Difficile considerare Cameron Diaz una grandissima attrice. È sempre stata una grandissima fig…liuola, ma un’attrice davvero fenomenale no. A differenza di altre belle fig…liuole che per dimostrare la loro bravura e darsi un tono attoriale si sono imbruttite, si veda Charlize Theron versione Monster, Cameron Diaz non l’ha mai fatto. O, se c’ha provato a imbruttirsi, ha fallito miseramente e io non me ne sono neanche accorto.
È il tragico destino di una bella bella in modo assurdo. È difficile essere presa sul serio come attrice. Cameron almeno per il momento se n’è sempre sbattuta di dimostrare chissà cosa a chissà chi e, a parte qualche parentesi autoriale con Spike Jonze in Essere John Malkovich (lì un po’ bruttina forse lo era…), Oliver Stone in Ogni maledetta domenica e con Scorsese nel poco riuscito Gangs of New York, senza dimenticare l’ottimo Vanilla Sky di Cameron Crowe, si è accontentata più che altro del ruolo di reginetta delle comedy. Un ruolo che le si addice splendidamente e con cui ha sfatato il mito che le troppo bone non sanno far ridere.
Dopo essersi rivelata come femme fatale in The Mask e aver fatto (giustamente) srotolare la lingua, fatto battere forte il cuore e ululare Jim Carrey…
"Voglio tè, Cannibal.
Intendo: me lo vuoi portare, 'sto tè, Cannibal, o devo aspettare che si freddi?"
…la Diaz (a cui è stata dedicata persino una scuola) s’è specializzata come party girl, come comedy girl.
Non a caso il suo ruolo più iconico e di maggior successo è quello interpretato, con tanto di sborrata sui capelli, in Tutti pazzi per Mary.
Tra i suoi film meno celebri, però, si nasconde comunque qualche altra chicca che merita di essere recuperata come i perfidi Una cena quasi perfetta e Cose molto cattive o i sottovalutati Una vita esagerata di Danny Boyle e The Box di Richard Kelly.
Nonostante la sua specialità sia la commedia, io per celebrare il suo 41esimo compleanno e questo Cameron Diaz Day pensavo di scoprire un suo lato inedito, quello drammatico, con La custode di mia sorella. Ma dopo i primi due minuti di film mi sono ritrovato scaraventato in un’atmosferà da melò strappalacrime ruffiano alla Nicholas Sparks e ho deciso di puntare su una Cameron Diaz più di routine, quella specialista in comedy del più leggero, leggerissimo Notte brava a Las Vegas.
Notte brava a Las Vegas
(USA 2008)
Titolo originale: What Happens in Vegas
Regia: Tom Vaughan
Sceneggiatura: Dana Fox
Cast: Cameron Diaz, Ashton Kutcher, Rob Corddry, Lake Bell, Jason Sudeikis, Treat Williams, Zach Galifianakis, Queen Latifah, Dennis Farina, Krysten Ritter, Michelle Krusiek
Genere: romcom
Se ti piace guarda anche: Come farsi lasciare in 10 giorni, Oggi sposi… niente sesso, Amici, amanti e…, Il matrimonio del mio migliore amico, La dura verità
Certe volte nella vita capitano delle sfighe davvero micidiali.
Se sei una donna, ti può ad esempio succedere di essere mollata da quel figaccione di Jason Sudeikis e poi subito dopo sposarti con quel bruttone di Ashton Kutcher.
Se sei un uomo, ti può invece accadere di sposarti quel cesso di Cameron Diaz e vincere solo 3 miseri milioni di $ a una slot-machine.
Che sfiga!
"Non ti posso sposare, Cameron. Sei troppo giovane per me!"
Notte brava a Las Vegas racconta sotto forma di commedia queste terribili tragedie che capitano ai due protagonisti. Ashton Kutcher è il classico tipo cazzaro, che non ha la testa e la voglia di impegnarsi, né con una donna sola, né con la carriera. Finisce così licenziato dal suo stesso padre, perché non siamo mica in Italia. Oh, negli USA se non sai fare bene il tuo lavoro, se non ti impegni, anche paparino ti manda in mezzo a una strada. Ma Ashton Kutcher cade in piedi e non finisce in mezzo a una strada. Per consolarsi, decide anzi di andare a Las Vegas con il suo BFF, il simpatico Rob Corddry, visto in un sacco di particine in un sacco di film e serie tv e che con il suo umorismo bello cattivo potrebbe presto sfondare veramente, se solo gli dessero qualche ruolo più in primo piano.
Nella città del peccato, Ashton Kutcher si imbatterà in Cameron Diaz che, toh, l’avreste mai detto? È un po’ il suo esatto opposto: precisina, a modo, tutta concentrata sulla sua carriera professionale. Scaricata dal boyfriend, pure lei cercherà consolazione in quel di Las Vegas insieme alla sua BFF, la simpatica Lake Bell, attrice pure lei come Rob Corddry avvistata da un sacco di parti e pronta a fare presto il grande botto. Oppure a passare direttamente nel dimenticatoio senza mai manco essere diventata famosa, ma queste sono cose che capitano, a Hollywood.
"Ah, è per via del fatto che sei stato sposato con Demi Moore.
L'ho capita adesso! Ma perché sto ridendo? Non è così divertente..."
"Forse perché sei totalmente ubriaca? Ma è il tuo compleanno, ci può stare."
