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giovedì 7 agosto 2014

ANARCHIA – LA NOTTE DEL GIUDIZIO DEI BLOG




Pensieri Cannibali partecipa allo sfogo annuale: 24 ore a partire da questo momento in cui ognuno è libero di esprimere sui propri blog, pagine social, Facebook, Twitter o dove diavolo gli pare, tutto il suo odio nei confronti di ciò che vuole, senza incorrere in alcuna sanzione legale.


Comincio io:

  • Al diavolo le persone di merda. Senza offesa per la merda.


  • Al diavolo Orlando Bloom. Perché ha menato Justin Bieber, ma non l'ha manco fatto finire all'ospedale.


  • Al diavolo Laura Pausini che involontariamente (certo, come no?) ha mostrato la patata e poi si è lamentata perché tutti ne hanno parlato, anziché essere grata del fatto che ci sia qualcuno al mondo che ancora se la caga.

  • Al diavolo quelli che continuano a postare in rete il video di Laura Pausini che mostra la patata. Dannati sadici.



  • Al diavolo me perché l'ho appena postato.

  • Al diavolo i sequel. Se c’è una categoria di film inutili a questo mondo è quella di seguiti, remake, reboot o come diavolo volete chiamare quelle pellicole che, piuttosto che partire da un’idea originale – sia mai –, preferiscono riciclare spunti già usati e spesso abusati. Anarchia – La notte del giudizio non è nemmeno tra i più derivativi sequel che si siano mai visti, eppure non riesce a evitare di essere comunque una produzione del tutto inutile e di cui nessuno sentiva il bisogno. Nemmeno io che pure il primo episodio l’avevo apprezzato, cosa che non avviene molto spesso negli ultimi tempi con gli horror. La prima notte del giudizio mi era piaciuta. Partiva da un’idea originale, fantascientifica, quasi come se fosse una puntata della serie britannica Black Mirror. Nel futuro distopico immaginato dal film, negli Stati Uniti per una notte all’anno viene concessa la libertà a tutti di commettere qualunque crimine, omicidio compreso. Una serata di pura follia e allo stesso tempo di totale libertà in cui ognuno può fare quello che vuole. Il problema è che anche gli altri possono fare ciò che vogliono e quindi a stare fuori si rischia la vita. Si rischia la vita anche a stare in casa, come scopriva la famigliola protagonista del primo capitolo. In questa seconda puntata assistiamo invece a una serata all’aperto, a un’esterna, per dirla con Maria de Filippi. Quegli sfigati dei protagonisti, chi per un motivo chi per un altro, si trovano per le strade proprio nella notte della Purificazione. Assistiamo a questo punto a un survival-horror vagamente dalle parti della serie The Walking Dead, solo che qua anziché con gli zombie se la dovranno vedere con dei tizi mascherati che vanno in giro per la città a seminare morte e distruzione. A restare costante è lo spunto iniziale, mentre cambia il cast, cambiano i personaggi, cambiano le situazioni. Come sequel non è quindi nemmeno troppo una scopiazzatura del primo episodio. Il vero problema del film allora qual è?
    Il problema è che i nuovi personaggi e le nuove situazioni fondamentalmente fanno schifo.

  • Al diavolo i film che non sono nemmeno troppo brutti da essere degni di finire nella classifica del peggio dell’anno. Anarchia – La notte del giudizio non è troppo terribile. A un certo punto è meglio vedere una schifezzona trash totale, che almeno ti fa fare qualche risata, piuttosto che una pellicola in tutto e per tutto mediocre, come questo secondo capitolo della serie thriller-horror firmata da James DeMonaco. I nuovi attori – Frank Grillo, Zach Gilford di Friday Night Lights, Kiele Sanchez – se la cavano maluccio eppure non toccano eccessivi livelli canini. La regia non fa certo gridare al miracolo eppure è decente. La parte finale tra inseguimenti e sparatorie diventa piuttosto estenuante eppure il film nel complesso è guardicchiabile. Il discorso politico già presente nel primo episodio ritorna pure qui e sembra offrire qualche motivo di riflessione, eppure finisce per essere sprecato e non essere approfondito a dovere, anche per via di uno stereotipatissimo capo rivoluzionario che sembra un incrocio mal riuscito tra Malcolm X e Che Guevara. I livelli di tensione della pellicola sono decenti eppure non ci si appassiona mai per davvero al destino dei dimenticabili protagonisti. Anarchia è allora una pellicola modesta, eppure non terribile.

  • Al diavolo i post come questo. Recensioni che parlano male di un film, senza però stroncarlo del tutto.

  • E al diavolo pure la notte del giudizio, che altro non è che una versione sì più violenta, ma anche più sfigata di Halloween.

