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sabato 2 luglio 2011

Julian Assange non so se ti darò dei soldi però ti voglio bene

Spot dell’anno so far



Venti telefoni protetti per tenere al sicuro le conversazioni? Cinquemila dollari.
Affrontare le spese legali in cinque paesi diversi? Un milione di dollari.
Mantenere i server in tutto il mondo? Duecento mila dollari.
Donazioni perse dovute al blocco delle banche?
Quindici milioni di dollari. Costi aggiuntivi a causa degli arresti domiciliari? Cinquecento mila dollari.
Guardare il mondo che cambia grazie al tuo lavoro? Non ha prezzo.


OkNotizie

mercoledì 22 dicembre 2010

Man of the year 2010 - n. 1 Julian Assange

Julian Assange
Genere: libero, veramente
Provenienza: Townsville, Australia
Nel 2010: paladino di Wikileaks
Nel 2011: si spera non in galera, di nuovo
Perché è in classifica: è il simbolo della ricerca della verità, che poi dovrebbe essere uno degli scopi principali nella vita di qualunque uomo

Io credo in pochissime cose. Se devo elencarle brevemente diciamo che credo nell’esistenza di Kurt Cobain, credo in ciò che viene detto in “South Park” e credo nella libertà di informazione, di parola, di espressione, di raccontare la verità. Valori che sono un lontano ricordo in un mondo del giornalismo sempre più asservito al potere o ai poteri. In Italia ci sono esempi molteplici e clamorosi, ma anche nel resto del mondo la situazione è ben poco incoraggiante. Persino quegli Stati Uniti d’America che ci hanno sempre trasmesso (o voluto trasmetterci) questa Grande idea di libertà ci hanno solo pigliato per i fondelli.

Julian Assange è l’uomo che ha buttato giù il muro delle ipocrisie. Le verità tirate fuori da Wikileaks possono non necessariamente essere tutte sconvolgenti o inaspettate, però hanno dato inizio a una rivoluzione nel modo di informare senza filtri e senza censure che non si fermerà. Avevano bloccato Napster, ma la condivisione su Internet non si è certo interrotta; adesso cercano di incastrare Assange con una ridicola accusa di stupro, basterà per mettere a tacere un ingranaggio che oramai si è messo in moto?
In 39 anni della sua vita Assange non è mai stato indagato per alcun crimine sessuale, quand’ecco che il 18 novembre 2010, guarda caso ad appena una manciata di giorni dall’uscita delle “bombe” di Wikileaks, si mette a stuprare non una, ma due donzelle. Ci tengo a sottolineare la data, che spesso non è specificata da molti media come se ci godessero segretamente (ma neanche troppo segretamente) a gettare su di lui quell’ombra di sospetto, quella macchina del fango che non riposa mai e cerca sempre di incastrare chi vuole cambiare le cose.
I lettori di Time lo hanno scelto come uomo dell’anno, ma i giornalisti del magazine hanno preferito dare il premio a Mark Zuckerberg. Premio legittimo, o forse un filo di invidia perché Assange oggi è l’unico che fa veramente la loro professione?
Come dice lui:

È preoccupante che il resto dei media di tutto il mondo stia lavorando così male che un piccolo gruppo di attivisti riesca a pubblicare un maggior numero di informazioni di questo tipo di tutto il resto della stampa mondiale messa insieme.

Per quanto riguarda il futuro temo che cercheranno di spalargli addosso altro fango, per danneggiare sempre più la sua figura, ma Julian Assange ormai ha acceso la luce verso la verità e la rivoluzione è cominciata.