Quello che può capitare invece a Las Vegas è di ritrovarsi sposati dopo una notte brava passata a ubriacarsi come le merde, per dirla in un modo che Ashton Kutcher gradirebbe, o a bere come se non ci fosse un domani, per dirla in maniera più fine alla Cameron Diaz. Il giorno dopo, i due si ritroveranno leggermente pentiti dell’avventata decisione presa e così, tornati a casa in quel di NYC, chiedono il divorzio immediato. Ma il giudice toga rossa dice: “NO!” e li condanna a passare 6 mesi insieme per provare a far funzionare il loro matrimonio, se vogliono intascare i $3 milioni guadagnati insieme a Las Vegas.
Solite cose che succedono in una commedia romantica americana. Come prosegue lo sapete già. Come?
Come al solito. Lui e lei all’inizio si odiano e si fanno i dispetti, lui fa di tutto per farsi disprezzare, lei è (f)rigida come un ghiacciolo e poi…
Poi che volete succeda?
Tocca a voi scoprirlo, passando una notte breve a Las Vegas in compagnia di Ashton & Cameron, oltre che a una serie di comprimari di lusso come Zach Galifianakis, che di lì a poco diventerà famoso grazie a un’altra ben più da leoni notte nella Sin City, e alla sempre sexy Krysten Ritter della serie Non fidarti della str**** dell’interno 23. Una notte che scivola via veloce, in maniera abbastanza divertente, anche se non troppo, e il giorno dopo, finiti gli effetti dell’alcool, è già dimenticata.
Quello che succede quindi non ve lo dico, perché quello che succede in una romcom, resta in una romcom.
(voto 5+/10)
Partecipano alle celebrazioni del Cameron Porco Diaz Day anche i seguenti blog Amici di Maria de Filippi Pensieri Cannibali:
Cast: Zach Galifianakis, Bradley Cooper, Ed Helms, Justin Bartha, Ken Jeong, John Goodman, Melissa McCarthy, Heather Graham, Sasha Barrese, Jamie Chung, Gillian Vigman, Jeffrey Tambor, Sondra Currie, Oliver Cooper
Genere: analcolico
Se ti piace guarda anche: gli altri Una notte da leoni
"Bravo Cannibal, anche io odio Liam Neeson!"
Ci sono cose che mi fanno incazzare a prescindere: i film sui supereroi, le pellicole con Liam Neeson e i sequel. Pensate un po’ quindi quanto possa essermi piaciuto Taken 2 – La vendetta, seguito del già pessimo di suo Io vi troverò in cui Liam Neeson si comporta come un supereroe.
Con Una notte da leoni 3 per fortuna non mi sono trovato alle prese con un film sui supereroi, Liam Neeson non è presente, però si tratta di un sequel. Di più, del terzo e, se Dio ce la manda buona, conclusivo capitolo di una trilogia. Che poi non doveva essere una trilogia. Una notte da leoni era un film unico e tale doveva restare, era uno spasso totale, una commedia a suo modo originale e con dei personaggi esilaranti e particolari, su tutti il folle (nel senso proprio di malato di mente) Alan, interpretato da un folgorante Zach Galifianakis, per cui si sono subito scomodati paragoni con John Belushi e che probabilmente invece farà la fine dell’altro “nuovo John Belushi”, ovvero Jack Black. Che comunque è pur sempre una fine migliore di quella del vero povero John Belushi.
Considerato il clamoroso successo di quel primo episodio, a Hollywood hanno sentito l’esigenza di farne un secondo, che si limitava ad essere una brutta, stantia e ridicola (ma non divertente) copia carbone del primo, soltanto ambientata a Bangkok anziché a Las Vegas.
"MMMbop, questo Justin Bieber non mi convince. Meglio gli Hanson."
Dopo quel disastroso episodio, ero già intenzionato a mettere una pietra sopra a questa saga, che non doveva essere una saga. L’avventura numero 3 non mi ha fatto certo cambiare idea, ma se non altro va dato atto agli autori un minimo di coraggio in più rispetto al numero 2. Se quello era uno scopiazzamento senza vergogna, in pieno Zucchero style, qui almeno si cerca di variare un minimo la formula.
Attenzione però, perché il cambiamento è più apparente che reale. Questa volta l’avventura non parte con il solito hangover, con i tre protagonisti che si risvegliano in uno stato pietoso dopo una notte di bagordi. Cosa positiva, perché così si evita di fare una copia della copia del primo episodio. Cosa negativa, perché si perde un po’ l’identità e il senso della serie, che si chiama in italiano Una notte da leoni e in originale The Hangover.
In Una notte da leoni 3 non c’è né una notte da leoni, né un hangover, e allora questo film che ca**o l’avete fatto a fare?
Bella domanda, a cui non ho ancora trovato una risposta.
"Cannibal, io pel vendetta svaligiale tua casa."
Todd Phillips a questo giro ha allora avuto le palle di provare a fare qualcosa di diverso? Come detto, apparentemente sì. La prima parte della pellicola promette quasi bene. Sembra concentrarsi soprattutto sulla figura di Alan, quello psicopatico di Alan, l’unico personaggio davvero interessante di questa serie, visto che Mr. Chow (Ken Jeong) non lo si regge più e si spera per tutto il tempo che venga fatto fuori in maniera brutale. I will let you down, I will make you hurt.
A morire è invece il padre di Alan e ciò sembra portare una maggiore introspezione al film. Ci troviamo forse dentro una versione più matura delle altre due notti da leoni?