Anarchia – La notte del giudizio
(USA, Francia 2014)
Titolo originale: The Purge: Anarchy
Regia: James DeMonaco
Sceneggiatura: James DeMonaco
Cast: Frank Grillo, Zach Gilford, Kiele Sanchez, Justina Machado, Carmen Ejogo, Zoë Soul, John Beasley, Jack Conley, Noel Guglielmi, Niko Nicotera, Edwin Hodge, Michael K. Williams, Nicholas Gonzalez
Genere: da rifare (ma anche no)
Se ti piace guarda anche: La notte del giudizio, The Walking Dead, Black Mirror
(il giudizio cannibale 5,5/10)

lunedì 12 maggio 2014

LA STIRPE DEL MALE E LE REGOLE BASE PER NON AVERE UN FIGLIO ANTICRISTO




La stirpe del male – Devil’s Due
(USA 2014)
Titolo originale: Devil’s Due
Regia: Matt Bettinelli-Olpin, Tyler Gillett
Sceneggiatura: Lindsay Devlin
Cast: Allison Miller, Zach Gilford, Sam Anderson, Roger Payano, Vanessa Ray, Aimee Carrero
Genere: mockumentary
Se ti piace guarda anche: Paranormal Activity, Chronicle, The Bay, La madre, The Sacrament

Dai film a volte si possono ricavare delle regole di vita fondamentali. Ad esempio:
  • Mai parlare del Fight Club.
  • Mai parlare del Fight Club.
  • Mai nutrire un mogwai dopo la mezzanotte.
  • Mai fare sesso, mai ubriacarsi o drogarsi e mai, in nessun caso, dire: torno subito. Almeno se si vuole sopravvivere a un horror.
  • Mai far recitare Nicolas Cage.
Da La stirpe del male, si possono ricavare altre regole basilari:
  • Mai sposarsi
  • Nel caso proprio lo si faccia, mai andare in luna di miele a Santo Domingo.
  • Nel caso si faccia pure questo, mai dare al mondo un figlio.
Siete liberi di non seguire queste regole, ma poi non venitevi a lamentare con me se vi nascerà… l’Anticristo in persona. Che poi nella vita c’è di peggio. Non so voi, ma io preferirei avere per figlio l’Anticristo che un Santo. Immaginatevi un figlio Santo, quanto potrebbe rompervi le palle dicendo cose come:
  • “Papà, non bere!”
  • “Papà, non fumare!”
  • “Papà, smettila di inchiappettare mamma!”
Vedete? Meglio avere un figlio Anticristo, che un figlio Santo cagaminkia.

"Mmm, questo scatto fa un po' schifo. Non lo carico su Facebook
che se no mi ottiene troppi pochi like."
"Meglio se metti quella foto in cui sono tutta nuda hihihi."
I due giovani neosposini protagonisti di La stirpe del male – mannaggia a loro! - non hanno tenuto a mente queste regole di vita basilari e così si sono sposati, poi sono andati in luna di miele a Santo Domingo, qui sono successe delle robe un tantinello strane, lei è tornata a casa incinta e non tutto, durante la gravidanza, è andato per il meglio. Se avessero letto prima Pensieri Cannibali, i due giovani avrebbero potuto risparmiarsi tanti problemi e invece no.

La stirpe del male si va a infilare in quella moda che negli ultimi tempi sta prendendo sempre più piede. Quella dei Selfie?
No. Quella delle pellicole che ti fanno passare la voglia di avere dei figli, di cui di recente abbiamo avuto parecchi esempi, come Hotell, Alabama Monroe, La guerra è dichiarata e Travolti dalla cicogna.
La stirpe del male segue inoltre un’altra moda, questa volta non per quanto riguarda la tematica affrontata, ma per quanto concerne lo stile cinematografico usato. La stirpe del male è un mockumentary e se c’è qualcosa che ha stufato più in fretta di “Gangnam Style”, “Happy”, Ruzzle e i Selfie, è il mockumentary. Eppure continuano a farne un sacco. Il motivo per cui vengono realizzati tanti mockumentary è presto detto: costano poco e, se anche incassano 4 dollari in croce, vanno comunque in attivo a livello di guadagni. Inoltre, attraverso questa tecnica qualunque regista brocco può cercare di spacciarsi per un autore cinematografico.

"Papa Francesco vuole una Chiesa povera?
Mi sento male!"
La stirpe del male fa quindi parte della stirpe di pellicole che prendono come modelli di ispirazione cinematografici sommi non 2001: Odissea nello spazio o Quarto potere, bensì Paranormal Activity e Chronicle. Senza possedere l’originalità dei due titoli citati, questo horrorino si lascia vedere tranquillamente, con la curiosità morbosa con cui si possono guardare dei video su YouTube con gente che sai che alla fine si farà del male, o comunque sai che gli capiterà qualcosa di brutto, di molto brutto. Da questo punto di vista, La stirpe del male come prodotto di intrattenimento funziona discretamente. A far cascare le palle di questa specie di Rosemary’s Baby in versione fintodocumentaristica è la parte finale, in cui si scivola nei soliti territori da film de paura che non fa paura, con quel gioco del vedo/non-vedo realizzato attraverso riprese traballanti e finto (?) amatoriali che, già dai tempi di The Blair Witch Project avevano rotto le balle e pure già fatto venire la nausea a sufficienza. Siamo allora dalle solite parti del mockumentary mediocre ma, anche grazie a due protagonisti che se la cavano, Zach Gilford dell’ottima serie Friday Night Lights e Allison Miller della pessima serie Terra Nova, riesce a non annoiare e non si fa nemmeno troppo odiare. Inoltre, a differenza di molti altri film appartenenti al genere del fintodocumentario, ha una sua utilità: seguite le regole sopra riportate e non avrete mai un figlio Anticristo!
Genitori di Marilyn Manson, mi spiace. Per voi ormai è troppo tardi.
(voto 5+/10)
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