venerdì 28 novembre 2008

L'età dell'innocenza

Abbiamo tutti paura del futuro. Questa cosa sconosciuta che irrompe dalla finestra a portarci via i nostri sogni fatti di orsetti, fate e fauni. Io voglio solo stare nel labirinto del fauno, è chiedere troppo? Tornare a un’epoca in cui non mi importa di cercare la verità. Perché la verità fa schifo. Non ho mai avuto nessun bisogno del neorealismo, io voglio solo un mondo fatto di castelli di sabbia, pantofole con i pupazzi ai piedi e omini lego senza espressione.
Il mondo era più bello quando era più semplice. O almeno, quando lo vedevo più semplice. Tutto era bianco oppure era nero. Il male esisteva anche allora, ma era un male ben definibile. Il male era orgoglioso di essere il male, non faceva finta di lavorare per il bene dell’umanità e di essere “innocente, giuro davanti a questa corte e davanti a Iddio che sono innocente!” I cattivi si limitavano a giocare il loro monodimensionale ruolo di cattivi, quindi li potevi facilmente individuare. Adesso sono nascosti ovunque, vestono le magliette sponsorizzate spesso dal bene e ancor più spesso dal perbenismo. Difficile è il non sentirmi paranoico in mezzo a questa folla di occhi marci che mi guardano. Aiuto
C
A
D
O
Mi rimetto in piedi. Fuori nevica, sembra il giorno di Natale (anche se poi il giorno di Natale qui non nevica mai…) Vado a vedere se sotto l’albero ci sono dei regali per me. Non credo, visto che anche quest’anno sono stato un bambino cattivo. Ma posso fare di meglio, ora che sono pronto: pronto a tornare all’età dell’innocenza. Desolazione sì, esitazione no.

lunedì 24 novembre 2008

perfect

hai mai sentito delle voci nella tua testa che ti dicevano “non farlo, è sbagliato” e tu l’hai fatto lo stesso perché secondo te no, non era sbagliato era la cosa giusta da fare in quel momento e anche se hai fatto del male a delle persone non te ne penti, era l’unica mossa che potevi fare visto che i pedoni li avevi finiti tutti e il re non si può sacrificare mica anche se quello che hai fatto non potrà essere cancellato tu non hai rimpianti nessuno mai non servono a nulla a nulla di utile conducono solo ti mandano alla follia e non è quello di cui vai cercando in una notte come questa tutte le luci sono spente e tutte le speranze sono perdute hai solo un lampo che ti guida è Campanellino, Peter, è la voce che ti ronza libera in testa maiahiii maiahuuu mahiaoooo maia haaa-haaa imprimi su carta le cose che non vuoi vadano dimenticate i tuoi pensieri sono troppo importanti per non essere immortalati ora che sei ancora cosciente e l’unica cosa che hai bevuto è tutta la conoscenza del mondo l’unica cosa che hai sniffato è il Vicks Vaporub sai che la dimensione delle cose cambia quando le guardi da vicino e ciò che ti sembrava bello lo vedi brutto ciò che ti sembrava brutto lo vedi magnifico e tutto quello che credevi reale era solo nella tua testa tutte le facce erano solo della maschere tutte le persone erano solo manichini perché le cose più finte sono quelle che sembrano perfette e lo sai che non c’è niente di più stomachevole della perfezione escludendo la vodka alla menta dopo che ne hai bevuta tanta da star male, male di miele dolce è il sapore del non più sentire io volere dormire io volere volare nel blu dipinto di blu felice di stare lassù in un posto al caldo basta non esagerare che ti bruci la cabeza e bruci anche Campanellino che nella cabeza vi risiede citofonare all’interno 13 se non ci credete ma non lasciate pubblicità non ne vogliamo grazie! le pubblicità ti fottono il cervello è inutile che le lasciate tanto non ci facciamo convincere da niente e da nessuno ma chissà perché mi è venuta una terribile voglia di Coca-Cola non avevo neanche sete certo che la vita a volte ti porta a fare cose che le avresti mai credute possibili se te lo avessero detto? io non credo e tu che invece sei credente mi dici che devo smettere di vedere per credere e cominciare a credere per vedere e mi dici piantala mi dici finiscila AMEN