No. È solo un’illusione. Dopo i primi minuti, Una notte da leoni diventa la solita notte da leoni, solo senza droghe, alcool, figa, deliri, tatuaggi e insomma mica tanto una notte da leoni. Una versione annacquata, analcolica di Una notte da leoni. La struttura narritava sembra cambiata, ma non lo è molto. Come al solito, ci ritroviamo con Bradley Cooper, Ed Helms e Zach Galifianakis chiamati a salvare il loro amico sfigato Justin Bieber Bartha. E pure qui a non mancare è la solita razione di avventure più o meno criminali, con John Goodman chiamato questa volta nella parte del cattivone di turno. In pratica, in questo terzo capitolo manca il meglio del primo episodio, ma non manca il peggio del secondo. Per fortuna almeno le scenette con gli animali questa volta sono contenute al minimo, giusto nella primissima evitabile scena di decapitazione di una giraffa, ma almeno non c’è più la scimmietta cagaminkia della notte in Thailandia. Baby steps. Piccoli progressi.
"Dici che lo vinciamo il Cannibal Award per la scena più sexy dell'anno?"
A livello di risate, siamo lontani dal primo episodio e le cose vanno giusto un cicinin meglio rispetto all’Hangover II. A livello di figa, qui siamo messi invece peggio, visto che Jamie Chung compare in appena mezza scena per circa cinque secondi. Io comunque non ho ancora capito dai tempi del precedente capitolo come fa Ed Helms a stare con Jamie Chung. Capirei stesse con Bradley Cooper, ma con lui no.
A rendere questo terzo episodio un filo migliore del secondo è allora il tentativo, seppure solo abbozzato, di variare un minimo la formula, oltre al fatto di dare maggiore spazio ad Alan e al ritornare sui passi del primo episodio, apparizione di Heather Graham compresa, riuscendo a dare una chiusura al cerchio sulle note di “Dark Fantasy” di Kanye West. Il + del voto se lo merita però + che altro per la divertente partecipazione di Melissa McCarthy, la cui carriera era iniziata come personaggio minore nella serie Una mamma per amica e oggi dopo Le amiche della sposa è una delle attrici comiche più lanciate di Hollywood.
Questo Una notte da leoni 3 è allora un film perfettamente inutile, che non cambia niente. Continuo a pensare che la prima pellicola dovesse rimanere un unico da non replicare, e le cose che mi fanno incazzare a prescindere rimangono le stesse di sempre: i film sui supereroi, le pellicole con Liam Neeson e naturalmente i sequel.
(voto 5+/10)
P.S. Grazie alla scena dopo i titoli di coda il voto cambia. In peggio.
Ma no, di quelle frega giusto ai diretti interessati. Le elezioni in questione sono nientepopodimeno che le presidenziali americane. Oh yes.
Democratici contro Repubblicani.
Barack Obama contro Mitt Romney.
Il Bene contro il Male.
Non sarà stato il salvatore della patria o del mondo intero, però Obama ha rappresentato un netto passo in avanti rispetto alla disastrosa amministrazione dell'American Idiot Bush, ha portato a casa una storica riforma sanitaria che Romney non vede l’ora di cancellare e insomma, sapete già da che parte sto io. La stessa parte della girlLena Dunham.
La politica però è un argomento noioso e quindi evitiamo di addentrarci troppo in queste questioni. E allora parliamo di cinema. Se sabato abbiamo discusso di Game Change, sulla corsa alle passate elezioni di Obama contro McCain e Sarah Palin, spazio oggi a una campagna comedy (almeno nelle intenzioni degli autori), con un altro film firmato sempre da Jay Roach.
"Cannibal, da quando collabori con Mr. Ford le visite al tuo blog sono crollate!"
Candidato a sorpresa
(USA 2012)
Titolo originale: The Campaign
Regia: Jay Roach
Cast: Will Ferrell, Zach Galifianakis, Jason Sudeikis, Dylan McDermott, Sarah Baker, Katherine LaNasa, Dan Aykroyd, John Lithgow, Brian Cox, Karen Maruyama, Grant Goodman, Kya Haywood, Josh Lawson
Genere: satira politica
Se ti piace guarda anche: Veep, Il dittatore, Parto col folle
Nonostante il titolo, non è che ci siano grosse sorprese, in questo Candidato a sorpresa.
Si tratta di una commedia che scorre via piacevole e regala anche qualche sorriso. Non è che ci si rotoli per terra dalle risate, però qualche frecciata fa centro. Se la parte comedy non funziona alla grandissima, però si salva ancora, a convincere meno è la parte politica.
Fare satira politica l’è ‘na bruta bestia. Non è facile, per niente. Qui da noi, era facile quando c’era Berlusconi al centro dell’arena. Con l’austerità del governo Monti, anche la nostra satira è entrata in crisi, in epoca di recessione. Facile ironizzare sulle mille (dis)avventure del Berluska, meno trovare spunti sugli altri. Anche perché il governo Monti è fatto di tecnici, nemmeno di politici, quindi come si fa a fare satira politica su dei tecnici?
Quando la satira è approdata al cinema, poi, abbiamo avuto di recente risultati disastrosi. Tanto per dire un film qualunque, dico solo l’inguardabile Qualunquemente di Antonio Albanese.
"Con questa foto puntiamo a conquistare il pubblico di cinofili.
Dite che Pensieri Cannibali è un blog per cinefili? Sicuri sicuri?"
Per quanto riguarda la satira americana, qui entriamo in un territorio locale minato le cui dinamiche non sono del tutto comprensibili a uno sguardo “straniero”. La serie comedy della HBO Veep, incentrata sulla vita di un’immaginaria vice presidentessa degli Stati Uniti stile Sarah Palin, ad esempio, subito subito non risulta molto divertente. Una volta che si è entrati nei suoi meccanismi, però, comincia a far davvero ridere.