lunedì 6 dicembre 2010

Vieni via con me: puntata cannibale

Vado via perché qui ti mettono in galera per aver tradotto male un’intercettazione.
Vado via perché delle intercettazioni chiare e limpide non bastano invece per far mettere in galera certi politici.
Resto qui perché tanto è così che vanno le cose ovunque.
Vado via perché anche nel programma più intelligente e culturale dell’anno gli italiani dimostrano sempre di avere gusti musicali di merda. Vogliamo essere politically correct? Ok, allora diciamo gusti musicali antiquati.
Vado via perché non sono una velina, non sono minorenne e non sono nemmeno una donna.
Resto qui perché non sono una donna e se fossi una donna me ne andrei a gambe levate da un paese tanto maschilista.
Resto qui perché voglio vedere se un gay comunista lo mette in culo a Berlusconi alle prossime elezioni.
Vado via perché c’è gente che non vede l’ora di tirar fuori dei bei cartelli razzisti e giustizialisti.
Vado via perché ci sono giornalisti che ucciderebbero pur di avere un Avetrana 2.
Resto qui per vedere se con una laurea triennale + specialistica + master riesco ad arrivare a uno stipendio di 1000 euro al mese.
Vado via perché a fare il cameriere a Londra faccio più di 1000 euro al mese.
Vado via perché ormai non siamo più nemmeno campioni del mondo. Po-popoppo-po-po-pooo
Resto qui perché c’è ancora gente in grado di proporre dei programmi originali, creativi, intelligenti.
Vado via perché tanto di programmi così non ce ne saranno più per taaanto tanto tempo.
Vado via perché se dei tipi come Fabio Fazio o Giovanni Floris sono considerati dei rebel rebel sovversivi, siam messi male.
Vado via perché nei programmi di approfondimento di Canale 5 l’approfondimento lo fanno su Michelle Hunziker.
Vado via perché “Cotto e mangiato” è il momento più giornalistico dell’intero palinsesto Mediaset.
Resto qui per sentire se D’Alema finalmente dirà una cosa di sinistra. Se ce l’ha fatta un (ex?) fascista ce la farà anche lui, eccheccazzo.
Resto qui perché ogni tanto succedono delle cose belle: Emilio Fede che viene menato da Amaro Giuliani, per dire.
Vado via perché la prostituzione è illegale.
Resto qui perché per trovare delle prostitute basta andare in redazione del TG4.
Vado via perché nei cinema non c’è un cinepanettone. Ce ne sono due.
Resto qui perché da quando Bertolaso è andato in pensione mi sento un po’ più protetto.
Vado via perché devo lavorare per pagare la pensione a Bertolaso quando io probabilmente una pensione mai la riceverò nemmeno.
Ai stei iar bicos mai inglisch its not veri guud.
Vado via xké tanto anke l’itagliano mika l’ho sò tantobbene.
Resto qui perché gli scioperi studenteschi hanno mostrato che la rivoluzione invocata da Mario Monicelli non è così impossibile.
Vado via perché gli scioperi dei calciatori di serie A mi fanno cadere le palle.
Resto qui perché tanto la libertà è un’utopia in qualunque parte del mondo e almeno da noi si mangia bene.
Vado via perché io adoro il junk food e poi la birra all’estero, ammettiamolo, è più buona.
Vado via da tutto e da tutti per raccontare la verità come Julian Assange.
Resto qui perché in Svezia mi denunciano subito per stupro.
Via, via. Vado via perché tanto il mio blog lo posso scrivere da ovunque.
Resto qui perché sono loro che devono andare via.
Vado via perché non si può mica rimanere sempre nello stesso posto.
Resto qui perché se no dove cazzo vado?


cannibal kid

venerdì 3 dicembre 2010

Viva la libertà


Oscurato il sito Wikileaks.
Il provider EveryDNS.net che ospitava il dominio è stato infatti costretto a interrompere il suo servizio perché il sito aveva subito troppi attacchi negli ultimi giorni.

Puntiamo il dito contro la censura di governi come quello cinese, ci indigniamo per la condizione delle donne in Iran, andiamo in missione di pace in Iraq e Afghanistan per difendere il sacro nome della democrazia e poi facciamo questo?