venerdì 21 novembre 2008

Life

Axl Rosa apre gli occhi e vede una troietta bionda che gli sta leccando le palle. Subito gli vengono in mente tre domande tre:
uno) Chi cazzo è questa?
due) Sarà maggiorenne?
e tre) Perché non la smetto di cazzeggiare e mi decido finalmente a fare uscire il nuovo disco dei Guns?
Scaraventata giù dal letto la troietta bionda, Axl prende in mano la cornetta del telefono e chiama il suo agente.
“Il disco è pronto, anzi veramente è pronto già da un bel pezzo ma it don’t really matter,” comincia a canticchiare in falsetto, poi imbarazzato finge un colpo di tosse e si ricompone. “Mi sono preso giusto quei 17 anni per rifletterci su bene e in fondo 17 anni non è che sono poi così tanti, no? Correggimi se dico una stronzata…”
“Ehm,” fa solo il paziente agente di Axl.
“Ecco, vedi? Di stronzate non ne dico, però adesso mi sono rotto di star qua a farmi leccare la palle. Se il mondo dovesse finire oggi, tutte queste canzoni sarebbero spazzate via senza che nessuno le abbia potute sentire. E poi quegli stronzi della Dr. Pepper hanno detto che regalavano una lattina della loro brodaglia a ogni singolo americano se il nuovo Guns arrivava nei negozi prima della fine dell’anno. Quindi fanculo! facciamolo uscire.”

Kanye Ovest ha il cuore spezzato. La sua tipa l’ha lasciato e lui se ne sta tutto il giorno a letto a guardare repliche di Sex & the City mangiando gelato al cioccolato e facendosi la manicure. Sul comodino sta riposta una copia vergine di American Psycho. Il suo agente gliel’ha consigliato per ritrovare la giusta ispirazione.
“Devo cominciare a leggere quel libro. E ricominciare a lavorare. Mettere passione nel fare le cose che faccio. Ma se faccio un disco rap in questo stato non sarei credibile,” pensa Kanye mentre Samantha sullo schermo si sta spogliando davanti a un ragazzo che avrà all'incirca la metà dei suoi anni. “E allora al diavolo il rap. Stavolta mi metto a cantare le pene del mio cuore rotto.”
È l’inverno più freddo che ricordi. Kanye si alza finalmente dal letto e si riscalda nel suo soffice accappatoio Louis Vuitton. Gli viene da piangere perché glielo aveva regalato lei, prima che si trasformasse come tutte le altre con cui era stato in una Robocop senza cuore assetata di soldi popolarità potere e ancora soldi.
“Meglio tenere l’amore sottochiave,” si stringe nelle spalle e guarda triste le foto scaricate sul pc di lei che lo bacia a una serata di gala. Lei, la donna che ha trasformato la sua vita in un libro di Stephen King ma che ancora non riesce a riporre alle sue spalle. “Sei forte, supererai anche questa,” continua a ripetersi. “Un passo alla volta, Kanye, un passo alla volta.”

Brandon Fiori contempla il deserto. C’è qualcosa in quella enorme distesa di niente che gli mette addosso una serenità assurda. È come se l’universo se ne stesse immobile intorno a lui, non c’è niente che possa dire e niente che possa fare in momenti come quello. I lupi stanno fuori e fuori devono rimanere. Questo è il mondo in cui viviamo. Suo figlio ha bisogno di stare al sicuro, crescere con un padre presente. Tutta la storia del tour mondiale gli sta facendo salire una gran ansia, forse sarebbe meglio rimandarlo.
Toc Toc. Bussano. Non aprire quella porta, potrebbero essere loro. Devi rimanere in casa a proteggere tuo figlio dai lupi feroci.
“Siamo noi, apri Brandon.” I ragazzi della band, dannazione. Sono già qui a prenderti in ostaggio in nome del rock’n’roll. Sarebbe stato tutto molto più semplice se fossi stato a sentire quello che ti diceva tuo padre. Saresti potuto diventare il pastore della parrocchia oppure un poliziotto. Che c’è di male a diventare un poliziotto?
“Dai, Brandon, non fare lo stronzo. Apri questa porta.”
Ci stiamo sempre più alienando e non riusciamo più a comportarci da umani con gli altri. Le famiglie vanno in pezzi e nessuno rimane più sposato per anni. Al posto di preoccuparci di questo ci importa solo in quale club andremo il prossimo fine settimana. Ecco perchè in passato le cose erano molto meglio. L’America sta allevando una nazione di ballerini, Brandon.
Toc Toc. Bussano ancora. Toc Toc.
“Siete umani o siete ballerini?” chiede Brandon, inginocchiato dietro alla porta in attesa di una risposta.
“Eddai aprici. C’è il bus che ti sta aspettando qui fuori. Hey, però: bella domanda. Potresti usarla in una canzone…”
Brndon si arrende: apre la porta e lascia entrare i lupi cattivi. Realizza che tanto non avrà mai una vita normale da bravo cristiano. La sua indole da conservatore è stata sconfitta e ancora una volta il rock'n'roll ha trionfato.