Con questo film le risate fornite da Will Ferrell e Zach Galifianakis sono invece poche dall'inizio alla fine, ma a non convincere è soprattutto una certa timidezza della pellicola nel voler davvero pigiare sull’acceleratore del politically incorrect. Una cosa capitata di recente anche al comunque più riuscito Il dittatore con Sacha Baron Cohen: entrambi i film partono bene, sembrano davvero intenzionati ad attaccare il sistema politico americano e poi alla fine si tirano indietro e non danno il colpo di grazia.
Candidato a sorpresa purtroppo non sorprende. È una visione piacevole e carina, ma un film di satira politica, di vera satira politica, non può e non deve essere piacevole e carino. Deve essere scomodo, urtante e urticante. Come sapeva essere Daniele Luttazzi nei suoi interventi migliori. Quando gli permettevano di andare in tv, almeno.
Un aspetto comunque interessante del film è che in questa campagna non c’è un buono e un cattivo. Se ci si poteva aspettare un candidato democratico integro e dai forti valori morali contrapposto al solito repubblicano malefico. Le cose non sono così. Anzi, è quasi il contrario.
"Ma secondo te Renzi batterà Berlusconi alle primarie del PDL?"
"Guarda che il primo è in quelle del PD e il secondo non si candida più."
"Certo, certo..."
Will Ferrell è il candidato democratico senza scrupoli che farebbe di tutto per vincere, campagne contro l’avversario costruite su menzogne comprese: ad esempio, accusa il povero Galifianakis di essere in combutta con al-Qaeda, mossa che qualche repubblicano aveva cercato di fare nella passata campagna elettorale contro Obama. La caratteristica principale del democratico Will Ferrell è però la sua passione per le donne e il sesso, che lo portano a essere una versione estrema di Bill Clinton, o anche una versione soft di Silvio Berlusconi.
All’altro angolo del ring, in questa campagna elettorale per conquistare un posto nel governo americano, troviamo l’improbabile repubblicano Zach Galifianakis, un tipo ingenuo e bonaccione piazzato in maniera strategica da due miliardari senza scrupoli interpretati da Dan “Ghostbuster” Aykroyd e John “Trinity” Lithgow. Ma man mano che la campagna entrerà nel vivo, anche Galifianakis scoprirà il suo lato oscuro…
Tra i due, non c’è quindi un buono in senso assoluto. Perché nella politica reale, un buono in senso assoluto è davvero difficile da trovare. Peccato che nel film alla fine non ci sia nemmeno un cattivo in senso assoluto e quindi la critica al sistema mossa dalla pellicola risulta essere un bagno nell’acqua di rose.
Per concludere questo dibattito più cinematografico che politico, Candidato a sorpresa è un film carino. Peccato solo che Hello Kitty o i Barbapapà possono essere carini. La satira politica deve essere spietata.
Jake Gyllenhaal è un attore pazzesco. O forse è un pazzo che fa l’attore. O forse è soltanto un attore perfetto per fare il pazzo. O forse ancora è tutte queste cose combinate insieme.
Fatto sta che la sua ultima interpretazione è davvero folle. Nel senso buono del termine. Cioè, buono per un attore. Non buono per il suo personaggio, che è un matto pericoloso totale. Di quelli che se li incontri per strada, la tua vita cambia per sempre. Perché finisce.
Un nuovo fratellino di Patrick Bateman, oltre allo Sean Bateman de Le regole dell’attrazione. Un American Psycho a Londra. Quindi un English Psycho. Un English Donnie Psycho Killer, qu'est-ce que c'est, fa fa fa fa fa fa fa fa fa.
Un interpretazione che però non vedrete al cinema, bensì qui sotto.
Jake Gyllenhaal è il protagonista del nuovo videoclip o meglio minifilm dei The Shoes, duo elettronico francese (sì, come gli Air e sì, come i Daft Punk). Nonostante il nome, non sono nient’affatto delle scarpe e sono anzi assolutamente da tenere d’occhio o meglio d’orecchio. Il pezzo “Time to Dance” è irresistibile e, se volete un consiglio, è perfetto come colonna sonora per correre (e non solo per commettere atroci violenze).
Tralasciando l’aspetto musicale, comunque interessante, questo cortometraggio girato e montato alla grande è un allucinato e violentissimo viaggio dentro una mente malata con una performance insane del Gyllenhaal. Uno che per fare il pazzo sembra proprio esserci nato. Roba da dargli subito un Oscar, anche se è “solo” un video musicale. Altroché Meryl Streep…
(si astengano dalla visione soltanto i facilmente impressionabili, visto che la clip è piuttosto pulp)
E dopo lo schermidore psycho, viaggiamo indietro nel tempo insieme al coniglio Frank andando a rispolverare un vecchio American Gyllenhaal d’annata.
Annata 2001, la stessa non solo dell’Odissea nello spazio, ma anche dell'odissea nel Donnie Darko.
Bubble Boy
(USA 2001)
Regia: Blair Hayes
Cast: Jake Gyllenhaal, Marley Shelton, Swoosie Kurtz, Danny Trejo, Verne Troyer, John Carroll Lynch, Dave Sheridan, Zach Galifianakis, Stacy Keibler
Genere: demenziale
Se ti piace guarda anche: Fatti strafatti e strafighe, American Trip, Scemo e più scemo, Jack
Mentre Donnie Darko deve ancora esplodere come cult cinematografico grazie al passaparola via Internet, nel 2001 l’allora ancora piuttosto sconosciuto Jake Gyllenhaal affronta un altro ruolo da protagonista. Ovvio, pure qui tanto normale il suo personaggio non è. Anzi, al confronto di Bubble Boy, Donnie Darko era quasi un ragazzino a posto.