Una delle pagine più nere nella storia recente della libertà di informazione. E della libertà in generale.
Che schifo

(la pagina è comunque accessibile agli indirizzi IP 88.80.13.160 e 213.251.145.96, perché you can't stop the Internet, baby)

mercoledì 1 dicembre 2010

Intrigo internazionale: Julian Assange edition

Julian Assange se ne va in giro con uno zaino. Dentro naturalmente tiene il suo portatile con cui comunica con il resto del mondo. Assange me lo immagino around the world come l’Alexander Supertramp/Emile Hirsch di “Into The Wild” o come il Frank Abagnale/Leonardo Di Caprio di “Prova a prendermi”. Paga solo in contanti, viaggia usando degli alias, non si ferma a dormire in alberghi o hotel, si tinge i capelli (e io che pensavo lo facesse per assomigliare a Silas/Paul Bettany ne “Il codice da Vinci”), cambia il telefonino più spesso di un teenager italiano.

Su Assange pende ora un mandato di cattura internazionale da parte dell'Interpol (no, il gruppo musicale non c’entra niente) su richiesta della Svezia, dopo che il 18 novembre la procura di Gothenburg aveva emesso un mandato d'arresto con l'accusa di violenza sessuale nei confronti di due donne. Due, non una, così agli occhi dell’opinione pubblica non sembrerà solo l’invenzione di una mitomane. Il 18 novembre, guarda caso proprio pochi giorni prima che Assange sganciasse le sue “bombe”. Per noi non sono venute fuori cose così sconvolgenti, come le “rivelazioni” sul nostro Premier, però su Hillary Clinton una bella bombetta l’ha tirata fuori, quella stessa Hillary Clinton che oggi dichiara: “Berlusconi è il nostro migliore amico”, come se fosse una cosa di cui andare fieri.
Al di là del contenuto dei file, la portata rivoluzionaria di Wikileaks è però quella di aver rivoluzionato il mondo delle informazioni riservate dei nostri Governi, mandando al diavolo il tanto difeso (dai potenti) “segreto di Stato”. Quello che potrebbe essere il primo passo verso una politica più trasparente e pulita. Quello che tutti i governi internazionali stanno cercando di evitare in tutti i modi.

Di lui la Repubblica scrive:

Come Bill Gates (Microsoft), Larry Page (Google) o Mark Zuckerberg (Facebook) anche Assange è un innovatore rivoluzionario, usando le nuove tecnologie ha scardinato consuetudini diplomatiche antiche di secoli.

Con il pretesto di un (chiaramente) inventato stupro uscito da quella "macchina del fango" raccontata da Roberto Saviano, tutto il mondo adesso dà la caccia all’australiano dietro Wikileaks, un sito nato come “Un organo d'informazione internazionale non-profit, un sistema a prova di censura, per generare fughe massicce di documenti riservati senza tradirne l'origine”.

Sembra di essere dentro una puntata di “24”, in un agghiacciante intrigo internazionale in cui Assange viene definito “terrorista” mentre Berlusconi abbraccia l’amicona Hillary Clinton, anche se dietro le spalle chissà cosa si diranno.
Ma non siamo in un film, nè siamo in un telefilm: questo è il mondo democratico in cui viviamo, un mondo in cui chi vuole tirare fuori la verità nient’altro che la verità viene braccato come un criminale mentre i criminali veri brindano seduti felici al loro tavolo del Potere. Brindando all’Interpol, brindando alla Libertà, brindando soprattutto a noi (noi in senso generico) che li abbiamo votati.

lunedì 29 novembre 2010

Wikilicks

Finalmente pubblici gli scoop di Wikileaks, in quello che è già stato definito (dal “nostro” Frattini) l’11 settembre della diplomazia.

“Berlusconi fa dei festini selvaggi!”

Ah, lo sapevate già? Tutto il mondo già lo sapeva?
Ok, ma allora vi diciamo che pure Gheddafi c’aveva il suo bell’harem.

Non è una novità neanche questa? Vabbè, allora subito un altro scooppone bomba. Tenetevi forte: “Berlusconi… leccaculo di Putin.”

Ommioddio, sapevate pure questa?
Ok, scusate, abbiamo esagerato un pochino creando tutte queste aspettative e forse non abbiamo nessun cazzo di scoop. Però eccovi l’ultima, questa non la sa nessuno. Pronti gente? “Berlusconi secondo gli americani è un incapace”.

...


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