(Ogni riferimento a cose o a rockstar realmente esistenti è puramente casuale)

martedì 18 novembre 2008

Revolution 909

“Mariastella Gelmini?
Prrrrrrrrrrrrr”
“Ma volete crescere, ragazzi? Cosa volete dimostrare con tutta questa messinscena dell’occupazione?”
“Aaaah Zanotto, ma vedi di pigliarlo ogni tanto che così te rilassi pure te.”
“Qui c’è gente che vuole studiare, vuole seguire le lezioni. È un nostro diritto e voi ce lo state togliendo.”
“Ed è un nostro diritto manifestare, occupare, protestare perché questa società capitalista ci sta mettendo all’angolo. Di noi giovani qui in Italia non frega una sega a nessuno. È per questo che stiamo protestando. Rivendichiamo il nostro futuro. Il diritto ad averne uno, almeno.”
“Sì, ma questa riforma riguarda solo le scuole elementari. Voi che ce state a fà, qui? Volete fare i Silvio Muccino della situazione e scoparvi la tipa ska punk che guevara no global yeah yeah che si beve le vostre menate pseudo chic rivoluzionarie?”
“Siamo qui per fare l’amore, non la guerra.”
“Questo non è il ’68, lo sapete? E Dari non è Bob Dylan…”
“Aò, Zanotto: ma fatte scopà!”
La giornalista Giorgia A. Romero sta scrivendo un’inchiesta sui giovani d’oggi e su ciò che pensano della riforma scolastica per un noto quotidiano nazionale. Si aggira in incognito tra i corridoi del liceo romano che pochi anni fa era stato il suo per davvero, non per finta come in questo Mai stata baciata de' noantri.
Ci sono dei ragazzi che si azzuffano all’ingresso. Qualcuno vuole entrare perché non capisce i motivi della protesta. Qualcuno vuole restare fuori perché non capisce i motivi che hanno portato a una riforma di questo tipo. In un angolo se ne sta seduta tutta sola una ragazza con i capelli viola. È lei che cattura l’attenzione della giornalista Romero. La pecora nera. L’emarginata. L’indipendente. Quella che potrebbe darle uno sguardo personale e non schierato riguardo a tutta questa storia dell’occupazione. Inoltre in lei rivede se stessa ai tempi del liceo: sui gradini intenta a scrivere, a guardare il mondo da una distanza di sicurezza, con i capelli tinti di rosso anziché di viola ma con la stessa identica solitudine.
“Ciao,” le si avvicina.
“E tu perché parli con me?” le chiede la ragazza con i capelli viola.
“Sono nuova.”
“In mezzo a tutta questa gente tu hai scelto di parlare con me, perché?”
“Perché te ne stai fuori dalla massa e sembra che non te ne freghi niente di schierarti da una parte o dall’altra. Sei qui ma sembra che tu sia da un’altra parte.”
“Io sono da un’altra parte,” sorride la ragazza con i capelli viola.
Alcuni ragazzi all’ingresso cominciano a urlare. Giorgia li sta a guardare per un po’, poi si rigira a chiedere alla sua nuova amica: “Allora, che ne pensi tu di questa occupazione?” ma la ragazza non c’è più. Sparita.
A Giorgia non resta che tornare, suo malgrado, ai ragazzi che non stanno parlando: si stanno gridando in faccia.
“È tutta colpa di Berlusconi.”
“No! La colpa è di Prodi. È lui che c’ha messo sta fregnata dell’Euro.”
“Voi non lo capite che non è una questione di sinistra o di destra. Si scannano per la vigilanza della Rai o per la legge elettorale, ma a noi di queste cose non ce ne frega un… Qua ce stanno a fotte tutti quanti.”
“A novembre, la città si fotte in un istante,” comincia a cantare qualcuno.
“È colpa del Vaticano.”
“È colpa di una vera mancanza di libertà di informazione.”