In questo film, il Gyllenhaal veste i panni di Jimmy Livingston, un tizio nato senza difese immunitarie e costretto a vivere dentro una bolla. Sempre. Da quando è nato. Una storia liberamente ispirata al film tv del 1976 The boy in the plastic bubble con John Travolta, a sua volta ispirata alla vera vita di due ragazzini.
I genitori gli hanno costruito in casa un ambiente totalmente protetto in cui il nostro cresce isolato da tutto e da tutti, con la madre bigotta vecchio stile che gli fa da insegnante e da maestra unica di vita. La sua visione del mondo è quindi parecchio limitata però almeno Jimmy il “bubble boy” cresce al sicuro. Fino a che… si innamora. Eh, sì. La sua nuova vicina di casa è infatti una bella topolona, Marley Shelton, biondazza che già faceva vedere i colori al protagonista in b/n di Pleasantville e che qui fa provare al ragazzo nella bolla i primi istinti sentimentali e, già che c’è, sessuali. Soprattutto sessuali.
Il loro è però un amore impossibile. Tra loro non ci può essere contatto fisico, per via della condizione alquanto singolare di Jimmy e la loro relazione assomiglia a quella tra i protagonisti della serie tv Pushing Daisies, che per altro per i toni surreali non è poi molto distante da questo Bubble Boy.
"Mamma, mi è apparso un coniglio e mi ha detto che un giorno sarò un sex-symbol!"
"Era ubriaco?"
Da quanto vi ho detto finora, potrete immaginarvi un drammone di quelli pesanti. Una riflessione profonda sulla difficoltà di vivere chiusi dentro una bolla. O potreste aspettarvi una love story dalla lacrima facile.
Niente di più sbagliato.
Bubble Boy ha infatti i toni della commedia surreale e goliardica, non lontana da pellicole in voga una decina d’anni fa come Fatti, strafatti e strafighe. Al punto che visto oggi appare un po’ superato e sciocco. Oddio, forse alcune scene sarebbero sembrate sciocche pure se viste una decina d’anni fa, ma tant’è che il film in Italia non è mai uscito e l’ho recuperato adesso perché qualcuno ha finalmente deciso di realizzare i sottotitoli in italiano di questa misconosciuta vecchia prova gyllenhaaliana. E lui in un ruolo così singolare ci sguazza, tanto che possiamo definirla una pellicola in pieno “stile gyllenhaal”, vicina a Fuga da Seattle, sebbene non certo una delle sue più riuscite.
Se Bubble Boy è una visione imprescindibile per i fan hardcore del più grande viaggiatore del tempo cinematografico di sempre (oltre a Donnie Darko, lo fa anche in Source Code e Prince of Persia), per i non-Gyllenhaaliani, che Dio possa perdonare la loro malafede, non è invece un film imperdibile.
La prima parte, molto 80s, lascia presagire una pellicola dai toni sì grotteschi, ma magari anche un minimo riflessivi. Lo svolgimento invece va nella direzione dell’on the road movie caciarone, pieno di personaggi e situazioni assurde. Troppo.
Quando Bubble Boy scopre che la sua bella sta per sposarsi, decide infatti di costruirsi una “bolla portatile” e uscire nel mondo esterno per impedire questo matrimonio che non s’ha da fare. Nel suo viaggio, si imbatte in tizi che sono persino più particolari di quanto non lo sia lui. Tra nani, freaks, tamarri in motocicletta e membri di una setta, Bubble Boy sembra quasi la persona più normale dell'Universo. O quasi...
Pur rischiando di scivolare nella farsa, il film è in grado di strappare più di una risata, grazie a qualche momento riuscito. Vedi l’ottima apparizione di un Zach Galifianakis pure lui ai tempi sconosciuto e oggi parecchio più famoso.
"George, mentre tu ti fai arrestare per futili motivi,
guarda un po' che attriciona sono io. Cazzo ridi?"
Ma nel sorprendente cast svetta pure Danny Trejo.
Chi è Danny Trejo, chiedete ancora?
È Machete. Vi basta come risposta?
C'è pure Verne Troyer. Vi dico che è, prima che me lo chiediate, il Mini Me di Austin Powers.
Allo stesso tempo, Bubble Boy presenta però anche varie scenette più o meno comiche meno riuscite e parecchie trovate che sconfinano nel kitsch. A tal proposito, casca a fagiuolo l’apparizione di Stacy Keibler.
Chi è Stacy Keibler?
Ma allora vi devo spiegare proprio tutto. È una (ex?) wrestler che adesso sta con George Clooney e che qui compariva nelle vesti di sexy lottatrice nel fango.
C’è il contributo video?
Abbiamo il contributo video!
E poi ditemi voi se queste chicche le trovate sui siti cinematografici seri. Ditemi voi se le trovate…
Bubble Boy è confuso: è una storia d’amore e pure un road movie, ma soprattutto è una commedia grottesca stralunata, folle e per questo parecchio divertente. Affrontando un tema del genere rischiava di scivolare nella pellicola deprimente, invece è l’esatto opposto: leggero, troppo leggero. Talmente leggero da rischiare di volare via, proprio come una bolla.
