelter che adesso propone il suo nuovo Mud con Reese Witherspoon, Matthew McCounaghey e il suo attore feticcio Michael Shannon.
Lee Daniels ritorna dopo Precious con The Paperboy: cast molto variegato (Zac Efron, Nicole Kidman, Matthew McCounaghey, John Cusack) e risultato che è una grande incognita.
Il neozelandese “fordiano” Andrew Dominik dopo Chopper e L’assassinio di Jesse James torna con Killing Them Softly, supercast annesso (Brad Pitt + Casey Affleck + Sam Rockwell + Javier Bardem + Mark Ruffalo).
Super mega cast esagerato pure per John Hillcoat, il regista di The Road. Per il suo Lawless, sceneggiato da Nick Cave, ci sono solo: Tom Hardy, Jessica Chastain, Shia LaBeouf, Gary Oldman, Guy Pearce e Mia Wasikowska…
E poi ancora ci sono il danese Thomas Vinterberg (in conferenza stampa farà il Von Trier della situazione?), l’inglese Ken Loach, l’iraniano Abbas Kiarostami, il rumeno Cristian Mungiu, il messicano Carlos Reygadas, ecc. ecc.

E l’Italia? L’Italia? L’Italia?
Di Italia in Concorso non ce ne sarà tantissima, d’altra parte il momento per il nostro cinema è catatonico, però un titolo ci sarà: Reality, il nuovo di Matteo Garrone di rientro dopo Gomorra. La sua riflessione particolare sul grande sogno di partecipare al Grande Fratello si rivelerà interessante oppure adesso, con i reality-show che ormai stanno messi peggio del cinema italiano, arriva fuori tempo massimo?
Fuori concorso tornano pure Bernardo Bertolucci a quasi una decade dall’ultimo The Dreamers con l’adolescenziale Io e te e Dario Argento: il suo Dracula 3D promette di far tremare sì, però questa volta non per la paura…
Comunque vada, e mi sa che con Dracula 3D andrà veramente male, vedi trailer) a tenere alta la bandiera italiana ci penserà almeno il Nanni Moretti presidente di giuria.


E poi, che altro ci sarà?
La coppia di Twilight che scoppia? Kristen Stewart e Robert Pattinson saranno infatti in gara uno contro l’altro: lei in On the Road, l’atteso quanto pericoloso adattamento del libro cult di Jack Kerouac, lui invece è all’esordio con il cinema d’autore in Cosmopolis di David Cronenberg.
David Cronenberg? Figata!
Sì, peccato che l’ultimo atroce A Dangerous Method abbia dimostrato che pure lui può cadere in basso. Molto in basso. Però Cosmopolis, almeno dal trailer, sembra un ritorno a dimensioni eXistenZiali a lui più consone rispetto alle analisi anal-freudiane.
Speriamo bene...



Oltre al concorso principale, attenzione anche alla sezione A Certain Regaird, dove debutterà con Antiviral Brandon Cronenberg, proprio il figlioletto (raccomandato) di David.
Tra i film della rassegna parallela A Certain Regaird, il nome su cui punto tutti i miei franchi (lo so che non ci sono più, però io li punto lo stesso) comunque è Xavier Dolan, giovane fenomeno canadese autore dello splendido Les Amours Imaginaires e che ora presenta Laurence Anyways.


Di seguito, giusto per fare i siti di cinema seri e completi, l’elenco con tutti i film presentati. In attesa di qualche sorpresa e aggiunta dell’ultimo minuto. The Master di Paul Thomas Anderson, per esempio?

Concorso
Moonrise Kingdom (Dir. Wes Anderson)
De Rouille et d’Os (Dir. Jacques Audiard)
Holy Motors (Dir. Leos Carax)
Cosmopolis (Dir. David Cronenberg)
The Paperboy (Dir. Lee Daniels)
Killing Them Softly (Dir. Andrew Dominik)
Reality (Dir. Matteo Garrone)
Amour (Love) (Dir. Michael Haneke)
Lawless (Dir. John Hillcoat)
Da-Reun Na-Ra-e-Suh (In Another Country) (Dir. Hong Sangsoo)
Do-Nui Mat (The Taste of Money) (Dir. Im Sang-soo)
Like Someone in Love (Dir. Abbas Kiarostami)
The Angels’ Share (Dir. Ken Loach)
V Tumane (In the Fog) (Dir. Sergei Loznitsa)
Beyond the Hills (Dir. Cristian Mungiu)
Baad el Mawkeaa (After the Battle) (Dir. Yousry Nasrallah)
Mud (Dir. Jeff Nichols)
Vous n’avez encore rien vu (Dir. Alain Resnais)
Post Tenebras Lux (Dir. Carlos Reygadas)
On the Road (Sur la Route) (Dir. Walter Salles)
Paradies: Liebe (Paradise: Love) (Dir. Ulrich Seidl)
Jagten (The Hunt) (Dir. Thomas Vinterberg)

Un Certain Regard
Miss Lovely (Dir. Ashim Ahluwalia)
La Playa (Dir. Juan Andrés Arango)
Les Chevaux de Dieu (God’s Horses) (Dir. Nabil Ayouch)
Trois Monde (Dir. Catherine Corsini)
Antiviral (Dir. Brandon Cronenberg)
7 Dias en la Habana (Dir. Benicio Del Toro, Pablo Trapero, Julio Medem, Elia Suleiman, Juan Carlos Tabio, Gaspard Noé, and Laurent Cantet)
Le Grand Soir (Dir. Benoit Delépine and Gustave Kervern)
Laurence Anyways (Dir. Xavier Dolan)
Después de Lucia (Dir. Michel Franco)
Aimer à perdre la raison (Dir. Joachim Lafosse)
Student (Dir. Darezhan Omirbayev)
La Pirogue (The Pirogue) (Dir. Moussa Toure)
Elefante Blanco (White Elephant) (Dir. Pablo Trapero)
Confession of a Child of the Century (Dir. Sylvie Verheyde)
Mystery (Dir. You Le)
Beasts of the Southern Wild (Dir. Benh Zeitlin)

Fuori concorso
Thérèse Desqueyroux (Dir. Claude Miller)
Io e Te (Me and You) (Dir. Bernardo Bertolucci)
Madagascar 3: Europe’s Most Wanted (Dir. Eric Darnell and Tom McGrath)
Hemingway & Gellhorn (Dir. Philip Kaufman)

Proiezioni di mezzanotte
Dario Argento’s Dracula (Dir. Dario Argento)
Ai to Makoto (Dir. Takashi Miike)

65th Birthday
Une journée particulière (Dir. Gilles Jacob and Samuel Faure)

Proiezioni speciali
Der Müll im Garten Eden (Polluting Paradise) (Dir. Fatih Akin)
Roman Polanski: A Film Memoir (Dir. Laurent Bouzereau)
The Central Park Five (Dir. Ken Burns, Sarah Burns, and David McMahon)
Les Invisibles (Dir. Sébastien Lifshitz)
Journal de France (Dir. Claudine Nougaret and Raymond Depardon)
A Musica Segundo Tom Jobim (Dir. Nelson Pereira dos Santos)
Villegas (Dir. Gonzalo Tobal)
Mekong Hotel (Dir. Apichatpong Weerasethakul)

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