“È colpa tua, Zanotto. Non te fai scopà…”
“Il problema è che in Italia il vero talento non viene riconosciuto. Uno come Barack Obama qui non lo farebbero diventare nemmeno presidente del circolo della briscola.”
“Il vero problema, vi dico, è che in Italia milioni di persone se ne stanno a guardare 4 ore di fila della Talpa. 4 ore! Però se provi a fargli vedere 2001: Odissea nello spazio ti dicono “è troppo lungo, che du palle!” e poi chiedono: “Quelle scimmie che cosa mi rappresentano?” Siete voi, quelle scimmie. Siete proprio voi!”
“Ma il problema principale è che in Italia ci stiamo sempre a lamentare, invece di rimboccarci le mani e fare qualcosa di buono per cambiare questo catatonico stato delle cose.”
“Noi siamo qui per cambiarle, le cose. Come è successo due anni fa in Francia.”
“You say you want a revolution, well you know: we all want to change the world,” c’è qualcuno che se la canta.
“Però tutte le volte dobbiamo copiare qualche modello straniero. Non riusciamo a trovare una via nostra.”
“Perché non ci danno la possibilità di trovare una via nostra. Noi non siamo quelli del ’68. Quelli del ’68 dopo pace amore droghe e sesso libero si sono innamorati dei soldi e sono diventati quelli che ci governano oggi. Noi non vogliamo diventare come i nostri genitori.”
Giorgia vede ricomparire la ragazza dai capelli viola.
“Hey, ma dov'eri finita?” le chiede.
“Te l’ho detto. Io non sono realmente qui. Tu come riesci a vedermi?”
“Ti ho notata subito. Questi ragazzi sono terribilmente confusi, tu invece mi sembri una con le idee chiare. Qual è la soluzione, secondo te?”
“L’unica via d’uscita è smettere di combattere. E arrendersi.”
Arriva la polizia con i manganelli e comincia a caricare i ragazzi che se ne stanno fuori a urlare i loro slogan con cori da stadio. Nella confusione, Giorgia perde un’altra volta di vista la ragazza con i capelli viola.
“Celerino pezzo di merda!” urla un coro.
“Che cos’hai detto? Ripetilo se hai le palle.”
“Mestiere di merda: carabiniere!” parte un altro coro.
La tensione sta per esplodere. Giorgia si allontana dalla calca e vede alcune ragazze con in mano un giornale, il giornale per cui lei scrive.
“Hey, la conoscevi tu questa?” le chiede una delle ragazze, mostrandole una foto sotto a un titoletto che strilla: “Liceale romana si impicca.” È la ragazza con i capelli viola. L’articolo spiega che la studentessa prima di uccidersi ha lasciato un messaggio d’addio su youtube in cui dice: “L’unica via d’uscita è smettere di combattere. E arrendersi. Tanto le cose non cambieranno mai.”
Giorgia alza gli occhi dal giornale e guarda da lontano gli studenti che continuano a inveire contro i poliziotti, che a loro volta minacciano di caricare. Sembra una scena di guerra. Tutto è così lontano eppure così vicino.
Giorgia mette su le cuffie dell’iPod. Across the universe dei Beatles, dice il display. Mentre partono le note della canzone, vede la Zanotto che smette di urlare i suoi giudizi assoluti e comincia a limonare pesante con il tizio che più di ogni altro l’aveva caricata. Vede i poliziotti lanciare per aria i manganelli come fossero bastoni da majorette e prendere a ballare con i manifestanti. È un’orgia di colori, una festa di sapori, un tripudio di emozioni. Vede la ragazza con i capelli viola passeggiare in mezzo a celerini e studenti danzanti. Le sorride e canta: “Nothing’s gonna change my world. Niente cambierà il mio mondo.”