Cast: Bradley Cooper, Ed Helms, Zach Galifianakis, Justin Bartha, Ken
Jeong, Paul Giamatti, Jamie Chung, Sasha Barrese, Mason Lee, Jeffrey Tambor,
Yasmin Lee, Mike Tyson
Genere: replica
Se ti piace guarda anche:
Una notte da leoni, Libera uscita, Fatti strafatti e strafighe, Tre uomini e
una gamba, Cose molto cattive, Parto col folle
Una notte da leoni 1 è
stata una delle commedie di maggior successo che la storia d’America abbia mai
conosciuto. Oltre 250 milioni di dollari incassati, un culto cresciuto
settimana dopo settimana, un film riuscito a entrare nell’immaginario
collettivo mondiale su come debba essere fatto un addio al celibato come Dio
comanda. Impossibile non immaginare che sarebbe arrivato un sequel e infatti
eccolo qui, con il cadavere del primo episodio ancora caldo e il ricordo ancora
ben impresso nella mente di tutti. Che poi non è che Una
notte da leoni fosse qualcosa di così rivoluzionario, neppure all’interno del
genere demenziale, visto che ad esempio Fatti strafatti e strafighe con
l’accoppiata di idioti patentati Ashton Kutcher e Seann William Scott partiva
dallo stesso spunto: dopo una sbronza colossale, un hangover (o presunto tale),
i due protagonisti cercano di ripercorrere a ritroso cosa diavolo hanno fatto
durante la precedente folle notte. Un po’ la stessa cosa che succede in Una
notte da leoni, soltanto spostato nell’ambientazione sempre affascinante di Las
Vegas come in Cose molto cattive, di cui pure era in parte debitore.
Il film però era
assolutamente figo e divertentissimo, con uno Zach Galifianakis scatenato in
grado di scomodare paragoni illustri (con John Belushi) e meno illustri (con
Jack Black, negli ultimi tempi sempre più in caduta libera). Una commedia
esilarante e mitica e allora per il sequel che fare? Squadra che vince non si
cambia. Con un bottino così ricco alle spalle, perché rischiare?
Il secondo capitolo
replica così in tutto e per tutto il primo. Peccato che il senso di dejavu si
fa via via fastidioso, o meglio un “leggermente fastidioso” visto che comunque
la pellicola si lascia comunque vedere. Se la mancanza di originalità era già
da mettere in conto, la cosa più tragica qui è allora che questo nuovo capitolo
fa ridere un decimo, o forse anche meno, rispetto all’uno.
Come se ci trovassimo in
una catena di montaggio, o in un nuovo episodio delle Vacanze di Natale, tutto
è stato studiato nel minimo dettaglio per prendere gli elementi che hanno fatto
il successo di Hangover 1 e riproporli giusto quel minimo leggermente
modificati per giustificare una nuova pellicola.
"Ciao Jamie, saputo che sono stato eletto uomo più
sexy del mondo? Adesso vuoi venire a letto con me?"
Da Las Vegas si passa
quindi all’esotica Bangkok, capitale della Thailandia. Ed Helms, quello sfigato
del gruppo che diventa figo soltanto quando si ubriaca pesantemente, si sta
infatti sposare lì con Jamie Chung. Il discorso del padre della sposa riassume
alla perfezione il mio pensiero su Ed Helms, comico insipido che si confonde
con mille altri. Tipo tra lui e Jason Sudeikis o tra lui John Krasinski o tra
Jason Sudeikis e John Krasinski, qualcuno sa trovarmi una sola differenza? Dai,
non è credibile che ‘sto Ed Helms sposi Jamie Chung, il top delle tope
orientaleggianti (e non solo).
"Ma veramente dovrei sposare il tuo migliore amico. Comunque okay..."
Poi c’è Bradley Cooper,
che nel frattempo è diventato una star hollywoodiana ed è persino stato eletto
uomo più sexy del 2011 dalla rivista People. Forse bullandosi per il titolo
conseguito, qui il Bradley è tutt’altro che limitless e si limita fare il
minimo indispensabile, senza mai risultare divertente. Ancora una volta l’arma
in più (e stavolta anche l’unica arma) del film è Zach Galifianakis: lo vediamo
fumare una pipa in aeroporto e poi protagonista di una spassosissima rivalità
con il fratellino 16enne della sposa. Ma presto pure lui si spegne…
"Pensavo avrebbero scelto me come più sexy del mondo..."
Una volta sparati i
proiettili migliori dal sempre fuori di testa Zach, il film si accontenta di
svolgere il compitino recuperando la gag degli animali. È una notte da leoni ma
è anche uno zoo, così dopo la tigre di Mike Tyson questa volta c’è una
scimmietta con addosso un giubbetto dei Rolling Stones pseudo rock’n’roll e per
nulla divertente (al proposito vedi il belligerante post di Chicken Broccoli). Quindi ci
sono le riprese all’interno dell’ascensore, marchio stilistico di fabbrica del
primo, un inutile nuovo siparietto canterino, la comparsa del sempre divertente
Chao e la poco incisiva new-entry Paul Giamatti. Ciliegina amara sulla torta:
l’apparizione finale di Mike Tyson penosa e decisamente evitabile.
Tra le note positive da
segnalare c’è però almeno Kanye West che continua a svettare in colonna sonora
e questa volta con diversi pezzi (Stronger e Monster nel film + Dark Fantasy nel trailer), la scena da revolucion con
i protagonisti che fanno dei casini per Bangkok in pieno stile black bloc,
prendendosi pure le manganellate dalla pula, e quindi la scena del trip mentale
vissuto in flashback da Galifianakis (ma che kazzakis di cognome è!?) come se
lui e gli altri personaggi fossero dei bambini, in pratica l’unica cosa nuova
del film.