lunedì 10 novembre 2008

Le ultime ore di Silvio

Se ne sta con la canna di una semiautomatica calibro 8 puntata alla tempia, a guardare le lancette mentre scandiscono ore minuti secondi per sempre perduti. Non gli piace proprio starsene lì con le mani in mano (si fa per dire, visto che in mano c'ha una pistola).
Ci sono persone che vanno a fare la spesa al supermercato e alla cassa devono fare una lunga coda. Persone che dal medico e all’aeroporto siedono in una sala ad aspettare per ore. Persone che fissano gli orologi senza fare nulla. Persone che passano la vita in una lista d’attesa.
Per lui è la prima volta. Non ricorda quando e se ha mai fatto la spesa. Il dottore ce l’ha sempre avuto personale. Il jet privato parte a un suo fischio e gli orologi li guarda solo per sapere quando è ora di chiudere un colloquio che dura da troppo tempo e gli sta facendo scemare l’attenzione.
Eppure se ne sta lì seduto su una poltrona rossa imbambolato a vedere quelle lentissime lancette che fanno tic-tac tic-tac come la canzone di Madonna. Per la prima volta in vita sua è indeciso. Non sa che cosa fare.
“Basta solo che lo fai.”
I dubbi gli alitano sul collo.
“Fallo senza pensarci. Come hai sempre fatto.”
L’ambizione lo fa apparire graziosamente brutto, mentre fuori sta scoppiando la rivoluzione.
“Le cose andranno meglio, dopo che l’avrai fatto.”
Essere cancellato dalla faccia della Terra ma restare impresso nei libri di Storia.
“Proprio così: tu sarai Storia.”
Andare con la mente in posti in cui non era mai stato prima. In posti in cui nemmeno un jet privato sarebbe potuto arrivare.
“Allora, non hai ancora deciso? Guarda che stanno venendo a prenderti. Sono già qui fuori.”
Organizzare il grande addio. Doveva organizzare almeno il grande addio. Essere sicuro che nessuno avrebbe potuto rovinare il suo ricordo.
“La storia ti brama. Tutti i più grandi ti stanno aspettando, lassù. Non vedono l’ora di averti nel loro club esclusivo.”
Riflettere un momento. Ripensare a un modo per apparire ancora più memorabile e potente. Una statua! Ma certo, erigere una statua di dimensioni mastodontiche che ne riportasse intatte le sue fattezze in tutti i secoli dei secoli, amen.
“Eccola, la parolina giusta: amen. I dubbi, quelli lasciali ai perdenti. Tu sai sempre cosa fare, anche ora. Basta indecisioni.”
E allora il colpo parte all’interno della canna. Lacera la carne. Rimbomba per tutto il salone. Sul muro si forma una chiazza di sangue. Si domanda se qualcuno la pulirà o se invece la lasceranno lì per farla vedere agli studenti in visita guidata.
Fermi un attimo. C’è qualcosa di strano se con i suoi stessi occhi vede questa grossa macchia di sangue colare sul muro e se si sente ancora così maledettamente vivo?
“Cristo Santo! Non ha funzionato… Ricarica e ritenta, sarai più fortunato.”
Un altro colpo esplode BANG stavolta fa pure eco BAAANG per il salone BAAAAAAANG ed ecco comparire un’altra macchia di sangue sul muro.
Ma anche stavolta, niente da fare. In fondo l’aveva sempre sospettato e adesso ne aveva la prova certa.
“Sei immortale. Siamo immortali. Vedremo la muraglia cinese venire giù, i vampiri morire uno ad uno così come tutte le persone intorno a noi. Alla fine ne rimarrà solo uno, e non sarai tu, Christopher Lambert.”
Sicuro di sé per la non del tutto inaspettata ma comunque piacevole scoperta appena fatta, si toglie finalmente la canna della calibro 8 dalla tempia e avvicina il telefono all’orecchio. Chiama gli addetti alle pulizie, chè quelle chiazze rosse non si possono proprio vedere.
Tempo tracorso trentaseisecondi ed eccoli lì in salone a pulire quelle macchie di sangue dal muro senza fare domande.
“Non bisogna necessariamente essere morti, per entrare nella Storia. Tu sei vivo. Noi, noi siamo vivi. Questo è un nuovo giorno, questo è un nuovo inizio. Abbiamo ancora tanto da fare.”
Le macchie sono totalmente sparite. Non vi è più alcuna traccia di quello che è capitato lì dentro. I ragazzi delle pulizie hanno fatto un buon lavoro. Il muro è tornato ad essere immacolato, perché questo è un nuovo giorno, questo è un nuovo inizio.
“E adesso via, verso l’infinito e oltre.”
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