Ah, tra le altre note positive
poi l’ho già detto che Jamie Chung?
Tutto il resto, come disse
il poeta (ma anche no), è noia.
Come si sono guadagnati la
pagnotta gli sceneggiatori? Si sono limitati a replicare in tutto e per tutto
il primo episodio, hanno fatto un update come se fosse un videogioco cambiando
semplicemente l’ambientazione. Loro non hanno avuto una notte da leoni, ma una
notte da pecore. Come biasimarli, d’altra parte, con le cifre a molti zeri che
c’erano in ballo? Senza l’ambientazione di Las Vegas, però, la vicenda perde
molto e Bangkok, pur affascinante, è pur sempre la solita città esotica vista
dal punto di vista stereotipato degli americani. Sì, anche Las Vegas era
stereotipata. Però Las Vegas è Las Vegas. E l'unica incognita per il terzo capitolo, visto il successo anche del 2 praticamente certo, è in quale città sarà ambientato: a Cortina? Ah no, mi sa che ho sbagliato saga.
La prima notte da leoni
non si scorda mai. Si fa per dire, visto che nemmeno i protagonisti la
ricordano.
La seconda notte da leoni
però la si scorda eccome. E questa volta non è colpa dell’alcool.
Cast: Keir Gilchrist, Zach Galifianakis, Emma Roberts, Lauren Graham, Zoë Kravitz, Aasif Mandvi, Jim Gaffigan, Viola Davis, Thomas Mann, Jeremy Davies
Genere: matti da slegare
Se ti piace guarda anche: Qualcuno volò sul nido del cuculo, Si può fare, Youth in Revolt, Charlie Bartlett, Wonder Boys
Uscita italiana: ?
Trama semiseria
Un ragazzino di 16 anni arriva in ospedale annunciando di essere sul punto del suicidio. L’infermiera gli ribatte: “Cavolo, eppure mi sembra che il Festival di Sanremo non sia nemmeno ancora iniziato…” e il ragazzo risponde: “Già, però prova tu ad avere come mamma una mamma per amica e poi mi dirai”. Fatto sta che lo internano nel reparto psichiatrico dell’ospedale per adulti (il reparto minori è momentaneamente chiuso: hanno rinchiuso troppe fan stalker di Justin Bieber) e lì dentro farà amicizia con un sacco di persone interessanti e conoscerà pure una gran bella tipa. Insomma gente, basta con i villaggi vacanze: quest’estate si va tutti in manicomio!
Recensione cannibale
Questi sono i miei film. Una pellicola indie girata con non troppi soldi, ma nemmeno con troppo pochi soldi, una storia più o meno adolescenziale con un protagonista più o meno fuori di testa e più o meno con manie suicide. Una colonna sonora supercool con XX, Drums, “Where is my mind?” dei Pixies suonata al piano e musiche originali dei Broken Social Scene. Una regia che ogni tanto devia dalla routine per aggiungere animazioni e trovate alla (500) giorni insieme. Un film moderno per concezione e realizzazione. E soprattutto con un pizzico di follia inside che non guasta mai.
Il protagonista di questa funny story, anzi questa sorta di funny story, è il ragazzino gay della serie tv United States of Tara, quella in cui sua madre Toni Collette è una pazza totale con un sacco di personalità multiple. Questa volta è invece lui ad avere disordini mentali, ma poi nemmeno niente di così grave: è solo un adolescente sotto stress per le prove di ammissione nei college più esclusivi degli statiunitidamerica che sta vivendo un periodo di depressione. Tutto qua. Non ha subito particolari abusi sessuali quand’era piccolo, la sua famiglia è pressappoco normale, è leggermente sfigato, va bene, ma nemmeno sopra la norma. Allora cosa c’è che non va in lui? C’è solo una sorta di mal de vivre tipicamente contemporaneo e che non ha una precisa spiegazione. C’è solo che il mondo certe volte sembra un posto così strano e malato da viverci che anche noi ci sentiamo così. Strani e malati.
Paradossalmente, la cosa migliore per capire questo mondo fuori di testa è andare a vivere insieme a dei malati di mente: in questa funny story il nostro giovane protagonista finisce così praticamente internato nel braccio folle di un ospedale ed è qui che fa amicizia con lo squinternato Zach Galifianakis, sì proprio il simpatico cicciobombo cannoniere non dei Take That bensì di Una notte da leoni, Parto col folle e della serie tv Bored to Death. Sì, ecco il nuovo Jack Black solo con il cognome greco e un successo al botteghino decisamente superiore, visto che Black a parte School of Rock non ne ha più azzeccata una e il suo nuovo I viaggi di Gulliver ho davvero una gran paura a vederlo ma presto o tardi mi sacrificherò per voi e lo guarderò.
Tornando sui sentieri normali del post, cioè tornando alla follia del film, il ragazzino pazzo (ma non pazzo pazzo come Donnie Darko o come Natalie Portman ne Il cigno nero, solo un tizio moderatamente fuori) fa conoscenza anche con una sua affascinante coetanea suicide girl interpretata da Emma Roberts. Il cognome forse vi farà scattare un campanello d’allarme, visto che Emma è la nipotina non di Mr. Neutro Roberts, ma di Miss Julia Roberts. Ok, penserete che è la solita raccomandata e forse all'inizio è stata anche così e l’ha agevolata nella gavetta, però la ragazzetta dimostra di avere una personalità tutta sua e da qui in avanti può benissimo camminare con le sue gambe senza aiuti famigliari alla Checco Zalone. E a proposito di parenti dei famosi, nel film c’è anche la figlia di Lenny, Zoë Kravitz, niente male pure lei.
Forse non tutto in questa pellicola funziona al meglio, altrimenti staremmo a parlare di mio cult personale totale: c’è qualche trovata un po’ facile in fase di sceneggiatura, qualche personaggio di contorno schizzato è piuttosto stereotipato e il momento musicale sulle note di “Under Pressure” vorrebbe essere una figata ma perde il confronto con una scena qualsiasi di Glee.
Nel complesso però è un mio chiamiamolo mezzo-cult. Insomma, una sorta di funny story e insomma anche tipo una sorta di mio cult. Kind of.
(voto 7,5)
Canzoni cult: Maxence Cyrin "Where is my mind?", The XX "Intro"
Cast: Robert Downey Jr., Zach Galifianakis, Michelle Monaghan, Jamie Foxx, Juliette Lewis, RZA, Danny McBride, Charlie Sheen, Jon Cryer
Genere: road trip
Se ti piace guarda anche: Terapia d’urto, Road Trip, Una notte da leoni
Trama semiseria
Robert Downey Jr. si trova sull’East Coast per lavoro e sta per tornare dritto dritto a Los Angeles dalla mogliettina che di lì a poco partorirà. Peccato che sul volo beccherà un certo Zach Galifianakis che ovviamente gli farà perdere le staffe e lo farà cacciare dall’aereo. Invece di finire in Terapia d’urto come Adam Sandler con Jack Nicholson, Robert Jr. sarà costretto a un road trip in macchina con lo stesso tizio che l’ha fatto entrare in lista non-fly. E questo significa: canne assicurate! Perché avete mai visto Galifianakis in un ruolo in cui non si stona di brutto?
Recensione cannibale
Apertura dedicata al titolo italiano e per una volta non ho da parlarne male. Il titolo originale “Due Date” significa “scadenza”; mantenuto tale e quale da noi avrebbe assunto un significato però del tutto diverso e tradotto letteralmente avrebbe fatto pena. La decisione del doppiosenso di “Parto col folle” appare allora azzeccata e in linea con lo spirito della pellicola, persino più del poco entusiasmante originale, quindi per una volta un plauso ai nostri bistrattati titolisti. Ma che non si abituino troppo in fretta, ché Se mi lasci ti cancello è ancora difficile da cancellare dalla mia memoria.
Al di là di questo fatto davvero più unico che raro nel mondo della distribuzione cinematografica italiana, Parto col folle non si segnala per alcun altro elemento originale. La trama è infatti un sapiente miscuglio (scopiazzamento?) di Terapia d’urto con la coppia Sandler/Nicholson, più altri elementi dalle pellicole precedenti firmate da Todd Phillips. Il regista specializzato in comedy americane torna, dopo l’enorme successo di Una notte da leoni, sul luogo del delitto del suo esordio Road Trip, una pellicola ispirata da sue vere vicissitudini personali che Phillips evidentemente non ha ancora del tutto rimosso e che continua a tormentarlo nel sonno.
Il suo nuovo Parto col folle però pur seguendo quel modello non ne raggiunge gli stessi effetti comici, anche perché la sequela di gag e sketch sa di già visto in più occasioni. Gli splendidi paesaggi americani sarebbero poi potuti essere stati sfruttati meglio. A funzionare è però l’improbabile coppia formata dal sempre irresistibile Zach Galifianakis e dal divo Robert Downey Jr., un ottimo attore che però nella scelta dei suoi copioni negli ultimi tempi sta occhieggiando più al successo di pubblico che alla qualità: fino a che non fa la fine di Johnny Depp in The Tourist possiamo però ancora considerarlo salvo! Occhio, però. Sono quindi loro due la forza di un film che per il resto propone la solita galleria di personaggi strambi interpretati da una serie di cammeo illustri o quasi: c’è la rockstar Juliette Lewis in versione spacciatrice, il rapper RZA addetto alla security dell’aeroporto, un Jamie Foxx sempre più lontano dai tempi di Collateral e persino un momento Due uomini e mezzo con il bunga-bungattore americano Charlie Sheen.
Ci sono poi alcune gag in teoria politically scorrect, come Robert Downey Jr. che dà un cazzottone in pancia a un bambino e ha un duello con un tizio paraplegico, una scena di sega di gruppo padrone/cane, così come una visionaria sequenza da fattoni sulle note di “Hey You” dei Pink Floyd, però anche queste danno un forte senso di dejavu. Sarà che nell’ultima 15ina d’anni, diciamo dall’avvento di South Park in poi, tali espedienti sono stati usati un po’ da chiunque e quindi non sortiscono più tutta questa ilarità, né tantomeno scandalizzano.
Comunque il film si lascia guardare, a tratti fa sorridere, la coppia di protagonisti suscita simpatia e quindi è la classica sufficienza. Risicata, ma pur sempre un 6 in pagella che ti tiene lontano dagli esami di riparazione (ma, mi chiedo: esistono ancora gli esami di riparazione?) e ti consente di partire tranquillo per le vacanze. Magari insieme a un folle, che così è più divertente.
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. L'autore, inoltre, non ha alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti relativi ai post e si assume il diritto di eliminare o censurare quelli non rispondenti ai canoni del dialogo aperto e civile. Salvo diversa indicazione, le immagini e i prodotti multimediali pubblicati sono tratti direttamente dal Web. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d'autore si prega di Contattarmi per la loro immediata rimozione all'indirizzo marcogoi82@gmail.com